Appena ho appreso della presenza di Pino Scotto come headliner al primo Nasty Nights Festival di Parma ho pensato che dovevo essere presente alla serata. So che molti di voi hanno una cattiva/pessima opinione di Pino e di ciò che fa/dice. Non sarò di certo io a farvela cambiare ma riflettete su due punti: 1) Giuseppe Scotto Di Carlo si esprime come molti di noi fanno nella vita reale o su social. 2) Pino è molto probabilmente l’unica vera Rockstar italiana. Non sto parlando del carisma di Steve Sylvester o dell’innata simpatia del mio “fratellone” Bud Ancillotti tanto per fare due esempi, ma degli atteggiamenti di una persona vissuta tra fabbrica, strada e, naturalmente, musica. Detto ciò che penso in tutta sincerità, come mio solito, parto con il resoconto del festival. L’evento è stato organizzato e fortemente voluto da Raffaele “Raffo” Albanese con la sua RA Music. Con questa serata Raffo ha voluto unire, e riunire, alcune giovani realtà affiancandole ai veterani Love Machine, band di Milano e, naturalmente, all’ex cantante dei Vanadium. I giovanissimi Overheat da Parma fungevano da apripista e la loro occasione era importante visto che dovevano presentare il primo demo autoprodotto dal titolo “2085”. Purtroppo, essendo arrivato in ritardo, non posso darvi ragguagli sulla loro performance a base di Heavy/Speed ma vi posso esortare a cercare i loro pezzi su Youtube o a comprare il loro demo in vendita a due euro contattandoli sul loro Facebook. Arrivo in cassa, a tale proposito è obbligatorio il ringraziamento a Raffo per la solerzia nell’accredito (quando si tratta di “lavoro” è richiesto mentre, in caso vada come spettatore, pago. Sia chiaro). Entro nel Titty Twister: per ciò che ricordavo era più grande, e sul palco ci sono i Final Phobia da Vigolzone (PC) impegnati in una versione di “Two Minutes To Midnight” degli Iron Maiden. 4/5 del gruppo si esibiscono in cravatta ma senza altre trovate sceniche/visive. Il cantante dimostra di avere una buona ugola e i (momentaneamente) pochi presenti mostrano di gradire. Il suono nel totale è un poco “chiuso” ma, cosa dimostrata anche nei due pezzi originali proposti in seguito, sembra che la coesione ci sia. Naturalmente le coordinate principali sono quelle tracciate dalla Vergine Di Ferro e ciò che si sente è un Power/Heavy vigoroso e dinamico. Il mio giudizio è buono ma mi riservo di vederli sulla lunga distanza e con dei suoni migliori. Non vi nascondo che il quintetto femminile delle Wox da Parma, il terzo in scaletta, mi intrigava parecchio. Lasciamo stare il piacere puramente visivo di vedere cinque donne sul palco ma il sentirle suonare, se pure delle covers, era uno degli obbiettivi della mia serata. Purtroppo, e lo dico con coscienza dato che la chitarrista Marta Vix la conosco, la avevo sentita suonare in una cover band dei Motorhead e so che se la cava bene, il gruppo ha tradito un forte nervosismo. Vuoi per la mancanza di suondcheck, vuoi per il notevole ritardo della cantante che è arrivata cinque minuti prima dell’inizio del set, vuoi per un suono che, molto probabilmente, sul palco non era ottimale, le ragazze non sono riuscite ad emergere del tutto positivamente. Il concerto è iniziato con “Bang Your Head” dei Quiet Riot ed è proseguito con classici come “Hellraiser” dei Motorhead e altri. Dopo la prestazione che ho descritto le Wox si sono magicamente risvegliate, e riscattate, quando sul palco è salito Raffo per cantare e duettare con la bionda singer delle parmensi una stupenda versione di “The Trooper” degli Iron Maiden. Una voce potente e vibrante quella del rosso che, con il duetto e qualche “moina” si è guadagnato il favore del pubblico. Dopo questa esibizione le ragazze si sono lanciate in una bellissima versione di “I Wanna Be Somebody” che ha dimostrato la loro stoffa. Le tastiere, purtroppo, sono rimaste sempre nell’ombra e non sono riuscite a dare il giusto contributo al suono delle Wox il che avvalora la tesi di una prestazione parzialmente falsata. Peccato perché di donne che tengano alto il valore del Metal al femminile ce n’è sempre bisogno. Con l’avvento sul palco dei milanesi Sixty Miles Ahead si ha un notevole miglioramento del suono. Come etichettare la proposta di questo gruppo? Hard Rock ma non solo. Grazie ad innesti di chitarre down tuned i ragazzi meneghini sono in grado di piacere anche alle generazioni più moderne. Chitarre dai toni graffianti si mischiano a momenti più melodici e la voce potente ed incisiva di Sandro Casali guida il gruppo verso una facile vittoria con una prestazione altamente convincente. Se poi vogliamo mettere la ciliegina sulla torta il ritorno sul palco di Raffo che ha intonato assieme a Sandro “Kickstart My Heart” dei Motley Crue, ha mostrato due veri cantanti di talento che possono competere con ugole ben più blasonate, quando si dice la forza dell’età. Cambio palco appena più lungo dei precedenti e comincia lo show dei veterani Love Machine. Che siamo di fronte a musicisti maturi nell’età rispetto ai gruppi precedenti è ben visibile. I suoni sono quelli di un concerto Heavy Metal svolto in posti ben più capienti del Titty Twister. Lo show, se pur di alto livello, è parzialmente adombrato da alcuni problemi agli amplificatori della chitarra di destra che finisce per restare “oscurata” in alcuni frangenti. Ciò non impedisce ai musicisti di esprimersi al massimo. Le canzoni, a me del tutto ignote prima del concerto, scorrono via con il loro carico di energia. Ho parlato di Heavy Metal ma la melodia che traspare in alcuni brani e nei ritornelli colpisce chi ascolta tanto che, a distanza di settimane, mi ritrovo a canticchiare “Angels In Town” (inutile che vi dica a chi è dedicata no?) e “We Are The Fire”. Quando un gruppo riesce a far si che le canzoni entrano in testa in questa maniera per me ha già vinto. Non sto dicendo che Love Machine abbiano inventato chi sa cosa; sto dicendo che quello che fanno lo fanno con gusto, passione e divertimento. Senza effetti e con qualche posa plastica il sudore e i Rock hanno dato i frutti sperati. Al momento dell’entrata in scena di Pino Scotto le persone presenti nel locale saranno una cinquantina. Mi aspettavo qualche cosa di più come pubblico ma, ricordiamolo, l’Emilia Romagna ha ogni sabato una proposta vastissima per quanto riguarda i concerti e non si può essere presenti dappertutto. Cosa volete che vi dica di un vecchio leone che a 66 anni tiene il palco in una maniera più che dignitosa? Impossibile ripercorrere i passi di una carriera che è iniziata con i Pulsar (un 45 giri all’attivo nel 1979) e proseguita con Vanadium, Progetto Sinergia, Fire Trails e da solista. Come musicisti per questo tour Pino ha scelto il fido batterista schizoide che avevo già visto in altre occasioni: il modo di suonare di questo uomo, cioè come se fosse in trance, è stupefacente e tanta è la sua energia e forza che un paio di volte gli altri componenti hanno guardato per dire: “ma dove stai andando?”. Alla chitarra una vecchia conoscenza visto che Steve Angarthal aveva già suonato con i Fire Trails, e al basso un musicista a me sconosciuto, almeno di nome. Sono corsi via 75 minuti che hanno portato in dote pezzi immortali come “ Streets Of Danger”, “Get Up Shake Up”, “Easy Way To Love” (scritta da Pino in un periodo di innamoramento che, testuali parole, “Capita a tutti no?”). Assieme a questi vecchi inni hanno trovato spazio brani più recenti come “Codici Kappaò” e i due pezzi inediti dell’ultimo C.D. “Live For a Dream” ovvero sia “Don’t Touch The Kids”, brano scritto per un progetto “benefico”, e “The Eagle Scream” dedicata all’amico (sempre parole di Scotto) Lemmy, che sono stati presentati uno di seguito all’altro. Proprio in memoria del leader dei Motorhead è stata eseguita “Stone Deaf Forever” (la intro la potete sentire su C.D. all’inizio di “The Eagle Scream”) mentre il finale è stato affidato ad una trascinante versione di “We Want Live With Rock ‘n Roll”. Naturalmente non sono mancati i “siparietti” al veleno dedicati tra gli altri a Renzi e J. AX, come giudice di talents, con cui Pino aveva scritto un brano. Omaggi e rispetto sono andati come detto a Lemmy, e agli Extrema, amici di lunga data. Dopo la fine dello show di nuovo un saluto e un ringraziamento a Raffo per l’ospitalità e poi sono uscito soddisfatto dal Titty Twister. Nonostante lo spirito dei miei venti anni sia lontano, sono a quota 53, questi festival continuano a piacermi per la loro eterogeneità e genuinità e per l’opportunità di scambiare opinioni e chiacchiere.
26
Mag

Corrado Franceschini
Oltre 50 anni di età e più di 35 anni di ascolti musicali.
Sito web: it-it.facebook.com/people/Corrado-Franceschini/100000158003912Ultimi da Corrado Franceschini
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