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Corrado Franceschini

Corrado Franceschini

Oltre 50 anni di età e più di 35 anni di ascolti musicali.

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Poco dopo le prove dei modenesi Constraint per il concerto a supporto dei Kalidia al Condor Club di Rubiera ho avuto modo, grazie a Elisabetta Simonetti, di intervistare la loro cantante Beatrice Bini. Quello che vi apprestate a leggere è il risultato di sedici minuti di chiacchiere faccia a faccia tra lei e me seduti sul divanetto adiacente al palco.

 

C) Ciao Beatrice. Ben arrivata sulle pagine di www.allaroundmetal.com

B) Ciao Corrado, grazie per l’interesse e per l’opportunità che mi offri per far conoscere meglio i Constraint.

C) Come prima cosa ti chiedo di tracciare in sintesi la storia dei Constraint.

B) Siamo nati nel 2011 come Symphonic Metal Band di covers. Nel 2012 abbiamo inciso il primo demo “Illusion Of A Dream” con tre pezzi inediti; avevamo circa 15/16 anni e nel 2016 abbiamo registrato il primo C.D. “Enlightened By Darkness”. Successivamente abbiamo cambiato formazione stabilizzandoci e abbiamo preso musicisti più motivati per rendere il progetto più professionale. Essendo i musicisti più preparati, il progetto si è spostato su coordinate più Progressive e, dal 2016 in poi, abbiamo fatto solo concerti e composto nuovi pezzi. Nel giugno 2019 è uscito il nostro nuovo singolo “The Big (B)End”. A marzo 2020, invece, uscirà il nuovo album “Tides Of Entropy” (Nel frattempo è uscito - 23 marzo 2020 n.d.a.).

C) La vostra produzione in nove anni ha portato all’uscita di un demo, un C.D. e un singolo. Quella di “centellinare” le uscite è stata una vostra scelta o in questo lasso di tempo avete trovato delle difficoltà di qualche natura?

B) E’ stato dovuto alla nostra storia e cioè al grosso “buco” dovuto al cambio di formazione. Abbiamo dovuto trovare i giusti componenti, provarli, trovare la giusta sintonia fra tutti e trovare il metodo di composizione. La definirei una necessità più che una scelta.

C) Chi è che si occupa delle musiche e chi dei testi all’interno dei Constraint e in quale maniera lavorate avendo per così dire una formazione “Allargata”?

B) Questo è un concetto particolare. So che suona strano sentirlo dire ma componiamo tutti assieme. A volte parte una melodia da me e gli altri costruiscono l’arrangiamento. Altre volte il pezzo parte dal chitarrista, io ci metto la melodia, e ognuno sviluppa l’arrangiamento con il suo strumento. Ognuno mette le sue idee per quello che è il suo ruolo/strumento e cerchiamo mettere tutto in sinergia. Dei testi, invece, mi occupo io. Dato che il testo è dettato dalla mia linea vocale deve essere un tutt’uno. Non affiderei mai le stesure dei testi a chi non le canta perché io in una parola, e in una frase, sento già la melodia della musica e viceversa. Sono due cose altamente correlate.

C) Nel 2020 uscirà il vostro nuovo album “Tides Of Enthropy”. Ci puoi dare qualche anticipazione? Uscirà sulle piattaforme digitali o anche in forma fisica?

B) Il nuovo album uscirà in forma fisica. Abbiamo fatto una campagna di “crowdfunding” per cui c’è già stata una sorta di pre ordine. “Tides Of Entropy” è un album autoprodotto visto che siamo abbastanza attaccati ai nostri pezzi; magari più avanti, quando saremo ancora più maturi e con più esperienza, potremmo valutare l’idea di trovare un’etichetta discografica.

C) Ho visto su Youtube un clip della cover di “Slave” dei Leprous. Puoi dirmi come mai avete scelto quella band e quel pezzo in particolare?

B) I Leprous hanno un tipo di sonorità che, non vorrei dire un’eresia, si può avvicinare in qualche modo al sound del nuovo album. E’ una band Progressive ma ha queste atmosfere molto melodiche e, soprattutto, la voce del cantante si avvicina al mio modo di cantare. Usa molte risonanze di testa, falsetti, e alterna parti molto potenti ad altre melodiche. Direi che attualmente ci rappresentano più i Leprous che i Nightwish; band alla quale venivamo associati perché Symphonic Metal.

C) Visto il tuo ruolo centrale di cantante pensi che per lo più la band venga identificata con la tua figura e, nel caso, questo rappresenta un vantaggio o uno svantaggio?

B) Questa cosa capita quasi sempre nel senso che la gente identifica il cantante perché la voce è la cosa più diretta che arriva al pubblico. Tutti capiscono e riescono a seguire la melodia vocale mentre non tutti hanno il background e la competenza musicale per seguire gli strumenti. E’ un fenomeno che si trova maggiormente nella Pop Music ma che è presente anche nel Metal. Anche la chitarra ha un ruolo importante ma il cantante è quello che ci mette la faccia. A mio avviso è un vantaggio perché la gente si ricorda del cantante che, anche per come è posizionato sul palco è come un punto di riferimento. Ciò non significa che il ruolo degli altri viene sminuito. Lo svantaggio può essere rappresentato dal fatto che i musicisti si sentono relegati in secondo piano ma, come detto, non è così.

C) Cosa si deve aspettare da voi chi viene ad un vostro concerto? Quali emozioni volete suscitare? Usate costumi o effetti particolari?

B) Costumi no. Abbiamo un look molto “sobrio” e non ci piace avere richiami e fronzoli tipici del Gothic perché, oramai, sono caduti in una sorta di stereotipo. Le band di quel genere hanno detto tutto. A noi piace “astrarci” da questi clichès.

Riguardo agli effetti speciali; fino a che non avremo una disponibilità economica sufficiente o un tipo di fama che ce lo permetterà, eviteremo di usare cose che potrebbero risultare “dozzinali”, di poca qualità, oppure pacchiane/ridicole.

Cosa vogliamo suscitare? Io vorrei creare un ambiente introspettivo visto che tutto ciò che scrivo è legato a delle emozioni e delle evocazioni. Non c’è una storia; è più qualche cosa di poetico che vuole lasciare libertà interpretativa al pubblico. Vogliamo creare un’atmosfera dove uno possa vedere se stesso; “scavarsi” dentro e trovare una sorta di catarsi. E’ quello che si trova anche nella tragedia greca: il senso di purificazione, mutamento, improvvisazione, riflessione. La usica deve portarti in un mpondo al di fuori della realtà e quotidianità. Scrivo anche per questo; creare mondi.

C) Avete del Merchandising? Dove è possibile acquistarlo? Quali sono i vostri contatti on line?

B) Certo che abbiamo del merchandising; abbiamo Il vecchio e il nuovo C.D., il nostro plettro, e altri piccoli gadgets. Siamo presenti su tutti i maggiori social: Facebook, Instagram, Youtube e, se volete ordinare qualcosa, basta che seguite il link presente sul nostro Facebook.

C) Grazie per il tempo che mi hai concesso per questa intervista. Saluta pure come vuoi.

B) Grazie a te per la considerazione e un saluto a tutti i lettori di www.allaroundmetal.com

 

Avevo segnato da tempo sull’agenda la data dei Kalidia + Constraint al Condor club di Rubiera ma non avevo messo in conto che questa occasione mi avrebbe portato ad un triplo piacevole e faticoso “lavoro”. Andiamo con ordine. Era da parecchio tempo che non assistevo ad un concerto Metal e i tempi erano oramai maturi. Al Condor Club di Rubiera, quindici chilometri da casa mia, si prospettava una serata niente male con gli headliner toscani Kalidia e, a supporto, i modenesi Constraint. La tentazione di fare un live report era forte e, grazie all’espressa richiesta di Mirco, D.J. di K Rock, emittente radio di Scandiano, la tentazione si è trasformata in occasione. Dopo un rapido scambio di messaggi tra Mirco e Elisabetta Simonetti ci siamo accordati per una serata full immersion comprendente Interviste alle due band nelle figure di Beatrice Bini, cantante dei Constraint, e Nicoletta Rossellini, cantante dei Kalidia, oltre all’immancabile live report dell’evento. Alle ore 20.15, in perfetto orario, la mia amica Nayenne che farà  le fotografie per le interviste e io entriamo nel locale. Ero stato al Condor quando era situato a Modena ma non ero mai stato a Rubiera. Ciò che colpisce subito l’occhio è il palco disposto ad angolo mentre una zona più defilata, garantisce una certa tranquillità per chi vuole sedersi  o bere qualcosa. Questo nella sala Metal visto che esiste anche una sala Dark. Dopo i convenevoli e i saluti si organizzano le interviste (le leggerete a parte). Non resta che rilassarsi e aspettare. Con l’arrivo delle pizze (un ringraziamento speciale va a Cristian, padrone del Condor Club) si ha modo di socializzare meglio con lo staff. Primo concerto: arriva sul palco il sestetto dei Constraint.

Beatrice, che durante l’intervista aveva una voce flebile, dimostra di possedere un cantato che poggia su basi liriche offrendo una performance intensa e, per certi versi,  “evocativa”. I Constraint hanno presentato una vasta selezione di brani, sei su dieci in scaletta, che andranno a comporre il nuovo lavoro “Tides Of Entropya” alternandoli con tre pezzi dall’album “Enlightened By Darkness” più il singolo “The Big (B)end”.

Il gruppo fa un grande uso delle tastiere e, avendo un background Gothic, non poteva essere altrimenti. Un ruolo preponderante è assegnato al violino che, molto spesso, fa le veci della chitarra. Per ascoltare il primo intervento in solo della stessa, difatti, si è dovuto aspettare il terzo brano “Eerie Euphoria”. La batteria è risultata potente e dal tratto preciso anche se, in alcuni momenti del concerto, ha rischiato di “falsare” l’atmosfera. Devo dire che il fonico con il suo mixer “palmare”, ha rimediato passeggiando avanti e indietro per migliorare il suono: in un ambiente stretto e con tanti musicisti non è sempre facile. Il pubblico presente: quaranta unità circa in questo primo step, ha mostrato di gradire sia i vecchi pezzi come “The Ending Of Time” sia i nuovi come“Omniscent Oblivion”.

Il tempo gioca a favore dei Constraint visto che hanno cominciato a fare musica da giovanissimi e, se avranno la costanza, potranno sfruttare le occasioni che troveranno sul loro cammino per portare il loro discorso musicale in giro per l’Italia.

Mentre si approntano piccoli cambiamenti sul palco il disk jockey spara musica Metal a tutto volume dalle casse e i presenti ne approfittano per fare quattro chiacchiere e bersi una birra. Arriva il momento dei Kalidia.

 

Il set inizia con quattro pezzi estrapolati dal C.D. “The Frozen Throne” del 2018. La differenza fra le cantanti dei due gruppi si nota subito: più “assorta” e concentrata Beatrice, più sciolta e desiderosa di coinvolgere la gente Nicoletta.

Prima del terzo pezzo, “Circe’s Spell”, viene invitata sul palco Federica Lanna (Sleeping Romance; ora anche nei Volturian). La performance che ne esce, se pure non precisa al millesimo, offre l’occasione per vedere all’opera due ragazze che hanno una buona sintonia, lo si vede dai loro sguardi, e hanno voglia di far capire che le donne sanno essere coinvolgenti tanto quanto i maschi quando fanno squadra.

Il melodic Power Metal dei Kalidia risulta interessante in quanto è capace di inserire diversi elementi che cambiano il ritmo e non annoiano: valgano per tutte “Circe’s Spell” e “Lies’ Device”. Se il tutto fosse giocato su quello che io chiamo “palla avanti e pedalare”, leggasi doppia cassa tipicamente Power, il discorso prenderebbe un’altra piega. Invece la commistione di velocità e atmosfera, unite alla perizia strumentale, fanno la differenza.

Con sette brani dall’ultimo disco e cinque da “Lies’ Device” del 2014 i Kalidia portano a termine una performance veramente coinvolgente per il pubblico: settanta unità circa alle quali si uniranno altre nel prosieguo della serata. Mi piace sottolineare altri due aspetti del concerto. Dopo due terzi del set è stato inserito un solo di batteria: cosa abbastanza inusuale per una band giovane dato che è più un retaggio della mia epoca (anni sessanta/settanta). Niente di trascendentale, se pur ben eseguito, ma è servito a spezzare l’atmosfera e a permettere a Nicoletta di riprendere energie. Il secondo aspetto riguarda la Black Sails Crew, ovvero la fan base dei Kalidia, che è stata chiamata sul palco per premiare i tre vincitori dei biglietti estratti in una lotteria che ha permesso di vincere C.D.’s e birra. Sono piccole cose ma servono a premiare chi si è sobbarcato dei chilometri per vedere in azione i propri beniamini.

Rimane solo il tempo per fare gli ultimi saluti e ringraziamenti e si va verso il meritato riposo. A volte mi chiedo se ha ancora senso a 57 anni girare per concerti ma la risposta arriva da serate “intense” come quella vissuta al Condor Club.

foto: copyright di Roberta - Nayenne e Corrado Franceschini

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Intervista a James Alexander Childs (Little Villains).

Venerdì, 22 Novembre 2019 10:20 Pubblicato in Interviste

Dopo il concerto dei little Villains a Parma del 5 maggio 2019 avevo promesso a James Alexander Childs, cantante e chitarrista, fondatore della band assieme a Phil Taylor (ex batterista dei Motorhead) che avrei approfondito la conoscenza della band con un’intervista scritta. Ecco il risultato.

 

C) Ciao James! Benvenuto nella webzine Allaroundmetal

 

J) Ciao Corrado! Grazie mille!

C) Potresti dire ai nostri lettori qualcosa sulla nascita dei Little Villains?


J) Ho incontrato Phil nel 2004 presso un megastore di elettronica a Los Angeles mentre restituivo un lettore DVD difettoso, anche lui stava aspettando in fila.
Mentre me ne andavo, mi fermò perché, riconoscendo il mio accento inglese, si era chiesto se fossi un musicista.
Quindi abbiamo chiacchierato e abbiamo deciso di incontrarci qualche giorno dopo per una Jam Session. Siamo diventati buoni amici e nel corso dei successivi due anni siamo usciti, abbiamo registrato e gli ho insegnato ad utilizzare protools.

C) Da fan di vecchia data dei Motorhead, ti chiedo un piccolo ricordo di Phil Taylor.


J) Certo. Innanzitutto Phil era un personaggio e una vera rockstar.
Tuttavia, era molto premuroso, con un grande cuore, raccontava sempre indovinelli e barzellette.
Poteva anche essere molto conflittuale se non gli piaceva qualcosa e poteva innervosirti ma, rapidamente, sapeva disinnescare tutto con un commento sarcastico o divertente, che dimostrava la sua vera natura.
Dopotutto era famoso, era stato nei Motorhead e ne aveva passate tante.
Solo una volta abbiamo avuto una discussione che mi fece stare molto male ma lui ci passò sopra quasi immediatamente e mi chiamò per chiedermi se volevo uscire con lui e  Lemmy quella sera!
È così che mi ricordo di lui.

C) Sei la mente dietro ai Little Villains, ma in che modo Phil ha contribuito alle canzoni del vostro primo C.D / L.P. "Phylthy Lies"?


J) Phil e io abbiamo lavorato nel mio studio a Los Angeles in diverse occasioni nel periodo 2005-2006.
Abbiamo iniziato a registrare canzoni che avevo scritto durante i miei ultimi giorni nel gruppo rock britannico Airbus qualche anno prima, solo per tastare il terreno e buttare giù qualcosa.
Mentre improvvisavamo, iniziai a scrivere materiale dal quale Phil appariva ispirato.
Aveva uno stile particolare come nessun altro e funzionava bene con il mio.
Così, per quanto riguarda il suo contributo ai Philthy Lies, mi ha dato il suo tempo e la sua energia, ha dato la sua approvazione professionale alle canzoni suonandole e suggerendo idee di arrangiamento.
È stato molto bello!

C) Perché l'album è stato modificato dopo tanto tempo? Chi degli eredi di Phil ha dato il permesso di farlo?

 

J) Quando ho iniziato a capire che avevamo qualcosa che valeva la pena registrare, Phil e io discutemmo della possibilità di gestire la cosa, ma c'era un problema con il suo passaporto, quindi decidemmo di non attirare l'attenzione su Phil fino a quando la questione non fosse stata risolta.
Inoltre io e mia moglie avevamo appena avuto il nostro secondo figlio, poi avevo molti impegni di tournée con Persona Non Grata di Vic du Mont fino al 2010, quindi ho avuto una vita molto frenetica!
Nel 2011, sono tornato nel Regno Unito per un anno.
Phil e io parlammo ancora della registrazione, ma i suoi problemi con il passaporto erano ancora irrisolti.
Quando ritornai negli Stati Uniti alla fine del 2012, Phil si era ammalato ed era stato costretto a tornare nel Regno Unito dove sarebbe morto nel 2015.
Nel frattempo i dischi rigidi con tutte le nostre sessioni si erano rotti e pensavo che tutto fosse perduto!
Poi rimasi scioccato e sconvolto quando Phil morì e non sapevo cosa fare.
Nel 2017 ritrovai le bobine originali da 2 pollici depositate nel Regno Unito, le riportai nel mio studio a Los Angeles e le suonai. Mi piacque il modo in cui suonavano così, ho incontrato la famiglia (le sorelle) di Phil e abbiamo concordato che, dopo tutto, quella musica avrebbe dovuto essere pubblicata.

C) Come hai "arruolato" gli altri membri di Little Villains?


J) Il bassista britannico Owen Street era venuto a Los Angeles per un paio di settimane per provare le canzoni con me e Phil in occasione della sessione di registrazione a Palm Springs 2007.
Quindi ho sentito che avrebbe dovuto suonare nel tour di Philthy Lies.
Chris Fielden, amico di lunga data e batterista degli Airbus, sembrava essere la persona giusta perché era un grande fan di Phil e, a mia insaputa, era diventato suo amico su Facebook, erano anche usciti per un po’ a Los Angeles, quando Chris e io lavoravamo insieme su un progetto.
Mio nipote Owen Childs aveva suonato con me e Chris nel 2011 e lui è un chitarrista eccezionale!
Quindi tutto mi è sembrato naturale.

C) Mi sembra che l'album sia stato registrato in modo "grezzo" senza usare tanti effetti da studio. Cosa puoi dirmi sulla produzione, mixaggio e mastering di "Phylthy Lies"?

J) Volevo che il disco fosse come una capsula del tempo, un ricordo di com’erano le cose.
Era crudo, era fuori dai canoni e volevo catturare proprio questo.
Mantenerlo minimale mi sembrava la chiave.
È stato registrato su bobine da 2 pollici con
batteria Proper, SG, Crybaby e Marshall, Ricky Fuzz e Ampeg, un po’ di Gretsch Acoustic e Telrey sulla voce, tutto qui!
Mixato in protools 8 e masterizzato con un limitatore di mastering Massey L2007.
Sì, puoi passare tutto il giorno, la notte o le settimane cercando di essere perfetto.
La musica può essere molto sterile e molti dischi rock mi sembrano così.
L'ho ascoltato e sì, sento imperfezioni, la voce confusa ma energia sempre cruda e onesta.
Oggi le persone credono in poche cose ma Philthy Lies è assolutamente credibile.


C) Come puoi descrivere il tuo tipo di musica e lo stile dei
Little Villains?

J) Little Villains sono divertimento, buone canzoni, performance oneste e un messaggio per tutti: che la musica rock and roll dovrebbe essere divertente e che non ci sono regole del cazzo!

C) Nel concerto di Parma mi hai dedicato la canzone "Enemy". Sono curioso di sapere cosa dice il suo testo.

J) Ah sì!
Indietro, indietro, indietro, indietro, chiudi il becco, chiudi il becco nemico !!!
Ci stavo giocando!
Il testo della canzone ha due significati.
Può trattarsi di porre fine a una relazione tossica o un messaggio ai critici!
Non devi offenderti perché guarda caso, sei una persona gentile.

C) Nella nostra chiacchierata a Parma mi avevi detto che avevi altro materiale suonato da Phil, da te e dall'ex bassista di Hawkwind. Puoi dirci qualcosa in più su questo "progetto"?

J) Sì, è vero.
Come ho accennato in precedenza, i miei dischi rigidi con tutto il nostro lavoro erano andati distrutti, così recentemente li ho recuperati a caro prezzo nella speranza di individuare le sessioni di registrazione che Phil e io avevamo fatto nel mio studio nel periodo 2004-2006.
Ho trovato cose che anche io avevo dimenticato e ho iniziato con gioia a mettere insieme altre 10 tracce.
Quando Phil e io abbiamo registrato insieme, suonava la batteria ovviamente, io suonavo la chitarra e avevo anche una voce graffiante.
Alan Davey degli Hawkwind mi inviò un messaggio di apprezzamento sul suono di Philthy Lies e disse che sarebbe stato disponibile a suonare il basso, dato che si era appena trasferito in California a sole 2 ore e mezza da me.

Ho pensato che sarebbe stato molto appropriato che il prodigio dei Lemmy suonasse il basso con le tracce di batteria di Phil.
Il risultato è un suono più psichedelico, forse un sound più naturale, senza perdere lo sporco dei
Little Villains.
Fortunatamente Chris e Owen sono con me nel sostenere questo progetto in tournée, questo permette padronanza della band dal vivo.
Sono grato di avere una seconda opportunità di portare alla luce l'ultimo lavoro svolto con Philthy Animal Taylor.
Con Alan Davey che suona il basso, cosa potresti desiderare di più?


C) Com'è andato il lungo tour dei Little Villains
in ​​Europa? È stato difficile guidare sotto la pioggia battente sul tuo furgone? Hai degli aneddoti particolari da raccontare? Qual è stata l’accoglienza della gente?

J) Abbiamo fatto 22 spettacoli nel primo tour, fissandoli in corso d’opera.
Ora, questo significa correre il rischio di uno spettacolo vuoto qua e là ma non c'è dubbio che la band abbia costruito un grande legame attraverso questa musica e sta già prolificamente scrivendo nuovo materiale!
Non c'è stato nulla di difficile nel guidare nel tour, forse quando il furgone si è rotto a Treviso ma abbiamo risolto in tempo per arrivare a Rubicone e far decollare un buon spettacolo quel venerdì, con un’eccellente band che si chiama Royal Guard!
Per quanto riguarda gli aneddoti, ci siamo fatti un sacco di risate e raccontato storie su Vic du Mont di Persona Non Grata.
Owen ricordava una delle descrizioni di Phil di un fill di batteria in 
“Flats in Dagenham” Lascia che ci sia un fill Rock come intro.
Un altro era che ero l'unico che aveva una cintura porta proiettili. "Devo procurarmi una cintura porta proiettili"  È il nostro detto da quel tour. Lol (un sacco di risate)!
Penso che la risposta del pubblico è che sia stato piacevolmente sorpreso.
Forse le persone non riescono a fare a mento dei paragoni con i Motorhead quando si tratta di Philthy Lies ma, quando le persone ci vedono dal vivo, sembrano comprendere e divertirsi dopo tutto.




C) Suoni anche nella band Avon. Puoi dirmi qualcosa in più su questo gruppo?

J) Nel 2016 Avon si è formata sulla scia dei Lakota.
Charles Pasarell, che suona il basso, e io non eravamo contenti del batterista, così Alfredo Hernandez, con cui avevo suonato in Persona Non Grata di Vic du Mont per un periodo di 10 anni, si unì a noi alla batteria e fu allora che nacquero gli Avon.
Avon è la contea da cui vengo nel Regno Unito, è anche un'icona britannica di fantascienza e ovviamente una canzone dei QOTSA, quindi si adatta perfettamente.
Finora abbiamo realizzato due album e siamo stati in tour Europeo per circa 6 volte.
Avon è diversa da Little Villains, come un alter ego .....

C) Quali sono i tuoi piani per il futuro di Little Villains e Avon?

J) Avon ha un nuovo disco in cantiere e con un po' di fortuna andrà in tournée nel 2020.
Attualmente sto lavorando a brani che ho registrato con Phil e Alan per la prossima uscita di Little Villains in America.
Chris, Owen e io stiamo scrivendo materiale nuovo di zecca per un nuovo album dei Little Villains e faremo un tour nel nord Europa a novembre 2019 - emozionante!

C) Chiudi questa intervista con parole tue e ... molte grazie per la tua disponibilità.

 

J) beh ... grazie mille, è stato un piacere.
Penso che mi piacerebbe solo dire che “non importa ciò che la gente dice o pensa, segui i tuoi sogni e fai ciò che ti rende felice perché la vita può finire in un secondo e a nessuno importa quanto fosse costoso quello studio in cui hai registrato"
Non ti preoccupare!
Ci vediamo sulla strada!

 

Grazie a Roberta/Nayenne per la traduzione delle risposte dall’inglese all’italiano.

 

 

 

 


 

 

Anche se Reggio Emilia, la città dove vivo, è avida di concerti e posti dove si suona, basta spostarsi di pochi chilometri e le occasioni per ascoltare musica non mancano.  Il 21-09-2019 era in programma il release Party per il nuovo disco della band Snei Ap al Fuori Orario di Taneto di Gattattico  e il vostro cronista, per l’occasione, ha pensato bene di fare sia il live report dell’evento che un’intervista per La radio di F.V.I.M.I. Ore 19 partenza da Reggio e arrivo al locale di Taneto per le 19,45. Breve trafila per entrare (grazie a Emiliano, Stefano e Alle dell’organizzazione) e sono dentro. Un breve saluto a Adil, chitarrista di Snei Ap, e cerco Sonia, la batterista, per organizzare l’intervista. Sul palco sta provando Danny Metal, cantante che con la sua band propone cover riarrangiate sia di artisti italiani che di cartoons e sia di Metal vero e proprio.

 

Snei Ap proveranno subito dopo così l’intervista slitta ma non importa: sono abituato a seguire in toto i concerti e i relativi soundcheck e, sorseggiando una birra, il tempo passa veloce. Proprio durante il soundceck si evidenziano alcuni problemi e il tempo per risolverli è poco ma non fa niente: si va avanti a testa bassa. Finite le prove arriva il momento dell’intervista e ringrazio Sonia per la cordialità e la disponibilità (ma anche per avere ritardato il “rito” dei tortellini). Durante le prove si era evidenziata una differenza tra il suono di Danny, decisamente potente, e quello di Snei Ap più “compresso” e poco propenso ad uscire dagli amplificatori della sala in maniera adeguata. Il luogo del concerto, ancora semideserto, si anima di presenze più o meno “inquietanti”.

Oltre a una Samara che vaga scalza tra gli astanti ciondolando, compaiono gli Ordallegri: una sorta di artisti circensi o, se preferite, di teatro di strada, che con la loro presenza animeranno il concerto (sono gli stessi che potete vedere nel clip di “Escape” n.d.a.). Dopo avere messo in ordine alcuni appunti nei vagoni del treno presente nel Fuori Orario arriva l’ora del concerto. Lo show inizia con Vale (bs) e Sonia, seminascosta, vestite con camicioni bianchi da evase da una struttura psichiatrica: un richiamo a quello che è il “problematic” alternative Rock, e metal del quartetto. Sin dall’opener “Escape” è chiaro che gli strumenti sono ben bilanciati ma il suono rimane compresso come nelle prove. Scorrono i pezzi “Breakdown” e “Fuck Off M8” e ciò che emerge è la voce potente e “negroide” di Angie Prati.

Vale e Sonia, con problemi di staffa nel drum set, si danno da fare a dovere mentre Adil, l’unico maschio, scorazza un poco “indisciplinatamente” con i suoi soli. Se i primi tre brani mi sono sembrati abbastanza uniformi come struttura fra loro: per questo consiglio a Snei Ap di non metterli in fila in scaletta, con “E.L.I.S.” lo show prende quota. La voce di Angie si “apre” di più grazie anche alla struttura cadenzata del pezzo, e tutto il gruppo è più compatto. Si prosegue con l’Hard Rock in cadenza di “Different Life”: un pezzo da fare battere il piede a tempo.

E’ il momento di “I Wanna Be A Millionaire”: In questo pezzo emerge tutta lo spiegamento di voce di Angie che, si sente, è stata la cantante delle Diamond Beast, tributo femminile agli Iron Maiden. Il gruppo è perfettamente a proprio agio nel suonare le ritmiche serrate del pezzo e lo show è coinvolgente. “You Without Me” arriva con la pesantezza di un macigno e le influenze dell’alternative Metal si sentono tutte, assieme ad un’ apertura più melodica.  Il gruppo, trascinato da un basso pulsante e una batteria che vanno d’accordo alla grande, ha preso padronanza del palco definitivamente.

I componenti indossano delle magliette con la scritta del titolo a colori diversi, ed è così che viene presentato “Io Sono Un Problema”: secondo singolo tratto da "Escape". In questo caso Snei Ap hanno seguito una strada diversa da quella segnata fino a ora e si lanciano in un testo in italiano con parole “rappate” e un ritmo saltellante  che, comunque, ha alla base il Rock. Siamo giunti alla fine e l’impressione che ho ricavato da questo concerto è stata che, forse stressate/i dalla lunga attesa, oppure dall’“ansia da prestazione”, Snei Ap non hanno potuto rendere al 100% e portare per intero quello che è il loro messaggio al pubblico. A riprova di ciò vi dico che una settimana dopo, in altro ambito, ho rivisto la band in azione e lo show mi è sembrato decisamente più “cazzuto”. A seguire c’è stato lo show di Danny Metal che ha visto un folto pubblico partecipare e divertirsi a suon di cover. Ho seguito il concerto fino alla parte dei cartoon giapponesi che non amo particolarmente ma, molto onestamente, devo dire che sentire le cover di “Baila”, “Geordie” e “Sere Nere”, mi ha fatto capire che la musica si può adattare, e bene, a qualsiasi ritmo alla faccia dei “duri e puri”: basta solo accantonare il paraocchi. Al di là di tutto, e non mi stancherò mai di dirlo, gruppi come Snei Ap che vanno in giro da nove anni, meritano il vostro sostegno per la grinta e la voglia che mettono nel suonare fosse anche solo per pochi intimi.

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