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09 Mag

FRONTIERS ROCK FESTIVAL 28, 29 Aprile 2018 - LIVE Trezzo sull'Adda (MI) In evidenza

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Le previsioni meteo non sempre ci azzeccano e, per fortuna, niente pioggia o temporali come previsto, ma un tiepido sole che ci dà l'opportunità di sfruttare il giardino esterno dove, tra un cambio palco e l'altro, è sempre piacevole pascolare, incontrare bella gente e fare il pieno di birra. Il pubblico è abbastanza numeroso anche se mi pare inferiore a quello dello scorso anno e si nota sempre la massiccia presenza di rockers e metallari provenienti da tutta Europa, principalmente dalla Germania.

 

Tocca ai nostri HELL IN THE CLUB inaugurare la quinta edizione del Festival. La band abbastanza giovane ma formata da musicisti di notevole esperienza (alla voce troviamo Davide Moras degl Elvenking ed al basso il poliedrico Andy Buratto dei Secret Sphere) e riesce perfettamente a scaldare la platea grazie ad una genuina  attitudine da  rockers navgiati e a pezzi melodici e molto tirati.

 

Stessa grinta e confidenza con il palco la dimostrano anche i BIGFOOT, che lasciano tutti a bocca aperta per l'energia scatenata e per lo spirito casinaro che impregna tutto il loro show. Band che mescola alla perfezione lo spirito hard rock settantiano con potenti sonorità heavy più moderne e dal vivo sono una vera furia. Menzione speciale merita Antony Ellis ottimo cantante e frontman purosangue.

 

La giornata prosegue con gli AMMUNITION, band che darà vita ad un concerto di grandissimo impatto nonostante l'assenza di Erik Martensson attualmente in tournée con i suoi Eclipse. Come da copione è Age Sten Nilsen il vero matador: voce personale e notevole carisma oltre che persona simpatica e sempre disponibile a scambiare quattro chiacchiere con i suoi fans. Un'oretta circa di show serrato dove si alternano i migliori pezzi del primo album ('Do You Like It', 'Tie Me Down', 'Road to Babylon') a quelli del nuovo lavoro (Time, Tear Your City Down, Freedom Finder). Molto bene.

 

Rapido cambio di scenario ed è la volta dei veterani PRAYING MANTIS gruppo che, nonostante abbia già visto in numerose occasioni, non stanca e non delude mai. Guidati dai fratelli Tino e Chris Troy hanno trovato, anche grazie all'innesto del cantante John Cuijpers, una seconda giovinezza. Dell'ultimo album suonano giusto un paio di pezzi, la Maideniana 'Keep It Alive' e 'Mantis Anthem'. Per il resto niente di nuovo, ovvero i grandi classici che dal vivo non possono mai mancare come 

'Captured City', 'Panic in The Streets' o la più recente 'Fight For Your Honour'. Grande show, grande entusiasmo e un Tino Troy sempre sorridente che sembra ringiovanire col passare del tempo! Applauditissimi.

 

Molta attesa e curiosità nei confronti della MICHAEL THOMPSON BAND. Chitarrista, compositore e session man richiestissimo, nell'arco degli anni ha collaborato con artisti del calibro di Phil Collins, Rod Stewart, Madonna, Joe Cocker trascurando per forza di cose la sua discografia personale che si riduce praticamente a un paio di album. Ma che album! Il recente 'Future Past' e naturalmente "How Long" uscito nell'88 e vero capolavoro del genere AOR. Il pubblico è coinvolto e attento e Thompson, insieme al bravissimo e pacioso cantante Larry King, affascina la platea rendendosi artefice di uno show sfarzoso di altissima classe ed eleganza.

 

Grande attesa e grandi aspettative anche verso i certamente meno eleganti ma non meno appassionanti QUIET RIOT. L'attuale formazione, che vede come unico membro originale il batterista Franck Banali, è molto valida e riesce a dare nuovo vigore agli inni che tutti conosciamo e che questa sera cantiamo a manetta:

'Let's Get Crazy', 'Metal Health (Bang Your Head)','Condition Critical', 'Cum On Feel the Noize'...troppi per poter dare spazio al nuovo album dal quale pescano soltanto l'ottima cadenzata 'Freak Flag'. Davvero una piacevole sorpresa il giovane cantante James Durbin: il suo compito è ben difficile ma lo svolge alla perfezione e senza dubbio il buon Dubrow apprezzerebbe. Voce graffiante, buona presenza scenica ed energia da vendere, l'ideale per donare nuova linfa vitale alla band. Ci salutano con la cover di 'Highway To Hell'. Successone.

 

La giornata, tra una birra, tante chiacchiere e davvero tanta buona musica è volata e tocca agli STRYPER concludere la festa. Aprono il loro show con 'Dragonlord' dei Domine...ehm no sorry, si tratta di 'Yaweh' e grazie al coro ruffiano della song non fanno fatica ad ottenere l'appoggio incondizionato del pubblico. Dev'esserci qualche problema audio sul palco dato che nei primi due o tre minuti Michael Sweet gesticola nervosamente con i tecnici: niente di grave comunque e nel giro di breve tutto sistemato. Concerto preciso e appassionato: sempre bellissima la voce inconfondibile di Sweet (in versione con barba) e sempre tosto anche il plastico Oz Fox con i suoi assoli precisi, melodici e ficcanti. Buono il setlist senza particolari sorprese dove la parte del leone se la giocano gli album "To Hell With The Devil" ('Calling on You', 'Free', 'The Way'...) e l'ultimissimo "God Damn Evil" ('The Valley', 'Sorry', 'God Damn Evil'...). Ben integrato anche il bassista Perry Richardson e band che col passare del tempo si spinge verso sonorità più heavy. Bravi, bravi, bravi.

 

 

 

Domenica il pubblico sembra leggermente più numeroso rispetto al giorno precedente anche se durante alcune esibizioni risulterà meno partecipe e più diradato.

Buono l'inizio con i PERFECT PLAN, gruppo hard rock melodico svedese. La voce pulita di Kent Hill e l'entusiasmo contagioso del chitarrista Rolf Nordström, oltre che, naturalmente, un repertorio breve ma do classe e grande impatto sono senza dubbio il punto di forza della band. Show breve ma intenso.

 

ANIMAL DRIVE bestiali! Sino ad ora la band sicuramente più heavy e con un'energia amplificata dalla giovane età del quintetto croato. Dominano il palco ed è difficile resistere al magnetismo Dino Jelusic, cantante dalle grandissime doti scoperto nientemeno che da Jeff Scott Soto. Canzoni solide, band di cui si sentirà parlare ancora in futuro.

 

Prima ed unica artista femminile del festival, tocca alla bionda norvegese ISSA riportare l'atmosfera su binari più soft. Accompagnata da una band tutta tricolore che vede Simone Mularoni alla chitarra e Andrea Torricini al basso, si rende protagonista di uno show colorato benché le atmosfere e le composizioni un po' troppo pop-influenced non lo rendano di certo memorabile. Bene ma non benissimo.

 

Ora un breve aneddoto. Sabato pomeriggio gira voce che i Pretty Boy Floyd, leggermente brilli e molesti, per usare un eufemismo, fossero stati sbarcati dal volo che dagli USA doveva portarli a Milano rendendo ovviamente impossibile la loro partecipazione al Festival. Come alternativa di emergenza l'organizzazione convince il buon Kip Winger (già presente alla serata vip inaugurale) a ritardare la partenza e a sostituirli con uno show acustico. Nel frattempo, smaltita la sbornia, i monelli di Los Angeles riescono, non si sa come, a trovare un volo che li catapulterà al Live di Trezzo giusto una ventina di minuti prima dell'inizio del concerto. Morale della storia, aggiustando un pò gli orari delle attuazioni, per la gioia di tutti i presenti, suoneranno entrambi.

 

La voce calda e piena di sentimento di KIP WINGER risalta ancora di più in versione acustica: sul palco, illuminato da soffuse luci azzurre, soltanto lui, la sua chitarra e la sua gran voce. Sotto il palco tutti ad accompagnarlo con cori e applausi. Intenso.

 

Dal giorno alla notte, dalle calde e intime atmosfere di Winger al casino sfrenato dei PRETTY BOY FLOYD capeggiati da uno Steve Summers con cappello da cowboy e trucco pesante. La sua voce è sempre acida e ruvida, quasi gracchiante. Grande il bassista Criss 6, trascinante: un'attitudine e un personaggio talmente tanto impregnato di  rock'n'roll che difficilmente avrebbe potuto fare altro nella vita. A dirla tutta può lo show non sembra essere quello tra i più apprezzati e qualcuno tra il pubblico ne approfitta per uscire in giardino a farsi una birretta. Probabilmente le peripezie del viaggio hanno pesato non poco e un po' di stanchezza si nota. Comunque provano a mettercela tutta privilegiando pezzi della loro prima discografia ('Leather Boyz with Electric Toyz', 'Rock and Roll Outlaws', 'Your Mama Won't Know'...) e suonando un paio di cover dei Motley Crue.

 

Praticamente perfetto e forse uno dei più apprezzati concerti dell'intero festival quello degli FM. La mitica band inglese dai primi anni '80 ha pubblicato una decina di album tra i quali veri capisaldi del rock melodico come "Indiscreet" o "Tough It Out" e continua  a produrre ottima musica, prova ne è l'appena uscito "Atomic Generation". Gli ani passano ma sembra non intacchino la voce né l'aspetto fisico di Steve Overland, sempre carico ed entusiasta come un ragazzino. Show applaudissimo e accompagnato da cori dall'inizio alla fine con picchi di giubilo durante perle del calibro di 'I Belong to the Night', 'That Girl', 'Bad Luck' o anche 'Black Magic' dell'ultimo album.

 

Siamo in dirittura di arrivo. Nonostante mi sarebbe piaciuto assistere a un concerto dei defezionare Jack Russel's Great White, devo riconoscere che CORELEONI, band del Gotthard Leo Leoni e di Ronnie Romero (Rainbow, Lords of Black...) si siano dimostrati un rimpiazzo ben più che all'altezza e, senza esagerare, credo si sia trattato del concerto che ha ottenuto maggiori consensi in assoluto. Il setlist include grandi pezzi delle prime tappe del gruppo svizzero ('Higher', 'Standing in the Light', 'Firedance') e mette in luce una band che, nonostante possa considerarsi come un semplice progetto parallelo/tributo, dimostra una coesione, un consistenza ed una compattezza fenomenali. E poi chiaro, Romero con la sua voce fa la differenza. Personalmente i vincitori del festival. 

 

La perfezione non esiste, peccato però che dopo due giorni di grandissime esibizioni, arrivi l'unica parziale delusione proprio all'ultimo e mi riferisco a JORN.

Ritengo che il biondo norvegese sia in assoluto uno tra i migliori cantanti in circolazione, con una grandissima voce calda e piena di sfumature, oltre che un ottimo interprete ma autore mediocre. Eravamo in molti ad avere perplessità sulla scelta di dargli il ruolo di headliner e purtroppo devo confermare che la scelta non è stata vincente. L'introduzione 'My Road' è abbastanza noiosa e troppo lunga e tutto lo show, ad esclusione delle spettacolari cover di Black Sabbath ('The Mob Rules') e Dio ('Rainbow In The Dark') non riesce a coinvolgere la maggiorate dei presenti che, purtroppo, cominciano a diradarsi e a lasciare la sala. Per me, appena sufficiente.

 

In conclusione, ennesima edizione del festival ed ennesimo successone nonostante il pubblico non sia mai tanto numeroso como l'evento meriterebbe. 

Sempre unica e piacevolissima l'atmosfera ed il feeling di questo festival diventato ormai un appuntamento fisso e imprescindibile.

 

Foto Report:

https://www.facebook.com/allaroundmetal/photos/?tab=album&album_id=1677579242332236

 

Cesare Macchi

Celestial Dream

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