A+ A A-

Opinione scritta da Ninni Cangiano

2030 risultati - visualizzati 811 - 820 « 1 ... 79 80 81 82 83 84 ... 85 203 »
 
releases
 
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    09 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Aspettavo da tanto tempo il nuovo disco dei brasiliani Semblant semplicemente per un motivo: adoro Mizuho Lin! Non sarà sicuramente la cantante migliore della scena metal (ce ne sono a bizzeffe pià brave), ma è molto probabilmente la più affascinante di tutte. Cosa c’entra la bellezza con la musica? Poco o nulla, ma anche l’occhio vuole la sua parte. Per chi non conoscesse questi brasiliani, si sappia che il gruppo è stato fondato nel 2006; fanno parte della line-up da allora solamente il tastierista J. Augusto ed il singer Sergio Mazul; gli altri sono entrati solo successivamente, tra cui il bassista Johann Piper solo dallo scorso anno. Con questo “Obscura”, dotato di piacevole artwork, tagliano il traguardo del terzo album della loro carriera. Cosa suonano i Semblant? Il loro vorrebbe essere un gothic metal moderno giocato su due voci, una femminile ed una maschile in growling, ma di fatto latitano alquanto le atmosfere oscure e decadenti tipiche di questo genere e ci sono notevoli contaminazioni melodic death (“Wallachia”) e qualche tocco anche di power. Il risultato è un qualcosa di non così comune che però rischia di essere né carne né pesce, nel senso che sembra quasi che, pur essendo in giro da quasi 15 anni, i Semblant non abbiano ancora ben chiaro che strada intraprendere. In questo non aiuta minimamente la voce in growling che, fatta eccezione per pochi momenti più duri, sembra davvero non c’azzecchi nulla con il resto, tanto che la prestazione di Sergio Mazul è molto più apprezzabile quando canta in pulito (purtroppo raramente), toccando note basse e profonde; se, infatti, cantasse sempre a questa maniera, credo che il risultato finale sarebbe anche molto più apprezzabile. Esempi in tal senso sono “The hunter, the hunger” e “Dethrone the Gods, control the masters” in cui il cantato in growling semplicemente rovina dei brani che sarebbero stati davvero azzeccati e trascinanti. Al contrario “Barely breathing” e la romantica ballad “Daydream tragedy” dimostrano ampiamente come il vocalist possa tranquillamente cantare in maniera pulita, ottenendo esiti lusinghieri. Credo, dunque, che i Semblant debbano decidere se puntare sulle parti più prettamente melodiche e di atmosfera dirigendosi quindi più decisamente sul gothic, oppure se indurire maggiormente il loro approccio per sfociare nel melodic death o nel metalcore (generi in cui il ruvido stile canoro di Mazul sarebbe più indicato). A questa maniera sono una via di mezzo che rischia di non piacere a nessuno, se non a pochi affezionati. Ed è un peccato perchè questo disco dimostra come la band sappia costruire pezzi che possono essere efficaci, senza dilungarsi in inutili orpelli, con minutaggio mai esagerato, basterebbero solo pochi accorgimenti, come detto in precedenza, per rendere il tutto più appetibile e coinvolgente. Temo sarà difficile convincere Mazul a rinunciare in futuro al suo growling per un approccio più “morbido” e, per adesso, i Semblant con questo “Obscura” non possono che strappare solo una sufficienza di stima.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    08 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

I Crimson Thunder sono una band formatasi nel livornese nel 2012 ed arrivata solo in questi giorni al proprio debut album, dopo un E.P. intitolato “Thunder wrath”, uscito nel 2017 (a me sconosciuto purtroppo). Il disco si intitola “Force of reason” ed è composto da 8 tracce, cui si unisce la classica intro, intitolata “Ouverture”, che tutto sommato non è poi così inutile, come nella maggior parte delle composizioni del genere. Il sound della band toscana è un classico power metal melodico, come tante altre bands del nostro paese hanno suonato negli ultimi 20 anni. Di conseguenza abbiamo una notevole attenzione per le melodie delle chitarre, ritmo ed orecchiabilità sempre elevate, cori a profusione e voce squillante ed acuta. Ecco, forse il singer farebbe bene ad evitare di ostentare la propria estensione vocale (sia verso le note alte, ma soprattutto verso le più basse, dove non mi sembra proprio a suo agio), insomma meno teatralità e maggiore efficacia e potenza, al fine di evitare il rischio di risultare stucchevole. Eviterei anche i passaggi in growling (per fortuna pochi) che, detta sinceramente, non c’azzeccano granché con il sound. Il songwriting, pur risultando in alcuni passaggi alquanto ingenuo (forse per la voglia di strafare tipica degli esordi), non è poi così male; certo non è qui che bisogna cercare originalità, ma solo e soltanto passione per determinate sonorità. I vari brani, tutto sommato, si ascoltano più che piacevolmente, forse la sola “Manipulator of minds”, essendo più “oscura” e pesante delle altre, non mi ha particolarmente entusiasmato; per il resto siamo già su livelli più che accettabili, soprattutto in pezzi come “Rain of tears” (di gran lunga la migliore del disco), la successiva “Light the dragonfires “, “Ghosts in the crimson eye” e la conclusiva “A tale of a hopeless revenge” (scelta anche per la realizzazione di un lyric video). Trattandosi di un debut album siamo già su buoni livelli, i Crimson Thunder hanno ottime potenzialità e sono sicuro che, con l’esperienza, sapranno in futuro fare anche di meglio di questo comunque valido “Force of reason”.

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    07 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Reduci dall’ottimo “The 7 endless”, tra i migliori dischi in assoluto del 2019 nel settore delle female fronted metal band, tornano i romani Secret Rule con un nuovo album, il quinto della loro carriera, intitolato “Against” e dotato di piacevole artwork. Confermarsi sui livelli eccellenti del precedente lavoro era alquanto difficile, ma la band laziale ha sfornato un disco, composto da 12 tracce, comunque molto valido, pur rimanendo un gradino al di sotto del suo predecessore, soprattutto per un certo rallentamento dei ritmi nella seconda metà dell’album. Se, infatti, nella prima parte del full-lenght, ci troviamo davanti a canzoni orecchiabili, trascinanti e coinvolgenti, come la splendida triade iniziale “Spira mirabilis”, “Shades of humanity” (forse la migliore in assoluto e giustamente scelta per la realizzazione di un video) e “Rise again”; andando avanti le composizioni si fanno più cupe, aumentano le componenti più tipicamente gothic ed elettroniche, mentre i ritmi spesso rallentano. Ci sono comunque altri ottimi pezzi, come ad esempio la frizzante “Endless promises”, seguita subito a ruota da “Purgatory” (altro pezzo scelto per un video), arrivando poi alla conclusiva “Don’t let me fade”. Il minutaggio importante di tutti i pezzi (mai sotto i 5 minuti), inoltre, non favorisce l’approccio, tanto che mi ci sono voluti diversi ascolti prima di riuscire ad assimilare e comprendere degnamente le varie composizioni. Una volta “entrati nel mondo” di questo disco, però, si finisce per rimanere rapiti dalle atmosfere cangianti, eleganti e teatrali ed anche dove il songwriting si fa più impegnativo, la band sa essere convincente, nonostante in alcuni passaggi vengano troppo in mente i vecchi Lacuna Coil. Certo, se tutti i pezzi fossero stati al livello dei tre iniziali, avremmo davanti probabilmente uno dei dischi migliori in assoluto di questo 2020; così non è stato, ma “Against” rimane comunque un gran disco in cui i Secret Rule hanno confermato di essere una delle migliori bands nel panorama mondiale del female fronted symphonic metal.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
0.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    02 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

prova

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    01 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Chi, come il sottoscritto, è cresciuto a pane e Blind Guardian, infarcito con abbondanti dosi di Iced Earth, non può rimanere indifferente quando esce un disco dei Demons & Wizards, progetto parallelo di Jon Schaffer ed Hansi Kürsch, a cui questa volta si uniscono, come session-men, il buon Brend Smedley (batterista degli Iced Earth) e Ruben Drake (bassista americano, già presente sul precedente disco, che ha collaborato con Schaffer sia nei Purgatory che nei Sons of Liberty). Ricordo nel 1999, quando uscì il primo album omonimo di questo progetto, l’attesa era spasmodica; purtroppo quella volta non rimasi particolarmente entusiasta, per un disco sì valido, ma che non era niente di eccezionale, se paragonato con i migliori dischi delle due bands principali. La delusione aumentò con il successivo “Touched by the crimson king”, obiettivamente un gradino sotto al suo predecessore, ed oggi, a distanza di 15 anni da allora, la curiosità per questo “III” era decisamente notevole! Saprà Jon Schaffer comporre musica valida per questo progetto? Le sue dichiarazioni lasciavano ben sperare, dato che aveva rivelato di aver voluto sperimentare qualcosa di differente. Purtroppo i vari ascolti dati a questo terzo disco dei Demons & Wizards sono stati una mezza delusione; anche questa volta Schaffer e Kürsch non sono riusciti a realizzare qualcosa di memorabile, ma solamente un mezzo disco con qualche brano valido e nulla di più. Nulla che sia all’altezza dei loro nomi e della loro storia. Il songwriting, infatti, è tutt’altro che immediato, spesso anche poco efficace ed incisivo, con brani prolissi che si fatica a portare alla conclusione (“Timeless spirit”, ad esempio, sembra non finisca mai con quei cori ripetuti all’infinito!). Ma non è per fortuna tutto da buttar via, alcuni brani funzionano e si fanno apprezzare durante i vari ascolti. L’accoppiata iniziale “Diabolic”/”Invincible” faceva ben sperare per l’intero lavoro ed è stata piazzata furbamente in apertura, dato che sono tra i brani migliori del disco. Dopo la noia di “Timeless spirit”, arriva “Dark side of her majesty” che riporta alla mente i migliori Iced Earth, soprattutto per l’inconfondibile riffing della chitarra di Schaffer. Bisogna poi saltare fino a “Split” per trovare un altro pezzo convincente, con quel power/thrash coinvolgente e ricco di energia che da sempre è in grado di trascinare. Se tutto il disco fosse stato al livello di questi brani, avremmo una bomba tra le mani; purtroppo non è stato così e da nomi del genere era lecito aspettarsi qualcosa in più, molto di più. Sufficienza risicata, solo per rispetto alla storia che c’è dietro questi personaggi. Mi dispiace, ma non sentirò la mancanza dei Demons & Wizards se dovremo aspettare altri 15 anni per un nuovo disco.

Trovi utile questa opinione? 
10
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    01 Marzo, 2020
Top 10 opinionisti  -  

A pochi giorni dall’uscita del nuovo album “Black devil lies”, la Fastball Music ha deciso di rimasterizzare e ristampare il debut album degli australiani Demonhead, intitolato “Bring on the doom”, originariamente uscito come autoproduzione il 24 aprile 2015. Il disco è composto da 9 pezzi, cui si aggiunge un’ultima traccia strumentale (abbastanza inutile), per un totale di poco più di 40 minuti di heavy/thrash piacevole da ascoltare. Certo, se qualcuno dovesse essere alla ricerca di innovazione ed originalità, farebbe bene a tenersi ben lontano dalla musica dei Demonhead, anche se credo che l’obiettivo del gruppo australiano non sia quello di essere innovativi, quanto sia quello di suonare la propria musica preferita, facendolo con passione ed energia. E già solo per questo sono sicuramente da rispettare. Se poi aggiungiamo che Roo Power riesce a fare anche piacevoli parti soliste sulla chitarra, che il batterista Dave Godfrey picchia bene sul proprio strumento (poi uscirà dalla formazione e sarà sostituito da Dean Lewer), ma soprattutto che il cantante Dave Lowes canta meglio qui che nell’altro disco, capirete perchè la votazione per questo album è positiva. Anche il songwriting non è male, i pezzi non si dilungano inutilmente e risultano efficaci e concisi. Certo non abbiamo davanti un lavoro che passerà alla storia della musica metal, in tanti altri hanno fatto meglio e faranno meglio dei Demonhead ma, se volete passare 40 minuti della vostra vita ascoltando del piacevole heavy/thrash, questo “Bring on the doom” fa sicuramente al caso vostro! Un peccato che la band non abbia saputo confermarsi su questo livello con il successivo disco che, per quanto mi riguarda, soprattutto a livello di prestazione canora, costituisce un passo indietro rispetto a questo valido esordio.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    29 Febbraio, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Avevo scovato e lasciato i Corte Di Lunas con lo splendido “Lady of the lake” uscito nel 2014; ho scoperto da poco che mi sono perso l’uscita dell’EP “The journey” a maggio dello scorso anno, mentre da pochi giorni è sul mercato questo nuovo album (il quarto della loro carriera), intitolato “Tales from the brave lands”. Il disco è composto da 11 tracce accomunate tra loro da un unico argomento: le leggende del Friuli Venezia Giulia. Ogni brano, infatti, narra di differenti storie popolari della terra da cui arriva questo talentuoso gruppo. Devo confessare che le aspettative che avevo per questo disco erano altissime, dato che ho letteralmente adorato il suo predecessore, ma anche a causa dell’interessante concept; purtroppo sono rimasto un po’ deluso, dato che la band, complice forse anche i numerosi cambi di line-up, ha preferito diminuire la presenza della chitarra elettrica, aumentando gli strumenti più tradizionali, strizzando quindi maggiormente l’occhio al folk piuttosto che al metal. Ciò nonostante, sono diversi i brani decisamente azzeccati, soprattutto nella seconda parte della tracklist. Partirei dalla canzone migliore del lotto che è sicuramente “Eolo II”, ritmatissima e tiratissima, tanto che è sostanzialmente impossibile rimanere fermi mentre la si ascolta! Se tutti i pezzi fossero a questo livello qualitativo, avremmo forse il disco dell’anno tra le mani, ma purtroppo non è così. Segue l’altrettanto valida “Scharacule maracule”, antico canto tradizionale friulano a cui si è anche ispirato il grande Angelo Branduardi per la sua meravigliosa “Ballo in fa diesis minore”. Obiettivamente già questi due pezzi valgono da soli l’acquisto del cd. Ma sono anche altri i brani molto validi. Fra questi citerei sicuramente “The devil’s bridge” (altro pezzo più metal-oriented), in cui c’è il grande Lore dei Folkstone a duettare con la sempre brava Giordana; anche “The last of Sbilfs” va segnalata, soprattutto per le piacevoli parti di flauto dell’ottima Maria Teresa (una delle nuove entrate, rispetto alla formazione dell’ultimo full-lenght), nonché “Orcolat” che è tra quelle in cui la chitarra elettrica si sente maggiormente. I Corte Di Lunas con questo “Tales from the brave lands” hanno realizzato un gran bel disco di folk metal, un gradino al di sotto del suo predecessore, ma comunque pur sempre un ottimo lavoro; forse, con un po’ più di ritmo da parte della batteria e di elettricità sulla chitarra, avremmo parlato di un disco epocale, ma così non è stato. Sorprende ancora una volta come, con una qualità così elevata, nessuna label si sia accorta di loro e siano nuovamente stati costretti all’autoproduzione! Siamo ammorbati da immondizie musicali e simili gemme non possono finire nell’oblio, sta a noi supportarle!

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    29 Febbraio, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Erano ben 6 anni che aspettavo un nuovo disco dei Pleonexia, sin da quando avevo scoperto questa band torinese con il loro splendido esordio “Break all chains”. Finalmente è arrivato il momento di ascoltare il loro secondo album, intitolato “Virtute e canoscenza” (titolo credo tratto dal ventiseiesimo canto dell’Inferno dantesco, dedicato ad Ulisse, dove c’è la famosa terzina “fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”), con un solenne Giordano Bruno che ci attende in copertina. 10 brani compongono il disco, cui si aggiunge una breve intro che ha anche una sua ragione d’esistere (è raro ormai trovare una intro che non sia totalmente inutile!), per un totale di poco meno di un’ora di ottimo heavy metal. I Pleonexia, infatti, non hanno sostanzialmente modificato nulla della loro proposta musicale, con un heavy/power molto melodico e decisamente catchy. Il disco è suonato molto bene (dal precedente lavoro ci sono stati alcuni cambi di line-up) e cantato sempre ottimamente dal leader Michele Da Pila. Intelligentemente il gruppo riparte dal proprio precedente lavoro, di cui musicalmente questo nuovo disco costituisce una sorta di seguito. I richiami a “Break all chains”, infatti, soprattutto nella prima parte dell’album, sono numerosi. I pezzi, nonostante un minutaggio spesso elevato, scorrono via senza problemi, segno che quando il songwriting è di qualità non si corre mai il rischio di annoiare l’ascoltatore. E’ pur vero che l’album sembra quasi diviso in due, con una prima parte in cui ci sono i brani migliori in assoluto, tanto che se tutti fossero al livello di “Out of the tribe” e “Selfish gene” avremmo davanti una bomba assoluta, in grado di competere con i migliori dischi dell’anno; nella seconda parte dell’album, invece, troviamo pezzi un po’ più “oscuri” e meno immediati che, seppur di buona qualità, non reggono il confronto con i precedenti (“The march of the dumbs” ed “Ataraxy” ne sono un esempio); solo la conclusiva e splendida “Time to fight” è in grado di reggere alla grandissima il confronto con le prime tracce della tracklist. Ciò nonostante, ci troviamo comunque tra le mani un cd validissimo, un lavoro che conferma le ottime qualità dei Pleonexia già espresse nel loro debut album. “Virtute e canoscenza” ha tutte le carte in regola per far conoscere questa validissima band in giro, spero che la Pure Steel Records sia in grado di supportarla come merita!

Trovi utile questa opinione? 
40
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    23 Febbraio, 2020
Top 10 opinionisti  -  

I Demonhead si formano nel 2007 a Melbourne in Australia ed inizialmente suonano un metal molto grezzo fortemente influenzato dal punk e dal crossover; solo col tempo arrivano a sviluppare l’attuale sound che è un heavy/thrash abbastanza duro e ricco di groove. Dopo il debut album “Bring on the doom” del 2015 (ristampato proprio in questi giorni dalla Fastball Music), la band rilascia questo “Black devil lies”, originariamente come autoproduzione nell’agosto 2019, per poi essere licenziato dalla Fastball Music a metà febbraio 2020. L’album è composto da 10 pezzi per poco più di 40 minuti di musica bella tosta e ricca di energia. Il songwriting è efficace, dato che i brani hanno tutti durate non esagerate e non presentano inutili fronzoli, né diventano mai prolissi, badando sempre al sodo ed al giusto groove; probabilmente un po’ più di parti soliste delle chitarre non avrebbero guastato. Personalmente preferisco quei brani maggiormente ritmati, in cui il buon Dean Lewer si mette maggiormente d’impegno con la doppia-cassa, dando una connotazione più frizzante al tutto, come ad esempio in “Betrayal avenged” o soprattutto nell’ottima “Zombocalypse” (di gran lunga la migliore del lotto!). Non mi ha fatto impazzire il vocione roco del singer Dave Lowes, anche se devo ammettere che in questo particolare sound, molto thrashy, ci sta anche abbastanza bene. “Black devil lies” non passerà alla storia del metal, né i Demonhead credo abbiano la benché minima possibilità di diventare dei big a livello mondiale, però la loro musica si ascolta piacevolmente ed infonde la giusta dose di energia il che, in fin dei conti, è quello che ogni buon metalhead richiede quando si mette all’ascolto di un cd. Promossi!

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
releases
 
voto 
 
5.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    22 Febbraio, 2020
Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 2020
Top 10 opinionisti  -  

Quando ho iniziato ad ascoltare “Viridian”, il quinto album dei Temperance, mi sono subito reso conto di avere a che fare con qualcosa di estremamente interessante; già “Of Jupiters and Moons” due anni fa mi fece convincere che i Temperance avevano tutte le carte in regola per il grande salto verso la notorietà fuori dai confini nazionali, ma questo disco mi sembrava potesse dare certezza e concretezza a quella mia idea. Gli ascolti in streaming del materiale non sono stati semplici e mi scuso con la band per il ritardo della recensione (purtroppo, lavorando in giro, il tempo per stare al pc in ascolto è davvero minimo!); questa sfortunatamente è la scelta della Napalm Records per promuovere le sue uscite discografiche e, tra le evidenti difficoltà, bisogna farsene una ragione. Ma torniamo alla musica. L’elegantissimo melodic heavy metal che aveva contraddistinto la precedente uscita della band, viene qui sublimato ulteriormente; la sinergia tra le tre splendide voci di Alessia, Michele e Marco è ormai cementata e diventata un qualcosa di perfetto e l’intero disco ne è una testimonianza, una sorta di continua celebrazione di questa coesione decisamente efficace. Ci sono momenti in cui ognuno dei tre vocalist ha momenti per ritagliarsi un po’ di protagonismo, ma è la prova d’insieme del terzetto che stupisce e convince in positivo. Accanto a loro il buon Luca Negro fa sempre il suo lavoro al basso in maniera egregia, mentre Alfonso Mocerino conferma ancora una volta di essere un’ottima scelta per non far mai rimpiangere un grande batterista, quale Giulio Capone, con una prova di fantasia, potenza e poliedricità davvero notevole. Il disco è composto da 11 tracce, una più coinvolgente e convincente dell’altra. Si parte alla grandissima con “Mission impossible”, brano pompatissimo e frizzante che vi immergerà subito nelle atmosfere teatrali ed eleganti di questo lavoro. Segue l’orecchiabile “I am the fire”, scelta per la realizzazione di un lyric video e dotata di un coro che si ficca in testa immediatamente. Una dopo l’altra arrivano poi vere e proprie hits, fra cui segnaliamo “My demons can’t sleep”, scelta per la realizzazione di un video (girato in una splendida location); ci troviamo davanti ad una vera e propria bomba di pezzo, probabilmente il migliore del disco, assieme alla romantica "Gaia"! La seconda parte dell’album è più melodica, rispetto alla prima che si presenta leggermente più tirata ed energica; si arriva alla fine soddisfatti ed appagati con la sorprendente “Catch the dream”, pezzo acustico in cui Marco Pastorino mette in mostra le sue notevoli capacità dietro al microfono. Sono passati solo 6 anni dall’esordio discografico dei Temperance, eppure la band di Marco Pastorino e Luca Negro è radicalmente cambiata: da essere sostanzialmente ciò che restava dei disciolti (e sempre rimpianti!) Bejelit è diventata, soprattutto con l’innesto di Alessia Scolletti e Michele Guaitoli, una splendida realtà con tutte le carte in regola per affermarsi a livello internazionale. Questo “Viridian” ne è la prova, un album semplicemente perfetto, senza nemmeno una virgola fuori posto! Siamo solo all’inizio del 2020, ma credo di avere già uno dei più seri candidati al podio dei migliori dischi in assoluto dell’anno.

Trovi utile questa opinione? 
00
Segnala questa recensione ad un moderatore
2030 risultati - visualizzati 811 - 820 « 1 ... 79 80 81 82 83 84 ... 85 203 »
Powered by JReviews

releases

Stormborn, Heavy Metal di qualità
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Vulture: una carica di potenza e tecnica di puro Thrash Metal!!
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Tygers Of Pan Tang: nel loro album dal vivo mostrano coesione ed energia
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Dolmen Gate, Epic/Heavy Metal tra misticismo e lirismo
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Diciasette album e ancora tanta carica Heavy Metal per gli Accept!
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Holy Knights, la ristampa rimasterizzata del demo
Valutazione Autore
 
4.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Autoproduzioni

Maesün, un debutto con rivelazione
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
War Grave, Heavy rabbioso da Londra
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Hartlight, un discreto debut album lascia intravedere interessanti potenzialità
Valutazione Autore
 
3.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Per i Ri'lyth un secondo album degno di nota
Valutazione Autore
 
3.5
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Razor Attack, ci vuole di meglio
Valutazione Autore
 
2.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)
Dialith, un breve EP che conferma le qualità del gruppo
Valutazione Autore
 
4.0
Valutazione Utenti
 
0.0 (0)

Consigli Per Gli Acquisti

  1. TOOL
  2. Dalle Recensioni
  3. Cuffie
  4. Libri
  5. Amazon Music Unlimited

allaroundmetal all rights reserved. - grafica e design by Andrea Dolzan

Login

Sign In

User Registration
or Annulla