
Corrado Franceschini
Oltre 50 anni di età e più di 35 anni di ascolti musicali.
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1-05-2017 Nayan al concerto del primo maggio a Traversetolo (PR)
Lunedì, 15 Maggio 2017 10:44 Pubblicato in Live Report
Sembra impossibile ma la mia astinenza da concerti si è protratta per più di sei mesi. L’ultimo live visto, infatti, era stato quello di Phil Campbell and The Bastard Sons del 21-10-2016. L’occasione per rompere questo digiuno me l’hanno fornita Roberto (basso) e Nayenne (voce) dei Nayan. Il live report che segue è atipico per due motivi. Il primo è che i Nayan, quintetto emiliano/parmense nato nel 2014 ma che solo da poco ha stabilizzato la formazione, hanno all’attivo un demo appena uscito che è in attesa di circolare nei circuiti underground. Il secondo è che, condividendo il palco secondario con altri gruppi del festival di Traversetolo del primo maggio, il set proposto è stato breve e composto da sei pezzi dei quali tre sono state covers. Se pensate che Nayan siano sbucati fuori dal nulla, o quasi, avete ragione. Se altresì pensate e che un concerto di mezz’ora non sia sufficiente per valutare la resa e la validità di una band dimenticate che chi vi scrive ha visto più di 350 concerti: dal festival mastodontico alla birreria più scarsa e non è incline a facili entusiasmi. Ore 12 si parte dai SoundBox studio, “covo” del gruppo e dopo una sosta pranzo, il soundcheck era previsto per 3 ore più tardi, ci si avvia. Una pioggia ora fastidiosa ora insistente fa temere il peggio ma quando arriviamo a Traversetolo, ci accoglie un timido sole. L’orario dell’esibizione è stato spostato e così ci si trastulla tra il palco secondario e quello primario (più grosso e attrezzato). La musica dei Nayan è stata definita da un giornalista del M.E.I. come Alternative/Pop/Punk ma io non sono molto d’accordo: trovo che la componente Pop, se proprio di quella vogliamo parlare, è presente in una certa orecchiabilità dei pezzi, non tutti in verità, e non scade mai nel commerciale più bieco. Il basso di Roberto, poi, vira spesso verso quello dei Cure e Di Siouxie And The Banshees portano il suono, e il ritmo, su coordinate Rock/Dark. Dopo un soundcheck affidato a “Mortal Sin”: il gruppo lo definisce il pezzo più “pesante” del repertorio, almeno sino ad ora, si va in scena.
Si comincia con “In My Fears” e ciò che mi stupisce positivamente è il fatto che la voce femminile di Nayenne ha un timbro più caldo e sicuro di quando la avevo ascoltata nelle prove in studio. Segno che la bionda cantante ha fatto tesoro degli “allenamenti” dal vivo e del training in lingua inglese che sta seguendo. La resa della band è buona anche se le cinque personalità che la compongono sono differenti e questo, a livello scenico, si nota.
Si passa a “I’m Smoking Your Last Cigarette” e oramai, a suoni (ben) fatti e finiti, è chiaro che la “creatura” ha un suo timbro musicale e segue in qualche modo un percorso che sente suo senza allontanarsi troppo dal sentiero segnato. Arriva la cover di “Rebel Yell” e, nonostante qualche momento di “vuoto sonoro”; sapete che sono abituato a versioni più tirate, la resa è l’intesa musicale sono buone. Inoltre il vedere Nayenne carica e “saltellante”, dimostra che si sta “sciogliendo” e questo a livello spettacolo ci vuole. Qualche magagna esce fuori nella cover di “I Believe In You” degli Skunk Anansie. Il pezzo è da provare, riprovare e sistemare prima di essere riproposto.
Tocca a un altro pezzo originale, “Victims Of The Win” e qui i Nayan confermano la buona impressione fattami nel proporre il proprio materiale. La conclusione del set è affidata a “The Bitter End” dei Placebo è, di nuovo, si notano problemi. A parziale discolpa possiamo dire che, in questo caso, i suoni sul palco non erano ottimali ma, purtroppo, fuori il tutto usciva bene e bilanciato. Nayan hanno un certo grado di originalità rispetto alla musica che circola oggi giorno e questo mi lascia ben sperare per il loro futuro; li seguirò da vicino e vedrò che evoluzione avranno. Lo sapete che musicalmente sono onnivoro e curioso no?!
Setlist:
Mortal Sin (Soundcheck)
In My Fears
I'm Smoking Your Last Cigarette
Rebel Yell (Billy Idol)
I Believed In You (Skunk Anansie)
Victims Of The Win
The Bitter End (Placebo)
1-10-2016 Intervista faccia a faccia con le Killin’ Baudelaire al Modena Metal Ink IV
Lunedì, 31 Ottobre 2016 11:57 Pubblicato in Interviste
Dopo l’intervista faccia a faccia condotta a Bologna con Kim McAuliffe delle Girlschool e l’incontro con le Crucified Barbara in una birreria di Modena, eventi accaduti alcuni anni fa, questa volta è toccato alle italiane Killin’ Baudelaire svelare i loro piani al sottoscritto.
L’intervista, si è tenuta in un tardo pomeriggio di sabato 1° ottobre 2016, durante lo svolgimento del Modena Metal Ink; evento organizzato dai Lowlanders MC Modena. Ecco qui il fedele resoconto di mezz’ora serrata di chiacchiere con Gloria Signoria (vc), Martina “Nixe” Riva (ch), Martina “Cleo” Ungarelli (bt) e Francesca Bernasconi (ch).
Corrado: Ciao ragazze! Parto con la domanda più scontata. Come mai tanto astio nei confronti di Baudelaire tanto da volerlo uccidere? Colpa forse della scuola che ve lo ha reso antipatico?
Gloria Signoria: Sicuramente si! Scherzi a parte ci troviamo molto vicine al suo modo di scrivere, ci piace!
Corrado: Eppure non mi sembra che siate delle ragazze così tristi.
Gloria Signoria: No infatti, però qualche cosa dei nostri testi lo è, anche se poi è stato rivisitato per adattarlo al nuovo EP in uscita. Il Killin’ del nome rappresenta il complesso di Elettra (una sorta di complesso di Edipo al femminile n.d.a.) per uccidere il padre e lo abbiamo scelto perché è particolare.
Corrado: Nelle note biografiche è scritto che le Killin’ Baudelaire si sono formate nel 2015. Questa è la vostra prima esperienza in una band? Suppongo di no visto che le donne nel campo Rock e Metal sono poche.
Gloria Signoria: Io ho cominciato come cantante a 16 anni. Con le Killin’ Baudelaire ho preso poi in mano il basso, strumento che già mi appassionava; perciò questa è la mia prima esperienza come bassista sul palco. Non come cantante, ovviamente. Le Killin’ Baudelaire rivestono la nostra priorità attuale; le altre band appartengono al passato.
Martina “Cleo” Ungarelli: Io ho sempre fatto la cantante, ma con le Killin’ Baudelaire mi sono cimentata per la prima volta seriamente come batterista.
Corrado: Come siete arrivate ad avere un contratto con Bagana Records?
Martina “Cleo” Ungarelli: Io personalmente, avevo già conosciuto l’ambiente perché ho degli amici che suonano con Bagana Records ed ho chiesto loro come potevamo inserirci in quel contesto. Sono seguite delle prove ed un lungo lavoro, finchè i responsabili sono venuti a sentirci dal vivo e ci hanno preso nella scuderia.
Corrado: Inutile chiedervi come vi trovate.
Gloria Signoria / Martina “Cleo” Ungarelli: Si è creato da subito un buon rapporto, anche di amicizia visto che è un team affiatato. Ma, quando si parla di professionalità, con loro non si scherza.
Corrado: Bagana Rock Agency è quindi la vostra agenzia di management/booking o anche etichetta (Bagana Records)?
Martina “Cleo” Ungarelli: Entrambe le cose. Abbiamo deciso di lavorare con un management professionale. Il nostro manager e produttore è Titta Morganti head manager di Bagana, il quale si è appoggiato ai Magnitude Studios di Seregno (MB) di Matteo Magni, per le registrazioni dell’EP.
Corrado: In un anno siete arrivate al traguardo della prima pubblicazione, cioè all’EP “It Tastes Like Sugar” (uscito il 14 ottobre n.d.a.). Avete voluto catturare su supporto fisico (L’EP, appunto) la parte della vostra produzione o avete semplicemente colto l’attimo?
Martina “Nixe” Riva e Martina “Cleo” Ungarelli: Avevamo dei brani pronti e abbiamo ritenuto opportuno pubblicarli in un EP, come start-up e iniziare a farci conoscere.
Corrado: Avete voglia di spiegarmi la copertina di “It Tastes Like Sugar”?
Martina “Cleo” Ungarelli: Il titolo significa “sa di zucchero” quindi una cosa all’apparenza dolce. Assieme alla nostra grafica abbiamo voluto ricreare il concetto di una cosa, il confetto, che all’esterno sa di zucchero ma che all’interno -rappresentato dal sangue - ha tante altre sfaccettature, come i nostri testi che parlano d’amore attraverso tutti i suoi aspetti, che talvolta, sono caratterizzati da non poca malinconia.
Corrado: Sino ad ora sono usciti due singoli/video su 4 brani dell’EP. In “Wasted” avete un’immagine puramente Rock/Metal, mentre nella cover del brano “Summertime Sadness” di Lana del Rey, avete optato per un look bianco candido. C’è una delle due anime che prevale in voi? Come mai la scelta di un brano come “Summertime Sadness” che in originale, ha veramente proprio poco di Rock, mentre nella vostra versione risulta molto più veloce e rock & roll?
Gloria Signoria: Abbiamo voluto prendere questo “stile etereo” di presentazione che caratterizza da sempre Lana Del Rey, e l’abbiamo rivisto e reinterpretato. E’ un brano che abbiamo ascoltato, da subito apprezzato, e deciso quindi di farlo nostro.
Martina “Cleo” Ungarelli: E’ stata una scelta dettata anche dal gusto personale, perché è stata la prima canzone sulla quale abbiamo lavorato. Non avevamo ancora un contratto, ma essendo già legate a questo pezzo, ci siamo messe in moto per renderlo il più possibile “nostro”.
Corrado: Il video di “Summetime Sadness” è nato da una vostra idea?
Martina “Nixe” Riva: Io ho creato lo storyboard, che è stato poi chiaramente riadattato dal regista. L’idea è stata quella di creare una moderna storia del mito di Persefone, rendendo la storia più romantica di quello che è l’originale. Una Persefone veramente innamorata, romanzata con dei tocchi di malinconia. Il regista ha poi da lì sviluppato una storia con le sue idee, creatività, e allegorie da interpretare.
Corrado: Avete in programma altri video per l’EP “It Tastes Like Sugar”?
Martina “Cleo” Ungarelli: Usciranno dei video per il primo full-length. Stiamo pensando di farlo per una ballad che, appunto, sarà inclusa nel prossimo lavoro.
Corrado: Avete in programma altre cover?
Martina “Nixe” Riva: Preferiamo concentrarci sui nostri brani. Vogliamo incidere l’album entro un anno, quindi ci dedichiamo duramente agli inediti.
Corrado: Ho notato che arrangiamenti e suono, nei brani, sono molto curati. Come avete lavorato ai Magnitude Studios di Seregno? In equipe o singolarmente, affidando il risultato finale a mix e mastering? Avete usato “diavolerie tecniche”?
Martina “Nixe” Riva: Abbiamo portato i brani creati in studio, è partita di seguito subito la pre-produzione con Matteo Magni e, a brani pre-prodotti, siamo partite a registrare tutto.
Martina “Cleo” Ungarelli: Matteo ci ha aiutato molto, “sgrezzando” le nostre canzoni. Abbiamo provato molto in fase di pre-produzione, per far rendere al meglio ogni singolo brano.
Corrado: Nel concerto di stasera altre band hanno usato degli accorgimenti on stage tipo samples e basi. Voi?
Martina “Cleo” Ungarelli: Ad oggi non usiamo basi. Io uso il metronomo in cuffia per essere il più precisa possibile live. Non escludiamo che in futuro potremmo utilizzare altro…
Nixe: Difatti potrebbe accadere di mettere qualche cosa di “elettronico” in futuro, dato che anche il songwriting si sta evolvendo.
Corrado: Io vi ho paragonato ad una Avril Lavigne in salsa più rock ma, magari, mi sbaglio. Ditelo voi!
Gloria Signoria: Crediamo che il paragone non ci rappresenti realmente appieno.
Martina “Nixe” Riva / Martina “Cleo” Ungarelli: Avril Lavigne è una grande artista e quando eravamo più giovani ci piaceva.
Martina “Cleo” Ungarelli: Se penso alla prima donna che mi viene in mente, che ascoltavo da teenager, penso sì ad Avril Lavigne. Ma poi quando la conoscenza si allarga, si ampliano gusti, generi e vedute.
Corrado: Ma se doveste paragonarvi come suono alle Crucified Barbara o alle Girlschool…?
Gloria Signoria: Ascoltavo le Girlschool quando ero davvero piccola.
Corrado: OK, quando eravate piccole ma...mi sembra che siete giovani. Quanti anni avete di media?
Nixe: Di media 22 anni e non diciamo altro! (risate)
Corrado: Ho trovato che in concerto siete convincenti, anche se ci sono ancora degli aspetti da migliorare.
Martina “Cleo” Ungarelli: Sono solo sei mesi che suoniamo sui palchi, perciò abbiamo ancora molto da migliorare e tanto lavoro da fare. Non vediamo l’ora di farlo, mettendoci sempre alla prova.
Corrado: Ipotizzando che chi sta leggendo questa intervista non vi conosca: come descrivereste voi e la vostra musica? Quali sensazioni volete evocare in chi vi ascolta, se volete farlo?
Martina “Nixe” Riva: Vorremo un poco “spiazzare” le persone. Presentarci con un aspetto più Metal e riprendere qualche cosa di “vecchio”, che fa parte della nostra tradizione, ma allo stesso tempo dargli una veste nuova, rendendolo più moderno. E non è facile. Ci stiamo lavorando con un incastro di voci e melodie che richiamano a tratti anche il pop, cercando di fare qualche cosa che la gente non si aspetta.
Corrado: Parlando dei testi chi li scrive e a cosa vi ispirate?
Martina “Nixe” Riva: Li scriviamo Gloria, Cleo ed io. Scriviamo di getto quello che ci capita. Poi, magari, scopriamo che c’è anche una certa unione di intenti, cosa che ci lega e che ci rende molto unite anche al di là della musica. Può partire da una mia idea, come da una loro, e poi ci si aggiunge la propria esperienza personale.
Gloria Signoria: Partiamo da un’esperienza personale e poi, ci costruiamo una storia attorno e cerchiamo di crearci anche qualche cosa di più “ambiguo”.
Corrado: Se doveste pensare ad altri brani da proporre allungare il vostro live set, oltre ai vostri brani, cosa vi verrebbe in mente?
Martina “Cleo” Ungarelli: Per ora mischiamo brani vecchi a quelli dell’EP, e ad altri inediti. L’obiettivo è continuare a scrivere canzoni, per raggiungere live set di durate molto diverse. J
Corrado: Dove sarà disponibile il vostro EP? Cosa vanta il vostro merchandising?
Gloria Signoria: L’EP sarà disponibile in tutti i nostri concerti e su tutti i digital store, grazie a Bagana Records. Per il merchandising, invece, stiamo elaborando alcune idee grafiche per il futuro.
Corrado: Cosa rappresentano per voi occasioni come quella del Modena Metal Ink?
Martina “Cleo” Ungarelli: Significano suonare con addetti ai lavori professionali su palchi di livello. Tutto fa gavetta ed esperienza, e ci permette di confrontarci con artisti più grandi.
Corrado: In un mondo prettamente maschile come quello del Rock/Metal, dovete combattere contro pregiudizi o non ne avete trovati?
Gloria Signoria: Diciamo che all’inizio, ce ne sono stati. Un esempio erano i nostri video, che ricevevano diversi dislike - ciò denota che dei pregiudizi esistono- ma, con il tempo, il duro lavoro e l’esperienza contiamo di abbatterli. Le band con le quali abbiamo suonato finora invece, non hanno mostrato alcun pregiudizio.
Finisce qui la mia lunga chiacchierata con le Killin’ Baudelaire.
A me sono sembrate ragazze scaltre nelle risposte, con idee precise, e pronte a mettersi in discussione e imparare da chi ha più esperienza. Come cantavano i Rolling Stones, il tempo è dalla loro parte.
Per aggiornamenti ecco la pagina facebook.
21-10-2016 Phil Campbell And The Bastard Sons + guests @ Campus Industry Music (PR)
Venerdì, 28 Ottobre 2016 09:58 Pubblicato in Live ReportEssendo un fan dei Motorhead sin dal lontano 1980 potete solo lontanamente immaginare quale sorta di “ansia” abbia creato in me la calata in Italia di Phil Campbell e dei suoi tre figli bastardi assieme al cantante Neil Starr. Fortunatamente tutto è andato per il meglio e così ecco il resoconto di una fantastica serata. Ero pronto a pagare il biglietto d’ingresso come faccio per tutti i concerti che mi interessano ma grazie all’Eagle Booking, agenzia organizzatrice della serata al Campus Industy Music di Parma assieme a Campus Industry Music e Titty Twister, e dell’altra data al Druso Club - Ranica (BG), ho avuto la possibilità di avere un accredito e, come sa chi mi conosce bene, in questi casi è garantito il live report dell’intera serata. Arrivo ed entro in un locale ancora semideserto. Il tempo di scambiare poche impressioni con Mattia e Alessandro, chitarra e voce dei Beggars On Highway che sono giustamente tesi, salutare qualche faccia nota, e poi comincia il mio “lavoro”. Proprio i Beggars on Highway, da Parma, sono il primo gruppo a salire sul palco.
Lo show comincia con “Soap Maker Woman”, un classico che non può mancare, e prosegue con l’omonima “Beggars on Highway”. I suoni sono da subito nitidi e questo gioca a favore sia del gruppo che del locale (ampio e accogliente). Poche le canzoni in scaletta ma il gruppo si esprime ad un buon livello anche se la tensione è palpabile. Avendoli visti altre cinque volte so di cosa sono capaci e come suonano. Sudore, Hard Rock e Metal, sono gli ingredienti di un set che vede l’anthem “Drunk Tonight” chiudere la prestazione. Naturalmente, durante il pezzo, Mattia non ha rinunciato a scendere in mezzo al pubblico come fa sempre, continuando a suonare la suonare la chitarra. Il feeling al pubblico è arrivato e i Beggars On Highway hanno assolto il loro compito come era logico aspettarsi da musicisti che calcano il palco da un bel po’ di tempo; basti pensare al bassista Dimitri Corradini che suona anche nei Distruzione. Breve sosta e chiacchiere in quantità, era da un pezzo che non salutavo così tanta gente, fatte In un Campus che si andava man mano riempiendo con volti noti, vecchi e nuovi, che cominciavano ad intrecciare aneddoti. Salgono sul palco i Chained.
Il gruppo è noto come tribute band degli Alice In Chains ma è in procinto di pubblicare un C.D. con brani propri così, non conoscendo il quintetto non so cosa aspettarmi. Una formazione giovane con due chitarristi che potrebbero essere i miei figli; o Dio i due terzi dei musicisti della serata potrebbe esserlo, che fa sfoggio di una buona padronanza strumentale. Il genere è ascrivibile a certo “alternative” moderno contaminato ma, per semplificare le cose e renderle più chiare, si potrebbe dire che Chained suonano Heavy Rock. Dal palco arriva una buona “pacca” con suoni bilanciati che si sentono anche se chi ascolta è al lato dello stesso. Il cantante Alberto Stagni cerca di caricare i presenti che, alla fine dei pezzi, rispondono con applausi e si sa; con le band di apertura non è una cosa scontata. I chitarristi Alberto Bottioni e Luca Pettenati sembrano invece concentrati sui loro strumenti. Le canzoni scorrono via veloci senza troppi fronzoli ma, d’altra parte, il tempo è tiranno per/con tutti i gruppi. Dopo i Chained nuovo giro, nuove chiacchiere tra “vecchi “ Motorheadbangers (grazie Gioppa e Massimo) e salgono sul palco i Racket.
Il quintetto è improntato ad un suono Heavy classico e il cantante Stefano Mini, già nei National Suicide, sarà per il berretto e alcuni tratti somatici, mi riporta alla mente Udo Dirkschneider. Sarà per empatia verso il genere proposto; un Heavy Metal puro con twin guitars, ma il breve set proposto dai Racket è risultato convincente. Il Cantante e il batterista Fabio Sebastiani non sono dei ragazzini e i chitarristi che si scambiano le parti se le giocano bene. Anche in questo caso il suono, limpido da ogni parte, regge il gioco e facilita la prestazione. Qualche moina, la spiegazione dei titoli in italiano, un’attitudine concentrata sì ma al contempo “giocosa”, mi porta a dire che i ragazzi ci sanno fare e si divertono. Si torna a girovagare per il salone del Campus Music Industry dove le presenze sono consistenti, 200 persone circa, e arriva il momento tanto atteso.
Ecco The Bastard Sons assieme al cantante Neil Starr poi arriva Phil Campbell con tanto di maglietta di Don Henley (Eagles). Inutile dire che i presenti non vedono l’ora di circondarlo d’affetto visto che la madre è di nazionalità italiana ma, sopra a tutto, visto ciò che hanno rappresentato, e rappresentano, i Motorhead per molti di noi. Un set che parte con “Big Mouth”: uno dei cinque pezzi pezzi dell’E.P. in uscita il 18 novembre dal suono tipicamente Hard Rock e parzialmente distante da quello dei Motorhead, e prosegue con “Deaf Forever”. Le mazzate tirate dai figli di Phil vanno a segno mentre la voce di Neil fatica un poco e sembra leggermente sotto tono; probabilmente è colpa del vinello italiano o dell’umidità fuori dal Campus. C’è spazio per i “Nothing Up My Sleeve”e per “Spiders”, altro pezzo dal nuovo E.P., ma è con “Ramones” che comincia lo show del pubblico. Pogo selvaggio, circle pit, un poco di massacro al quale tento con successo di sfuggire ma anche tanta voglia di divertirsi e dimenticare un mondo oppressivo. I pezzi originali si intervallano con le covers come ad esempio “Sharp Dressed Man” degli ZZ Top in una esecuzione tutto sommato buona nonostante qualche cedimento o “inciampo” degli strumentisti mentre la voce si fa più “calda”. Un ospite accompagna il gruppo durante “Born To Raise Hell” proprio quando il pogo si fa più pressante. Un boato saluta la cover di “Sweet Leaf” dei Black Sabbath resa in maniera veramente pesante e satura e poi arriva il pezzo che tutti aspettavano. Partono le note di“Ace Of Spades” e non vi dico tra gente che urla le strofe, circle pit affollato, “anziani” come me che tornano giovani, cosa si prova all’interno del Campus Industry Music. Si prosegue con il classico “Eat The Rich”; ricordo ai più recenti fans dei Motorhead che esiste un film dallo stesso titolo dove potete vedere Lemmy alle prese con la recitazione e poi, un poco a sorpresa per il sottoscritto, viene rispolverato il classico degli Hawkwind, prima band importante di Lemmy, “Silver Machine”. Psichedelia - Rock e occhi dei più attenti ascoltatori che brillano, mentre altri ascoltano domandandosi chi sia l’autore del pezzo. Si va avanti con un pubblico che non sembra esaurire le energie, anzi! Arriva così “Going To Brazil” che, stranamente, vede un furioso movimento nel circle pit (oramai conclamato e attivissimo). Dopo “Rock Out”, ribattezzata “Cock Out”, inizia un breve siparietto tra Phil e Neil che mettono al centro dell’attenzione una coppia davanti alle transenne e le dedicano “Heroes” di David Bowie. Siamo quasi al finale e mentre molti aspettavano “Overkill”, arriva invece “Killed By Death” che, ancora una volta, accende l’entusiasmo dei presenti. Dopo di ciò finisce il sogno e si torna alla realtà. Potete chiamare Phil And The Bastards Sons una buona cover band dei Motorhead, un gruppo di ribelli del Rock and Roll o come volete, ma rimane un dato di fatto; Phil Campbell ha accompagnato con i suoi riff di chitarra gli anni di vita di molti di noi e questo lo rende degno del massimo rispetto. Dopo il concerto comincia il D.J. set di Melissa Hasser ma io, dopo qualche istante, volo fuori per cercare di consegnare un piccolo regalo a Phil; cosa che di persona non mi riesce. A tal proposito, ringrazio Saverio e Benny per avere fatto da intermediari. Si fanno le due di notte e, per me che come al solito viaggio da solo, svanisce anche il sogno di avere un paio di plettri dalle mani di Phil Campbell; probabilmente l’ultimo a scendere dopo che gli strumenti vengono caricati sul furgone. Mi “accontento” di una foto con un Neil Starr che, rubizzo, mi chiede: “With the middle finger?” Alla mia risposta “How do you want” viene fuori uno scatto che sembra quello fra due amici. Ottima serata!
8-10-2016 Ancillotti + guests @ Titty Twister (PR)
Sabato, 22 Ottobre 2016 13:39 Pubblicato in Live ReportCi sono delle date di concerti che segno con largo anticipo e, sovente, la vita mi ricorda che ci sono cose più importanti della musica. Fortunatamente questa volta non è andata così. Raffaele “Raffo” Albanese con la sua RA Music ha portato gli Ancillotti al Titty Twister come headliner e la mia presenza era obbligatoria. Dopo il live report della presentazione del C.D. “Strike Back” e la seguente recensione ero curioso di sentire la resa dal vivo dei pezzi del nuovo album anche se avevo la certezza che i quattro, sul palco, non avrebbero tradito le mie attese. I gruppi di supporto della serata erano tutti da me musicalmente conosciuti visto che come prima band sono state chiamate le parmensi Wox mentre, in sequenza, dalla zona di Reggio Emilia si sono alternati sul palco Injury ed Explorer. La serata era prevista con inizio alle ore 21 e sia mai detto che il sottoscritto, sopra a tutto se è di live report, si lasci sfuggire uno dei gruppi di supporto. Mi presento in cassa alle 21 precise e ritiro il mio accredito e una maglia dei Motorhead che Raffo mi aveva gentilmente tenuto da una serata precedente alla quale non avevo potuto partecipare (grazie mille man). Le Wox stanno facendo le prove. Giusto il tempo di salutare Bud, Bid, Brian che compiva gli anni il giorno stesso, e Luciano “Ciano” Toscani, che stanno momentaneamente uscendo e le 6 ragazze cominciano lo show. Avevo un poco bistrattato le Wox quando avevano aperto il concerto di Pino Scotto tenuto al Titty Twister. Non era stata una grande serata per loro tra nervosismi, indecisioni e imprecisioni. Bene: sono contento che questa volta, complici forse alcuni cambi di formazione, il sestetto femminile abbia offerto una prestazione bella, precisa e matura, prendendo spunto dai classici dell’Heavy Metal come da tradizione e dispensando carica. L’inizio affidato a “Holy Diver” è stato convincente e se è pur vero che una cover è una riproposizione, andare a toccare certi mostri sacri può essere un’arma a doppio taglio.Quello delle donne parmensi è stato un breve set che ha pescato brani di Motorhead (Hellraiser), Wasp, Quiet Riot, Iron Maiden (“Flight Of Icarus”) e via discorrendo. Non sono mancate un paio di incursioni on stage di Raffo che, da par suo, ha movimentato la scena. Bella e incisiva la voce della nuova entrata Elisa Concas ma, parlando in generale, credo che questo nuovo assetto permetterà alle Wox di farsi valere ancora di più. Peccato solo per le tastiere che si sono udite poco o niente. Dopo tanta gentilezza ci hanno pensato gli Injury a elargire mazzate a destra e a manca e a proporre la loro musica. Come definire la musica degli Injury? Il fattore Thrash è presente a grandi dosi ma la voce urlata di Alle Rabitti, porta il tutto su coordinate Alternative – Punk – Hardcore. Pezzi veloci con la sezione ritmica di Mibbe, bassista anche dei Modern Age Slavery, e Pollo alla batteria, pronti a fare “scarmazzo” come direbbe Montalbano. Artio e Paul alle chitarre, invece, hanno rifilato riffs taglienti su un pubblico, poco in verità, che, complice il volume, rispondeva a scapocciate. Non è mancata un’incursione di Emiliano (Stonedrift) alla voce per una cover dei Pant… ahem Testament (vero Emiliano?) set corto che ha lasciato tutti, pubblico e band, senza energie, “merito” anche del caldo che nel piccolo Titty Twister si è fatto sentire. Come detto volume alto, ma suono udibile e ben fatto dal fonico Luca Cocconi (AudioCore Studio, Modern Age Slavery, Amassado) che, preso come era, correva a sentire in ogni angolo e a rifinire i dettagli. Dopo la violenza degli Injury è la volta dei grezzi Explorer. Dico così perché conosco Niki (bt) e Jack (ch) e so quello che suonano e come lo suonano. I quattro vanno sul palco, attaccano gli strumenti agli amplificatori e, se sono in palla, sparano fuori un set a base di Speed Metal anni ’80 senza troppi fronzoli né ammiccamenti. Nella serata del Titty Twister gli Explorer mi sono sembrati in forma, diretti come al solito, e volti a fornire uno show energico. Poco importa se alcuni stacchi non sono stati precisi al millesimo. Gli Explorer sono fatti così; prendere o lasciare. Tra i pezzi pescati dai due C.D’s all’attivo, ma esiste anche un promo, “Hidden In The Dark” e l’omonima “Explorer” hanno fatto breccia e gran parte del merito va ascritto ai ritornelli memorizzabili. Arriva il turno degli Ancillotti e mi fa strano vedere Bud e Bid parlare amabilmente con conoscenti e/o amici fino all’inizio dello show. Ancillotti non sono solo una famiglia ma, viste le “solite” facce presenti tra il pubblico, formano un tutt’uno con la famiglia che è sotto al palco. Al mix c’è Samuele Sarti che riesce quasi subito a trovare la alchimia del suono adatta; il maggior tempo c’è voluto per trovare la via giusta per la voce del Bud ma, dopo tre brani, tutto è andato per il meglio. Vicino al mixer era presente anche Fausto “Tino” Tinello dei Wyvern, coproduttore di “The Chain Goes On” e “Strike Back”, che mi è parso più teso dei musicisti stessi. Il concerto è cominciato a velocità supersonica con “To Hell With You” e “The Beast Is Rising”; pezzi contraddistinti da subito dalle tonanti cannonate di Brian. Sinceramente, come al solito, mi aspettavo una maggiore affluenza di pubblico (i presenti erano una sessantina circa) e una partecipazione emotiva più forte. L’occhiata che Ciano mi ha dato ad un certo punto come per dire: “Ma quanto è difficile smuoverli” è stata indicativa. Comunque sia una decina di “fedelissimi”, tra i quali il sottoscritto, hanno cercato di dare un supporto adeguato. Aspettavo con una certa “ansia” la mia canzone preferita ovvero “Life Is For Livin’” da “Stike Back”ma, complici la sordità e il rimbombo del posto, piccolo e dai volumi assordanti, Il riff di chitarra mi è parso cambiare qualche cosa nel pezzo; sto parlando di dettagli per puristi. Si prosegue a suon di mazzate, intervallate dalla triste “Lonely Road” dove la “dedica” del solo di Ciano va a segno su delle note perfette. Si arriva così in prossimità della fine del concerto. Bud istiga la folla con un “Siete pronti guerrieri del metallo?” ripetuto più volte e via che parte “Warrior”. Le note finali, invece, spettano a “Legacy Of Rock” che, come da copione, serve a presentare il gruppo. Un concerto di questo genere andrebbe vissuto da tutti i veri appassionati di Heavy Metal italiano perché le parole non possono raccontare tutto ciò che prova il cuore. Finita questa avventura ripenso a quante cose succedono al mondo d’oggi e, come spesso dico, pensate se tutta l’energia positiva che buttiamo fuori in questo tipo di concerti fosse usata là fuori; già ma queste sono parole da sognatori e non da guerrieri.