Korpiklaani: Intervista con il fisarmonicista Sami Perttula
Domenica, 07 Febbraio 2021 17:59 Pubblicato in IntervisteNonostante la pandemia, nonostante la forzata assenza di tour, gli eroi del folk metal finlandese, i Korpiklaani sono tornati puntualissimi con il loro undicesimo album intitolato “Jylhä". Di seguito la nostra intervista con il fisarmonicista Sami Perttula, che ci racconterà della lavorazione dell'album ma anche come hanno passato il terribile 2020, piani futuri, e canzoni preferite. Buona Lettura!
Ciao Sami e bentornato su Allaroundmetal.com. Prima di tutto, come stai e come hai vissuto questo disastroso 2020. Come la situazione in Finlandia? E come l’avete affrontata voi Korpiklaani?
Sami:Un saluto a tutti. Per fortuna tutti noi siamo riusciti ad evitare il contagio. Dopotutto ad oggi la Finlandia sembra essere uno dei paesi più sicuri dal punto di vista pandemico, infatti il Covid non ci ha mai colpiti così duramente come è successo ad esempio da voi in Italia. Quindi c’è stata questa sorta di situazione di vantaggio, il nostro governo ovviamente sta ponendo molte attenzioni sulle nuove varianti del virus. Quando c’è stato il primo lockdown tutti noi abbiamo pensato tipo: “Nah, nel giro di 3 mesi si risolverà tutto e torneremo presto in tour”. Per diversi membri della band, i Korpiklaani rappresentano il lavoro principale, quindi tutta questa faccenda ci ha colpito molto. La cosa positiva è che abbiamo avuto molto più tempo per finire il nuovo album e girare dei video di alta qualità
Il Covid ha colpito duramente molte professioni tra cui appunto l’industria musicale, quali pensi saranno le conseguenze per il mondo musicale dopo tutto questo?
Sami:In generale penso che per una questione di causa effetto, le etichette più potenti diventeranno ancora più potenti, e quelle più piccole purtroppo scompariranno. Per fortuna la musica la fanno i musicisti, e possiamo sempre ricominciare tutto da capo dopo questa pandemia, sicuramente al momento, da un punto di vista prettamente economico, è una situazione molto impegnativa
Nonostante la situazione non sia migliorata, con tutte le restrizioni del caso, in primo luogo, non poter fare i tour, avete comunque deciso di far uscire il nuovo album. E’ stata una vostra scelta, o quella della Nuclear Blast? Avete forse accordi in tal senso?
Sami: E’ stata in gran parte nostra, avendo ormai parecchi anni alle spalle, dovrebbe essere un dovere avere un nuovo album almeno ogni tre anni. Per le band ad inizio carriera la cosa migliore sarebbe averne uno all’anno, almeno i primi anni. Di positivo c’è che con gli anni ci siamo migliorati continuamente, fino ad arrivare al punto che il primo traguardo per noi è principalmente sfornare un lavoro di alta qualità, rispetto a ciò che abbiamo fatto in precedenza, e questo richiede del tempo. D'altra parte ci sono anche determinati costi di produzione per un buon studio album, poi tutto è nelle mani dalle persone, se queste sono pronte e possono spendere dei soldi per ascoltare musica
Parlerei a questo punto di “Jylhä”. Intanto che significa? E quali sono i temi principali dei brani?
Sami: “Jylhä” significa maestoso, ma anche selvaggio, ruvido, nell’accezione positiva del termine. Avevamo altre opzioni per il titolo, ma poi abbiamo sentito che l’album suonava proprio maestoso, quindi perché non dargli questo nome! Il tema principale che in qualche modo collega le canzoni è quello dell’omicidio, molti dei testi si basano su storie entrate a far parte del folklore finlandese, sul mistero di alcuni tragici assassinii avvenuti nel nostro paese. “Niemi” parla di ciò che successe sul lago di Bodom negli anni sessanta, mentre “Juuret” riguarda un altro crimine mai risolto, avvenuto negli anni cinquanta. Detto questo, non trovo che il disco abbia atmosfere cupe, direi che musicalmente risulta invece piacevolmente potente. Poi ovviamente ci sono anche un paio di Alcohol Song…in queste non viene ucciso nessuno
Dietro ai vostri testi in finlandese c’è ancora l’autore Tuomas Keskimäki?
Sami: Si, Tuomas è ancora l’autore dei nostri testi. Ci da fiducia ed è piacevole lavorare con lui, quindi gli abbiamo chiesto di nuovo di darci una mano. Sai, fa un gran bel lavoro e lo fa in tempi brevi. Ovviamente anche Jonne (Järvelä ndr) ha un gran da fare con l’arrangiamento dei testi
Ancor più che nei vostri precedenti album, sembra che cerchiate sempre più sperimentazioni e approcci musicali differenti. Dal refrain super catchy di “Sanaton Maa”, passando ai ritmi reggae ad esempio. Quale diresti siano le maggiori differenze tra questo e i vostri lavori passati?
Sami: Penso che quest’album sia il più particolareggiato. Abbiamo speso un sacco di tempo sugli arrangiamenti. Abbiamo anche un nuovo batterista, Samuli (Mikkonen ndr), che ha fatto un ottimo lavoro per le sue parti, giorno dopo giorno nello scantinato di Jonne! Il fatto di avere molti e differenti tipi di canzoni nei dischi credo sia uno dei nostri punti forza. Nello stesso disco, ci puoi trovare un’allegrissima alcohol song, così come una cupissima canzone dai toni doom, o ancora un sound sinfonico o power metal, ma tutte suonano sempre come un lavoro dei Korpiklaani
E tra le diverse canzoni riusciresti a sceglierne una che rappresenti al meglio lo spirito di “Jylhä”?
Sami: Non potrei sceglierne solo una. Piuttosto sceglierei una qualsiasi a caso e direi che rappresenta al meglio l’album, perché in realtà sono tutte buone canzoni e non possiamo non appoggiarle tutte. Quando abbiamo iniziato a mettere giù le idee del nuovo disco, la prima cosa che ci siamo detti è che doveva essere corto e diretto. Sono uscite un sacco di buone canzoni ed abbiamo deciso di inserirle tutte
Raccontaci il processo di registrazione di “Jylhä”
Sami: In parte siamo stati nello studio privato di Jonne, in parte nello studio di Janne Saksa ad Hämeenlinna. Ci troviamo bene a lavorare con lui e troviamo abbia fatto già un ottimo lavoro con il precedente “Kulkija”, così abbiamo deciso di tornare da lui. Tutte le parti degli strumenti acustici e popolari le abbiamo registrate nel giro di una settimana, quindi non ti saprei dire come è andata poi, il mio lavoro era finito a quel punto
Invece che ci dici dei video che avete girato?
Sami: Sono stati girati da Markky Kirves ed il suo team. Siamo stati davvero fortunati ad aver avuto l’opportunità di suonare con lui! Non solo ha le idee chiare, ma anche uno stile molto personale ed in più non ha mai girato video per altre metal band. Quindi ha un suo approccio artistico diverso e che sa di nuovo. Abbiamo sempre voluto girare dei buoni video e ci siamo impegnati soprattutto per questo album, ci crediamo, e questo periodo ci è sembrato giusto per concentrarci su di loro. Sentivamo che c’era un gran bisogno di girare dei bei video musicali lontani da tutta questa storia della pandemia
Di solito dopo l’uscita di un disco le band si preparano per i tour promozionali. Vista la situazione, che farete questa volta? Forse aspettando giorni migliori avete in mente un live in streaming?
Sami: Sembrerebbe una soluzione, ma la storia dei live in streaming, per come la vediamo non è la via giusta per la musica. Gran parte delle persone hanno bisogno della sensazione reale di stare insieme, bere birra, scambiare quattro chiacchiere mentre ascoltano la musica che amano dal vivo. Ovviamente siamo pronti a tutto questo, ma dipende dalle regole che ogni paese sta mettendo in atto per contrastare il Covid. Direi che aspetteremo di vedere come si evolvono le cose, e quando sarà il momento, partiremo per un tour vero
Ogni musicista a cui faccio questa domanda dice che il suo album preferito è sempre l’ultimo che ha scritto, ma seriamente se dovessi dire qual’è il tuo album preferito dei Korpiklaani quale sceglieresti? E qual è in generale la canzone che più ti piace suonare dal vivo?
Sami: Dipende molto dal mio stato d’animo. Quindi il mio album preferito in realtà cambia spesso. Ti posso dire che “Ukon Wacka” ha un posto importante per me. Per quel che riguarda la canzone, adoro suonare dal vivo quelle più veloci e divertenti, tipo “Kirki”
Ok per me è tutto. Grazie per il tuo tempo, vi auguro ogni bene e come di prassi, l’ultima parola a te, se c’è qualcosa che non ti chiesto e vuoi aggiungere, è giunto il momento
Sami: Prendetevi cura gli uni degli altri, e supportate la scena musicale come potete, soprattutto adesso che è stata messa in ginocchio da questa pandemia
L’ultima volta che ho intervistato i Korpiklaani è stato ai tempi di “Karkelo”. Da quel momento, la band ha avuto dei cambiamenti di line-up ed ha cercato di non rimanere sempre e per forza una band solo festaiola. “Kulkija” è forse il disco più sperimentale del gruppo, ne parlo con il fisarmonicista Sami Perrtula
Ciao Sami, e benvenuto su Allaroundmetal.com. Direi di cominciare subito a parlare del vostro nuovo album “Kulkija”. Per prima cosa, che significa esattamente “Kulkija” e quali sono i temi portanti delle canzoni?
Sami: “Kulkija” significa “vagabondo”. L’idea generale era quella di cercare di descrivere il mondo attraverso gli occhi di un viaggiatore.
Da “Manala” in poi, direi che avete passo dopo passo cambiato molto il vostro approccio musicale. In particolare mi sembra che “Kulkija” sia ad oggi il vostro album più sperimentale, e che mantenga un mood abbastanza malinconico, che già si è sentito negli ultimi album, ma qui si è rafforzato. Quali diresti che sono le principali differenze tra “Kulkija” ed i vostri lavori precedenti.
Sami: Hai perfettamente ragione. Ci sono un sacco di elementi qui che probabilmente non ti aspetti dai Korpiklaani. Abbiamo optato per un range più ampio di sfaccettature musicali, un nuovo equilibrio tra folk e metal. Questa volta gli strumentisti folk suonano davvero folk, non rendono solo il senso folk di una partitura che a tutti gli effetti potrebbe essere suonata dagli strumenti più tipici del metal. Direi che ogni strumento qui si presenta esattamente per quello che deve essere.
C’è un modo in cui decidete ome un album dei Korpiklaani debba suonare o è tutto frutto dell’ispirazione del momento?
Sami: Non badiamo a questo genere di cose, componiamo il nuovo materiale, ci approcciamo a questo ed ascoltiamo il risultato, ciò che la canzone ci trasmette. Sono felice di come siamo riusciti a far avere a “Kulkija” così tante sfumature. Ogni canzone è unica nel suo genere e penso che l’ascoltatore possa sentire chiaramente questo aspetto. Quando abbiamo iniziato a registrare il disco, volevamo un suono il più possibile naturale, niente di artificioso o forzato. Quest’idea ha dato ad ognuno di noi piena libertà di esprimerci al meglio.
Allora ti va di raccontarci come avete affrontato il lavoro in studio? Se non sbaglio avete scelto un nuovo produttore, giusto?
Sami: Si questa volta abbiamo optato per Janne Saksa, conosciuto soprattutto per il lavoro che ha fatto come produttore dei Turisas. C’era un’atmosfera molto distesa, e ti dirò che ogni volta che vedo il lavoro che devono affrontare i produttori in studio, non posso far altro che ammirarli per la loro pazienza. Abbiamo usato molti dei primi take che abbiamo registrato, proprio perché volevamo un risultato il meno possibile artificioso. Penso che in questo modo sia uscita molto bene la voce di Jonne, il suo cantato su “Kulkija” è davvero buono.
Sembra che ne abbiate abbastanza delle drinking song alla “Beer Beer” o “Vodka”, è solo una parentesi o sentiremo ancora quei ritmi scanzonati in futuro?
Sami: In realtà c’è una drinking song in “Kulkija”, è “Juomamaa” che sta per_ “Drinking Land”. In pratica siamo passati dal particolare al generale, la gioia dello bere come fenomeno globale. Insomma il nostro problema con l’alcol ha aggiunto un altro step verso il traguardo universale.
L’artwork è come al solito molto suggestivo, ci dici cosa rappresenta e chi lo ha disegnato?
Sami: E’ sempre opera di Jan Yrlund, che ha già disegnato le altre nostre copertine. Probabilmente molti dei nostri fans avranno notato che non c’è il nostro vecchio amico con le corna. E’ perché abbiamo voluto rappresentare un paesaggio (un classico paesaggio rurale finlandese durante la stagione estiva), dal punto di vista dell’ascoltatore. Insomma è come se gli occhi del “vagabondo”, fossero gli occhi di ognuno di voi
Continuiamo a parlare della parte visiva. Raccontami un po’ del vostro video girato per “Henkselipoika”
Sami: E’ stato divertente. Abbiamo deciso di girare il video in maniera classica, noi che suoniamo da qualche parte, ed una storia che si evolve da un’altra parte. Abbiamo fatto due giorni di riprese, uno per noi, l’altro per la storia. Markku Kirves ha già girato per noi il video per il brano “Rauta” (contenuto in “Manala” ndr). E’ stato bello creare un tipo di video differete, dopo tutto questo tempo. Ultimamente abbiamo girato diversi video per dei brani abbastanza seriosi: “Rauta” avevo questo suo senso sciamanico, “ämmänhauta”, riguardava le usanze finlandesi. E’ rigenerante quindi avere una canzone più ritmata che parla di come sia entusiastico fare sesso dopo una lungo periodo ehehe…
Che ne pensi invece dei lyric-video che negli ultimi anni ormai sembrano andare per la maggiore anche tra band affermate come la vostra?
Sami: Penso che i lyric video esistono semplicemente perché le label non sborsano abbastanza soldi per permetterti di di girare dei video “veri”.
L’ultima volta che vi ho intervistato, mi avevate detto che i Korpiklaani scrivevano soltanto i testi in inglese, e che c’era un autore esterno per i testi in lingua madre, che ormai rappresentano la totalità delle vostre canzoni? E’ ancora così la faccenda?
Sami: Si, è Tuomas Keskimäki che ha scritto la maggior parte dei nostri testi, ed anche stavolta ha fatto un gran bel lavoro. Anche Jonne scrive un paio di testi ad album, e di norma parlano di alcol, argomento in cui è specializzato.
“Kulkija” è un album di 14 canzoni per più di 70 minuti di musica. Molti giovani musicisti, ma anche molti produttori o in generale (quelli del settore), dicono che l’era del full-lenght è finita, e che al giorno d’oggi è meglio per le band produrre singoli o al massimo un Ep, che costano di meno per il gruppo che ormai si deve auto produrre tutto la maggior parte delle volte, ma anche per chi compra il prodotto. Personalmente trovo terribile questo punto di vista, che ne pensi tu?
Sami: Io sono dalla parte degli album. E’ davvero triste quello che sta succedendo all’industria musicale. Dove sono finiti i tempi quando mettevamo da parte i soldi per comprarci un disco, che poi custodivamo come fosse un tesoro? Quando leggevamo tutti i testi, ed eravamo interessati a sapere i nomi dei tizi che cantavano quei testi e di chi aveva prodotto quel lavoro. A me mancano molto quei tempi. Le cose cambiano, ci adattiamo, ma speriamo davvero che le persone li fuori si godano il nostro lavoro dall’inizio alla fine, come se fosse un viaggio.
Sono abbastanza sicuro che a breve comincierà il vostro tour di supporto a “Kulkija”. Vi vedremo in Italia? Magari a Roma?
Sami: Inizieremo con un tour in Russia e poi andremo negli Stati Uniti. Agli inizi del 2019 continueremo con il tour, che toccherà tutta Europa. L’11 marzo saremo a Milano con Turisas e Trollfest. Forse più in la torneremo per altre date in Italia, ma per ora la nostra agenda è davvero piena.
Grazie Sami, direi che è tutto. Grazie per il tuo tempo, augurando a te ed ai Korpiklaani il meglio, ti lascio al solito l’ultima parola per i lettori di Allaroundmetal.com
Sami: Grazie a voi. Ragazzi ci vediamo in giro e siate pronti a folkeggiare insieme a noi!
Dark Tranquillity - Equilibrium@Largo Venue (Roma 24/04/2018)
Domenica, 29 Aprile 2018 13:43 Pubblicato in Live Report
Purtroppo tra impegni lavorativi, la mia dedizione nello sbagliare strada, e tre quarti d’ora buoni per cercare un diamine di parcheggio, mi son perso i primi due gruppi della serata al Largo Venue. Mi spiace particolarmente per i nostrani Black Therapy, che in questi anni si sono giustamente guadagnati più di una stella di merito per i propri lavori.
Di solito non spendo molte parole sul luogo del concerto, ma visto che era la mia prima volta a Largo Venue, e visto che mi ha lasciato positivamente colpito questo spazio di Roma, riqualificato per ospitare eventi artistici, faccio i miei più sinceri apprezzamenti. C’è chi dice che Largo Venue non sia particolarmente adatto al metal sound, direi che invece l’acustica è abbastanza buona, così come la struttura dell’intero complesso.
EQUILIBRIUM
Gli ultimi scampoli della disastrosa semifinale di andata di Champions della squadra capitolina continuano a scorrere sullo schermo posizionato all'esterno, e parte dei metalhead rimangono a guardare la partita, tra colorite bestemmie, coniate per l’occasione.
Tuttavia la prima volta degli Equilibrium a Roma è un successo, La band tedesca trova una nutrita folla ad attenderla, e sa come scaldarla a dovere, soprattutto grazie al gigante buono Robse, che riesce con qualche parola, pronunciata in un inglese particolarmente teutonico, ad entrare subito in sintonia con i propri fan. Da parte sua, la folla si scatena più volte, con diversi circle pit e wall of death, fin dal primo blast beat del gruppo. Una vera e propria coreografia spontanea, incalzata dalle ritmiche sciabordanti e dalle musiche accattivanti della band.
Particolare entusiasmo esplode poi quando gli Equilibrium propongono “Blut Im Auge”, e la drammatica ed epica “Dammerung”, tratte dal fiore all’occhiello della loro carriera, intitolato “Sagas”.
Per quanto siamo avvezzi ormai da anni ad ascoltare tutto l’armamentario orchestrale delle symphonic metal band, riprodotto con dei sample durante i live, devo dire che la mancanza del bassista Mikka, si è fatta sentire. Gli Equilibrium, hanno dovuto rimediare aggiungendo alle basi anche il basso. Effettivamente tutti questi suoni campionati, unito al fatto che i due chitarristi in realtà fanno poco più che una buona ritmica sui brani (eh si che abbiamo il mastermind e guitar hero dei Nothgard a suonare una delle due ascie), ha dato un senso un po’ artefatto all’esibizione. Ma come si dice, di necessità si fa virtù, e gli Equilibrium sono stati comunque bravi a tenere botta alla delicata situazione. Facciamo tutti finta di niente, e ci godiamo comunque un bel momento di puro symphonic death metal dalle tinte folk. Il growling e lo screaming di Robse è potente, l’unico secondo in cui si pronuncia in clean è scandaloso, prende una stecca che sembra stesse cantando un altro pezzo, ma ci sta, è un growler dopotutto. La setlist è di tutto rispetto, purtroppo però si schianta sul finale, almeno per quel che mi riguarda. Gli Equilibrium infatti mettono da parte i brani più banalotti della loro discografia, ma non resistono e cedono proprio sul più bello, proponendo la tamarra e sciagurata “Born To Be Epic”, accolta comunque bene dal popolo romano, ma siamo sinceri: quanto è brutto ‘sto pezzo?
Setlist
01. Prey
02. Heimat
03. Waldshrein
04. Verbrannte Erde
05. Blut Im Auge
06. Dammerung
07. Unbesiegt
08. Apokalypse
09. Born To Be Epic
DARK TRANQUILLITY
Sono le 23 passate quando si abbassano le luci per l’ultima volta e comincia “Iron Man” dei Black Sabbath, che farà da intro agli headliner della serata, i Dark Tranquillity. Si accende anche il proiettore e, sullo schermo del palco, cominciano a scorrere le immagini, il logo, le parole dei brani dei Dark Tranquillity.
La band svedese, manca da Roma ormai da quasi 10 anni, ma non ha perso certo l’affetto dei propri seguaci, che accorrono numerosi all’evento. Se durante lo show degli Equilibiurm il capiente Largo Venue era pieno almeno per metà, adesso è gremito di metalheads desiderosi di rivedere finalmente, gli ultimi esponenti del sound di Gotherborg, o quanto meno, gli ultimi che riescono a creare ancora qualcosa di decente, al contrario di altre band della stessa zona, da tempo ormai alle prese con approcci modaioli, adolescenziali, o entrambi.
L’entrata del carismatico singer scandinavo Mikael Stanne viene salutata da un boato assordante. Le sue sono movenze da rockstar, che tra una canzone ed un’altra diventano quelle di un gentiluomo che ringrazia continuamente il proprio pubblico, e si emoziona davanti ad una folla esaltata. Non ha più il growling egregio degli anni d’oro, ma ha ancora quel piglio riconoscibile tra cento altri cantati estremi.
È dai tempi di "Projector" che i Dark Tranquillity, quando più, quando meno, hanno inserito le clean vocals nei propri pezzi, e Stanne ci sa fare anche dal vivo in questo senso. È abbastanza probabile anzi, che se dipendesse da lui, userebbe esclusivamente il cantato pulito ed un certo tipo di sonorità molto più soft, ma il pubblico suppongo si incavolerebbe parecchio, quindi si cerca di mediare tra volontà e dovere.
I Dark Tranquillity sono della vecchia scuola, per quanto abbiano modernizzato il proprio sound, per quanto anche loro usino dei sample qua e la, ma quel senso un po’ plastico che si avvertiva negli Equilibrium, qui scompare. Si sente e si vede che non c’è quasi alcuna accortezza tecnologica a sostenere i Dark Tranquillity, ma solo tanti anni di esperienza a calcare palchi di mezzo mondo.
Ovviamente è stato dato molto risalto ai brani dell’ultimo “Atoma”, ma anche “Fiction” è stato molto gettonato. Non possiamo certo parlare di una setlist imprescindibile, e questo è ben chiaro dalle reazioni del pubblico che si esalta e canta all'unisono i riff delle ottime “The Treason Wall” o di “The Science Of Noise”, o ancora della stessa title-track dell’ultimo album della band. Si canta a memoria in un efficace botta e risposta col cantante dei Dark, anche “ThereIn”, tratta dal controvesto “Projector”. Ma ci sono effettivamente momenti di stanca, in cui ci si addormenta un po’. I tempi più dilatati e non sempre dal buon tiro di alcuni brani, non si incontrano con la voglia di energia ed immediatezza del pubblico che più di una volta prova a chiedere qualcosa da “The Gallery”. Ma quei tempi son lontani, ed i Dark Tranquillity scartano del tutto i primi tre album dalla scaletta. In ogni caso, la data di Roma, rimane un qualcosa di estremamente gradevole, una volta tanto il pubblico ha risposto numeroso, lo facesse anche quando ci sono gruppi italiani o band dal nome un po' meno storico dei Dark Tranquillity, il metal vivrebbe degli anni d'oro. Rimaniamo con la speranza che Stanne ed i suoi non aspettino altri dieci anni per tornare a trovarci, e che la prossima regalino ai propri fans anche un paio di super classici.
Setlist
01. Encircled
02. Monochromatic Stains
03. Clearing Skies
04. The Treason Wall
05. The Science Of Noise
06. Forward Momentum
07. The Mundane And The Magic
08. Final Resistance
09. Atoma
10. Force Of Hand
11. Icipher
12. Terminus (Where Death Is Most Alive)
13. Inside The Particle Storm
14. The Wonders At Your Feet
15. When The World Screams
16. ThereIn
17. State Of Trust
18. Lost To Apathy
19. Misery’s Crown
Poco prima che iniziasse la serata in quel di Roma, noi di Allaroundmetal.com abbiamo avuto l'occasione di incontrare nuovamente Luca Turilli. Ragazzi io ci ho davvero provato a convincerlo di continuare a portare avanti almeno il discorso dei LT's Rhapsody, ma non c'è niente da fare, il nostro Luca Turilli sembra proprio intenzionato a cambiare strada alla fine del tour del ventennale dei Rhapsody. Quindi preparate i fazzoletti e buona lettura!
Ciao Luca, sebbene tu abbia fatto un’intervista per il nostro portale solo qualche mese fa con il mio collega Federico Orano in quel di Vinci, noi due sono circa dieci che non ci sentiamo. E son cambiate un sacco di cose.
Caspita dieci anni, come passa il tempo! (Ride ndr.) Be, dieci anni fa, insieme ai Rhapsody siamo riusciti per un pelo a sopravvivere, artisticamente ed economicamente, ad un lungo periodo negativo per la nostra carriera (la famosa diatriba legale con la casa discografica di De Maio ndr.), e siamo tornati sul mercato con un album (“The Frozen Tears Of Angels” ndr.) che personalmente considero uno dei miei preferiti, insieme al primo “Symphony…” ed a “Power Of The Dragonflame”.
Si, sono cambiate parecchie cose: la mia decisione di proseguire da solo, la nascita dei LT’s Rhapsody e adesso questa celebrazione del ventennale, questo tour d’addio ai nostri fans, di nuovo insieme a Fabio Lione e Alex Holzwarth
Se dovessi fare un bilancio di questi vent’anni in musica?
Ti direi che dal punto di vista artistico abbiamo avuto molte soddisfazioni. Abbiamo lavorato tanto, abbiamo investito tanto. Purtroppo, molti dei nostri investimenti non sono andati come o dove volevamo. Gli unici investimenti economici di cui non mi pento o che non rimpiango affatto, sono quelli spesi per arricchire e migliorare il più possibile la resa sonora degli album dei Rhapsody. Fin dal primo disco abbiamo davvero investito un mucchio di denaro, per cercare di avere la miglior produzione possibile. Ora, riascoltando dischi come “Legendary Tales” o lo stesso “Symphony…” sento che abbiamo fatto un ottimo lavoro.
Le vostre case discografiche vi hanno aiutato in questo, immagino. Te lo chiedo perché appunto i tempi sono cambiati ed anche il rapporto tra label e band.
So che oggi per le giovani band è difficile andare avanti, in cambio di un mondo ormai connesso, che ha ridotto molto la distanza tra musicisti e musicisti, e tra musicisti e addetti ai lavori, le case discografiche per intenderci, chi comincia adesso, deve cavarsela per lo più da solo nella quasi totalità dei casi, almeno per quel che riguarda la produzione dei dischi.
Purtroppo il mercato musicale è crollato, soprattutto per l’avvento del download illegale, che anche per i Rhapsody è stata una vera batosta. Il crollo delle vendite dei dischi ha portato un sacco di problemi. Aggiungici che rispetto a vent'anni la gente va molto meno anche ai concerti, e puoi avere un quadro di ciò che vivono dei musicisti come noi: non tanto sconosciuti da poter usare il file sharing a nostro favore, per farci conoscere ad esempio; ne delle rockstar milionarie a cui una diminuzione delle vendite dei dischi non poteva arrecare un grosso danno economico.
Le case discografiche ci hanno aiutato certo, ma a noi non bastava mai, quindi ci abbiamo sempre messo del denaro di tasca nostra per raggiungere il livello di suono che avevamo in mente. All'inizio è stata più dura, ma non pensare che con gli anni sia stato più semplice. Per darti un’idea, pensa che il mio “Prometheus” è costato 110000 euro di produzione, la Nuclear Blast in gran parte ha contribuito, ma diverse decine di migliaia di euro le ho aggiunte io.
Veniamo al presente. Come è nata l’idea del tour d’addio? Ve lo hanno chiesto o lo avete cercato voi?
Ci hanno chiesto di riunirci, e di fare un tour. Sinceramente ero abbastanza titubante: io ero immerso nei miei progetti con i LT’s Rhapsody, dall’altra parte c’era Fabio e Alex (Staropoli) che portavano avanti il progetto Rhapsody Of Fire, sinceramente non vedevo l’utilità di un tour. Poi ho realizzato che eravamo al ventennale della nostra carriera e di uno dei nostri lavori più amati: “Symphony Of Enchanted Lands”. Ci siamo così sentiti, ed abbiamo deciso di dare un senso più profondo a tutto questo. Ci siamo detti: “Celebriamo i nostri lavori, celebriamo i Rhapsody e facciamo che tutto questo sia il nostro più caloroso addio ai nostri fans”. Volevamo dare in questo modo la possibilità a tutti i ragazzi che non si aspettavano il mio split dai Rhapsody Of Fire, di vederci di nuovo insieme. O anche per i più giovani, di vederci insieme dal vivo per la prima volta. La cosa importante è che questa esperienza sia la conclusione di un ciclo, e che poi si passi ad altro.
Vi aspettavate questo feedback così positivo da parte dei vostri fans? O questo successo del tour vi ha spaziato in qualche modo?
In particolare in Sud America è stato un qualcosa di inaspettato. Siamo dovuti tornare all'inizio di quest’anno per una seconda manciata di date, perché molti fans la prima volta son rimasti a bocca asciutta, e c’era una grande richiesta di qualche altra data. E’ una cosa che non può che farci piacere e renderci orgogliosi. Anche in Europa abbiamo già un paio di date sold out, ma qui il mercato è ormai diverso rispetto a quando abbiamo iniziato. Anni fa c’erano migliaia di persone agli spettacoli, adesso se arriviamo a settecento, ottocento persone, lo consideriamo un grande risultato. E’ tutto in continuo cambiamento.
Un cambiamento che però vede l’Italia puntualmente come fanalino di coda, o sbaglio?
Per quanto negli anni siamo stati molto apprezzati anche qui da noi, non possiamo certo negarlo, in Italia siamo effettivamente meno conosciuti ed abbiamo meno persone alle nostre serate. In un paese come ad esempio l’Ungheria, abbiamo almeno il triplo di gente ai nostri show. E’ un qualcosa con cui abbiamo convissuto, in vent'anni ne abbiamo viste tante, e comunque abbiamo avuto molte sorprese da ogni parte del mondo, e ne siamo felici.
Una data del “Farewell Tour” è stata molto particolare, parlo della celeberrima crociera metal, il “70000Tons Of Metal”. Come è andata?
Non sono un grande amante delle crociere, incominciamo da questo. Ed il fatto che sia un tipo di esperienza un po’ d'élite, nel senso che non tutti si possono permettere questo tipo di concerto, non mi entusiasmava più di tanto. Ma gli altri della band volevano parteciparvi, quindi lo abbiamo fatto. Per dirla tutta, io mi sono poi vissuto la crociera sostanzialmente con l’influenza, in cabina (ride). Influenza a parte, ci siamo comunque divertiti, è un’esperienza particolare, questo si. Ricordo che era pieno di metal band estreme, quindi dalla mattina alla sera si ascoltavano soprattutto questi screaming pazzeschi. Non sono un grande amante di questo tipo di musica, quindi compensavo mettendomi Adele a tutto volume nelle cuffie.
Ehm Adele???
Si, si la mia cantante preferita ormai da anni (Eh niente, qui ho capito che lo abbiamo perso ndr)
Ok Adele a parte, tu e i Rhapsody avete comunque toccato anche i lidi più estremi del metal, prendi “Reign Of Terror” ad esempio
Si è vero, ma il nostro black pensalo più come la rabbia degli angeli, o la rabbia di Gesù nel tempio. Volevamo creare un messaggio positivo, veicolandolo attraverso un tipo di musica più violenta del nostro standard. Era un modo per dire che anche se uno suona black metal, non è per forza vero che debba parlare solo di diavoli o cose simili. Era un momento della saga particolare, ed è stato il momento giusto per sperimentare anche quel tipo di sonorità, che però non rientrano principalmente nei miei gusti musicali.
A questo punto ci devi aggiornare sulla musica che ti piace ascoltare al momento
La musica classica rimane la mia preferita, ma amo ogni tipo di musica, io ascolto Adele, ma anche Gianni Morandi o Al Bano. Adoro i Muse ad esempio, ma anche il jazz. Ti dico ciò che sinceramente non riesce ad appassionarmi ancora: il reggae ed il blues. Al momento non sono proprio legato a questa tipologia di musica.
Prima hai accennato a “Prometheus”, com’è finita con il famoso Grammy Award?
E’ finita che alla fine hanno selezionato l’album dei Kraftwerk al posto del nostro, quindi in questo senso è stata un po’ una delusione. Ma “Prometheus” rimane un disco che mi ha aperto molte porte, grazie all'interesse di un produttore come Chris Heil, che ha lavorato con i più grandi nomi del rock, (David Bowie, Scorpions, Brian Adams, Zucchero), che ha voluto remixarloo in Dolby Atmos, mettendo in contatto la nostra musica con la Yamaha. Ed è proprio grazie a questa apertura, a questi nuovi contatti importanti, ora ho la possibilità di realizzare molti progetti.
Ti va di parlarci un po’ di questi progetti?
Per ora non dico niente, se non quello che ho in mente con il ritrovato amico Fabio Lione. Anni fa l’ho lasciato come un ottimo cantante, ora l’ho ritrovato come un cantante ancora migliore di quello che era. Lo avete sempre sentito come cantante heavy metal, poi con “Lamento Eroico” abbiamo toccato anche la parte più potente della sua voce, quella lirica. Ma ti assicuro che Fabio ha talmente tante sfumature nella sua voce, ed ha talmente tanto talento, che ti stimola a creare e trovare sempre nuovi aspetti musicali su cui usarla. Quindi avevo proprio in mente di creare con lui un progetto hard rock, una sorta di symphonic rock alla Queen. Ovviamente i Queen più epici e creativi, pensa a “Innuendo” o “The Show Must Go On” ad esempio.
Ci stai dicendo che con questo tour metti definitivamente fine alla tua carriera da musicista metal, o c’è speranza di ascoltare un nuovo disco insieme ai tuoi Rhapsody, quelli con Alessandro Conte?
Il futuro dei LT’s Rhapsody era legato al Grammy, non avrebbe avuto senso mettere fine ad un discorso come quello, dopo aver vinto un premio del genere. Visto che così non è stato, voglio seguire ciò che sento davvero. Ed in questo momento non mi interessa più parlare di una band o di metal. Ho voglia di essere libero, di non andare appresso a delle etichette che in realtà neanche capisco fino in fondo. Quand'è che un album suona metal? O power metal? Negli anni mi sono fatto un nome come autore, ed ora ho abbastanza possibilità di collaborare ai più svariati progetti musicali in questa veste. E’ così che voglio andare avanti. Non voglio più portare avanti solo un certo tipo di musica. Sono interessato ad un progetto musicale che mi prenda il cuore, a cui possa dedicarmi per un periodo e poi passare magari a qualcosa di completamente diverso. Non voglio legare il mio nome a quello di una band, perché in quel caso devi portare avanti tutto un discorso musicale che non ti lascia molti margini. Non sono più così giovane, voglio scegliere cosa è meglio per me da tutti i punti di vista, cercando di non sbagliare ovviamente, seguendo quello che mi ispira di più in un determinato istante.
E quindi per ora non penso di continuare l’avventura dei LT’s Rhapsody con Alessandro Conti, ma lui è uno dei più bravi cantanti e artisti che abbiamo in Italia, e sono sicuro che diverrà sempre più grande, anche senza me ed i Rhapsody. Adesso ha partecipato ad un album incredibile insieme a Fabio Lione, e poi non so se hai sentito che lavoro ha fatto con “Re-Animated” dei suoi Trick Or Treat? E' fantastico! (L’ho sentito si, ho anche il loro poster autografato ndr.)
Però, tornando ai Rhapsody, quelli delle due saghe fantasy. Be non vi siete mica fermati nel 2001 con "Power Of The Dragonflame". Non pensi che arriverà anche il ventennale per "Symphony II" e che potreste celebrare tutta la seconda parte della vostra carriera, fino a "From Chaos To Eternity"?
No, la reunion era per celebrare i primi Rhapsody, quella senza il (of Fire) per intenderci. Andramo avanti finché ce lo chiederanno con questo tour, pur che si faccia entro i prossimi mesi, perché poi sia io che Fabio dobbiamo tornare a dedicarci ai nostri impegni, lui ora canta con gli Angra ed ha altre cose in ballo, io pure.
Abbandonerai anche tutto il discorso filosofico e simbolico dei tuoi testi che hai cominciato con “Ascending To Infinity” e proseguito con “Prometheus”?
No no, quelli rimangono. Sono legato ad un certo tipo di visione del mondo, non connessa con la tecnologia, la routine e lo stress della vita quotidiana. Attraverso quei testi dipingo il mio mondo, più spirituale, in contatto con la natura e con il vero io interiore.
Ok Luca, rimarrei a parlare con te per tutta la serata, ma le occhiatacce che mi sta facendo il vostro manager mi suggeriscono che è tempo di salutarci. Le ultime parole a te e speriamo di rivederci per un’altra intervista anche se il progetto non sarà targato Rhapsody o non rientrerà nell'ambito dell'heavy metal.
Ringrazio tutti i fans che ci sono stati vicini in questi vent'anni. Abbiamo avuto tante difficoltà ma anche tante soddisfazioni. Se non fosse per l’affetto dei nostri fans, come anche per quello di voi giornalisti che ci avete dato voce, non saremmo qui oggi. Quindi grazie di cuore a tutti voi!