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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    23 Aprile, 2025
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Alien ritornano! La mitica Aor band svedese che ha scritto un paio di capolavori del genere ad verso la fine degli anni Ottanta, in particolare con il memorabile debutto omonimo considerato tra i più grandi dischi nella storia, si rifà viva con un nuovo lavoro intitolato “When Yesterday Comes Around”. In realtà il gruppo nordico non ha (quasi) mai smesso di scrivere musica e l'ultima release risale al 2020 con ”Into the future”.
Confrontare questi brani con le grandi composizioni del passato sarebbe ovviamente sbagliato, ma si nota un ritorno alle sonorità più melodiche di un tempo. E se pensiamo però all'epoca in cui siamo, non si possono non apprezzare le melodie e le atmosfere ricreate da questi brani.
Il gruppo scandinavo può contare sulla voce di un Jim Jidhed che è considerato un grande nome all'interno di queste sonorità e anche stavolta – pur senza strafare – mostra il suo talento canoro.
Le melodie canticchiabili di “If Love Is War” sono difficili da dimenticare, mentre l'hard rock più deciso – che si apre sui riff di chitarra di stampo classico – accompagnano le più quadrate “In The End We Fall” e “Aming High”. La vivace “ We Are Living” fa presto a lasciare il segno così come la lenta “I Remember” che, grazie anche ad un coro tutto al femminile, riesce a fare centro con melodie vocali intense. E anche se un paio di filler forse vengono inseriti durante la tracklist (convince poco ad esempio “Fall In My Arms”), come si può resistere alla classe che viene riflessa tra le note raffinate della spettacolare “ Coming Home”, ballata di enorme fattura che ci avvicina al finale dove troviamo l'intensa “When Yesterday Comes Around”, dalle tinte settantiane.
Non un capolavoro ma un disco solido, capace di conquistare grazie a melodie di buona fattura. Gli Alien ci sono ancora, e non a caso!

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3.5
Opinione inserita da Celestial Dream    22 Aprile, 2025
Ultimo aggiornamento: 23 Aprile, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Due voci femminili finlandesi che collaborano in questa produzione firmata Frontiers sotto il nick Laurenne/Louhimo; potrebbe sembrare la solita mossa commerciale ma sotto ciò c'è della qualità.
Le doti vocali della brava Noora Louhimo (Battle Beast) non le scopriamo ora ed ascoltarla in uno stile più soft non ci dispiace affatto. Con lei la brava Netta Laurenne (Smackbound) che assieme al marito Nino ha scritto i pezzi che sono contenuti in questo “Falling Through Stars”, secondo capitolo sotto codesto monicker.
Il risultato è un metal melodico molto piacevole che unisce qualche influenza ottantiana – come “The Cradle” dalle sfumature Pop - qualcosa di più moderno e aggressivo – come in “To The Dark” e “ Let The Light Be Free” - e dei brani più classici, che possono essere ben rappresentati da “Damned”. E senza dimenticare alcune ballate, che sono addirittura tre! L'acustica “All For Sale” senza dubbio riuscita pur essendo abbastanza classica e lineare, la lenta “Let The Light Be Free” mostra un mood più contemporaneo, infine la conclusiva “David Bowie & Clyde” si muove su atmosfere più malinconiche. Ma da due voci così grintose è d'obbligo attendersi alcuni brani ricchi di adrenalina; e “FTS” e “Rotten Gold” rispondono perfettamente a queste nostre attese.
“Falling Through Stars” non è un disco stellare ma ha il pregio di essere certamente vario e di poter contare su due cantanti di livello, nonchè su professionisti a tutto tondo, anche per quanto riguarda la produzione. E tutto ciò lo rende comunque piacevole e coinvolgente.

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3.0
Opinione inserita da Celestial Dream    22 Aprile, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Aor dalla Francia non è certo la connessione più classica ma gli Heart Line si ripresentano con un disco come “Falling Heaven”, terzo in studio, e tanta dedizione alla causa.
C'è un'energia palpabile durante alcuni brani, come “God Has A Plan”, vuoi per le chitarre grintose, vuoi per l'approccio della cantante Emmanuel Creis. Ma lungo l'ascolto non solo incontriamo una produzione non all'altezza di ciò che il mercato musicale presenta oggigiorno, ma anche il songwriting spesso mostra momenti di debolezza abbastanza marcati. “ Everytime You Smile” cerca di riprendere le sonorità ottantiane di gruppi leggendari come Survivor, ma con risultati ben distanti dall'originale. Purtroppo le linee vocali sono spesso poco avvincenti e un po' banali come si può constatare da brani come la titletrack e la fin troppo scontata ballata “ Wake Up”.
Meglio appunto quando l'energia sale di livello e viene sprigionata con decisione; “Liar” ad esempio è un pezzo corposo, diretto e coinvolgente, buon biglietto da visita per il quintetto francese che rincara la dose con l'altrettanto carica “We Rule The Night” anche se l'ugola di Emmanuel non si fa riconoscere per pulizia ed estensione.
“Falling Heaven” è un disco che mostra alcuni difetti e che non tiene il passo rispetto alle tante uscite, ma che fa intravvedere qualche momento positivo in grado risollevare una tracklist altrimenti troppo debole. Per il futuro c'è da sperare in positivo quindi per gli Heart Line!

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Marzo, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Un tuffo nell'heavy metal ottantiano più puro e scintillante grazie alla creatura ideata dal singer italiano Alexx Panza (Hitten, Jack Starr's Buring Starr) che con la sua ugola affilata regala otto capitoli di superlativa ed infuocata musica ispirata a band come Queensryche, primi Fates Warning, Vicious Rumors e Crimson Glory.
“Vigilhunter” è un lavoro che attirerà le attenzioni di tutti quei fan nostalgici dei gruppi elencati sopra grazie al lavoro ispirato in primis da chitarre dinamiche che si muovono tra riff possenti ed assoli esplosivi. E poi dall'ugola sempre più a suo agio di uno straordinario Alexx, che trasmette tutta la sua passione verso queste sonorità.
Difficile scegliere i momenti più rappresentativi lungo l'ascolto di un disco che va sparato dall'inizio alla fine, senza sosta. Certamente ci teniamo a segnalare l'apertura diretta e decisa con la pungente “Disconnected”, i riff duri e decisi che lasciano spazio agli arpeggi di chitarra – proprio nello stile US-metal più raffinato – con la seguente “Titan Glory” grazie anche all'uso di coretti ben assestati, la scoppiettante “Shadow Rider (Vigilante)”, fino ad arrivare alla straordinaria “So Cold...It Burns” che sembra uscita da una delle prime produzioni firmate Queensryche, con il cantante piemontese capace di muoversi con disinvoltura su linee vocali affilate.
Quaranta minuti intensi di heavy metal fumante e dinamico spinto dall'ugola esplosiva di Alexx; i VigilHunter debuttano in grande stile con questo omonimo esordio.

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Marzo, 2025
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Ginevra è un supergruppo in arrivo da indovinate dove? Svezia! E' composto dal vocalist Kristian Fyhr (Seventh Crystal), il chitarrista Magnus Karlsson (The Ferrymen, Primal Fear), il bassista Jimmy Jay (H.E.A.T.) ed il batterista Magnus Ulfstedt (ex-Eclipse, Nordic Union) e tornano con un nuovo full-length intitolato “Beyond Tomorrow” - che segue il debutto “We Belong to the Stars” di tre anni fa - con i soliti undici brani ricchi di melodie accattivanti e adrenalina a livelli elevati.
Brani che colpiscono fin da subito grazie ad una produzione bombastica e che seguono la scia di quel hard rock melodico moderno che ha fatto grandi band come Eclipse, H.e.a.t ma che si avvicina in termini di sound sooprattutto ai recenti Temple Balls e Crowne.
Cantato alla grande, suonato strabene ma.... un po' troppo legato alle band segnalate sopra che sono riuscite a far grande questo sound e che purtroppo i Ginevra non riescono a pareggiare in termini di qualità e di coinvolgimento.
Manca insomma un pizzico di personalità, di genuinità, anche se poi pezzi come l'opener “Moonlight” mostra i muscoli con riff gonfi e possenti ed un refrain tutto da cantare, la più sinfonica ed iper-melodica “True North” e la compatta e incisiva “Samurai” che ritorna a colpire con chitarroni stoppati e tanta energia.
“Beyond Tomorrow” è un lavoro che scorre via bene sia sparato in cuffia durante i vostri esercizi in palestra, sia in auto durante un sorpasso in tangenziale, ma che non verrà ricordato tra le uscite più spettacolari dell'annata.

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Opinione inserita da Celestial Dream    25 Marzo, 2025
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Nuovo capitolo per l'opera spagnola Legado De Una Tragedia, che grazie alla mente di Joaquin Padilla continua la propria strada iniziata nel lontano 2004 seguendo la via delle Rock Opera più famose ma dedicata alla scena iberica con tanti ospiti invitati.
“Lovecraft” è un disco più teatrale e oscuro rispetto al passato, con brani ricchi di orchestrazioni e cambi di atmosfere; di positivo è che la durata complessiva dell'ascolto è più limitata rispetto al passato rendendo l'ascolto più fruibile, dall'altra forse siamo arrivati ad una certa ripetitività nella proposta.
Troviamo sicuramente ottimi elementi in questo lavoro, aperture melodiche ricche di pathos, arrangiamenti maestosi e qualche passaggio più aggressivo, come dimostra la stessa “ La Llamada De Cthulhu”, pezzo tra i più ispirati dove si alternano diversi cantanti e che riesce a colpire nei suoi soli quattro minuti e poco più. Ma tutte queste opere nate con una certa unicità, con l'andare degli anni e delle release diventano troppo plastificate e poco spontanee, e anche qui il buon Padilla pur dimostrando le sue doti di songwriter, alla fine fatica a trovare spunti davvero degni di nota e sopra le righe. I riff pesanti di “La Sombra Sobre Innsmouth” sono di scuola thrash-death e ben si sposato con un cantato più deciso e ad orchestrazioni cupe e la teatrale lenta “A Pesar De Ti” è oggettivamente una composizione da applausi che viene interpretata alla grande. Ma momenti come “El Morador De Las Tinieblas”, con delle linee vocali cantate senza mordente, o la moscia El Monstruo En El Umbral”, si dimostrano da subito noiosi e con poco mordente. Molto meglio quando è il power metal più classico e possente a venir fuori nella conclusiva “Desde El Más Allá”, pezzo che corre rapido su melodie vocali esaltanti.
“Lovecraft” è il classico disco composto in maniera maniacale con tanti ospiti, molteplici elementi e tanto altro, ma al quale manca un po' di anima e ciò pesa molto durante l'ascolto. Sinceramente il nuovo capitolo firmato Legado De Una Tragedia stavolta non ci esalta per niente.

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Opinione inserita da Celestial Dream    25 Marzo, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Ma allora questa scena melodic hard rock italiana è davvero così stellare come ci dicono? A giudicare il ritorno dei Wheels Of Fire si direbbe proprio di sì!
Dopo alcuni anni di silenzio - ma di intenso lavoro dietro le quinte - Davide Barbieri, singer dall'ugola elegante, torna in pista con la sua band ed un disco intitolato “All In”. Si gioca tutto con questa release? Probabile, visto che le qualità per sfondare ci sarebbero tutte, peccato che il mercato non è che sia così pronto.
Quel che è certo è che questo sarà uno degli highlight di quest'annata, siamo pronti noi stavolta a scommetterci! Una tracklist che è piena zeppa di ottimi brani, ben composti e suonati.
Di strada ne ha fatta il cantante emiliano da quel debutto "Hollywood Rocks" del 2010, al quale seguìrono due anni dopo "Up for Anything" e nel 2019 "Begin Again".
L'avvincente “Fool’s Paradise” apre le danze con un sound possente e melodie catchy prima che i riff decisi di scuola Mr Big prendano la scena con l'hard rock di “Under Your Spell”, brano che si apre su un refrain tutto da cantare. “End Of Time” è un pezzo notevole anche se il ritornello sa di già sentito, mentre la lenta “Resonate” svolge ottimamente il proprio lavoro anche grazie al lavoro alle sei corde del puntuale Stefano Zeni, sempre preciso nel piazzare assoli dall'ottimo gusto. La vivace “Neverland” scorre rapida prima di addentrarsi nelle atmosfere ottantiane con “EmpTV”. L'altra ballata del disco - “Invisible” - mette in mostra il talento vocale di Barbieri e l'intenso melodic rock di “Heaven Is Sold Out” colpisce con linee vocali ariose e di facile presa per poi concludere con la teatrale “Staring Out The Window” che esplode su un coretto irresistibile.
Melodie avvolgenti, chitarre scoppiettanti e molto più rockeggianti rispetto al passato e l'ugola limpida di Dave Rox; sono gli ingredienti principali che fanno di “All In” un disco tutto da gustare. E sì, il melodic rock in Italia è in buona salute!

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Opinione inserita da Celestial Dream    24 Marzo, 2025
Ultimo aggiornamento: 24 Marzo, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Himmelkraft, nuova avventura musicale che vede tra le proprie fila un certo Toni Kakko. Ma da dove escono questi qui, con un nome del genere e che cosa ci presentano? Ce lo siamo chiesti subito appena è arrivato in redazione questo disco. E allora scopriamo che questo non è altro che un progetto messo sotto chiave da anni dal cantante dei Sonata Arctica e che solo ora vede la luce.
Brani composti in segretezza che mostrano molti collegamenti con il lato più introverso della band principale di Toni, con i quali il legame è ovviamente molto evidente. Ma qui vengono messe ancora più in evidenza passaggi sinfonici, atmosfere malinconiche, soft, che sotto questo monicker l'artista finlandese può proporre senza remore, senza che nessun fan sfegatato del power metal più veloce e tuonante possa alzare qualche critica. Toni ci dà dentro quindi con brani molto intimi, melodie vocali raffinate e introverse e arrangiamenti avvolgenti che ci portano anche verso le colonne sonore che hanno accompagnato Tim Burton.
La componente prettamente metal è messa spesso da parte, a discapito di musiche più elaborate dove le chitarre non è che trovino grande spazio. La buona “Full Steam Ahead” apre la via con interessanti linee melodiche, mentre “Fat American Lies” mostra passaggi progressivi e orchestrali con alcuni coretti. Troviamo storie d'amore, di nostalgia e di sopravvivenza, canzoni piene di sentimenti come speranza e paura, rabbia e disperazione. Certo che tutta questa complessità ed i tanti elementi presenti spesso non rendono i brani efficaci, facendo perdere un po' la bussola, come può dimostrare la lenta “Gorya” che si espande presentando sfaccettature improvvise.
Ma questo lavoro va ascoltato come un percorso personale da parte di questo artista; Kakko è un narratore unico e con questo progetto Himmelkraft mette in luce le sue emozioni più intime.

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Opinione inserita da Celestial Dream    13 Marzo, 2025
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Aizzate le orecchie; non abbiamo tra le mani i nuovi mostri sacri del genere power metal moderno ma questo “Alienized” dei Mantric Momentum è davvero un bel prodotto. Heavy metal che si tuffa col power più esplosivo di act come Unleash The Archers e Dynazty, ottenendo un sound accattivante, merito anche del lavoro del solito Jacob Hansen in fase di produzione. Un impatto bombastico con suoni che esplodono dalle casse con decisione; ci sono riff possenti (ascoltare la partenza di “Resilience”!) ma non mancano orchestrazioni, cori e melodie vocali solitamente catchy.
Il frontman Terje Harøy lo conosciamo per la sua militanza nei bravi Pyramaze mentre a comporre i brani e a suonare buona parte degli strumenti ci pensa Christer Harøy (Divided Multitude, Crossnail).
Dopo la cinematica intro “Prelude To Take-Off”, si aprono le porte a “Resilience” brano che mostra come la band sappia unire chitarre esplosive e massicce a linee vocali melodiche e limpide, il tutto arrangiato in maniera moderna. La melodica titletrack si stampa subito in testa grazie a melodie ariose di chiaro stampo nordico e sulla stessa strada, con una buona dose di energia, piombano la possente “Time Is My Ally” e poco dopo l'impatto drammatico dell'avvolgente “Remember” . Positiva anche la prova ballata, superata con scioltezza grazie alle atmosfere intense di “The Light” prima di tuffarsi sulle note powereggianti di “Come Undone”. “A Stronger Stance” colpisce con decisione ricordando proprio qualche pezzo dei Dynazty e la chiusura è affidata a “Barricades”, tra passaggi più soft a sfuriate quasi metalcore.
Un vortice di power metal moderno e bombastico da spararsi a tutto volume; i Mantric Momentum mostrano di saperci fare con un disco interessante come questo “Alienized”!

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Opinione inserita da Celestial Dream    13 Marzo, 2025
Top 10 opinionisti  -  

Subito decisi e diretti, partono a testa bassa i Throne Of Iron già dalle prime note di “Adventure Two", che come dice il titolo, non è altro che il secondo disco in studio per questa band (il debutto del 2020 prende il nome di “Adventure One”, che fantasia!).
Undici pezzi grintosi e mediamente veloci che raccontano e si ispirano a storie di battaglia, di rivincita, di sconfitte e vendetta,
Ci si muove tra il power e l'heavy classico, con una spruzzata di epic metal ma se strumentalmente i pezzi, pur risultando abbastanza compatti e poco dinamici, riescono a trasmettere una certa energia, è l'ugola del cantante Tucker Thomasson a non convincere del tutto. Poco espressiva, poco duttile, e le linee vocali che ci mostra l'act americano non esaltano più di tanto. In fase di presentazione vengono scomodati nomi come Manilla Road, Visigoth, Eternal Champion anche se a nostro parere la band che ci viene in mente all'ascolto di queste composizioni sono i Paragon.
Scorrono così senza troppa convinzione le iniziali “Denied” e “The Oath” mentre con “Divine Smite” l'utilizzo di cori possenti aiutano a gettare altra benzina in un pezzo già di suo granitico. La grintosa “Upon A Bloody Shore” corre con decisione mentre partiture classicamente thrash irrompono nell'aggressiva e battagliera “The Holy Fire Of St. Djezzagh”. Ma il finale si dimostra ancora una volta poco esaltante come si evince, ad esempio, dal refrain di “The Ninth Level” che sembra un po' buttato lì di getto senza troppa convinzione.
Non pensavamo di trovarci di fronte ad un disco epocale certo, ma ci si aspettava qualcosa di più dai Throne Of Iron, band che mostra qualche buono spunto durante questo loro nuovo “Adventure Two”, ma che – soprattutto a causa della voce – cade sul più bello meritandosi solamente una risicata sufficienza.

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