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Ci sono personaggi di una caratura tale che non ti aspetteresti di avere la possibilità di intervistarli, un giorno. Invece, grazie alla KezzMe! e alla SPV/Steamhammer, lo scorso sabato al Circolo Colony mi è stata offerta la possibilità di intervistare nientemeno che Steve Lips, lo storico front-man degli Anvil. Una chiacchierata (purtroppo veloce dovuta a problemi di orario) che è passata dall'ultimo album fino a discorsi più complessi sul nostro mitico heavy metal.

Buona lettura!

D: Ciao Steve e benvenuto su Allaroundmetal! Prima di iniziare volevo dirti che Anvil is Anvil mi è piaciuto veramente molto, ritengo che sia davvero un ottimo disco. La prima domanda infatti è: perché proprio Anvil is Anvil?

Steve: Perché l'abbiamo chiamato così? Perché è esattamente ciò che è! Noi Anvil siamo ciò che siamo e ciò che vogliamo essere: non ci interessa cambiare, gli Anvil sono gli Anvil, punto e basta.

D: Come la stessa copertina con l'incudine riflessa nello specchio!

Steve: Esatto! Gli Anvil sono gli Anvil, ecco ciò che siamo.

D: Quanto tempo ci è voluto prima che il disco vedesse la luce?

Steve: A dire la verità non ci abbiamo messo né più né meno del tempo che impieghiamo di solito a scrivere un disco... Anzi, credo che questo disco sia stato uno di quelli con i tempi più serrati tra scrittura e tour! Appena abbiamo finito di registrarlo avevamo già la testa "on the road" per l'Europa!

D: Con questo disco siete alla terza prova in studio con la SPV/Steamhammer, come va la collaborazione?

Steve: Penso che siano davvero una grande etichetta: sanno ciò che fanno e sono davvero ben organizzati, è un piacere essere parte di questa famiglia.

D: Sempre a proposito dell'etichetta: come va il tour con U.D.O.?

Steve: Ci stiamo divertendo. Devo ammettere che in 39 anni è forse uno dei tour migliori che abbiamo mai fatto: tutte le date sono praticamente sold-out: tre mesi davanti a arene e locali pieni! Fottutamente grandioso!

D: Anche stasera mi sa che farete un bel pienone, non ho mai visto tutta questa gente al Colony... Tornando alle domande: mi sono piaciuti molto i testi delle canzoni del nuovo disco, specialmente Forgive don't Forget. Che concept c'è dietro alla canzone?

Steve: Forgive don't Forget è nata quando io e Robb abbiamo visitato Auschwitz, il campo di sterminio. Ci siamo andati proprio perché il papà di Robb è sopravvissuto a quell'inferno: se non fosse sfuggito non ci sarebbero stati nemmeno gli Anvil! Vedere quel posto è stato veramente drammatico, ma abbiamo pensato che ormai il passato è passato: i campi di sterminio non hanno più nulla a che fare con ciò che la Germania è oggi e gli stessi tedeschi. Pensaci: anche gli ultimi aguzzini probabilmente stanno morendo. Nessuno oggi è colpevole per quegli errori fatti nel passato: ciònonostante la gente spesso pensa ai tedeschi come un popolo di nazisti, come se avessero ancora una brutta reputazione. È assurdo generalizzare in questo modo, nessuno in Germania è nazista solo perché nato in quella terra! Per questo ho deciso di mettere il mio ragionamento in una canzone degli Anvil. Anche perché fin dagli inizi abbiamo sempre avuto contatti con questa terra: se non ci fosse stata la Germania probabilmente gli Anvil non sarebbero quello che sono oggi! Per cui è una cosa ironica, capisci? Se il padre di Robb non fosse sopravvissuto io non suonerei con lui, e contemporaneamente un sacco di persone che collaborano con la nostra crew sono tedesche! Ma loro sono le nuove generazioni: non hanno nulla a che fare con i nazisti. Quello che volevo dire, proprio a loro, era "Io vi perdono", perché non avete nulla da spartire con chi vi ha preceduto, ma nessuno di noi deve dimenticare quello che è successo: Forgive, don't Forget, perché dobbiamo impedire che una cosa del genere accada a qualche altro popolo. Non solo, è anche un messaggio di speranza: in questo momento ebrei e tedeschi possono fare amicizia, passando sopra al loro passato, perché il resto del mondo non dovrebbe imparare da loro? Ecco perché è nata questa canzone.

D: Rimanendo proprio in questa terra: come è stato lavorare con Martin Pfeiffer?

Steve: Fantastico, davvero fantastico. È forse uno dei più bravi ingegnieri del suono con cui abbia mai avuto a che fare: non l'ho mai contraddetto neanche una volta in fase di registrazione! Non abbiamo avuto nessun problema a lavorare con lui, ci siamo trovati bene fin da subito e penso che i suoni di Anvil is Anvil siano tra i migliori che abbiamo mai avuto.

D: Penso che uno dei momenti migliori del disco sia proprio l'opener Daggers and Rum: è divertente, catchy e ha un ottimo tiro. Ho sentito anche che avete chiamato i fan da tutta Europa per cantare il coro iniziale e finale!

Steve: Certo, e saranno anche qui stasera! Quasi quasi li facciamo salire sul palco a cantarlo dal vivo ahahahahah! Mi hai dato un'ottima idea, mi si è accesa una lampadina in testa! Pensa che erano venuti fino in Germania a cantare all'inizio delle registrazioni. Oggi siamo stati a pranzo con loro, dopo li faccio cercare e glielo dico *risate*

D: Aspetterò con ansia il momento! Passando ad altri argomenti: ho letto che avete fatto un Cameo nella serie Sons of Anarchy, come è successo?

Steve: Ahahahah, è una storia divertente! Katey Sagal (Gemma nella serie) e Kurt Sutter (il regista) anni fa incontrarono per strada Sasha Gervasi, il regista del documentario sugli Anvil. Siccome conoscevano il film e lo amavano molto, in breve tempo sono diventati amici e così Kurt ha avuto l'idea di metterci nello show a suonare Slip Kid dei Who. E così, nel primo episodio della seconda stagione ci siamo noi che suoniamo il pezzo, con alla voce Franky Perez, il cantante della band solista di Slash. Tra l'altro fa troppo ridere perché l'abbiamo proprio risuonata dal vivo senza playback! Hai presente la canzone no? Nanananana... *canta*


D: Ahahahah fantastico! Un'altra domanda: ti capita mai di ascoltare qualche cd metal nuovo che esce?

Steve: In realtà non ascolto più niente di nuovo... Ormai è tutto troppo lontano dalle mie corde. C'è una band inglese che ci supporta molto, si chiamano Dandera e sono molto bravi. Ascolto loro, ma all'infuori di questo detesto le band che hanno successo oggi, con quel cantato growl terrificante *risate*

D: Pensa, è la stessa cosa che mi rispose Wolf Hoffmann degli Accept quando lo intervistai! Comunque, siccome siamo stretti coi tempi, ti faccio l'ultima domanda: dopo la fine di due icone dell'heavy metal come Ronnie James Dio e Lemmy, pensi che noi metallari stiamo lentamente estinguendoci o può esserci qualcosa in futuro?

Steve: Nessuno può prenderne il posto: quando sei morto è finita. Davvero. Nessuno sostituirà Lemmy, nessuno sostituirà Dio, nessuno sostituirà me! *ride* D'altronde chi pensi possa prenderne il posto? Specialmente tutto ciò che arriva dagli eighties: nessuno sarà più capace di registrare i dischi che sono nati in quegli anni. Oggi, chi può dare un'impronta marcata e individuale come quella di quei dischi, se tutti cantano con quell'orrendo growl? Hai bisogno di avere un sound, uno stile, di essere unico! E quando muori nessuno può sostituirti: possono nascere band con un sound simile ma nessuno avrà mai quella particolarità. Ehi, Dio è morto ormai da parecchio e non ho sentito nulla che suonasse anche solo a quel livello. Nessuno sostituirà Elvis, nessuno sostituirà Bethooven, nessuno sostituirà Hendrix, nessuno sostituirà Benny Goodman, nessuno Michelangelo, nessuno Rhandy Rhoads! Parliamo di artisti amico! Quindi, se mi chiedi se ci sarà mai qualcuno a portare avanti l'heavy metal: solo con l'originalità. Quello che dico alle band che parlano con me: fallo, ma sii sicuro che stai facendo qualcosa di veramente originale e personale, perché se stai facendo qualcosa di conformato alle idee degli altri... Non stai facendo niente! Devi essere unico, farlo come nessun altro lo fa, e anche originale. Questo è tutto.

D: Grazie mille per questa bella chiacchierata Steve... Avrei solo un'ultima domanda...

Steve: Dimmi pure!

D: Possiamo farci una foto assieme?

Detto fatto...

Pubblicato in Interviste

Quella che ho avuto modo di vedere sabato scorso al Circolo Colony non è stata una serata qualunque per diversi motivi.
Il primo è che vedere il buon vecchio Udo Dirkschneider dare il benservito ai pezzi degli Accept con un mega tributo di 2 ore e passa a quegli anni era un'occasione imperdibile, il secondo il fatto che di spalla c'erano i mitici Anvil di Steve Lips e Robb Reiner, il terzo il fatto che ho potuto interistare il carismatico leader della band di supporto.

Un locale che, a detta del buon Roby (il gestore) ha superato ampiamente il record di presenze, arrivando a sfiorare quasi il sold-out. In effetti la sensazione di sublimazione metallica, quando arrivo, si acuisce appena attaccano a suonare i Burning Rome, gruppo di apertura 100% italiano che propone una sorta di nu metal con reminescenze prog. Diciamo che una proposta musicale simile non era proprio la più adatta per una serata praticamente al 100% heavy metal anni 80', ma i nostri affrontano la cosa con energia e vigore portandosi comunque a casa un po' di applausi e regalandoci un buon aperitivo in attesa del primo piatto della serata.

Il livello di sauna, a questo punto, si alza esponenzialmente non appena vengono scoperti gli stemmi e la strumentazione degli Anvil: Sweet Home Alabama dei Lynyrd Skynyrd fa da intro alla successiva March of the Crabs, opener strumentale direttamente dal mitico Metal on Metal. Ma Lips dove diavolo è? Ed ecco che appena me lo chiedo lo vedo apparire dietro di me, in mezzo al pubblico, a urlare nei pick-up della sua Oktober "We are Anvil, and we play heavy metal!". Niente da dire sulla prestazione della band: il nuovo acquisto Chris Robertson è un diavolo da palcoscenico e con Lips e Robb se la canta e se la balla come se non stesse suonando, mentre i due pilastri della band ci investono letteralmente con un muro di suono tra riff di chitarra e quel modo di suonare la batteria che solo Reiner possiede. La scaletta varia da pezzi più di culto, come ovviamente 666 e Ooh Baby, fino ad abbracciare anche la nuova produzione della band con una graditissima Badass Rock'n'Roll o l'opener del nuovo Anvil is Anvil: Daggers and Rum. Momento di particolare commozione quando Lips, prima di suonare Free as the Wind, dedica il pezzo a R.J. Dio e a Lemmy dicendo che al mondo non ci sarà mai nessuno come loro (cosa che, come leggerete, mi ha anche ripetuto nella nostra intervista), mentre ci esaltiamo a mostro quando parte Mothra con il famoso "assolo di vibratore"! La chiusura finale è ovviamente affidata al classico dei classici Metal on Metal, cantata da tutto il Colony a squarciagola come un vero inno di chi ha vissuto i mitici anni 80', ma anche delle generazioni successive.

Setlist:

1. March Of The Crabs
2. 666
3. Oooh Baby
4. Badass Rock’n’Roll
5. Winged Assassins
6. Free As The Wind
7. Daggers And Rum
8. Mothra
9. Swing Thing
10. Die For A Lie
11. Metal On Metal



Dopo una mezz'oretta di pausa, allestito il palcoscenico, l'atmosfera inizia a farsi veramente tesa. A dire la verità non avevo mai visto lo stage del Colony allestito in questo modo: due barriere color militare con dei passanti fanno da separazione al retropalco, mentre la batteria è nelle retrovie, coperta, fino all'inizio dello show, da un telo appositamente sistemato per ovvie ragioni scenografiche. Ai lati delle percussioni, 12 grossi led saranno la cosa che ci stordirà di più durante lo show... Insomma, una situazione che sin dall'inizio sembrava studiata appositamente per farci saltare e gridare come forsennati.
Ed è sulle note di Just a Gigolo che viene introdotto il concerto: due cannoni di fumo alzano una colonna che oscura la vista e il riff inconfondibile di Starlight irrompe sul Circolo Colony come una furia. Udo Dirkschneider è in ottima forma e ci spara addosso uno dopo l'altro tutti i pezzi più classici degli Accept, passando tranquillamente da I'm a Rebel fino a Winter Nights, accompagnato dai suoi U.D.O. che replicano e interpretano quello che altrimenti avrebbe fatto la classica formazione della band teutonica. Parlare di questo concerto è veramente troppo difficile: troppi i pezzi immortali portati in palcoscenico dalla band, troppe le emozioni. Potrei parlarvi dei cori su Princess of the Dawn, potrei parlarvi della gente che saltava su Screaming for a Love Bite, potrei ancora citarvi anche le reazioni entusiaste su Monsterman, il pezzo più recente proposto.

Eppure, nell'emozione del momento, non mi è sfuggito un Dirkschneider che "faceva il suo mestiere". In fondo ormai il buon singer ha preso tutt'altra direzione, forse per questo mi è sembrato che alla fine fosse si preso dal live, ma in fondo sapesse che questa, rispetto alla sua direzione artistica, era solo una specie di "marchetta". Ciononostante i quattro pezzi finali sono in grado di spazzare via qualsiasi mio dubbio: la scena si riapre sulla doppietta Losers and Winners e Metal Heart, anthem che cantiamo tutti alzando le corna con una mano mentre l'altra la teniamo sul cuore, mentre a seguire veniamo invitati a cantare il coro iniziale di Fast as a Shark. Può poi mancare la mitica Balls to the wall? Ovviamente no! E a sorpresa, ormai esausti, l'ultima traccia suonata è Burning, anthem sul quale tutto il Colony comincia a ballare anziché pogare, al ritmo del buon vecchio rock'n roll senza il quale la nostra amata musica non sarebbe mai esistita.

Insomma, una serata davvero pazzesca, un locale ben gremito e una atmosfera allegra e "nostalgica" come si deve. Con una line-up simile era impossibile restare fermi, così molti di noi si sono scatenati fino all'inverosimile divertendosi e facendoci rendere conto che, comunque, l'heavy metal è ancora qualcosa che alberga nei cuori delle persone molto profondamente.

Setlist:

1. Starlight
2. Living For Tonite
3. Flash Rockin’ Man
4. London Leatherboys
5. Midnight Mover
6. Breaker
7. Head Over Heels
8. Neon Nights
9. Princess Of The Dawn
10. Winterdreams
11. Restless And Wild
12. Son Of A Bitch
13. Up To The Limit
14. Wrong Is Right
15. Midnight Highway
16. Screaming For A Love-Bite
17. Monsterman
18. V. War

Encores:

19. Losers And Winners
20. Metal Heart
21. I’m A Rebel
22. Fast As A Shark
23. Balls To The Wall
24. Burning

Pubblicato in Live Report

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