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Il settimo album dei Van Canto segue la tradizione Il settimo album dei Van Canto segue la tradizione Hot

Il settimo album dei Van Canto segue la tradizione

recensioni

gruppo
titolo
“Trust in rust”
etichetta
Napalm Records
Anno

 

TRACKLIST:

01. Back in the lead

02. Javelin

03. Trust in rust

04. Ride the sky (feat. Kai Hansen) (Helloween cover)

05. Melody

06. Neverland

07. Desert snake

08. Darkest days

09. Infinity

10. Hells bells (AC/DC cover)

11. Heading home

 

CD 2: Best Of - Orchestral Versions (available in the digipack)

01. The mission (Orchestral Version)

02. Rain (Orchestral Version)

03. Hero (Orchestral Version)

04. Take to the sky (Orchestral Version)

05. Water fire heaven earth (Orchestral Version)

06. My voice (Orchestral Version)

07. If I die in battle (Orchestral Version)

08. The higher flight (Orchestral Version)

09. Unholy (Orchestral Version)

10. The other ones (Orchestral Version)

 

 

LINE-UP:

Hagen Hirschmann: Lead Vocals

Inga Scharf: Lead Vocals

Ross Thomspon: Higher Rakkatakka Vocals

Stefan Schmidt: Lower Rakkatakka Vocals

Jan Moritz: Pad and Bass Vocals

Ingo Sterzinger: Doom and Bass Vocals

Bastian Emig: Drums

opinioni autore

 
Il settimo album dei Van Canto segue la tradizione 2018-08-26 08:10:20 Ninni Cangiano
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Ninni Cangiano    26 Agosto, 2018
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Dopo essermi perso il precedente disco “Voices of fire” uscito nel 2016, riesco ad accaparrarmi il nuovo disco dei tedeschi Van Canto, il settimo della loro carriera, intitolato “Trust in rust”, dotato di copertina alquanto minimale riportante semplicemente le iniziali V e C incrociate. E’ anche il primo disco senza il mitico Philip Dennis Schunke “Sly”, sostituito da Hagen Hirschmann (anche cantante dei thrashers Desilence e dei power metallers Logar’s Diary); devo da subito evidenziare che non so quanto la band ci abbia guadagnato da questo cambiamento, dato che la voce del buon Hagen non mi sembra adeguata a sostituire quella del suo predecessore... ma sarà solo il tempo a stabilire se la scelta è stata felice o meno. Veniamo alla musica ed al consueto metal “a cappella”, vero e proprio trademark dei Van Canto. Rispetto al passato, mi sembra che l’atmosfera generale del gruppo sia un attimo più “oscura” rispetto al passato, quasi più dark e triste; sicuramente abbondano brani pesanti, meno ritmati (Bastian Emig inizi a risparmiarti per gli In Legend?). In questa scia troviamo, infatti, l’opener “Back in the lead”, il trittico “Neverland”-“Desert snake” e “Darkest days”, fino alla melanconica ballad finale “Heading home”. Manca insomma quell’atmosfera scanzonata ed allegra che avevo riscontrato nei precedenti lavori del gruppo tedesco. Non mancano invece le solite cover, anche se questa volta forse i Van Canto hanno mirato un po’ troppo in alto, andando a scegliere “Hells bells” degli AC/DC (da quel monumento che è “Back in black”, secondo album più venduto della storia della musica dopo “Thriller” di Michael Jackson, non so se mi spiego...), con un cantato roco che ricorda un po’ il mitico Brian Johnson; accanto a questa c’è anche “Ride the sky” degli Helloween che non viene proprio bene, dato che Inga Scharf non è Kai Hansen (a proposito, c’è anche lui nel brano come ospite, ma sostanzialmente si fatica a sentirlo!). Da evidenziare che è prevista un’edizione in digipack con un secondo cd, una sorta di “best of” in versione orchestrale di cui purtroppo non abbiamo avuto nulla a disposizione per la recensione e sul quale, di conseguenza, non siamo in grado di aggiungere altro. Tirando le somme, “Trust in rust” si ascolta comunque piacevolmente, non sarà certo ricordato come il punto più alto della carriera dei Van Canto, ma è comunque un buon disco; diciamo che, se ancora non conoscete il particolare metal “a cappella” dei tedeschi, sarebbe meglio approcciarvisi partendo dai dischi più vecchi, piuttosto che da questo.

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