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Già di per sé, per il sottoscritto andare a vedere i Grave Digger è come per un cattolico andare in pellegrinaggio a Medjugorje, figuriamoci se anziché andarli a vedere in Italia si va quasi in Germania e dunque circondati da tedeschi sbronzi che si abbracciano.

Questo è per farvi capire l'hype che mi è saltata addosso mentre mi dirigevo a Pratteln, alla solita Z7, per la prima parte del tour di Healed by Metal. Una serata 100% crucca, visto che i miei beniamini erano accompagnati dai Victorius e dai Mystic Prophecy (dei quali potete leggere la mia recensione della loro ultima fatica qua). Grazie alla Napalm Records sono pure riuscito a incontrare Chris Bolthendahl e a intervistarlo (qui potete leggere l'intervista).

Ma veniamo al dunque: ad aprire la serata, dopo 3 ore di auto, arrivano i Victorius, "giovane" (sono in giro dal 2010) band dedita a un power teutonico della scuola Helloween/Gamma Ray. Nonostante il genere sia uberinflazionato, specialmente in terra di wurstel e crauti, la band capitanata da David Baßin (voce) e Andreas Dockhorn (basso) riesce subito a far prendere bene tutti, con pezzoni bombastici di doppia cassa sparata a manetta e voce superfalsettosa.

Come mi faceva notare il mio collega Roberto di Metalforce, peraltro, al contrario dell'altro giorno coi Twilight Force qui la strumentazione usata è tutta analogica, quindi molto più diretta come effetto. Di sicuro, se mi ricapitasse di incontrare i Victorius lungo il mio cammino, ci inciamperò di nuovo volentieri, visto che pezzi come Empire of the Dragonking, Lake of Hope e Metalheart dal vivo fanno la loro porchissima figura.

Non mi aspettavo molto, invece, dai Mystic Prophecy, band che ormai è un collage di sessionist che ruotano attorno a Roberto Liapakis e Markus Pohl, gli unici due membri originali sopravvissuti in tutti questi anni. Per l'occasione (?!) i nostri sfoggiano il nuovo acquisto Joey Roxx, bassista dall'ottima presenza scenica e dallo sguardo talmente cattivo che pensavo scendesse da un momento all'altro a menare qualcuno.

In realtà il quintetto tedesco, coi suoi riffoni sparati a mille e l'indiscutibile carisma dei suoi membri, regge tranquillamente il palco pur suonano parecchi dei pezzi degli ultimi due album Killhammer e War Brigade, tra le quali una tamarrissima Metal Brigade che i tedeschi sembrano conoscere abbastanza bene.

Sarà il tasso alcolico o la simpatia, ma la band riesce a mettere d'accordo tutti i presenti che, in fondo, si stanno sparando una serata di power metal autoctono. Grande chiusura con una cover di Paranoid per l'occasione accordata bassissima: il giusto macello che serve prima dell'ingresso dell'headliner.

Quando viene scoperta la scenografia dei Grave Digger comincio già a schiumare come un cinghiale in calore: per l'occasione compaiono quattro statue pacchianissime a forma di angelo della morte, per il solito palco semplice che i becchini teutonici portano dietro di sé.

Quando parte Healed by Metal il mio cuore ha qualche mancamento, per poi cominciare con gli spasmi quando, dopo Lawbreaker, viene annunciata Witch Hunter. Le prime tre canzoni passano come una iniezione di morfina, così dopo c'è anche il tempo di riprendersi e andare a farsi spazio in mezzo al pubblico tetesco che, anziché pogare e scapocciare, pare in adorazione come se vedessero la Madonna. In effetti cosa si può chiedere di più se non l'essere circondato da tedeschi sbronzi marci che cantano le canzoni dei Grave Digger rovesciando birraccia ovunque? Nulla, secondo me.

Da Tunes of War viene ripescata una inaspettata Killing Time, così come da Excalibur viene suonata Morgane Le Fay, altro pezzo che non sentivo dal vivo da un secolo. Per il resto la scaletta è concentrata sull'ultima fatica in studio dei teutonici: Free Forever, Hallelujah e Call for War sono gli altri tre pezzi estratti come organi ancora pulsanti. C'è pure un momento per dare il giusto tributo a Lemmy, con un Chris Bolthendahl che ne fa l'imitazione su Tattoeed Rider, truzzissimo estratto da Return of the Reaper, che va a braccetto insieme a Season of the Witch. In quel momento, probabilmente, avrebbero pure potuto diagnosticarmi la demenza perché mi sono completamente scatenato.

Grande risalto viene dato al "nuovo" membro della band Marcus Kniep, che ci spara pure un bell'assolo di tastiera prima di The Last Supper, altro pezzo che non veniva riproposto dal vivo da un bel po' ma che come apertura degli encores è perfetta. Non può poi ovviamente mancare Rebellion, alla quale la Z7 esplode in un boato di crauti e stinchi di maiale, con i tedeschi ormai distrutti dalla birraccia di pessima qualità che piangono e si abbracciano.

I Grave Digger riescono a farmi piacere pure le canzoni dai loro album meno riusciti come The Clans will rise Again, con la penultima Highland Farewell, sulla quale ho tempo di darmi un minimo di contegno. Infine, su Heavy metal Breakdown, perdo totalmente il nume della ragione, mi avvolgo la bandiera di Return of the Reaper intorno al collo e vado a fare casino in prima fila.

Ragazzi: chi vi dice che l'heavy metal è morto è un cialtrone e non va ascoltato. Il metal si è trasformato, evoluto, riplasmato, ma quando vedi gente come i Grave Digger dal vivo ti rendi conto che la formula riff-ritornello di 3 minuti è ancora la più bella, genuina e scatenata. Ci siamo sparati 3 ore di macchina per venire fino a Pratteln, ma come ogni volta ne è assolutamente valsa la pena. Non dimenticatevi che il 2 luglio apriranno ai Blind Guardian al Battlefield Metal Fest 2017.

Setlist:

  1. Healed By Metal
  2. Lawbreaker
  3. Witch Hunter
  4. Killing Time
  5. Ballad of a Hangman
  6. Season of the Witch
  7. Lionheart
  8. Free Forever
  9. Tattooed Rider
  10. The Dark of the Sun
  11. Hallelujah
  12. Morgane le Fay
  13. Excalibur
  14. Rebellion (The Clans Are Marching)

Encore:

  1. The Last Supper
  2. Call For War
  3. Highland Farewell
  4. Heavy Metal Breakdown

Gallery completa qui.

Pubblicato in Live Report

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