Opinione scritta da Corrado Franceschini
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Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 2025
Top 10 opinionisti -
Potete pensare e dire ciò che volete su Filippa Nassil ma una cosa è certa: la chitarrista svedese è la leader indiscussa e indiscutibile delle Thundermother. Dopo il licenziamento della cantante Guernica Mancini e il susseguente allontanamento delle altre due componenti le Thundermother all’indomani dell’album “Black And Gold” - le tre ex hanno formato la band The Gems – Filippa non ha perso tempo e ha ricostruito la line-up. Sono entrate la cantante Linnea Vikstrom Egg (andate a vedere chi sono suo fratello e suo marito) e la batterista Joan Massing. Per il ruolo di bassista, invece, è stata richiamata Majsan Lindberg. Per ammissione della stessa Nassil quello che esce dai solchi di “Dirty & Divine” è Rock and Roll ma, personalmente, aggiungerei le parole ad ampio spettro e questo, a seconda dei punti di vista, può essere sia un pregio che un difetto. Il produttore Soen Andersen, al suo terzo album con le Thudermother, ha svolto un buon lavoro ed è stato in grado di donare tranquillità alle musiciste. La voce di Linnea se la gioca bene su tonalità medie/alte e la sezione ritmica svolge il suo compito con dignità. I ritornelli sono farciti di cliché e i soli di chitarra sono semplici e non eclatanti, ma i riff che caratterizzano i pezzi sono intriganti. Insomma; il disco non è eccellente ma è gradevole da ascoltare. Un pezzo come “So Close” è nato per far breccia nei cuori degli estimatori dell’Hard, ma anche in quelli di coloro che amano lo Street. “Can’t Put Out the Fire” è un Boogie/Hard dal tenore fine anni settanta perfetto per chi ascolta AC/DC e KISS. “Feeling Alright” è la canzone “aliena” del disco: prima ti intriga con il suo arpeggio stile Boston (quelli di “More Than a Feeling” N.d.A.) e poi ti frega di brutto virando verso il Pop Metal. Il disco scivola via con pezzi ascrivibili al mondo Hard come “I left My Lycense In the Future” o “Bright Eyes” fino ad arrivare alla traccia bonus del CD: “American Adrenaline”. In questo caso il gruppo oltrepassa il limite di velocità che si era auto imposto ma lo fa con poca accortezza dal punto di vista dell’assemblaggio e della coesione. Top song “Speaking of the Devil”: ha il giusto traino e un ritornello vincente. Canzone flop “Can You Feel It”: la reputo abbastanza scialba. Se la formazione manterrà un suo equilibrio, con il tempo riuscirà a fare ancora meglio. Per ora non vi rimane altro da fare che passare trentacinque minuti in pieno relax e canticchiare i pezzi di “Dirty & Divine”.
Ultimo aggiornamento: 27 Febbraio, 2025
Top 10 opinionisti -
I Cacumen erano un gruppo tedesco nato nel 1972; nel 1986 i cinque componenti decisero di cambiare nome e nacquero i Bonfire. Il chitarrista Hans Ziller, unico membro originale rimasto, non ha mai mollato la presa e con una formazione rinnovata, ha rilasciato nel 2023 i primi tre album del gruppo opportunamente risuonati. Nel 2025 è uscito per la Frontiers Records l’album “Higher Ground”. Gli ultimi due componenti inseriti nella line-up nel 2022 - il cantante Dyan Mair e il batterista Fabio Alessandrini - hanno contribuito a spostare il baricentro sonoro della band. Naturalmente ci sono alcuni brani che riportano alla consolidata tradizione Hard melodica prediletta dai Bonfire ma, altresì, ci sono anche pezzi che hanno un piglio decisamente più tagliente caratteristico dell’Heavy Metal. Che la band abbia voglia di smarcarsi da un suono mieloso e sdolcinato è puntualizzato da quella scheggia impazzita che risponde al nome di “I Will Rise”. Se fosse presente una batteria a doppia cassa “Loss of Control” sarebbe un pezzo in pieno stile Power Metal. “Jealousy” con il suo furioso Heavy, segue le orme degli Judas Priest. “Come Hell or High Water”, visto l’andamento Hard/Doom acido, potrebbe portarvi a pensare di aver inserito il CD sbagliato nel lettore. Immagino le facce dei vecchi fans che assumono un’espressione stupita e allora provo a rassicurarli. L’Hard melodico è ben rappresentato da canzoni come “I Die Tonight”; “Rock’n’ Roll Survivor” – uscita per il mercato digitale nel 2020 e qui riproposta in versione 2024 – e la semi ballad “When Love Comes Down”. Non so quanti fra voi riusciranno ad accettare il nuovo corso intrapreso dal combo tedesco ma, a mio avviso, “Higher Ground” è un album discreto.
Ultimo aggiornamento: 13 Febbraio, 2025
Top 10 opinionisti -
Gli emiliani Stranger Vision avevano già dimostrato di essere degli appassionati di letteratura con il secondo disco uscito nel 2022 intitolato “Wasteland”. In quel caso lo spunto era stato preso dal poema di Eliot “La Terra Desolata”; nei due anni successivi il gruppo si è concentrato su un progetto ben più ambizioso: un concept articolato in due fasi ispirato al Faust di Goethe. Nel 2024 è così uscito“Faust - Prelude to Darkness: act I”; un disco a 12 pezzi che si sviluppa attraverso i territori del Power-Prog e che esplora, se pur per brevi tratti, un Modern Metal arcigno. I punti di riferimento degli Stranger Vision rimangono quelli del passato: Blind Guardian; Dream Theater e, a mio avviso, i Savatage di “Streets: A Rock Opera”. Riccardo Toni (chitarre, tastiere e orchestrazioni) si è accollato un’enorme mole di lavoro e per questo ritengo sia in parte responsabile di un eccessivo “caricamento” del suono. Se non si ha una produzione come quella di dischi quali “When Dream and Day Unite”; “Images and Words” o dello stesso “Streets”; meglio non eccedere con orchestrazioni. Una cosa che mi ha lasciato perplesso è lo spazio lasciato fra un brano e l’altro: troppo secco e brusco; spero sia un errore nel Press Kit in mio possesso. Dopo aver elencato i punti che non mi hanno convinto passo alle note positive. I quattro componenti del gruppo riescono ad affrontare con perizia e cognizione di causa un genere come quello del Power-Progressive, che prevede un dinamismo sommato alla propensione per gli stacchi melodici. Bella la prova di James LaBrie che, con la sua voce, va ad impreziosire “Nothing Really Matters”: pezzo che vede un copioso uso delle tastiere e una giusta dose di chitarra al servizio di un ritmo pieno di stacchi e riprese (caratteristica comune ad altri brani). Promossa anche la prestazione di Angelica Patti in “Two Souls”. La cantante, dotata di una voce dal liricismo non esasperato, piazza prima la sua voce su un ritmo dettato dal piano e poi interagisce in buona maniera con Ivan Adami rafforzando il ritornello. Il brano passa agevolmente dal ritmo lento a quello sincopato; dal crescendo ai soli con le tastiere che hanno gioco facile e vincente. Voglio mettere in luce il fatto che in pezzi come “Dance of Darkness” e “Fly” sono presenti tratti con una certa enfasi epica. In cinque anni gli Stranger Vision hanno fatto molta strada ed hanno raggiunto un buon livello, ma hanno ancora tempo per diventare come i loro “maestri”. Rimango in attesa del secondo capitolo della saga, sperando in uno sviluppo migliore.
Ultimo aggiornamento: 26 Gennaio, 2025
Top 10 opinionisti -
I finlandesi Fire Action si sono specializzati nella realizzazione di E.P.: in undici anni di attività ne hanno fatti uscire tre. Nel 2024 questa tendenza è cambiata. Il gruppo si è accasato con l’etichetta Steamhammer/SPV ed è uscito il primo full-length intitolato “Until the Heat Dies”. I Fire Action hanno preso spunto da un libro dello scrittore australiano Michael Robotham e raccontano di una città alle prese con qualcosa di pericoloso, dalla quale escono delle macchine che, invece di essere degli acchiappa fantasmi, sono degli ingegneri del fuoco alla ricerca di zombie (dovrei avere i testi per confermare il tutto, N.d.A.) La biografia categorizza la musica del quartetto come Heavy Metal: definizione alquanto generica. Entrando nello specifico posso dire che i pezzi hanno matrici diverse, accomunate molto spesso da tastiere o, comunque, orchestrazioni. Questa cosa sposta inevitabilmente l’ago della bussola verso l’Hard Rock melodico, tranne che in alcuni casi. A conferma della mia tesi chiamo in causa il primo pezzo: “Storm of Memories”. Siamo di fronte a un brano che sembra uscito dalla penna della coppia Catley/Clarkin: un Hard stagno e melodico al tempo stesso. I ritornelli orecchiabili sono una delle peculiarità della band: un pezzo come “Hard Days, Long Nights”, lo testimonia ampiamente. La versatilità della proposta, unita ad un forte odore di già sentito, si palesa con “Dark Ages”. Sfido tutti voi a non etichettarla come clonata dallo stile inconfondibile di Ronnie James Dio anche se, va detto, l’atmosfera creata dalle tastiere di Claude Schnell era tutt’altra cosa. Se avete bisogno di una scossa, a darvela ci pensa “Incitament of insurrection”, si tratta di un pezzo che sfrutta i dettami tipici del Power Metal, con alternanza di break e scoppi nel ritmo. “Until the Heat Dies” è un disco piacevole, melodico al punto giusto e che non annoia. Se non cercate la novità a tutti i costi potrebbe fare al caso vostro.
Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 2025
Top 10 opinionisti -
Chi conosce in maniera approfondita l’ambiente del Metal estremo sa di sicuro chi sono i Paganizer. Il loro chitarrista Rogga Johansson assieme al bassista Peter Svensson (Assassin’s Blade; Void Moon etc), ha formato nel 2019 i Gauntlet Rule con l’intento di allontanarsi dalle sonorità della band madre, per proporre Heavy Metal classico. Quello che in realtà emerge dall’ascolto di alcuni degli undici pezzi di “After the Kill” (secondo album del combo) è il fatto che i cinque svedesi hanno ben in mente gli stilemi del Power Metal battente e questo ne inficia in parte l’originalità. La differenza la fa il fatto che quando uno pensa che il brano sia uguale a tanti altri, arriva un guizzo che ne stravolge il corso. La voce di Teddy Moller non garantisce sempre la giusta spinta ma tutto sommato, visti i diversi generi presenti nel disco, va promossa. Qualche dubbio lo conservo sulle chitarre: un conto è fare soli alla Slayer che sono delle schegge impazzite, ma ben inserite nel contesto; un altro è fare delle sfuriate su scale serrate, che tendono a ripetersi come schema. Fortunatamente, come in parte detto, la varietà dei generi toccati dai nostri e un certo savoir-faire nella scrittura e nella composizione contribuiscono a migliorare la resa generale di “After the Kill”. Fra i pezzi migliori, non a caso, metto “Bite the Hand That Feels”. La voce dell’ospite Jacques Belanger (Assassin’s Blade; Kill ed ex Exciter) è aggressiva e regge bene il gioco agli strumentisti che passano da uno incipit simil-orientale, ad un ritmo che vira verso il Power-Speed. Nella norma il contenuto vocale apportato dalla nostra Federica “Sister” De Boni dei White Skull nell’eponima “After the Kill”. La sua ugola si inserisce in un contesto Power ora trascinato ora “compresso”, ma non mi sembra sia stata valorizzata a dovere. Gli otto minuti e mezzo della conclusiva “The Scythe” dimostrano la capacità del quintetto di saper comporre brani articolati, interessanti e con delle chitarre che, in questo caso, riescono a ritagliarsi il loro momento di gloria. Cito come esempio di brani che potevano avere miglior sorte “Exception to the Rule” e “Aeronauts”. La prima segue il solco tracciato dagli Iron Maiden, ma manca di mordente e di voce adeguata. La seconda, che è la traccia bonus del CD, non è brutta ma ha i volumi delle chitarre troppo alti rispetto ai rimanenti strumenti e alla voce. Sicuramente è stata messa come canzone extra per questo motivo. Do ad “After the Kill” la sufficienza. Cinque elementi di provata esperienza come quelli che compongono i Gauntlet Rule, possono fare di meglio.
Ultimo aggiornamento: 31 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti -
Se parliamo di musica irlandese in generale, i nomi che mi vengono in mente sono quelli degli U2, di Enya e dei Clannad. Se invece entriamo nel campo specifico della musica “dura” i primi che mi sovvengono sono quelli dei Thin Lizzy del compianto Phil Lynott e dei Death/Grind Abaddon Incarnate. I Deithesis si sono formati nella nazione della birra Guinness, più precisamente a Louth, nel 2020. I cinque componenti del gruppo vengono tutti da pregresse esperienze perciò non possono essere considerati dei novellini. Il disco d’esordio dal titolo “Equilibrium” era stato pubblicato nel 2023 in maniera indipendente e se fate una rapida ricerca, trovate i video su Youtube. Nel 2024, firmato il contratto con Sliptrick Records, eccolo riproposto tale e quale. Se la vita è un ciclo, lo è anche la musica. I Deithesis hanno trovato la quadratura del cerchio intrecciando il suono duro e cupo dei Black Sabbath, con l’energia primigenia della NWOBHM e gli arpeggi melodici dei Metallica senza mai arrivare a velocità veramente estreme. La voce di Allan Clarke non è il top: è comunque caratteristica, evocativa, e ben si adatta ai generi adottati. Le chitarre della coppia Duffy – Rankin si dividono agevolmente le partiture ma, nei soli, hanno suscitato in me qualche perplessità. Positivo l’apporto ritmico di basso e batteria che formano una degna sezione ritmica semplice, ma efficace. Il lavoro di mix e mastering mostra qualche piccola “falla”nei volumi ma sono sicuro che, chi è cresciuto con i dischi degli anni ottanta, sarà disposto a passar sopra a questo minimo inconveniente. Nonostante la mia analisi possa far pensare il contrario, i pezzi sono gradevoli da ascoltare grazie ai cambi, ai rientri e ai ritornelli che si susseguono. I brani che hanno suscitato in me maggior interesse sono: “Unseen”, “Virtue” e “Once Forsaken”. Se devo puntare il dito verso un ritmo più “pimpante”, indico l’unico pezzo che ricorda veramente il Thrash: “Beckon Tragedy”. Mi auguro che con il prossimo disco i Deithesis riescano a sfondare ma, per farlo veramente, dovranno usare maggior accortezza in fase di registrazione ed avere ancor più intesa. Per ora il voto si assesta su un sette scarso.
Ultimo aggiornamento: 16 Dicembre, 2024
Top 10 opinionisti -
Nel 1980 alcuni dei gruppi che avevano contribuito a formare il movimento NWOBHM, raccoglievano i frutti di un duro lavoro. Proprio in quell’anno dalle ceneri di Ethel The Frog, band dedita ad un Hard Rock a tratti stemperato, nascevano i Salem. I Salem, pur essendo ben noti fra gli appassionati della scena metal degli anni ottanta, non sono mai riusciti a sfondare realmente sia in Inghilterra che nel nostro paese. Hanno comunque avuto una tenacia che ha permesso loro di arrivare - fra uno scioglimento e una reunion – ai giorni nostri. A poca distanza dal 2017, anno dell’ultimo scioglimento, i membri originali Simon Saxby (voce) e Adrian Jenkinson (basso) aggiungono UK al nome e riprendono il loro cammino. “Outer Limits”, secondo album con il nuovo moniker, è un concept album ispirato ad un evento storico: l’Hull Fair ovvero la più grande fiera di viaggi in Europa tenutasi nel 1279. L’aspetto positivo del disco è che, nonostante i brani siano uniti da un filo comune nella storia, risultano musicalmente diversi l’uno dall’altro e, quindi, non annoiano. Fanno eccezione le tracce uno e dodici che, in pratica, sono due brevi intro e outro strumentali. Nel mio tabellino dell’ascolto, curiosamente, i brani più intriganti risultano essere quelli con numero pari: il secondo, il quarto eccetera. L’Hard'n'heavy del quartetto non perde mai di vista una certa componente melodica tranne che nei soli di chitarra che, a mio avviso, sono troppo basati su scale veloci e abbastanza monotone. Fa eccezione “Meteorite”: un Metal tambureggiante con stacchi Hard dal solo aggressivo e ben strutturato. Se volete apprezzare al meglio la varietà della struttura compositiva dei quattro inglesi, puntate sull'eponima “Outer Limits”. Se invece cercate le ritmiche dal tono più leggero, potete ripiegare su “Overrider”. Se non conoscete ancora i Salem UK, date loro fiducia e fate sì che si godano un poco di quel successo che è mancato loro nel lontano passato.
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Mi sono occupato dei Loculo nel 2013 recensendo il loro secondo album dal titolo “Star Thrash” (voto: 3/5). Da allora a oggi il gruppo genovese ha dovuto far fronte a diversi cambi di formazione e difficoltà ma è riuscito a pubblicare l’EP a quattro pezzi “Full Metal Racket” (2020) e il recente “Artificial Ignorance” (2024). Lo stile del disegno di copertina: due cyborg o cyber-mummie, che porgono boccali di birra a un Thrasher, mi ha ricordato alcuni fumetti della Chaos! Comics (Detonator, The Undertaker etc). Parlando dell’aspetto musicale la scelta di registrare il disco nel proprio studio e di auto prodursi mostra alcune lacune, ma questo è un particolare che interessa i puristi. Chi ascolta Old School Metal da sempre ed è abituato a produzioni grezze può soprassedere. Rispetto al passato ho percepito nel sound dei Loculo un’aura più maligna e violenta. Si nota una consapevolezza del fatto che le persone sono sempre più schiacciate, rinunciatarie ed asservite all’uso della tecnologia in tutti i campi. L’unica scappatoia a questa situazione sembra essere l’alcol in tutte le sue derivazioni: leggete i testi di “Alcoholic Survivors” e “Camatti” (un amaro delle cinque terre) e mi darete ragione. Il percorso sonoro intrapreso dal gruppo ha come punto di riferimento band quali Possessed e Destruction e di conseguenza, si sviluppa attraverso generi quali Speed e Thrash con una voce, quella di Teo, che è adatta anche all’ambito Black Metal. Se vi piacciono i “pestoni” alla Destruction vi consiglio di ascoltare proprio “Alcoholic Survivors”. Se vi gustano le corse a perdifiato e i soli a scheggia lapidari (a volte li ho trovati poco tecnici N.d.A.) c’è “The Thoughtless Man”. Che dire poi della doppietta violentissima costituita da “A.I. (Artificial Intelligence)” e “Digital Holocaust”? Che provocerà in voi nevrosi e che vi condurrà alla distruzione. Bella anche “War of Desolation”: un brano dove dosi massicce di malignità “cozzano” contro soli lancinanti, e si stemperano in un arpeggio di chitarra a sfumare e risalire. Detto che “Interlude (Man and Machines) ” è un racconto narrato dalla voce di Angelex degli Expiatoria dal titolo quanto mai indicativo, vi invito a supportare i Loculo andandoli a vedere nel piccolo tour che inizierà nel 2025: tour che li vedrà toccare anche alcune località del centro Italia.
Top 10 opinionisti -
Il Covid ha condizionato pesantemente la vita delle persone e la pandemia ha creato scompiglio in ogni settore. I tedeschi Paragon durante quel periodo, hanno preso una sbandata che ha minato il loro percorso ma Martin Christian: chitarrista e unico membro originale rimasto della formazione del 1990, ha saputo ricompattare la band ed è riuscito a dare un seguito al disco del 2019 “Controlled Demolition”. I dieci pezzi di “Metalation” (su disco in vinile sono nove N.d.A.) toccano diversi generi di Metal: dal Power, al classico, allo Speed. Ci sono poi alcuni momenti più tranquilli dove fanno la loro comparsa chitarre acustiche, o dove la musica vira verso toni epici. Come potete leggere c’è modo di accontentare più tipi di ascoltatori ma ci tengo a fare un paio di precisazioni. In primo luogo la scelta operata dai Paragon di voler registrare da soli chitarre, basso e batteria e di voler affidare la produzione a Piet Sielck (Iron Savior) e Jan Bunning, bassista del gruppo, non è stata molto felice: penalizza soprattutto i brani più veloci. In secondo luogo, chi possiede decine di C.D. e ha nella discografia i lavori di Judas Priest, Metallica, Grave Digger o Mercyful Fate, potrebbe trovare inutile l’acquisto di “Metalation” visti i clichè in esso contenuti. Che i Judas Priest siano un palese riferimento per il gruppo tedesco è certificato da “Slenderman” un pezzo che, proprio a causa della sua “clonazione” dagli originali parametri della band di Halford, mi ha soddisfatto solo parzialmente. Vi suggerisco l’ascolto di “Beyond The Horizon” che, con la sua cadenza a la Ronnie James Dio, e i soli riusciti e bilanciati - nel disco non è una cosa scontata - colpisce in pieno il bersaglio. Pollice su anche per “My Asylum” che parte con una chitarra densa di melodia adagiata su un movimento lento, e poi trova la forza per deflagrare e lasciare il posto a due chitarre che lavorano bene sia in tandem che nei rispettivi soli. Voto positivo anche per la bonus track “Hellgore”. In questo caso le cose interessanti sono parecchie: ritmi serratissimi, ritornello aggressivo, stop con chitarre melodiose e ripartenza violenta sino al termine. “Metalation” rilascia una buona dose di energia e non è mai monotono però, da un gruppo esperto e blasonato come i Paragon, mi aspettavo un lavoro più curato nei dettagli.
Ultimo aggiornamento: 09 Novembre, 2024
Top 10 opinionisti -
Chiamo a raccolta gli appassionati dell’Heavy Metal duro, puro e classico degli anni ottanta perché saranno quelli che trarranno maggior giovamento dall’ascolto delle tredici tracce (dieci su vinile N.d.A.) di “Metal Merchants”. I MIndless Sinner hanno alle spalle una carriera lunga e travagliata. Nati nel 1981 a Linkoping (Svezia) con il nome Purple Haze, lo cambiano nel 1982 in Genocide e poi, nel 1983, passano al più originale Mindless Sinner. Dopo uno stop durato dal 1990 al 2015 la formazione, con due membri originali rimasti ed opportunamente rinnovata, è tornata a fare concerti e produrre dischi. Spesso chi è rimasto ancorato saldamente agli anni ottanta, non ha bisogno di grandi innovazioni e di un suono contaminato da altri sottogeneri del metal. I nostri cinque svedesi in “Metal Merchants” puntano proprio su questo. Una voce dai toni alti ma non stridenti; una coppia di chitarre in grado sia di interagire in tandem che produrre buoni soli e una sezione ritmica che è sempre in linea producono una musica frizzante che, vista l’epoca in cui è nato il gruppo, si può considerare come fonte d’ispirazione per molti di quelli che sono venuti dopo o che appartenevano alla coeva NWOBHM. Cito fra i tanti Diamond Head, Saxon, Judas Priest, Iron Maiden, ma anche Queensryche, Metal Church, Michael Schenker e molti altri. Non pensate ad una produzione grezza e “datata” come spesso accade per dischi di questo tipo. I suoni sono resi in maniera attuale e in più, mix e mastering sono di ottima fattura. Come detto manca una buona dose di originalità ma, di fronte a musicisti preparati e a canzoni ben strutturate, poco importa. La mia sintetica guida all’ascolto propone “Speed Demon” che è foriera di un ardore giovanile come quello evocato da Exciter e Saxon ed è fornita di soli in stile Judas Priest. Continuo con “Hedonia” che si abbevera alla fonte dei Metal Church e di Dio, per poi virare repentinamente verso un Metal melodico sulla scia dei Dokken. Proseguo con l’Heavy atletico di “Let’s Go Crazy”, pezzo dal solo tagliente, e finisco con “My Hometown” che miscela cavalcate a ritmi smorzati e alternati. “Metal Merchants” è un disco adatto a battere i piedi a tempo e a muovere la vostra lunga capigliatura (sempre che l’età lo consenta).
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