La nuova frontiera del Death Metal Italiano: intervista a Gabriele Gramaglia dei Cosmic Putrefaction [ITA/ENG]
Mercoledì, 25 Maggio 2022 20:07Lo scorso 6 maggio è uscito, sotto l'egida del colosso dell'underground Profound Lore Records, Crepuscular Dirge for the Blessed Ones, l'attesissimo terzo album dei Cosmic Putrefaction (trovate qui la nostra recensione). Per chi non la conoscesse, trattasi di una one-man-band (in questo disco con Giulio Galati degli Hideous Divinity alla batteria) il cui mastermind risponde a nome di Gabriele Gramaglia, ventottenne milanese ad oggi -per chi vi scrive- il nome di punta della scena italiana di un certo modo di intendere il Death Metal: quello che fa capo a gente come Deathspell Omega, Ulcerate, Gorguts, Blood Incantation e compagnia bella. Ma non è tutto. Gabriele è anche la mente che sta dietro a diversi altri progetti, tutti incentrati ad esplorare i lidi più inusuali, sperimentali e contorti del Death e del Black Metal. Tra questi ricordiamo: Vertebra Atlantis (trovate qui la nostra recensione del debutto), Summit, The Clearing Path e Turris Eburnea, senza contare le numerose collaborazioni. Insomma, una carriera iniziata 10 anni or sono, ricchissima di idee, sperimentazioni e perfezionamenti e soprattutto di musica di qualità, fatta per un orecchio esigente. Con l'uscita del nuovo Cosmic Putrefaction abbiamo avuto il piacere di chiacchierare via Skype con Mr. Gramaglia che, oltre ad essere una persona umilissima e super disponibile, si è rivelato un musicista con una cultura, musicale e artistica, impressionante. Buona lettura!
[English Version Below]
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1. Ciao Gabriele e grazie mille per la disponibilità. Cominciamo subito con la classica domanda di rito: come stai? Quali sono i feedback che stai ricevendo dopo la pubblicazione di “Crepuscular Dirge for the Blessed Ones”?
Ciao a tutti. I feedback sono molto buoni e quasi inattesi. Sto notando un sacco di calore in generale e questo mi rende contentissimo. Sono una persona che non ha mai grandi aspettative perché si concentra sulla musica e basta, quindi tutte queste risposte positive sono state una sorpresa e ne sono molto grato.
2. Vuoi parlarci del processo di scrittura di questo disco? Quando hai cominciato e qual è stato il metodo che hai usato per la stesura delle tracce?
Sembrerà strano ma è stato il disco più veloce da comporre. Questo perché uso la mia workstation (nella fattispecie Logic) come una sorta di agenda in cui butto giù tutti i riff che mi vengono in mente: sono 2 anni che faccio così, da subito dopo la pubblicazione di "The Horizons Towards Which Splendour Withers". Nei miei progetti solisti il lavoro è potenzialmente molto più veloce se ti ritrovi ad avere le idee chiare. Nei Vertebra Atlantis, ad esempio, è diverso perché essendo una band bisogna prima mettere tutti d’accordo. Comunque sia, lavoro sempre molto intensamente e soprattutto in maniera quasi istintiva che va di pari passo con i tempi piuttosto stretti. Poi il mio percorso accademico di composizione, che frequentavo nel contempo, mi ha aiutato a trovare una mia quadra ed un modus operandi adatto. C’è da dire, poi, che si è creata una sorta di scambio biunivoco tra l’idea del concept ed i riff che componevo: più una componente si concretizzava, più l’altra seguiva lo stesso processo e viceversa. In totale dal momento in cui ho cominciato a scrivere, al momento in cui ho finito di registrare ci sono voluti circa 4-5 mesi (questo anche grazie appunto agli sketch registrati in precedenza su Logic, talvolta usati come punti di partenza e suggestioni), da giugno ad ottobre più o meno. Successivamente ho mandato tutto a Giulio Galati [Hideous Divinity, ndr] e mixato il disco tra metà novembre e metà dicembre che ho poi inviato a Dan Lowndes del Resonance Sound Studio per il mastering. Abbiamo quindi chiuso il lavoro entro la fine del 2021.
3. Nelle opere dei Cosmic Putrefaction i temi maggiormente trattati sono il pessimismo, l’orrore lovecraftiano, la metafisica e la condizione dell’uomo vista da un’ottica nichilista. Questo terzo disco è un prosieguo di quello precedente. Come mai questa scelta? Avevi ancora da dire delle cose rimaste in sospeso dallo scorso capitolo o vuoi dare un senso di continuità ed evoluzione?
Non sei il primo che fa questo accostamento con Lovecraft. Eppure ti stupirà sapere che non è lui il principale autore a cui mi rifaccio, ma in qualche modo Dante Alighieri. Già nella copertina del disco si può notare, essendoci un omaggio a Gustave Doré e ad una sua illustrazione della Divina Commedia. La storia riprende quella del disco precedente in cui un’anima abbandonata assiste alla distruzione del pianeta natale che lentamente avvizzisce; una sorta di apocalisse. Egli, incamminandosi verso il suo orizzonte, elabora questa catastrofe attraverso sogni e visioni allucinate. Nel finale, che ho lasciato non intenzionalmente aperto, il protagonista è ancora intento in questo vagabondaggio. “Crepuscular Dirge…” ha inizio proprio qui. In breve egli giunge in un luogo nel quale, tra massi e rovine, riesce a scovare un cunicolo che conduce nel sottosuolo. Lasciatosi scivolare all’interno del suddetto cunicolo raggiunge una piccola spiaggetta, davanti la quale trova una piccola zattera. Da qui i passaggi dell’album sono più concreti ed il nostro personaggio si trova a percorrere le acque di un fiume termale sotterraneo languido e pacifico (un omaggio all'Eunoè, il fiume della ricordanza, in qualche modo)), quasi una sorta di rifugio dalla distruzione a cui ha appena assistito. Durante il viaggio egli rivive tutto l’orrore precedente. Infine, si ritrova proprio nel momento descritto dalla copertina: una spiaggia con delle tende rosse, un rimando alla simbologia di David Lynch, oltre le quali vi è una finestra che dà verso il Cielo Empireo dantesco. Ma l’immagine che il protagonista ha davanti è terribile ed affascinante: gli angeli, anziché salire verso l’alto e disporsi attorno ai cerchi concentrici rappresentati da Dio, cadono in basso (da qui il nome del disco, "Crepuscular Dirge for the Blessed Ones"). Qui in pratica ho un po’ ribaltato il paradigma dantesco.
4. In tutti i tuoi progetti si avverte quella sensazione di svincolo dalle etichette, come se la tua musica volesse essere, per l’appunto, solo tua. Da cosa deriva questa costante ricerca della sperimentazione? E soprattutto, ritieni di essere soddisfatto della maturità artistica raggiunta?
In realtà la mia voglia di essere sperimentale un po’ fine a sé stessa è finita dopo The Clearing Path [altro progetto solista, ndr]. Prima avevo una sorta di spinta pionieristica alla costante ricerca di un punto di rottura, artisticamente parlando. Ma mi sono reso conto che, oltre ad essere un obiettivo in linea di principio fuori portata, oggi è molto più difficile essere di rottura. Mi spiego. Ad esempio negli anni ‘70 potevi sviluppare cose nuovissime: il progresso tecnologico permetteva dei cambiamenti nettamente drastici. Oggi però si diventa subito obsoleti, tutto è estremamente veloce ed immediatamente disponibile. Il cervello non riesce a stare dietro a tutto, basti pensare a quanti dischi escono in un solo anno. Il progresso, paradossalmente, forse è più lineare anche se a velocità esponenziali e meno drastico, ecco perché ho capito che un atteggiamento pionieristico fosse utopico. Quindi mi sono concentrato nel fare le cose che andassero magari oltre il compitino con un semplice quesito: cosa posso fare NEL Death Metal e non CON il Death Metal? Voglio quindi cercare di essere personale ma all’interno di stilemi che sono comunque noti.
5. Domanda che ti avranno fatto molto spesso: perché tutti, o quasi tutti, i tuoi progetti sono solisti? Di certo non credo si tratti di mancanza di musicisti, come i Vertebra Atlantis o Turris Eburnea dimostrano. Perciò mi verrebbe da dire che dietro ci sia una scelta più profonda, ossia quella di avere il totale controllo del tuo lavoro. È così?
La tua supposizione è certamente vera ma non è tutto. Di base quando si hanno le idee chiare sul da farsi trovo sia stimolante volersi mettere in sfida con se stessi e lavorare da soli. Da qui anche il fatto che non pubblico quasi mai Ep, perché per la mia forma mentis e per come si sono strutturati i miei progetti tendo a trovarli prodotti parziali. L’unico fu nel 2015 con i The Clearing Path ma lo considero un errore (in quel caso più che altro perché fu un lavoro sbrigativo). Discorso diverso per Turris Eburnea per cui l’Ep è stata una necessità temporale e pratica data comunque la distanza. Inoltre, l’idea era di fare un lavoro che rispecchiasse un preciso momento, quello del primo lockdown pandemico, per cui, forse pensando erroneamente che la pandemia avrebbe avuto vita breve, abbiamo condensato molto il lavoro ed un Ep lo abbiamo considerato il massimo risultato raggiungibile. Comunque, tornando alla tua domanda, per me è stato più un fare di necessità virtù. Iniziai la mia carriera all’inizio dei ’10 con Oaken/Throne(un progetto Death Metal, il cui unreleased album si ritrova in larga parte nel debut di Cosmic) e Thy Solace, un gruppo hardcore, ma entrambi si sciolsero qualche anno dopo quasi in contemporanea, e quindi mi sono detto tanto vale provare a rimboccarmi le maniche da solo. Inoltre c’è da dire che non amo particolarmente suonare in live. Avevo le idee chiare, quindi sapevo già dove andare a parare; e poi il lavoro di gruppo è più complicato, anche se con i Vertebra andiamo molto bene in termini di affinità. Ma c’è da dire che siamo in due (dopo l’uscita di Vrangr, che saluto con affetto, non c’è alcuna acredine tra di noi), non in dieci. Credo che la difficoltà di una band risieda nel fatto che debba rispondere a 3 requisiti fondamentali: bravura e capacità dei membri, andare d’accordo sul piano umano e avere idee affini o comunque disponibilità al compromesso. La solida coesistenza di questi 3 fattori è un fatto unico e raro se ci pensate bene.
6. Da qui segue un’altra domanda: come fai a “cambiare” modus operandi da un progetto all’altro? È vero che i generi con i quali ti confronti maggiormente sono il Black e il Death, ma si tratta comunque delle frange più estreme, contorte e sperimentali che richiedono non poche abilità di scrittura. Come riesci a gestire i tuoi progetti senza ricadere in uno o nell’altro?
Un accorgimento che adotto è accordare le chitarre in maniera diversa. Sembrerà una cavolata ma non è così. Mi spiego. Nel pianoforte l’armonia e le note risultano estremamente chiare davanti ai nostri occhi: un tasto corrisponderà sempre alla stessa nota della stessa altezza e un accordo di una determinata altezza si suonerà sempre con la stessa diteggiatura. Mentre la chitarra da questo punto di vista ha potenzialmente dei limiti, che però creativamente possono essere anche dei punti di forza, perchécambiando l’accordatura cambiano le diteggiature e le note corrispondenti ai rispettivi tasti (e alle rispettive corde) e quindi possono emergere cose del tutto inattese. Dal secondo Cosmic, ad esempio, ho deciso di giocare su dei toni differenti e provare un’accordatura sempre ribassata ma aperta. Il primo -come ai tempi di Oaken/Throne- era invece semplicemente in drop. È buffo ma l’accordatura che uso sarebbe perfetta per le acustiche da suonare in spiaggia [ride, ndr] perché è molto aperta, ma ciò mi ha permesso di provare accordi particolari con posizioni inusuali impiegandola ai fini del Death Metal. È chiaro, un po’ di timore che ci sia un’intersezione tra i progetti c’è, perché quando cominci a sviluppare un tuo stile viene da sé che inconsciamente cerchi di portarlo in tutti i tuoi lavori. Le accordature diverse mi aiutano appunto a mantenere le differenze. Con Vertebra e Turris suono invece in tonalità standard ribassate: coi primi sto in Si b standard e coi secondi in Si standard. Infine diciamo anche che tratto comunque generi diversi con stilemi e sapori differenti.
7. Quali sono le band, artisti o generi musicali che ti hanno maggiormente influenzato o dai quali hai preso di più ispirazione?
Ti darò 2 risposte. Una è più scolastica, ossia dicendoti quali sono le band a cui potrei essere accostato e che comunque rientrano in un certo senso tra le mie influenze: Immolation, StarGazer, Deathspell Omega, Ulcerate, Gorguts e Voivod. Molti dicono anche Blood Incantation, ma con loro sento di condividere più un accostamento stilistico dato che, tematicamente, vertono su lidi sci-fi più legati ad extraterrestri, paleoastronautica, etc, mentre forse la mia idea è più di utilizzare il cosmo come un luogo diciamo “metafisico”. La risposta meno convenzionale, invece, riguarda quello che da 10 anni è probabilmente il disco che più mi ha influenzato: “Obsian” dei Castevet. È di una suggestione pazzesca e forse nei miei lavori si sente molto il suo influsso. L’unicità della band sta nell’aver preso ad esempio Voivod, Ved Buens Ende e Deathspell Omega reinterpretandoli in un modo unico. Con Andrew Hock [Castevet, ndr] ho avuto anche un rapporto epistolare costante. Dentro quell’album ci sono degli elementi in cui mi rispecchio tantissimo e che uso: accordi, arpeggi nodosi, sonorità sognanti… Se lo ascoltate capirete cosa voglio dire.
8. Ultima domanda: stai già lavorando a del nuovo materiale per uno o più di uno dei tuoi progetti? Puoi anticiparci qualcosa? Ti lascio le ultime parole e grazie mille per la tua disponibilità.
Sì, stiamo già lavorando al nuovo disco dei Vertebra Atlantis. Ad essere sincero è Riccardo che mi pressa per lavorare al materiale nuovo [ride, ndr]. Probabilmente ci sarà anche un nuovo componente, vedremo… Più o meno abbiamo già 3 brani pronti. Di solito vado molto sparato come nei Cosmic; un album che, fidatevi, è stato in retrospettiva un miracolo riuscire ad arrivare a pubblicare. Spero solamente di non perdere l’autocritica o peggio, le idee. Per intenderci, chi si ferma è perduto, ecco perché devo rimanere sempre attivo. Non posso non fare a meno di scrivere pezzi, anche se forse dovrei cazzeggiare di più con la chitarra per evitare un burnout [ride, ndr]. Grazie mille per questa chiacchierata e per il supporto!
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[English Version]
1. Hi Gabriele and thank you very much for being here. Let's start right away with the classic question: how are you? What feedback are you getting after the release of “Crepuscular Dirge for the Blessed Ones”?
Hi everyone. The feedback is very good and almost unexpected. I'm noticing a lot of support in general and that makes me delighted. I'm a person who never has high expectations because he focuses on music and that's it, so all these positive responses came as a surprise and I'm very grateful for that.
2. Do you want to talk about the writing process? When did you start and what was the method you used?
It may sound strange but this was the fastest record to compose. This is because I use my station (in this case Logic) as a sort of diary in which I write down all the riffs that come to my mind: I have been doing it for 2 years, immediately after the publication of "The Horizons Towards What splendor fades". In my solo projects the work is potentially much faster if you have a clear idea. In Vertebra Atlantis, for example, it's different because it's a band, and you have to get everyone to agree first. However, I always work very intensely and almost instinctively which goes hand in hand with rather tight deadlines. Then my academic career in composition, which I attended at the same time, helped me find my framework and a suitable modus operandi. A sort of two-way exchange was created between the idea of the concept and the riffs I composed: the more one component materialized, the more the other followed the same process and vice versa. In total from the moment I started writing to the moment I finished recording it took about 4-5 months (this also thanks to the sketches previously recorded on Logic, sometimes used as hints and tips), from June to October more or less . Then I sent everything to Giulio Galati [Hideous Divinity, ed] and I mixed the record between mid-November and mid-December. I then sent it to Dan Lowndes of Resonance Sound Studio for mastering. We have finally finished the works by the end of 2021.
3. In the works of Cosmic Putrefaction the themes most dealt with are: pessimism, Lovecraftian horror, metaphysics and the condition of man seen from a nihilistic perspective. This third disc is the continuation of the previous one. Why this choice? Did you still have something to say or do you want to give a sense of continuity and evolution?
You're not the first to notice this closeness to Lovecraft. But you will be amazed to know that he is not the main inspiration, but in some way Dante Alighieri. Already on the cover of the disc it can be seen, as there is a tribute to an illustration of the Divine Comedy by Gustave Doré. The story resumes that of the previous album: an abandoned soul witnesses the destruction of the home planet, which begins to wither; a kind of apocalypse. As he walks towards his horizon, he elaborates this catastrophe through hallucinated dreams and visions. In the finale, which I have unintentionally left open, the protagonist is still intent on this wandering. “Crepuscular Dirge…” begins right here. In short, he arrives in a place where, among boulders and ruins, he manages to find a tunnel that leads underground. Here he reaches a small beach, in front of which he finds a small raft. From here the passages of the album are more concrete and our character begins to travel the waters of a languid and peaceful underground thermal river (A tribute to the Eunoé, the river of remembrance, in some way), almost a sort of refuge from the destruction he has just witnessed. During the journey he relives all the previous horror. Finally, he finds himself in the very moment described by the cover: a beach with red curtains, a reference to the symbolism of David Lynch, beyond which there is a window that overlooks Dante's Empyrean Sky. But the image that the protagonist sees is terrible and fascinating: the angels fall down rather than rise upwards and arrange themselves around the concentric circles represented by God (this is why the title "Crepuscular Dirge for the Blessed Ones"). I have practically overturned the paradigm a bit.
4. In all your projects it seems that you don't want to be labeled, as if your music only wants to be yours. Where does this constant search for experimentation come from? Are you satisfied with the artistic maturity reached?
To be honest, my desire to be experimental ended after The Clearing Path [another solo project, ed]. Before, I had a kind of pioneering drive to constantly search for a breaking point, artistically speaking. But I realized that it was a fairly out of reach goal and that today it is much more difficult to be a breaking point. Let me explain. For example, in the 1970s you could develop very new things: technological progress allowed for markedly drastic changes. Today, however, everything becomes immediately obsolete, extremely fast and immediately available. The brain cannot keep up with everything: think about how many records come out in a single year. Paradoxically, progress is perhaps more linear even if at exponential speeds but less drastic, which is why I understood that a pioneering attitude was utopian. So I concentrated on doing things that went beyond the homework with a simple question: what can I do IN Death Metal and not WITH Death Metal? I want to try to be personal but within styles that are still known.
5. A very recurring question: why are all of your projects, or almost all of them, soloists? I certainly don't think it's a lack of musicians, as Vertebra Atlantis or Turris Eburnea demonstrate. So I'd like to say that there is a deeper choice behind it, for example having total control of your work. Is that so?
Your assumption is certainly true but that's not all. Basically, when you have clear ideas about what to do, I find it stimulating to want to challenge yourself and work alone. This is also why I hardly ever publish Ep: for my mindset and the way my projects are structured, I find them partial products. The only one was in 2015 with The Clearing Path but I consider it a mistake (mostly because it was a quick job). Different speech for Turris Eburnea for which the EP was a temporal and practical necessity given the distance. The idea was to make a record that reflected a precise moment, the first pandemic lockdown. So, mistakenly thinking that the pandemic would be short-lived, we condensed the work a lot and we considered an EP to be the maximum achievable result. However, returning to your question, for me it was making a virtue of necessity. I began my career in the early 10s with Oaken / Throne (a Death Metal project, whose unreleased album is largely found in Cosmic's debut) and Thy Solace, a Hardcore band. But they both broke up a few years later almost simultaneously. So I rolled up my sleeves and continued the work alone. Also I don't particularly like playing live. I had clear ideas, so I already knew where to go; and then the group work is more complicated, even if with Vertebra Atlantis we go very well in terms of affinity. But it must be said that we are only two people (Vrangr has left the band, but I greet him with affection, there is no aversion between us), not ten. I think the difficulty is that a band has to meet 3 basic requirements: skill and ability of the members, get along, and have similar ideas or otherwise willingness to compromise. The solid coexistence of these 3 factors is a unique and rare fact if you think about it.
6. From here follows another question: how do you "change" modus operandi from one project to another? It's true, the genres you play the most are Black and Death Metal, but you still deal with the most extreme, twisted and experimental fringes that require a lot of writing skills. How can you manage your projects without falling back into one or the other?
One trick I take is to tune the guitars in a different way. It will sound silly but it isn't. Let me explain. In the piano, harmony and notes are extremely clear in front of our eyes: a key will always correspond to the same note of the same pitch and a chord of a certain pitch will always be played with the same fingering. The guitar, on the other hand, has potentially limitations, which however can also be strengths: if you change the tuning, the fingerings and notes corresponding to the respective frets (and the respective strings) change too, so completely unexpected things can emerge. From the second Cosmic album, for example, I decided to play on different tones and try a tuning that is always lowered but open. The first one - as in the days of Oaken / Throne - was instead simply in drop. It's funny but the tuning I use would be perfect for the acoustic guitar to play on the beach [he laughs, ed] because it is very open, but this allowed me to try out particular chords with unusual positions.I am a little scared that there is an intersection between projects, because when you start developing your own style, it goes without saying that you unconsciously try to bring it into all your works. The different tunings help me to keep the differences. With Vertebra and Turris, on the other hand, I play in lowered standard tones: with the first ones I play in standard Bb and with the second ones in standard B. Let's also say that I still treat different genres with different stylistic features.
7. Which are the bands, artists or musical genres that have influenced you the most or from which you have taken the most inspiration?
I will give you 2 answers. One is more scholastic. I'll tell you which are the bands that I could be approached and that have influenced me in a certain sense: Immolation, StarGazer, Deathspell Omega, Ulcerate, Gorguts and Voivod. Many also say Blood Incantation, but with them I feel I share more a stylistic approach since they focus on sci-fi themes more related to extraterrestrials, paleoastronautics, etc, while my idea is more to use the cosmos as a "metaphysical" place let's say. The less conventional answer, on the other hand, concerns what has probably been the record that has influenced me the most for 10 years: “Obsian” by Castevet. It is a very impressive work, and perhaps you can feel its influence in my works. The band is unique: they took, for example, Voivod, Ved Buens Ende and Deathspell Omega and reinterpreted them in a unique way. I also had a constant correspondence with Andrew Hock [Castevet, ed]. Within that album there are elements in which I reflect a lot and which I use: chords, knotty arpeggios, dreamy sounds ... If you listen to it you will understand what I mean.
8. Last question: are you already working on new material for one or more of your projects? Can you anticipate something? I leave you the last words and thank you very much for your availability.
Yes, we are already working on the new Vertebra Atlantis record. To be honest it is Riccardo who presses me to work on the new material [he laughs, ed]. There will probably be a new component, we'll see… More or less we already have 3 songs ready. I usually work very fast like in Cosmic; an album that, trust me, it was a miracle to be able to release. I just hope not to lose the self-criticism or worse, the ideas. To be clear, whoever stops is lost, which is why I must always remain active. I always need to write songs, even if maybe I should take it slower with the guitar or I'll have a burnout [he laughs, ed]. Thank you so much for this chat and for the support!
Burden Of Grief: una piacevole chiacchierata con il chitarrista Philipp Hanfland
Domenica, 03 Giugno 2018 17:47Il mese scorso, la tedesca melodic thrash metal band Burden Of Grief ha partorito la sua ultima fatica intitolata "Eye Of The Storm". Per l'occasione abbiamo sentito il chitarrista Philipp il quale, in maniera molto esaustiva, ci ha detto la sua su questo nuovo lavoro.
Ciao Philipp, è un piacere poter scambiare qualche parola con te. Come ci si sente dopo l'uscita di "Eye Of The Storm"?
Ciao ragazzi, il piacere è mio. Anche se si tratta del nostro settimo album, è sempre un'emozione grande quando un nuovo album vede la luce. È praticamente come un bambino appena nato. Abbiamo sempre avuto l'esigenza di progredire e migliorare con ogni nuovo disco, il che significa che dobbiamo mettere sempre più energia quando lavoriamo ad una produzione. Ci sono voluti quasi 3 mesi per registrare e mixare "Eye Of The Storm". Dopo aver terminato il mix e il mastering, abbiamo continuato con la preparazione e le riprese della nostra trilogia video. Il lavoro è stato tanto durante gli ultimi mesi, perciò è ancora più travolgente ed appagante ricevere così tanti feedback positivi dopo il rilascio.
Vuoi parlarci del processo di scrittura?
Abbiamo iniziato il songwriting nell'inverno 2015/2016 lavorando per 2 anni nella stesura dei pezzi. Tuttavia non è stata una scrittura costante, sia per i vari live a cui abbiamo partecipato, sia per gli impegni individuali di ciascun membro della band. Due dei nostri si sono perfino trasferiti in questo periodo, perciò non è stato un processo costante. Comunque sia ci siamo divisi in due gruppi di lavoro: una metà dei brani l'ho composta io, l'altra è frutto di una collaborazione con il batterista Robb e l'altro chitarrista Joe. Hanno sviluppato un modo interessante di scrivere che consiste nel dare prima spazio alle percussioni per poi inserire le parti di chitarra.
E per quanto riguarda le sonorità? Come si fa a creare uno stile proprio che si distingua dal resto?
Penso che questo sia il problema comune di tutti i musicisti. Siamo sempre alla ricerca del suono perfetto, e anche dopo quasi 25 anni non l'abbiamo ancora trovato. Ovviamente nel corso degli anni siamo progrediti grazie ad un sound ed uno stile che si adatta molto bene sul palco. La situazione cambia quando si tratta di lavorare in studio: le collaborazioni con vari produttori sono state molte, però non siamo mai stati veramente soddisfatti al 100%. Così abbiamo deciso di scegliere un nuovo studio e un nuovo produttore per il mix e il mastering di "Eye Of The Storm", e siamo convinti di aver trovato il ragazzo giusto con Kristian Kohlmannslehner e il suo Kohlekeller Studio. Mentre il nostro precedente produttore Dan Swanö ha sicuramente le sue radici nel death metal svedese, Kristian Kohlmannslehner proviene da un altro background, che per noi era importante. Ha lavorato con band molto diverse in passato e lo caratterizza il fatto che nelle sue produzioni non c'è quella sorta di tratto distintivo. Tuttavia le sue sono produzioni di alta classe e sicuramente collaboreremo con lui anche al nostro prossimo album.
Il vostro genere viene definito melodic thrash metal. Come riuscite a combinare la pesantezza del thrash con la leggiadria del melodic death?
In realtà non facciamo piani su come raggiungere il nostro stile musicale. È solo il risultato dei 5 membri della band che hanno gusti molto diversi quando si tratta di influenze musicali. Ci sono forse solo 2 o 3 gruppi che piacciono a tutti in una certa misura, come, per esempio, alcuni dischi di Kreator e Machine Head. Ognuno porta un pezzo del suo background in ciascun brano. Potrei semplicemente parlare delle canzoni che ho scritto da solo, e qui le mie principali influenze sono le icone thrash come i vecchi Metallica, Slayer, Testamant e Machine Head, combinate con l'approccio melodico di band metal classiche come Iron Maiden, Rainbow e Judas Priest. Infine, grazie alla voce del nostro cantante Mike, andiamo automaticamente a sfociare nel melodic death classico.
Siete sulla scena dal 1994 e avete 6 album alle spalle. Possiamo parlare di continuità con i lavori precedenti? Si può avvertire quel senso di crescita musicale guardando al vostro passato?
Lo spero, dal momento che è il nostro stesso obiettivo raggiungere questa crescita. Se vuoi puoi dividere la nostra carriera in 3 fasi. La prima inizia con il nostro album di debutto "Haunting Requiems" e dura quasi 6 anni. In quel periodo abbiamo dovuto imparare a suonare correttamente i nostri strumenti (Ride). La seconda fase inizia dopo il 2006, dove abbiamo sviluppato e perfezionato il nostro stile nei primi 3 dischi, ma abbiamo anche avuto costanti modifiche di line-up. Da quell'anno in poi scatta la terza fase nella quale abbiamo finalmente trovato una line-up coerente e siamo cresciuti insieme musicalmente. In questo periodo abbiamo pubblicato 4 dischi che mostrano sicuramente una band che conosce i suoi punti di forza, ma ha anche imparato dalle sue carenze. Quindi questi ultimi 4 album sono sicuramente tutti dello stesso sangue.
Cosa pensi della scena metal europea di oggi? Quanto è cambiata negli ultimi vent'anni?
Oh mio Dio, questa è una domanda difficile perché ci sono così tanti aspetti di cui parlare. Tutto sommato sono convinto che la scena metal europea sia più forte che mai. Ci sono molte band, festival, riviste, club... Ci è sempre piaciuto esplorare nuovi paesi e abbiamo avuto il piacere di suonare in molte aree europee, dalla Francia all'Estonia, dalla Slovacchia alla Turchia. Le culture di ciascun paese possono anche essere diverse, ma l'amore per la musica metal unisce i metallari di tutto il mondo. Viaggio molto e ho già visitato paesi lontani come Cina, Cambogia, Costa Rica, Messico e molti altri. Non appena noti altri ragazzi che indossano una maglietta di una band, trovi immediatamente una connessione speciale con loro, indipendentemente dalla religione o dal colore della pelle. Questo è ciò che amo di più dell'heavy metal!
C'è qualche band italiana che ti piace particolarmente o che è stata fonte di ispirazione?
Devo confessare che non conosco molte band italiane. Una band che mi piace sono i Disarmonia Mundi e i Witchwood. Ci sono altri gruppi italiani interessanti, ma per me non sono una fonte di ispirazione.
Verrete mai in Italia per qualche show?
Ci piacerebbe molto suonare alcuni spettacoli in Italia, ma non abbiamo mai avuto la possibilità. Se qualche promotore volesse mettersi in contatto con noi, ne saremmo più che lieti!
Bene Philipp, grazie mille per il tempo che ci hai dedicato. Spero di vedervi presto in Italia. Lascio a te le ultime parole: cosa hai da dire ai vostri fan italiani e a tutti i lettori di Allaroundmetal?
Vi ringraziamo tanto per il vostro supporto e l'opportunità di presentarci ai vostri lettori. Siamo travolti dall'ottimo feedback che abbiamo ricevuto da voi. Come ho già detto prima, pubblicheremo una trilogia di video completi per "Eye Of The Storm": primi 2 episodi sono già online, la clip finale verrà rilasciata a metà giugno. Dateci un'occhiata!
Lectern: death metal dall'anima dura e senza fronzoli
Venerdì, 18 Maggio 2018 12:55Ciao ragazzi. Grazie infinite per la tua disponibilità nello scambiare quattro chiacchiere virtuali con voi. Vorresti parlarmi dei Lectern? So che siete in attività da molti anni, ma solo recentemente avete incominciato a pubblicare album interi; avete voglia di raccontarci la vostra storia?
Fabio “La stabilità della line-up è sempre stato un problema, gli essere umani non vanno d’accordo, nemmeno quando si tratta di interessi comuni. Quindi eviterei di parlare di tutta la merda che è transitata da qui, abbiamo pubblicato un mucchio di canzoni, materiale e dischi e fatto concerti, più o meno in tempi non sospetti dove l’attività era sempre tra alti e bassi”.
Il vostro ultimo disco Deheadment For Betrayal mischia elementi death americani e svedesi, mantenendo comunque un impianto molto old-school con chitarre taglienti, momenti che oso definire di fattura thrash e mitragliate in doppia cassa. Potreste illustrarci il processo di creazione dell'album, quali sono state le vostre ispirazioni?
Fabio “Svedesi? Di europeo mi risulta soltanto il nostro continente di provenienza, noi non abbiamo nulla a che vedere con quella scena, anche se gruppi brutali come primi Entombed, Grave, Defaced Creation, Aeon, Hypocrisy, Vomitory, Dismember, Cut Up ed Unleashed sono molto interessanti. Il thrash è l’estremizzazione del death metal, quindi fa parte del nostro background, ma anche qui band come Slayer e pochi altri possono essere accettate come metro di paragone. Sodom e Kreator sono grandi band, ma non guardiamo a loro”.
Il disco è uscito per l'etichetta polacca Via Nocturna, specializzata in metal estremo underground e con un roster molto vario. Vorreste parlarci del vostro rapporto con loro, di come è nata la vostra collaborazione?
Fabio “Abbiamo scritto per caso una mail che comprendeva anche il loro indirizzo, in una serie di allegati, a varie etichette alla ricerca di un contratto, ed eccoci qui”.
Il death metal è il vostro genere di riferimento, sia nel suono, sia nell'immagine prettamente morbosa e dalle radici horror. Cosa significa per voi questo genere, che impatto ha avuto sulle vostre vite?
Fabio “Se non respiri death metal in ogni momento, è un genere che non meriti di suonare! Quando arrivò sul mercato e sulle scene, le cose più cattive nel tempo eranoo Venom, Metallica e gli Slayer più o meno, in ordine cronologico. La scuola americana ha cambiato l’approccio, in confronto i Dark Angel facevano ridere. In Europa soltanto in Inghilterra c’erano band del genere, poi sono venuti dalla Svezia ad insegnarci come si fa il death metal europeo. A parte pochi epigoni, non li ho mai considerati veramente! Noi eravamo quelli per gli Iron Maiden, la merda di Goteborg nemmeno ci sfiorava! Il death metal è roba solo americana!”.
Il vostro immaginario, come prima accennato, è molto influenzato da elementi horror e occulti. Si tratta di caratteristiche che abbracciano anche interessi letterari e cinematografici? Siete fan di un certo tipo di letteratura e cinema?
Fabio “Necronomicon e Bibbia satanica per quanto riguarda le letture, occultismo no! Cinema zero! Non vedo horror nei miei testi, se non nel mio cognome!”.
Parliamo dei vostri gusti musicali. Quali sono i gruppi e generi che amate, e che vi hanno formato? Ci sono band, moderne o vecchie, magari poco conosciute, che vorreste consigliare ai nostri lettori?
Fabio “Secondo me gli Electrocution di Inside The Unreal spaccavano il culo come pochi in Italia nei primi anni Novanta! Primi Deicide, Morbid Angel, Cannibal Corpse e Immolation: non si scappa! Il resto sono solo tentativi di imitare gli originali!”.
L'esperienza live è spesso fondamentale per gli artisti, soprattutto in ambito metal. Come vivete i vostri concerti? Sono un modo per dare piena espressione al vostro suono e poter interagire con il vostro pubblico?
Fabio “Anche! Parlare di pubblico è fuorviante, al massimo oggi puoi dire che hai gente che ti segue grazie a stronzate come Twitter, Instagram e Facebook! I fans sono per gente come gli Incantation!”.
Grazie mille per il vostro tempo. C'è qualcosa che sentite di voler dire ai nostri lettori prima di salutarci?
Fabio “Ci vediamo all’inferno!”.
Deheading Europe For Betrayal Tour 2018
Lectern - Anal Vomit - local guest bands
6/22/2018 Florence (Italy)
6/23/2018 Como (Italy)
6/24/2018 Chambery (France)
6/25/2018 Deinze (Belgium)
6/26/2018 Paris (France)
6/27/2018 Niort (France)
6/28/2018 Rennes (France)
6/29/2018 Le Mans (France)
6/30/2018 Nancy (France)
1/7/2018 Eindhoven (Holland)
2/7/2018 (tba)
3/7/2018 (tba)
4/7/2018 Leiden (Holland)
DISCOGRAPHY
Bisbetical (1999)
Salvific Of Perhaps Lambent (2010)
Lectern (2014)
Fratricidal Concelebration (2015)
Precept Of Delator (2016)
Deheadment For Betrayal (2018)
LINE UP
Fabio Bava: vocals, bass
Pietro Sabato: guitar
Gabriele Cruz: guitar
Marco Valentine: drums
INTERNET
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27/01/2018 - ELVENKING live @ "Rock Town", Cordenons (PN)
Lunedì, 05 Febbraio 2018 15:57Il 2018 per il sottoscritto, sul fronte live, si è dimostrato ricco di concerti fin da subito e quindi il sottoscritto si è trovato spesso in giro. Nonostante sia appena passato un durissimo periodo lavorativo che ha permesso di tirare il fiato solamente post-festività, non si demorde e non si può perdere l’occasione di rivedere i folk metallers (anche se è riduttivo definirli solo folk, dato che inglobano tanti elementi nel proprio sound) Elvenking dal vivo per la loro prima data promozionale del tour di supporto al nuovo disco Secrets Of The Magick Grimoire uscito l’anno scorso.
Ore 20:15, esco dal posto di lavoro e mi dirigo alla macchina, oramai rimasta da sola in un parcheggio freddo e deserto. La stanchezza è tanta ma in qualche maniera ci si mette in marcia verso l’autostrada per arrivare circa dopo un’oretta abbondante al Rock Town di Cordenons, vicino Pordenone. L’area circostante il locale è già piena zeppa di macchine, segno che la scena locale supporta al massimo la band. Mi accingo ad entrare nel pub e la calca è già di notevole intensità e nel mio girovagare riesco a far due chiacchiere con il gruppo (e finalmente vedo per la prima volta Elyghen, ex violinista del gruppo) ed a trovare miracolosamente un posto a sedere grazie ad una mia cara amica (grazie di cuore Elisa!). Riesco a fare a malapena una cena grossolana prima che la band si appresti a salire sul palco.
Nessun supporto previsto per la serata, segno quindi che il combo elfico voglia catalizzare al meglio l’attenzione su di sé. Il pubblico è numeroso, caldo ed affezionato (scorgo fra i presenti parecchi ospiti speciali come membri degli Overtures, Delirium X Tremens, Raintime, Roxin Palace e gli stessi ex compagni degli Elvenking come Gorlan, Zender e lo stesso Elyghen) e ciò fa sicuramente bene ai gruppi locali, peccato però che raramente accadano certi episodi. Il concerto ha quindi inizio presentando il nuovo innesto alla batteria, ossia Marco, che va a sostituire Simone. Lo stile ritmico del nuovo arrivato, non a caso segue un certo stile compositivo decisamente differente rispetto ai dischi precedenti e con il nuovo album, oltre che nell’esecuzione live, si percepisce un netto cambiamento presentando una netta asciugata di tecnicismi e riportando le coordinate stilistiche ai primi dischi con un approccio più “In Your Face”, secco e diretto. La doppietta iniziale (“Invoking the Woodland Spirit” e “Draugen's Maelstrom”) come pure altri nuovi brani, ben simboleggiano questo ritorno al passato del combo friulano che comunque ripercorre la propria lunga carriera con estratti da dischi come il cupo capolavoro The Scythe (“Infection” e “Divided Heart”), da Era con “The Loser”, da Pagan Manifesto e ovviamente dallo splendido The Winter Wake (“The Winter Wake”, “Trows Kind” e “Neverending Nights” e “The Wanderer”) per poi concludere lo show con l’immancabile “Pagan Purity” dal lontano debutto Heathenreel. Il concerto è energetico, ben suonato e coinvolgente ma non è proprio esente da alcuni problemi che vanno detti a costo di passare per pignoli o spocchiosi, ma proprio perché ci si tiene vadano espressi chiaramente. In primis i suoni davvero osceni sia fronte palco che in altre zone hanno davvero segato le gambe risultando netti e percettibili solo nel piccolo cono dal palco al mixer. Risultato è stato che le chitarre di Aydan e Raphael erano praticamente assenti se non negli assolo ed in qualche sporadico momento, stessa cosa per il violino di Lethien ed il basso di Jakob, udibili pochissimo con una batteria che sovrastava tutto lasciando nelle mani del buon Damnagoras il compito di tenere le redini dello show. Proprio sulla sua performance bisogna spendere due parole in quanto la sua ugola è sempre più esile e debole e più di una volta ho percepito un affaticamento nel cantare dopo pochi brani. Se questo si riesce a mascherare in studio ciò purtroppo non si può dire sul fronte live. Si spera riesca a preservare al meglio la sua voce perché il suo timbro caratteristico non deve mancare mai.
Questo è quanto. Il concerto si conclude comunque vittorioso e soddisfacente, problemi a parte. Lunga e gloriosa vita agli Elvenking, se lo meritano! Supportateli!
A YEAR OF DEATH - La Top15 dei migliori album Death del 2017
Giovedì, 21 Dicembre 2017 20:06Anche il 2017 è stato un anno estremamente prolifico in ambito Death Metal. In qualsiasi sua forma – dal Technical al Brutal, dal Melodic all’Old School, passando anche per il Deathcore – in questa ormai finita annata non sono stato affatto poche le uscite degne di nota. Ed anzi, alcuni dischi rischiano seriamente di entrare dritti dritti nella storia del genere. Tra grandi ritorno (Morbid Angel), solite conferme (Cannibal Corpse, The Black Dahlia Murder), orgogli italiani (Hour of Penance, Hideous Divinity) e grandiose sorprese, anche dal punto di vista delle recensioni sono stati 12 mesi belli pieni. Ma quali sono stati i migliori? Da “Death Metal Specialist” di Allaroundmetal, questa è la mia personale Top 15 dell’anno. Ed in fondo troverete in breve una Top 10 esclusivamente italiana.
Enjoy!
***DISCLAIMER: Ogni opinione in quest’articolo appartiene solo ed esclusivamente all’autore; si può essere d’accordo come no, l’importante è una cosa sola: take it isis (o take it easy, fate voi)***
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#15. FRACTAL UNIVERSE – ENGRAM OF DECLINE
I francesi Fractal Universe fanno decisamente parte della schiera delle grandi sorprese di quest’anno. Tra le tante uscite Progressive Death, “Engram of Decline” è tra quelle che più mi ha impressionato: tecnicamente ineccepibile, freschezza compositiva, concept su “Così Parlò Zarathustra” di Nietzsche e niente scimmiottamento di bands del genere più note (anyone says Beyond Creation?)
- Video di “Scar Legacy of Hatred”: https://youtu.be/_ZqlPiD4ii4
- Full Album Stream: https://youtu.be/zjaoxfnJT-I
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3724-concept-nietzschiano-per-il-debut-album-dei-prog-deathsters-francesi-fractal-universe
#14. KHAZADDUM – PLAGUES UPON ARDA
Vengono dagli States, suonano un Brutal Death molto, molto tecnico… ed il loro concept è esclusivamente Tolkieniano! In “Plagues Upon Arda” i Khazaddum si sono concentrati sulle figure negative dell’Opera Magna del Maestro, “Il Signore degli Anelli”: Isildur, Sauron, Shelob, Saruman e via dicendo. Siete amanti sia del Death che del Fantasy? Con loro, farete centro pieno.
- Video di “Masters of the Plain”: https://youtu.be/tU319Pz_dTg
- Full Album Stream: https://youtu.be/1PKbwC7MoWg
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4420-debut-album-per-i-khazaddum-tolkien-in-chiave-death-metal
#13. BENEATH – EPHEMERIS
Anche i Beneath si iscrivono all’”Annata d’oro del Metal islandese”. Dopo due buonissimi primi album, col terzo questa band “ha fatto il botto”. “Ephemeris” è un disco maturo, suonato da dio e con una produzione mostruosa. Per gli amanti del Technical Death moderno, in cui c’è gusto per la melodia e non solo per blast beats a velocità supersoniche, un disco imprescindibile.
- Video di “Eyecatcher”: https://youtu.be/-Pt0HOBGn8M
- Full Album Stream: https://youtu.be/GXc9kxvsE7s
- Recensione su AAM non presente
#12. MORBID ANGEL – KINGDOMS DISDAINED
Dopo quell’accozzaglia di schifo che è stato “Illud Comesichiama” un po’ di preoccupazione c’era in vista di questo nuovo album dell’Angelo Morboso. Fortunatamente l’allontanamento di Dave Vincent e il ritorno di Steve Tucker hanno riportato i Morbid Angel sui lidi che competono loro. Un album che suona Morbid Angel e che farà felici i vecchi fans della band.
- Video di “For no Master”: https://youtu.be/SnmQU45fkiA
- Full Album Stream: /
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4424-welcome-back,-morbid-angel
#11. THY ART IS MURDER – DEAR DESOLATION
Anche nella sfera più moderna il 2017 è stato un anno pieno zeppo di uscite. Tra le tante, quella che premio maggiormente – e che quindi mi ha più favorevolmente impressionato – è quella di “Dear Desolation” dei Thy Art is Murder. Quella che
probabilmente è la band Deathcore più violenta in circolazione ha tirato fuori un disco praticamente senza difetti. E detto da uno che di Deathcore non è che ne ascolti molto…
- Video di “Puppet Master”: https://youtu.be/TU9K-dIPNjY
- Full Album Stream: /
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4010-da-nuclear-blast-uno-dei-dischi-deathcore-pi%C3%B9-attesi-dell-anno-dear-desolation-dei-thy-art-is-murder
#10. DEVANGELIC – PHLEGETHON
Arriva da Roma il primo dei gruppi italiani in classifica. Roma che in un certo senso sarà protagonista tra l’altro, come vedrete più avanti. Il secondo album dei Devangelic è quanto di più brutale, violento, bestiale sia uscito nel 2017: 40 minuti di schiaffoni in faccia senza manco un attimo di pausa.
- Video di “Plagued by Obscurity”: https://youtu.be/t9h-UO48djo
- Full Album Stream: https://youtu.be/EFDTQoEGHT4
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4284-come-esser-gettati-direttamente-in-un-tritacarne-il-secondo-full-dei-romani-devangelic
#9. WOLFHEART – TYHJYYS
Per me che ho letteralmente amato “Shadow World”, “Tyhiyys” era tra le uscite più attese: ed il buon Tuomas non mi ha deluso, ovviamente. Ad impreziosire quest’album la presenza di orchestrazioni che riescono a dare un maggiore pathos al Melodic Death granitico della band finlandese.
- Video di “The Flood”: https://youtu.be/kyKC3nYFi_k
- Full Album Stream: https://youtu.be/AecsiPYOuU8
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3805-terzo-magnifico-lavoro-per-i-wolfheart
#8. ANTROPOFAGUS – M.O.R.T.E. (METHODS OF RESURRECTION THROUGH EVISCERATION)
La scena Death Metal italiana ha calato tutti e tre gli assi assieme, dimostrando come, soprattutto nella sfera Technical, non abbiamo nulla da invidiare a nessuno. “M.O.R.T.E.” è, ad oggi, probabilmente il miglior disco dei genovesi Antropofagus, con buona pace del leggendario “No Waste of Flesh”. C’è curiosità ora nel risentirli con Paolo Chiti (Devangelic) alla voce al posto del defezionario Tya.
- Video di “Spawn of Chaos”: https://youtu.be/75dQhS2bRyM
- Full Album Stream: https://youtu.be/czCYBuZyChM
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3764-gli-antropofagus-confermano-come-il-death-metal-italiano-non-sia-ormai-secondo-a-nessuno
#7. IMMOLATION – ATONEMENT
Gli Immolation sono uno dei maggiori esempi di come non cambiando MAI di una virgola il proprio stile, si riesca comunque a tirare fuori lavori grandiosi. Mai scesi a compromessi, gli Immolation con “Atonement” confermano che il loro statu di leggenda vivente è ampiamente meritato, semplicemente facendo quello che sanno fare meglio: Death Metal.
- Video di “Destructive Currents”: https://youtu.be/lOUh2ctYZFE
- Full Album Stream: /
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3605-dopo-quasi-30-anni-di-carriera,-gli-immolation-continuano-a-non-scendere-a-compromessi
#6. DYING FETUS – WRONG ONE TO FUCK WITH
Dieci tracce, dieci cannonate. I Dying Fetus prendono tutti gli ingredienti del loro sound, li miscelano come sempre fanno e tirano fuori una bordata di disco che per quasi 50 minuti praticamente ti tramortisce. Il bello è che in giro ho letto anche di qualche critica, ma a questo punto mi chiedo: ma l’hanno davvero ascoltato “Wrong One to Fuck with”? Dire che quando l’ho recensito lo additai come uno dei possibili dischi dell’anno… immaginate un po’ il resto che dev’essere stato.
- Video di “Panic Amongst the Herd”: https://youtu.be/PRnBMDiTWpE
- Full Album Stream: https://youtu.be/EwIvjyhjBZs
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3886-un-serio-candidato-a-disco-dell-anno-wrong-one-to-fuck-with-dei-dying-fetus
#5. HOUR OF PENANCE – CAST THE FIRST STONE
Gli Hour of Penance sono stati il modo migliore per cominciare l’anno, per quanto mi riguarda. Da sempre la mia band Death made in Italy preferita, gli HoP tirano fuori un’altra perla dopo quel capolavoro assoluto di “Regicide”. “Cast the First
Stone” è diverso dal fantastico predecessore – cosa normale per la band romana – ed è di certo il disco più tecnico dai tempi di “The Vile Conception”. Inoltre, riescono a dare un tocco epico che perfettamente s’incastra con quello che è il loro sound odierno. Oh, insomma: un MUST-HAVE.
- Video di “XXI Century Imperial Crusade”: https://youtu.be/5wGTWB5nrR8
- Full Album Stream: https://youtu.be/mUYkzGj7Dz0
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3975-cast-the-first-stone-,-il-settimo-macigno-targato-hour-of-penance
#4. HIDEOUS DIVINITY – ADVENIENS
Già mettiamo in conto che Enrico H. Di Lorenzo è di sicuro tra i vocalist Death più tecnicamente preparati in circolazione. Aggiungiamoci un Giulio Galati che dietro le pelli fa cose indicibili. E mettiamoci pure che la produzione dei 16th Cellar è praticamente perfetta. Sono tutti elementi che fanno di “Adveniens” degli Hideous Divinity uno dei dischi meglio riusciti di questa annata, il migliore in Italia. Lasciatemi dire che se ancora non ce l’avete… beh, dovete recuperare. E pure in fretta.
- Video di “Ages Die”: https://youtu.be/wqX3RQ0vydY
- Full Album Stream: https://youtu.be/BY1VdD8cKVs
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3708-gli-hideous-divinity-nell-olimpo-del-death-metal-europeo
#3. BENIGHTED – NECROBREED
Gradino più basso del podio per questi francesi che con “Necrobreed” ci regalano un disco disumano. Basta leggere anche solo il titolo della recensione che feci per capire che da tempo ormai ritengo i Benighted la band Death Metal più completa in assoluto, capaci di spaziare tra diversi stili con una naturalezza infinita. La versatilità vocale di Julien Truchan, poi, fa tutto il resto.
- Video di “Reptilian”: https://youtu.be/eiGPTltI_PA
- Full Album Stream: /
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/3878-il-disumano-ritorno-della-band-death-metal-pi%C3%B9-completa-al-mondo-necrobreed-dei-benighted
#2. THE BLACK DAHLIA MURDER – NIGHTBRINGERS
Erano principalmente due i dischi che aspettavo quest’anno. Tutti e due targati Metal Blade. Tutti e due da bands che hanno trovato da tempo la loro formula vincente e non ci tengono manco lontanamente a cambiarla. E tutti e due non hanno affatto deluso le aspettative. Sul secondo gradino del podio ecco i The Black Dahlia Murder, che con “Nightbringers” cacciano l’ennesimo capolavoro della loro carriera. Come riescano dopo tanti anni ancora a non sbagliare un riff nemmeno se ci si mettono d’impegno ha dell’incredibile. Come incredibile rimane il carisma incontrastato di Trevor Strnad, non a caso da sempre uno dei miei idoli.
- Video di “Nightbringers”: https://youtu.be/voxtdphvP5k
- Full Album Stream: https://youtu.be/VEhjvaFVrak
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4238-the-black-dahlia-murder-quando-si-dice-l-usato-sicuro
#1. CANNIBAL CORPSE – RED BEFORE BLACK
E come sbagliarsi? Al primo posto non potevano che esserci loro: LA band Death Metal, la leggenda che un genere l’ha praticamente inventato e che a distanza di anni ancora può permettersi di guardare tutti dall’alto verso il basso. “Red Before Black” è semplicemente un disco dei Cannibal Corpse: e basta questo per farne il migliore dell’anno con una facilità irrisoria.
- Video di “Code of the Slashers”: https://youtu.be/afrGiaxOorc
- Full Album Stream: https://youtu.be/JIYzWN2SW6I
- Link recensione su AAM: http://allaroundmetal.com/component/content/article/26-releases/4321-un-nome,-una-garanzia-cannibal-corpse
TOP 10 MADE IN ITALY:
1. Hideous Divinity – Adveniens
2. Hour of Penance – Cast the First Stone
3. Antropofagus – M.O.R.T.E. - Methods of Resurrection Through Evisceration
4. Devangelic – Phlegethon
5. Ulvedharr – Total War
6. Logic of Denial – Aftemath
7. Buffalo Grillz – Martin Burger King
8. Maze of Sothoth – Soul Demise
9. Genus Ordinis Dei – Great Olden Dynasty
10. Arkana Code – Brutal Conflict
Chris Rörland: tra i Sabaton e l'amore death metal!
Lunedì, 13 Febbraio 2017 18:08Qualche mese fa, prima dell'uscita di The Last Stand, ultima fatica in studio degli svedesi Sabaton, mi era capitato di fare una chiacchierata col loro leader Joakim Brodén. A distanza di mesi mi ritrovo al Live Club di Trezzo sull'Adda, grazie alla KezzMe!, per intervistare invece un altro membro della band: il chitarrista Chris Rörland, unitosi agli svedish pagans ormai quattro anni fa. La chiacchierata è stata molto interessante, come leggerete, perché non si è solo parlato dei Sabaton, ma anche della persona che avevo di fronte, dei suoi sogni e della sua vita. Buona lettura!
D. Ciao Chris e grazie del tempo che ci stai dedicando! Come sta andando il tour di supporto a The Last Stand? È fantastico vedere voi e gli Accept sullo stesso palco.
R. Ciao e grazie a voi! Il tour sta andando alla grande, e avere gli Accept con noi è fantastico: sono persone stupende, così come i Twilight Force. Al momento però siamo tutti ammalati quindi ti consiglio di starmi un po' lontano! *ridiamo*
D. Parlando del disco: sei entrato nei Sabaton nel 2012. Com'è stato lavorare con calma alla scrittura del nuovo disco? Ti sei sentito più a tuo agio rispetto a quando sei entrato mentre Joackim e Pär scrivevano Heroes?
R. Assolutamente. Quando registrammo Heroes fu tutto un turbine e dovetti lavorare a ritmi serrati. Questa volta, invece, abbiamo avuto più tempo per rilassarci e pensare bene a come comporre: ho anche scritto una canzone insieme a Joackim. Sicuramente quello che mi ha più aiutato è stata la comunicazione tempestiva con Peter Tagtgren, che mi ha aiutato sull'espressività degli assoli e di alcuni riff. Mi sono fidato molto del nostro produttore, tanto da chiedergli spesso se secondo lui determinati pezzi andassero bene o meno... E spesso venivo rimbeccato! *ride*
D. Poi Peter, avendo già lavorato con i Sabaton, sa esattamente come deve suonare un loro disco.
R. Sicuramente, nelle registrazioni di Heroes averlo mi ha aiutato tantissimo. E poi lavorare con una leggenda come lui per uno come me è stato come dire "wow!", anche se ti posso assicurare che è stato molto severo: a volte ho dovuto riscrivere gli assoli anche cinque o sei volte perché c'era sempre qualche sfumatura che non gli piaceva.
D. Praticamente come un insegnante di arti marziali! *ridiamo*
R. Esatto, ma molto più arrabbiato!
D. Visto che ormai hai due album di esperienza: com'è lavorare alle parti di chitarra in una band che basa molto il suo sound sui cori e le tastiere?
R. È difficile ma divertente. Trovo ancora alcune difficoltà ad abituarmi al sound dei Sabaton, visto che vengo dal death metal, anche se in realtà sono cresciuto ascoltando power. Ciònonostante piano piano ci ho preso la mano e ho cominciato anche ad abbracciare stili differenti dal mio, crescendo anche come chitarrista. Poi, amando il suonare live, ti lascio immaginare quanto sia esaltante per me suonare con una megabatteria dal vivo, sentire tutti i cori che si intrecciano con i miei assoli e vedere persino i fuochi d'artificio!
D. Infatti penso che per te sia stato assurdo passare da un giorno all'altro a suonare con i Sabaton, per esempio, headliner a Wacken, suonando davanti a 70.000 persone!
R. Sicuramente, ma mi è anche servito a crescere come chitarrista. D'altronde, venendo da una tecnica quasi dream theateriana, cambiare così radicalmente mi è servito per aggiungere maggiori emozioni al mio stile... E poi è divertente! Adesso, dopo Heroes, ho anche provato a mettere qualcosina di shredding e Joackim sembra aver gradito molto.
D. Com'è lavorare con il vostro nuovo acquisto, Tommy Johansson?
R. Fantastico! È una persona che viene dal PROFONDO NORD *ridiamo* ed è molto divertente, sia come persona che come musicista con il quale suonare. Dopo questo tour vedremo come ce la caveremo insieme in studio.
D. Questa tua risposta mi fa venire in mente che una delle cose che si notano di più, guardando i Sabaton da fuori, è questa sensazione che siate tutti una grande famiglia.
R. Certo, il nostro spirito di squadra è ciò che sta alla base della nostra musica. Anche i membri della crew si sentono parte di questo, perché al contrario di altre band viaggiamo tutti sullo stesso tour bus!
D. Tornando un attimo all'argomento di prima, mi hai già più o meno detto quali sono le tue principali influenze musicali...
R. Aggiungo anche Iron Maiden e Blind Guardian! Le mie due band preferite, di cui ti posso assicurare che ho tutto, compresi vinili e cassette... Adoro collezionare cose, se non si fosse capito! *ridiamo*
D. Bene, ti confesso che queste domande le ho scritte più per te che per fare domande in generale sui Sabaton, quindi volevo chiederti: com'è stato passare dai Nocturnal Rites ai Sabaton? Ti ha cambiato la vita come cosa?
R. Sicuramente si: come chitarrista in primis, perché il mio predecessore è uno dei migliori che io conosca in Svezia. Venendo proprio al cambio di band: non è stato così un grosso cambiamento, visto che ci era già capitato di suonare insieme in diverse occasioni. Li conoscevo sin da prima, quindi per me è stato quasi un passaggio naturale, non come un semplice sessionist. La cosa pazzesca è la quantità di shows che stiamo facendo: quello mi ha cambiato davvero. Siamo costantemente in tour e non ho più una vita privata!
D. Infatti la cosa che volevo chiederti è se ogni tanto è stressante una vita del genere!
R. Guarda, fisicamente sicuramente, ma emotivamente invece sono sempre felice! Essere su un palco a suonare è sempre stata la cosa che ho desiderato di più sin da bambino, che di fronte al palco ci fossero 50 persone o 50000. Per me l'importante è sempre stato suonare dal vivo.
D. ... Ma ogni tanto rivorresti la tua vita primata! *ridiamo*
R. Si ogni tanto mi manca stare a casa o anche solo vedere la mia ragazza! Ti stanchi in tour, specialmente quando tutti si ammalano o quando attraversando le alpi ti si tappano le orecchie e non senti più niente... Ma lo dobbiamo fare.
D. Ma è divertente e quindi si fa!
R. Assolutamente si. A volte ci si annoia durante il giorno, perché magari si fa solo il soundcheck e non si fa nient'altro... Per quello sono contento che qualcuno mi intervisti *ridiamo*
D. E a volte, come oggi, siete troppo lontani dal centro città per quantomeno visitarlo!
R. Esattamente, a volte capita, altre volte no. Ma va bene così, spesso cerchiamo di organizzare anche le sessioni di autografi.
D. Parlando di te proprio come musicista: hai in mente qualcosa come un progetto solista per il futuro?
R. Eheheh, ci sto lavorando proprio in questi mesi! A dire la verità sono due: uno è giusto per divertimento e sarà una cosa hard rock/sludge ispirata da Marylin Manson e Rob Zombie, l'altro sarà un disco symphonic death metal. Sarà sicuramente un mix di diversi stili e generi musicali che mi piacciono e come tematica userò le trame dei film horror! Tra l'altro sarà una one man band: suonerò tutto quanto, inclusa la tastiera col sintetizzatore per fare le parti orchestrali... Canterò e disegnerò pure la cover dell'album! Se poi non sarò soddisfatto del risultato a quel punto mi rivolgerò a qualche produttore, magari proprio a Peter.
D. Avrai tempo per lavorarci dopo questo tour?
R. Si, sicuramente ci fermeremo un po'. Un po' di ispirazione sono riuscita a prenderla durante gli ultimi viaggi e al momento ho già dieci canzoni all'attivo. Spero di riuscire a pubblicarlo già quest'anno!
D. Siamo agli sgoccioli e ti faccio una domanda che mi piace porre abbastanza spesso: qual'è il palco dove ti sei divertito di più a suonare?
R. Cavolo, domanda difficilissima! Allora... Direi che il palco più assurdo su cui ho suonato con i Sabaton è sicuramente stato Woodstock, perché non avevo idea che saremmo stati ripresi e nemmeno che l'area concerti avesse una capacità di un milione di persone! Quella è stata una cose più fighe che abbia mai fatto nella mia vita. Ovviamente la seconda è stata Wacken, perché quando ero un bambino guardavo un sacco di dvd e mi dicevo "prima o poi arriverò anche io su quel palco!". E così è stato: ce l'abbiamo fatta e anche da headliner! Con i Sabaton ho suonato in tanti posti, ma quelle due date sono state qualcosa di favoloso.
D. C'ero anche io al Wacken... Ricordo benissimo la quantità di gente che faceva crowd surfing durante la vostra esibizione!
R. *ride* ogni volta che suono in un festival così penso un po' a voi poveracci che state lì sotto, poi a quel Wacken, col fango e col freddo!! *ridiamo*
D. Ti lascio con l'ultima domanda: in questi anni di odio e diffidenza verso il prossimo, lanciato soprattutto da politici e figure pubbliche, pensi che l'heavy metal sia ancora un mezzo possibile per unire le persone?
R. Ci spero: voglio dire, la musica è sempre stata qualcosa che ha unito le persone. Spero che l'heavy metal possa farlo, anche se esistono ancora un sacco di bigotti che sostengono che sia una musica da adoratori di Satana, da guerrafondai o da omicidi, specialmente la nostra! Spesso ci tocca rispondere che non cantiamo di queste cose, ma di persone che hanno dato la vita per qualcosa di più grande. Il nostro obiettivo dev'essere proprio far in modo che questi preconcetti spariscano: prima o poi capiranno che siamo solo persone pacifiche con cui si può tranquillamente bere una birra in giro!
D. Ti ringrazio Chris, buon concerto per dopo!
R. Grazie a voi!
Ciardo ci fa da cicerone tra i sentieri dolomitici: intervista ai Delirium X Tremens
Lunedì, 16 Gennaio 2017 10:33I Delirium X Tremens sono, ad oggi, una delle più interessanti realtà del panorama Death Metal nazionale, vuoi anche per le tematiche, quel che riguarda le loro terre d'origine, che li rende una band praticamente unica. Dopo la recensione all'ottimo "Troi", abbiamo incontrato Ciardo, cantante e fondatore dei DXT.
Salve ragazzi e benvenuti sulle pagine di AllAroundMetal! Comincerei dalla vostra ultima, incredibile fatica: “Troi”. Durante la recensione ho spiegato per sommi capi il concept che lo forma, vorreste parlarcene voi in maniera più specifica?
Ciao Daniele e grazie per l’ospitalità, è un piacere per noi! “Troi” non è altro che un cammino, il cammino di un bimbo attraverso i sentieri delle Dolomiti (Troi appunto significa sentiero in dialetto Bellunese). Questo bambino verrà guidato da un gufo, magica creatura dei boschi, nel quale si reincarna lo spirito di un Alpino morto durante la prima guerra mondiale nelle trincee Dolomitiche. Il compito di questa creatura è di guidare il bambino attraverso i boschi delle Anguane, le valli della Càzha Selvàrega, tra le trincee della grande guerra, tra i dolorosi lamenti della valle del Vajont, fino a fargli ritrovare la vecchia dimora ormai diroccata dell’Alpino. Lì ci sarà un antico album di fotografie ad aspettare il bimbo, il “bocia” diremmo noi, dal quale scaturiranno leggende e ricordi, storie e metafore montane dall'atmosfera polverosa e nostalgica, che noi abbiamo ascoltato e cercato di mettere in musica. La morale di tutto questo è che purtroppo stiamo pian piano perdendo le nostre tradizioni, le nostre origini, le nostre storie, le storie che ci raccontavano i nostri nonni… e questo è un vero peccato, perché il passato è la radice dell’albero del presente dove noi ora viviamo.
Con “Troi” avete proseguito il discorso intrapreso con “Belo Dunum (Echoes from the Past)”, ossia quello di dare spazio, nelle vostre tematiche, a quella che è la vostra terra d’origine: Belluno e le Dolomiti. Cosa vi ha portato a questa scelta, ormai 5 anni or sono?
A quel tempo, eravamo ad un bivio, dovevamo scegliere se proseguire con le nostre “vecchie” tematiche riguardanti l’annichilimento causato dal dilagante abuso della tecnologia e delle comodità dei giorni moderni, che a sua volta comporta una massificazione e una standardizzazione di pensieri davvero allarmante, oppure cambiare rotta. Per questo motivo ci siamo avvicinati alla nostra terra e alle nostre tradizioni inserendo il tutto nel concept della nostra musica, tradizioni di un tempo dove ogni cosa aveva il proprio vero colore, e non il colore filtrato da un monitor, una TV, o da un telefonino. Dunque possiamo dire che la svolta tematica avvenuta in “Belo Dunum, Echoes from the Past”, e di conseguenza in “Troi”, ha un fortissimo ed intimo legame con i nostri primi due lavori. Abbiamo cambiato il concept, ma l’obbiettivo è lo stesso.
Immagino che sia anche per questo che è stato scelto di inserire anche il cantato in italiano e nel vostro dialetto (a proposito: scusate ancora per la spoilerata nella recensione!)
Ahahah , il termine spoilerare l’ho letto spesso ultimamente, ma a dirti la verità non so cosa voglia dire… ma presumo tu intenda il fatto che hai detto nella recensione che le parti in dialetto non si capiscono eheheh! (Più che altro d'aver parlato delle parti in dialetto contenute nella Ghost Track, n.d.Ogre) Il cantato in italiano lo abbiamo inserito nella canzone “Spettri nella Steppa”, la tragica storia degli Alpini (e non solo) nella drammatica ritirata di Russia. L’italiano era d’obbligo, il termine Alpino non ha traduzione in nessuna lingua direi, l’Alpino è Alpino, punto. E le parti in dialetto, danno ancor di più quel sapore montano e “nostrano”, dannatamente Dolomitico, di cui avevamo bisogno.
Io vi conosco e vi seguo dai tempi del debutto assoluto, da quel “Cyberhuman” uscito nel 2003 e ho potuto seguire passo passo tutta la vostra evoluzione. Quel che colpisce ora è che avete conservato l’impareggiabile tecnica e la compattezza dei primi lavori, unendo delle atmosfere che rimandando a sensazioni ben precise, soprattutto, riguardo “Troi”, un senso di quieta malinconia. Questa vostra trasformazione è avvenuta in maniera del tutto spontanea, seguendo quello che potremmo definire il vostro “nuovo corso”?
In questi anni abbiamo cercato di mantenere comunque il nostro stile di base che è il Death Metal, ma sempre ricercando nuove soluzioni e arrangiamenti. Questa ricerca si è sviluppata in modo molto naturale, aggiustandola in relazione al concept che abbiamo sviluppato negli ultimi due album. In “Troi” la direzione era quella di creare un album, musicalmente parlando, che mantenesse la solida base Death Metal ma rendendolo ancora più emozionante e intenso. Per questo certi arrangiamenti li abbiamo provati e modificati, finché non hanno preso la forma ideale per l’atmosfera da creare.
È un azzardo dire che ormai il vostro sound è del tutto personale? Personalmente, non riuscirei a trovare una band di rimando che possa in qualche modo influenzare il vostro lavoro. Ed è anche per questo che ritengo siate una delle più interessanti realtà del panorama Death Metal made in Italy.
Grazie Daniele, quello che dici mi\ci lusinga! E’ un piacere sentirtelo dire perché una cosa a cui teniamo molto infatti è proprio quella di personalizzare il più possibile il nostro sound. In effetti non saprei neppure io dirti una band di riferimento per fare un paragone. Io credo che in qualche maniera ci siamo riusciti, o almeno ci siamo avvicinati all'obbiettivo, fermo restando che c’è sempre da migliorare e imparare… e cercheremo di farlo!!
Com’è visto all’estero questo vostro approccio così tradizionalista, così prettamente italiano?
Nei posti dove siamo stati a suonare (Romania, Bulgaria, Slovenia, Croazia) la gente ha risposto in maniera molto entusiastica ed hanno apprezzato il nostro concept Dolomitico, e con parecchi di loro siamo ancora in contatto! Alcune persone Rumene mi hanno scritto per avere informazioni sul disastro del Vajont e si sono informati su questa tragica storia che ha segnato indelebilmente la memoria delle nostre valli. Questo ci ha fatto un piacere enorme!! Una cosa che ci ha stupito, quando abbiamo suonato al November to Dismember festival del 2014 a Bucarest, c’era un gruppo di ragazzi austriaci che continuava ad urlare “Dolomitiiiiiiiii” mentre suonavamo! Fantastico!
Sia “Belo Dunum” che “Troi” hanno come ambientazione di sfondo la I Guerra Mondiale, ed il riferimento si fa chiarissimo, ad esempio, in “The Voice of the Holy River” in cui possiamo riconoscere anche passaggi della celeberrima “La Canzone del Piave”. Quanto lavoro c’è dietro la stesura dei vostri concept e dei testi?
Diciamo che buona parte ha come sfondo appunto il primo conflitto mondiale, ma un'altra buona parte ha come idea altre nostre storie e leggende, dalla leggenda del Teveròn, il gigante trasformato in montagna da un orda di streghe, la storia di Girolamo Segato (in “The Dead of Stone”), scienziato Bellunese che scoprì la formula per la pietrificazione dei tessuti organici e che tutt'ora è avvolta nel mistero, la storia del Piave appunto in “The Voice of the Holy River” dove è proprio lui, il Piave, a parlare e raccontare della sua importanza per la nostra terra nel corso degli anni. Di lavoro ce n’è tanto, sia per una attenta scelta delle storie da mettere in musica, sia anche per le ricerche, storiche e non, relative ai vari temi. Infatti tra “Belo Dunum” e “Troi” sono passati 5 anni.
Ed allacciandomi bene o male alla domanda precedente: ogni band ha il suo modo di lavorare, c’è chi parte dal testo costruendoci attorno tutta la struttura strumentale e chi, soprattutto, partendo da uno o più riff scrive le proprie canzoni. Nel vostro caso, come nascono i pezzi dei DXT?
Diciamo che ogni volta è una procedura a se stante, alle volte compongo la struttura ritmica completa della canzone, magari già con qualche armonizzazione, e poi adattiamo la tematica da trattare, con le successive modifiche del caso. Alle volte invece partiamo dal tema da mettere in musica e pensiamo la soluzione e il mood migliore da trasmettere, quindi creiamo la song avendo già l’idea del racconto da sviluppare. Dunque non abbiamo propriamente un iter compositivo fisso, ogni volta è a se.
Cosa può aspettarsi il pubblico dai DXT in sede live?
Sul palco porteremo la nostra musica nella sua completezza, arrangiamenti, cori, fisarmoniche, suoni del bosco etc… e cercheremo di ricreare l’immaginario delle nostre canzoni, salendo sul palco vestiti da vecchi montanari. Per noi è molto importante che le persone che assistono ad un nostro concerto siano avvolti si dalla musica, ma anche dall'immagine visiva, perché questo è quello che rende completo il messaggio e il concept che vogliamo trasmettere.
Quali sono le maggiori soddisfazioni che siete riusciti a togliervi in questi anni?
Ce ne sono tante. In primis naturalmente i responsi positivi del pubblico, le persone che ci hanno seguito finora credendo in noi, le persone che ci hanno scritto in questi anni per avere informazioni sull'uscita di “Troi”, le stupende recensioni che abbiamo ricevuto durante il nostro cammino. Le persone che non si sono soffermate solo al nostro aspetto musicale ma che hanno capito soprattutto il nostro concept e hanno ascoltato tutto l’insieme delle nostre composizioni immergendosi nelle nostre leggende montane. Tutto questo è impagabile per noi, non credo ci sia soddisfazione più grande e per questo ci sentiamo di dire un sentito ed enorme GRAZIE A VOI!! E poi ovviamente anche il fatto di aver condiviso il palco con band molto importanti come Asphyx, Unleashed, Tankard, Esoteric, Napalm Death, Necrodeath, e molti altri... una soddisfazione enorme!!!
E qualcosa che ancora vorreste realizzare, un sogno o desiderio che vorreste raggiungere? (E che vi auguro sinceramente, perché lo meritereste eccome)
Grazie Daniele , mi imbarazzi! Probabilmente ognuno di noi ti risponderebbe in maniera diversa. Personalmente sono già contento dei risultati che abbiamo ottenuto, non ho molte pretese, non pretendo che diventiamo una band culto o chissà cos'altro… ecco magari mi piacerebbe essere considerati una band che ha aiutato a mettere una pietra in più nel panorama metal italiano insieme alle altre.
Prima di chiudere, una domanda quasi d’obbligo: quali sono i piani per il futuro prossimo dei DXT?
Sicuramente suonare ovunque ce ne sia la possibilità, per portare sul palco le storie delle nostre montagne. Ora stiamo valutando un po’ di proposte infatti, vedremo cosa salterà fuori. Nel frattempo inizieremo a pensare alle nuove composizioni, qualcosa c’è già ma è ancora prematuro dire in che direzione ci muoveremo. Lasciamo che il tempo faccia il suo corso e che le Dolomiti ci suggeriscano nuove idee sulle quali lavorare. Noi siamo pronti ad ascoltarle.
Vi ringrazio per la disponibilità e rinnovo i complimenti per il vostro splendido album. Lascio a voi l’ultima parola per salutare i nostri lettori
Siamo noi a ringraziare te Daniele e All Around Metal per lo spazio che ci avete dedicato! E’ un piacere per noi! Invitiamo tutti i lettori a dare un ascolto al nostro album “Troi”… oppure ad ascoltare il vento che spira dalle nostre montagne, troverete qualche melodia di “Troi” anche lì, basta saper ascoltare attentamente!!
Inquisition + Rotting Christ + Mystifier + Schammasch @ Circolo Colony (29/10/2016)
Domenica, 30 Ottobre 2016 16:26Seconda serata di fila al Circolo Colony, sabato 29, per la doppietta Inquisition + Rotting Christ.
Chi mi segue sa che il sottoscritto non ami esattamente tutto il black metal incondizionatamente, ma che lo assuma a piccole dosi come si farebbe con l'olio di palma dopo gli ultimi allarmismi. Guardandomi dall'altra parte della barricata, sostanzialmente, per me il black è sempre stato qualcosa di stranamente esotico, ma le sue sfumature non mi hanno impedito di lasciarmi spesso prendere da questo tipo di musica.
È così che mi sono ritrovato faccia a faccia con Sakis Tolis, mastermind dei Rotting Christ, per una breve intervista (che leggerete prossimamente), per poi godermi una 4 ore non stop di metal estremo. Ad attaccare ci pensano gli svizzeri Schammasch, fautori di un black/doom molto cadenzato, che non mancano di richiamare un po' di pubblico sotto al palco. Personalmente non è il mio genere, ma al contrario ho apprezzato l'attitudine cazzara dei Mystifier, fautori invece di una specie di death/black molto ignorante e caciarone. I brasiliani, all'attivo da ormai più di 20 anni, si divertono un sacco, anche considerata l'adunata di sudamericani che invade il Colony durante il loro show, mentre tanta gente non aspetta che i Rotting Christ. Il nuovo acquisto della band, Diego Araújo, tiene benissimo il palco, con ovviamente il mitico Beelzeebubth che incita i partecipanti a tirare su più macello possibile. Un Colony entusiasta saluta l'esibizione di un gruppo che effettivamente, in Italia, mancava da parecchio.
Quando tocca ai Rotting Christ salire sul palco la tensione è alle stelle. Molte persone sono qui per loro, e Sakis Tolis lo sa bene. Curiosa quindi l'idea di aprire con la cover degli Aphrodite's Child: The Four Horsemen, che chiude l'ultimo album Rituals, per poi lanciarsi in una cavalcata che ha pescato sia dagli esempi più recenti della loro discografia che dalle vecchie glorie del passato. Purtroppo il minutaggio dedicato alla band è davvero poco, cosicché i nostri devono scartare quasi del tutto alcuni album per dedicarsi ad altri, come il penultimo Κata Τon Daimona Εaytoy, per poi proporre da Rituals la tribale Apage Satana e un altro pugno di pezzi. I turnisti imbarcatisi con i fratelli Tolis per questo tour reggono bene un palco esigente come quello del Colony, che quando si tratta di metal estremo non fa sconti per nessuno. Mietitura di vittime completa con la finale Non Serviam, immancabile traccia di chiusura di tutti i loro concerti. Personalmente sarebbero dovuti essere loro gli headliner, ma alla label non si comanda...
... Label che impone headliner gli Inquisition, "nuova" rivelazione del black metal mondiale. Nuova relativamente parlando, perché i colombiani, in giro dal 1988, sono riusciti negli anni a costruirsi un'immagine di culto assolutamente inattaccabile per la maggior parte dei blackster. Saltati all'onore delle cronache per l'ultimo Bloodshed Across the Empyrean Altar Beyond the Celestial Zenith, Dagon (voce e chitarra) e Incubus (batteria) riescono a fare il casino che farebbero sei membri di una band black metal da soli, senza l'aiuto del basso. C'è da dire che in realtà il loro fonico è il terzo membro ufficiale della band, sempre indaffarato a mandare effetti dal tablet, ma non togliamo poesia a un'esibizione coi fiocchi. Definirei la loro musica quasi un black psichedelico, al livello di gente come gli Oranssi Pazuzu, ma sarebbe riduttivo parlare in questo modo del duo, che subito ci spara addosso From Chaos we came, tratta direttamente dall'ultimo full-lenght. Caratterizzati da un sound totalmente ridotto all'osso, i nostri tirano su una bella oretta di concerto: per quanto il genere non mi faccia impazzire sarebbe stupido negare la potenza sprigionata dalla band. La scaletta è dedicata all'ultima parte della discografia della band, specialmente anche a Obscure Verses for the Multiverse. Il pubblico si prende subito benissimo, nonostante molti scappino per il caldo, e si gode fino alla fine uno show davvero esplosivo.
È stato bello essere al Colony in queste due giornate, ricche di bella musica e bella gente. In attesa del Colony Open Air, l'organizzazione può stare tranquilla: il suo pubblico è fomentato e fedele come si vede.