Opinione scritta da Rha Stranges
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Ultimo aggiornamento: 25 Febbraio, 2014
Top 50 Opinionisti -
Power Fusion è il primo capitolo degli Angels and Demons, uscito la scorsa estate 2013 (e per questo devo chiedere scusa ai lettori ed, in particolare, alla band ed alla SG Records… purtroppo il mio ritardo è imperdonabile!!!!!).
L'album è registrato benissimo tecnicamente, con bei suoni e con un buon range di dinamiche. Si sente chiaramente che i tre del power trio hanno un certa esperienza e sanno cosa vogliono dai propri mezzi. Non c'è molto da dire sulla produzione che è perfettamente in linea con i tempi e fa al meglio il proprio dovere.
Ma passiamo ad analizzare quello che più ci importa, la MUSICA!
Il disco inizia con l'autocelebrativa, Angels & Demons, e subito è chiaro il genere proposto dal trio e la loro indubbia capacità tecnica sui propri strumenti. Tutto sommato un bel brano, ma aspettiamo di andare avanti nell'ascolto… When Money Talks ha un sapore leggermente più aggressivo, specialmente durante il buon solo di chitarra ed ancora una volta i tre non perdono occasione di dimostrare la loro abilità sullo strumento, ma basterà questo?
Traffic Jam inizia con un basso funky-vibe e la batteria lo segue a ruota… qui c'è un calo enorme di energia quando però la chitarra fa il suo ingresso, purtroppo siamo al terzo brano e il suono di chitarra, ed in particolare il modo di suonarla, è esattamente uguale a tutto quello che è venuto prima. Forse una diversificazione nel modo di esporre il tema avrebbe giovato.
Clare is Gone è una pseudo ballad con voce (i brani vocali nel disco sono 2, il resto è strumentale). La voce qui è davvero molto bella, purtroppo però devo ammettere che il trio dovrebbe anche riuscire a capire quando è il momento di darci dentro e non solo essere capace di giochi pirotecnici sugli strumenti. Quello che voglio dire è che spesso anche in questo brano ci sono troppe cose che si muovono e poco groove, lo so che è una cosa forte da scrivere considerato che i tre sono proprio bravi sui loro strumenti, ma c'è troppo, e spesso troppo caotico, nel loro modo di suonare. Infatti non è un caso che tensione e risoluzione qui non siano in evidenza. Il motivo è dato dal fatto che è tutto (o quasi) tensione e quindi ne consegue un appiattimento musicale.
Il disco continua più o meno nella stessa direzione fino ad ora intrapresa con The Riddle. The Clarinet's pain ha un tema interessante, ma che poi finisce ancora una volta nella stessa solfa… Finalmente con No blues esce fuori un po' di groove con basso e batteria che suonano il tema con un bel dodici ottavi alla "vecchia", ma che poi si evolve e va verso la "caratterizzante" sonorità della band, che però in questo caso specifico funziona meglio che in altri.
Poi Brasilia a seguire che non aggiunge nulla di nuovo. Chiudono il disco la versione strumentale di Clare is gone e la versione vocale di The Riddle che è il momento migliore dell'intero disco con dei richiami a certe sonorità dei miei amati Symphony X.
Concludendo, il disco è suonato bene, ma non ha veri e propri momenti eccitanti, musicalmente parlando. Qualcuno può dirmi che sono bravi nel suonare, sì indubbiamente, ma la musica non la fa la tecnica sugli strumenti, ma la musica stessa ed in questo disco è un po' piatta, senza troppo groove, talvolta monotona nei suoni e nel modo di presentare i temi. Bassista e batterista sono bravissimi, ma talvolta quello che serve è solo avere le "palle" nel buttar giù un groove che fa muovere e, secondo me, non basta una doppia cassa in quartine a 200 Bpm per far sì che ciò accada. Ho l'impressione che i tre siano molto concentrati sulle loro esecuzioni e poco sul perché di esse, come se dovessero dimostrare qualcosa a qualcuno. Insomma quando il disco inizia promette bene, il problema e che non "esplode" mai, e il piacere dell'ascolto sfuma di brano in brano, fino a quando non si arriva alla fine e resta in bocca l'amaro come se nulla fosse davvero successo...
Ultimo aggiornamento: 06 Ottobre, 2013
Top 50 Opinionisti -
Seven Impale....non so perche' ma quando ho avuto questo disco, dal nome della band mi sarei aspettato qualcosa di scuro, dark, tipo trash-death-brutal-core-extra estremo etc...messo il disco nel lettore mi sono dovuto immediatamente ricredere....ma andiamo per gradi.
La produzione del disco (Beginning/Relieve) è davvero buona e comunque molto fa l'abilità tecnico/strumentale della band. La cura dei suoni è buona ed è chiaro che i Seven hanno bene in mente il risultato che vogliono tirar fuori dalla loro musica e dai loro suoni. Molti i suoni “vintage” in questo disco breve, ma intenso. I suoni dei synth, dell'organo, del moog e i vari “tremolo” sulla chitarra, qualche altra “roba” sul basso, il sax, il violino, etc. sono chiara consapevolezza di un'idea precisa.
Il richiamo agli anni '70 è fortissimo, direi quasi predominante, anzi possiamo affermare che di metal c'è pochissimo, forse qualche distorsione e qualche richiamo, ma questo è decisamente un disco di rock progressive con influenze moderne, così come forti e chiare sono le influenze di bands come King Crimson, Yes ed altre bands che negli anni '70 hanno contribuito a creare una buona parte di metal moderno. Per la cronaca, i King Crimson (guidati dal chitarrista Robert Fripp) sono stati considerati nei libri di storia come la prima e più inteligente heavy metal band di tutti i tempi. So che alcuni di voi possono essere confusi o increduli, ma ascoltate dischi come Larks' Tongues in Aspic, Starless and Bible Black, Red, per nominarne alcuni e vi renderete conto che le basi dell'heavy metal o del Metal prog alla Dream Theater sono tutte lì, ma ben 20 anni prima dei Dream stessi.
Dopo questa parentesi storica, dovuta visto il genere proposto dai Seven, parliamo adesso della musica di questo Beginning/Relieve. La voce del cantante mi fa sognare, così tipica, così calda anche se si estende spesso su tonalità alte, con una grande intonazione ed un controllo di essa da professionista. Non è certo uno che ha iniziato a cantare ieri!
I brani sono articolati, come da consuetudine in questo genere, senza barriere, ma che seguono un percorso dettato solo dalla musica, infatti si passa da belle melodie disegnate dal sassofono, con un profilo rock-jazz a grezzi riff che pian piano si trasformano ancora in atmosfera. L' intro di questo EP o mini album (solo 24 minuti e poco più), è in perfetto mix tra passato e presente, con chitarre pesanti e l'organo che graffia pesantemente, cambi di tempo, metric modulation e tanto altro, in solo 1 minuto e 21 secondi. Qui i King Crimson sono emulati, anche troppo!
Il viaggio musicale di questo mini è bellissimo, si possono vedere terre diverse, epoche diverse, è davvero un paesaggio vario, che si trasforma con omogeneità man mano che la strada continua ad andare avanti. Paesaggi sommersi nell'acqua, foreste, strade di città nel chaos e molto altro.... Non sto impazzendo, non preoccupatevi, sto solo descrivendo quello che vedo ascoltando i seven e chiudendo gli occhi. Quando la musica ti fa “viaggiare” in questo modo, quando ha il potere di farti vedere paesaggi, di farti sentire cose, bene, per me significa che il primo motivo per ascoltare la musica è stato soddisfatto e cioè comunicare qualcosa, dare sensazioni ed immagini ed i Seven lo sanno fare davvero alla grande. Credo di non voler aggiungere altro se non, procuratevi questo disco chiudete gli occhi, ma soprattutto aprite le orecchie e liberatevi dai pregiudizi e vedrete che riuscirete a godere di questo mini al top.
Ultimo aggiornamento: 06 Ottobre, 2013
Top 50 Opinionisti -
Miserable frame è il secondo lavoro dei nostrani Balrog. Non ho avuto l'occasione di ascoltare il primo disco della band, quindi non avrò modo di poter fare dei paragoni, ma forse questo è un bene, così potrò fare una recensione basata solo su quello che le mie orecchie ascoltano senza nessun “collegamento” o “riferimento” ad altro materiale.
Partiamo come al solito dalla produzione del disco; non mi esalta, le chitarre decisamente troppo “zanzarose”, credo sia stato utilizzato qualche POD o qualcosa di digitale, perchè non posso credere che una bella testata a valvole possa dare un suono del genere. La mancanza di basse frequenze influisce parecchio sul risultato generale del suono. Considerato la musica aggressiva che la band suona, una spinta “sotto” sarebbe obbligatoria. Altra “pecca” (sebbene credo sia una scelta della band) è il mix della voce, va bene che nel metal la voce tendiamo a tenerla, come si dice in gergo “dentro”, ma qui è esageratamente dentro dal mio punto di vista.
La musica: il genere aggressivo proposto da Barlog è vario, questo è certamente un merito, nei 48 minuti di musica vengono chiaramente espresse influenze varie dal thrash al power a materiale più estremo che supera i confini del doom, avvicinandosi di tanto in tanto al death e altra roba più estrema.
Alcuni passaggi all'interno del disco mi sembrano ancora un po' “immaturi” nel senso che appartengono a dei clichè non attentamente esaminati e quindi non perfettamente espressi dalla band. Mi spiego meglio, alcuni passaggi musicali sono chiaramente, di riferimento a band più grosse che hanno espresso tali passaggi al meglio e li hanno fatti funzionare, ma in questo caso non sempre funzionano. Talvolte basta poco per far sì che la musica non vada nella direzione giusta. Questo accade quando non si effettua un'analisi attenta e profonda durante l'ascolto o nel momento in cui si “studia”. Per studio non intendo, quello musicale, ma l'ascolto attento dei particolari che fanno la differenza. In questo album ci sono molte fondamenta di diverse costruzioni, ma poche di esse sono davvero finite e dettagliate.
Posso dire a favore della band che perlomeno non si sono fatti incastrare da quello che è il “mercato” e che questo disco è certamente sincero e personale, nel senso che la band ha provato a creare qualcosa e per questo, ottengono la mia stima. Detto ciò non posso far finta di non “vedere” (sentire) questa non sempre matura esposizione delle idee nella musica proposta dai nostri.
Purtroppo per qualche motivo, sebbene ci sia della ricerca nel suono generale del disco, tutto suona troppo datato per le mie orecchie e molto “vecchio”.
Ultimo appunto che vorrei fare è strettamente legato alla voce. In alcuni casi ho l'impressione che non sia esattamente “in tune” ed, inoltre, un diverso approccio in alcuni passaggi avrebbe giovato a quel discorso di seguire la musica, lasciare che essa sia a far da maestra, invece di tanto in tanto c'è una forzatura. E' un po' come dire io vado dritto per la mia strada poi se è quella giusta vediamo...
Non voglio essere distruttivo, anzi, cerco solo di dire quello che penso in relazione a quello che sento e spero che la band voglia prendere i miei spunti come motivo di riflessione, come spunto per alcune domande e non come un giudizio (ci tengo a precisare che non lo è).
Alla fine del disco posso dire che i nostrani Balrog hanno dimostrato di essere una band con un discreto livello tecnico (in senso positivo) e con un'idea musicale chiara. Questa idea deve solo essere affinata e smussata di quegli spigoli che la rendono poco appetibile. Deve diventare più dettagliata e “concreta” magari facendo attenzione a quei particolari che appunto mancano o non sono poi così “particolari”. Spero che questa mia idea sulla band possa dare alla band stessa motivi di riflessione.
Aspetto con ansia il vostro prossimo lavoro.
Ultimo aggiornamento: 11 Settembre, 2013
Top 50 Opinionisti -
Raise the Curtain è il primo vero lavoro da solista dello storico leader dei Savatage. Sono passati circa 30 anni da quando Oliva è comparso sulle scene del rock e questo primo lavoro da solista lo dimostra a pieno. Se fosse il primo lavoro assoluto forse il tutto risulterebbe, oggi, un po' datato. Ma appartiene a qualcuno che ha alle spalle una lunga carriera e che certamente ha voluto scrivere un disco di musica “senza tempo”, di materiale che appartiene a ere differenti.
La produzione del disco è buona, nulla di super esaltante, ma anche nulla che possa poter distrarre nell'ascolto. Affermiamo che la produzione lascia precisamente capire le intenzioni del nostro uomo. Sottolineo il fatto che la terza traccia è chiaramente suonata perlopiù dal vivo (intendo con la band che suona tutta insieme e probabilmente ci sono solo alcune sovraincisioni di voce o qualche particolare chitarra), questo fattore è importante, perchè fa capire come Oliva sia legato alla tradizione e come appunto riflette un “idea” di album “senza tempo”. Il suono del pezzo è molto diverso dagli altri.
Dopo il primo brano/intro, Raise The Curtain, di chiara matrice prog/rock con giganteschi suoni di organo, si passa a Soul Chaser, un brano hard rock in stile '80s che apre immaginari sull'intero album, lasciandoti pensare:” ok è fatta, questo è quello che ci aspetta allora”. Invece inaspettatamente (o forse no) ecco l'organo di almeno 10/15 anni prima, ricomparire tra le chitarre prepotentemente per un solo incredibile.
La sopra citata terza traccia dal nome di Ten Years parte con un suono a me familiare: Fiati!!! Infatti il brano è una sorta di bluesettone/rock con una sezione fiati (trombe, saxes, tromboni). Un po' mi ricorda quelle super gigantesche jam-session dove tutti salgono su palco per l'ultimo brano facendo un gran casino. Personalmente non sono sicuro del risultato finale.
Ed ecco arrivare il momento di Father Time; ancora un viaggio nel tempo, questo è il tema conduttore (personalmente parlando) di questo disco, infatti questa chitarrina funk che introduce il brano mi fa subito ballare.... e poi ancora prog rock e groove. Questo si che è un brano riuscito.
I know è una ballatona e Big Brother invece si sposta su sonorità molto più dark con una chitarrona suonata in Drop D (con la corda piu' bassa della chitarra abbassata di un tono, per chi non sapesse di che parlo). Il viaggio nel tempo continua ed anche quello delle sonorità. Armageddon è epica ed ancora più scura di Big Brother.
Soldier: altra ballatona, ma dal sapore molto più americano rispetto alla precedente e con un flauto vellutato che richiama ancora una volta scenari degli anni 70.
Così si procede ancora con Stalker e The Witch per concludere con I Can't Get Away brano che chiude il disco con una grassa vena di rock/blues, non a caso ricompaiono i fiati.
Ci sarebbe voluto molto più tempo per analizzare più nel dettaglio, perchè questo disco è qualcosa di molto vario e, come già detto in precedenza, un vero e proprio viaggio nel tempo e nelle ere da oggi (o quasi) a 100 anni fa. Il risultato finale è molto piacevole. Se siete amanti di dischi VERI allora questo fa proprio al caso vostro. E' un viaggio nel tempo!
Ultimo aggiornamento: 09 Luglio, 2013
Top 50 Opinionisti -
Sundancer e' l'ultimo lavoro di una delle band che certamente entrerà nella storia del rock; passati oramai 22 anni dalla loro formazione, sembra che il tempo non scalfisca la band anzi...
La produzione di Sundancer è ottima, i suoni belli, seppur il master mi sembra leggermente scuro, ma d'altronde sono dettagli, considerato il peso della produzione ma sopratutto la qualità artistica di questo disco.
Mi è capitato di ascoltare la prima volta questo album subito dopo aver ascoltato un altro disco da megaproduzione (del quale non faccio il nome) di altissimo livello ed appena ho iniziato a sentire il disco dei Fair Warning ho avuto un sospiro di sollievo incredibile. Vi starete chiedendo: "perchè? Forse l'altra
mega produzione non era cosi' "mega"?"; ve lo spiego subito: ascoltando la "megaproduzione" notavo come tutto era perfetto e "commercialmente" preciso, come la musica seppur incredibilmente bella e compatta non avesse il respiro che invece ho sentito appena è partito Sundancer.... ho sentito gli strumenti "cantare", sorridere, ho sentito le vibrazioni delle corde suonate davvero, un batterista umano e bravissimo che dietro le pelli stava dando il meglio di sé, ho sentito Canzoni, con la C maiuscola, ho risentito emozioni che da tanto non sentivo ascoltando un disco che dice tanto, dalla qualità dei musicisti, alla musica, alla vena artistica, alle liriche... quelle che spesso e troppe volte non vengono valorizzate abbastanza e non vengono prese abbastanza in considerazione quando si ascolta un album. Talvolta ci facciamo prendere dalle belle melodie o dai pomposi arrangiamenti orchestrali, ma spesso ci scordiamo del significato di quello che una canzone vuole dire. "Qualche volta la vita non è proprio giusta, inseguendo sogni che non sono dove si possa credere",(cit.) ma stavolta questo disco è un sogno ben raggiunto per i teutonici più famosi in Giappone.
Credo che questo disco darà giusti risultati a chi come i Fair Warning lavora duro per conquistarsi ogni giorno una fetta di mercato in un mondo dove troppo spesso la qualità non paga... non credo sia questo il caso anzi, posso solo dire che questo è uno di quei dischi che tutti, al di là delle prefenze musicali, debbano avere e debbano aver ascoltato almeno una volta. Non so cosa troverete voi in questo disco ma io ho trovato a "Real Love" (cit.)
Ultimo aggiornamento: 24 Mag, 2013
Top 50 Opinionisti -
Il 24 Maggio uscirà in Europa il nuovo lavoro degli Skid Row, mentre in Uk la release è prevista il 27 dello stesso. Onestamente ci sono rimasto un po' male quando ho scoperto che è solo un EP di 5 canzoni: ho pensato “ma come, dopo tutti questi anni solo 5 songs?”. Sono passati la bellezza di 7 anni dall'ultimo album e secondo me sarebbe stato il caso di spendere un po' più di tempo in sala prove e tirare fuori un lavoro degno di nota e del nome di una band che ha venduto circa 20 milioni di copie con il primo disco (se non ricordo male). Quello era il lontano 1989, dove bastava essere sotto le ali di un Bon Jovi “qualunque” ed il mondo del rock avrebbe premiato certamente, come ha fatto, un buon lavoro come l'omonimo Skid Row. Comunque non perdiamoci in malinconie inutili ed analizziamo questo nuovo EP chiamato “United World Rebellion”.
La produzione sembra buona. Dico sembra, perchè non ho a disposizione i file Wave, ma solo un odiosissimo streaming Mp3, che in alcuni punti è un po' distorto e confuso, ma data la qualità dei suoni, tutti, credo sia solo un problema di Mp3. La batteria mi piace moltissimo come è stata registrata ed anche suonata. Solo le chitarre sono un po' troppo taglienti a mio personale avviso, ma l'impatto sonoro è davvero notevole.
Il primo brano di questo United World Rebellion è King of Demolition. Classicissimo, il perfetto canone hard-rock americano, volendo anche un po' troppo datato, ma questo è il motivo per il quale abbiamo amato questa band. In realtà quando il “pezzo” arriva al ritornello, il suono generale cambia un po', è molto più moderno, molto orecchiabile e canticchiabile. In realtà il primo impatto e feeling ascoltando questo primo brano è stato un po' come quando ho sentito per la prima volta Start From The Dark (il disco di reunion degli Europe), sia chiaro parlo solo di feeling, il sound è completamente diverso.
Lets Go è il secondo brano, bello veloce ed accattivante ancora una volta nella classica forma hard-rock. Direi che qui il rapporto tra “tension and release”, dato tra strofe e ritornelli, è grandioso. La batteria suona benissimo con dei suoni incredibili e mi sembra di vedere il “vecchio”, si fa per dire, Rob Hammersmith suonare qui a fianco a me.
...e poi eccola.... la “ballatona” This Is Killing Me, che inizia ovviamente con la chitarra acustica e sfocia in un ritornello elettrico, lento, solenne e... (come si dice nel sud Italia? “strazza mutande”)... per “pomiciare :-)”... naturalmente faccio il simpatico, ma questo brano è esattamente quello che ti aspetteresti dagli Skid Row, con una chiara influenza “alla Bon Jovi” (per chi non lo sapesse il vecchio Jon è stato il produttore di Skid Row e probabilmente anche di Slave to the Grind, ma non ricordo adesso).
Get Up penultimo capitolo di questo EP è quello che davvero suona “diverso”, qui il riff principale di chitarra è molto più moderno, molto più “metal” dove è facile sentire l'America musicale dei giorni nostri. Il ritornello radicato in una sonorità più “core”... forse... non so come descriverlo, ricorda anche un po' i Pantera o i Rage Against The Machine, per intenderci, con quel classico tocco di “blues” rock tipico degli States che fa muovere la testa e lo senti pulsare dentro. Certamente il brano più “groove” del mini-disco.
A chiudere il tutto, Stitches, dal sapore “shuffle”, molto aggressiva e trascinante, dove la voce del “nuovo” singer (è con la band al posto di Bach, non il compositore classico ;-P, dal 1999) non fa rimpiangere il suo predecessore nemmeno per un attimo, anzi, mi piace moltissimo.
Concludendo posso solo dire che sono amareggiato per il fatto che siano solo 5 i brani, magari un lavoro completo avrebbe dato un'idea più chiara di cosa la band stia combinando al momento. Certo è che: il lavoro delle chitarre e del basso è davvero ottimo, e si sente che suonano insieme da quasi un ventennio. Rob Hammersmith alla batteria picchia duro come un dannato e Johnny Solinger alla voce, posso dice che ci ha messo l'anima. Il mio “voto” è davvero solo in riferimento a quello che ho sentito, anche se allo stato attuale non giudicherei il lavoro, ma semplicemente mi limiterei ad aspettare un full-album prima di “sentenziare”.
Ultimo aggiornamento: 15 Mag, 2013
Top 50 Opinionisti -
Mi trovo a recensire un disco made in Italy, che sono certo farà contenti (o già fatto contenti) molti fans della band.
Questo disco è del 2012 ed immagino, anzi sono sicuro, che un altro lavoro firmato Martiria è fuori o lo sarà a breve, visto che uno dei miei colleghi lo recensirà appena possibile.
Produzione: la qualità della produzione è davvero buona con una sola pecca enorme che, da batterista professionista, un po' mi lascia l'amaro in bocca. La batteria è completamente programmata... ma programmata davvero male con dei suoni non al top, ed il problema vero sta nel fatto che suona esattamente come una batteria programmata. Che voglio dire? Tutti noi abbiamo usato una batteria “midi” nella nostra vita, io per primo quando ho dovuto registrare alcuni demo e non avevo il budget per poter andare in studio a registrare me stesso ho usato batterie programmate, questo lo capisco, ma qui stiamo parlando di una produzione, ed ancora posso accettare che la batteria sia un problema da molti punti di vista, o semplicemente per i suoni.... tutto nella “norma” del genere, ma almeno programmatela con delle dinamiche, con suoni più reali, con una stupidissimo humanizer che EZ Drummer mette a disposizione... insomma fate qualcosa per rendere il più reale possibile lo strumento. Ok non mi volete sentire fare il “pippone” sulla batteria, ma sinceramente credo questo punto rovini un disco che ha molte potenzialità.
La musica: di solito non faccio la lista dei brani di un album, ma ne parlo in generale; questa volta invece ritengo giusto soffermarmi più o meno traccia per traccia, poiché, come dicevo prima, questo disco ha la necessità di un approfondimento specifico vista la costituzione di esso.
E' un disco epico di natura power-epic-prog, molto evocativo come si evince dall'intro e da tutti gli altri interludi al suo interno. La opener track, Calistus Wake, è trascinante con una buona linea melodica che tende a catturare ed a dipingere quadri di natura suggestiva.... un po' come tutto il disco.... ottimo il ritornello e i vari cambi di velocità (ah se quella batteria fosse vera....).
Buona anche la seconda traccia, Tale Of the Two Brother, che immediatamente mette in chiaro la qualità compositiva della band e la voglia di “ricerca” ed evocatività (si può dire?)... il coro epico è grandioso. Non voglio essere ripetitivo, ma questo è uno dei brani dove il peggior lavoro fatto è proprio sulla batteria.... voglio dire, evitate i fill di batteria così espliciti, se per di più essa è finta; si sente davvero tanto (vi taglierei le mani :-)).
La successiva Byzantinm dal sapore “dark” e “malinconico” è davvero bella... me la immagino dal vivo....
The Northen Edge è la traccia sei, anticipata da uno degli interludi citati prima. In questo brano vi devo fare un appunto, che elogio per quanto riguarda il fatto che ci abbiate provato, ma che non funziona al 100%. Il violoncello (o potrebbe anche essere un contrabbasso nella parte alta) non funziona molto in termini di arrangiamento poiché si mantiene su una linea melodica troppo bassa che va a confondersi con le frequenze della sezione ritmica/elettrica. Quando si fanno questi mix tra strumenti “non convenzionali” bisogna sempre tenere conto del range dove si va a scrivere/suonare ed anche la reale natura dello strumento e la sua timbrica e sonorità. Dal vivo non si sentirebbe mai....un po' come pretendere che un solo di pianoforte possa essere più aggressivo e “loud” di un sax tenore.
Homens è un altro interludio e poi la “ballad” del disco, Ides Of March. Epica, evocativa, con un crescendo ottimo e i cori epici nei ritornelli finali che guidano verso confini antichi. Il flauto poteva essere meglio intonato e meglio curato nella scrittura.
Il momento Epico continua con la seguente e veloce The Scrouge Of God, ben costruita e trascinante. Ed ancora, con Elissa, sulle vie dell'heavy-metal. In questo brano voglio sottolineare il bel lavoro delle chitarre elettriche che un po' ricordano i Maiden.
Burn Baby Burn mi lascia perplesso. In che senso? Bene, seppure un bel brano, vorrei chiedere alla band: ma conoscete un brano chiamato Come Together di tali Beatles? Qui c'è un chiaro plagio... quindi non mi prendo la “responsabilità” di recensire questo brano. Chi vuole lo potrà ascoltare sul disco e capire cosa intendo. Sottolineo e sono chiaro, solo per quanto riguarda la strofa (e sottolineo anche che non si va mai ad accordo V, come fanno i 4 di Liverpool).
Chiude il disco Spartacus, ottima chiusura dai tratti prog, dove tutto mi sembra buono tranne quell'inserto di chitarra acustica, per lo stesso concetto del violoncello di alcune tracce prima. Dal vivo una chitarra del genere nemmeno si “vedrebbe”.
Questo è un bel disco ed ha solo piccole imperfezioni come quelle descritte in precedenza e la grande pecca della batteria... (puramente personale.... ma non ve la perdono:-P). Sinceramente non credo che questo nuovo cantante sia esattamente ciò di cui i Martiria necessitano, infatti la voce è un po' il punto debole di tutto il lavoro, e mi riferisco allo specifico timbro. Mi spiace dirlo ma un cantante con un diverso timbro vocale, avrebbe dato un'altro risultato. Sono certo che il nostro uomo (del quale non ho personalmente nessuna informazione) si rifarà nel nuovo disco.
Peccato, avrei voluto dare un "top Vote", ma queste piccole cose me lo impediscono.
Ultimo aggiornamento: 14 Mag, 2013
Top 50 Opinionisti -
I Dogs'N'Bones sono una band lombarda giunta al suo terzo lavoro discografico, intitolato "In Your Face".
Direi che la produzione del disco non è affatto male, anzi suona proprio bene, con dei suoni gradevoli ed un bel lavoro di produzione alle spalle. I suoni della batteria sono molto aggressivi e questo aiuta tanto nella spinta generale del disco (anche se sono quasi certo che è una batteria elettronica o una batteria programmata, e credo anche di sapere quale batteria elettronica, ma non faccio pubblicità). Belle anche le chitarre, sebbene, considerato il genere dei lombardi, che è di chiaro stampo Hard Rock, io personalmente avrei richiesto delle chitarre meno taglienti, più mediose e grosse. Per citare un classico: Les Paul e magari un blues driver a manetta o una testata Marshall.
Non posso dire lo stesso della voce che, al contrario del titolo, non è per nulla in your face, anzi è stata mixata molto “dentro”, proprio come in un disco di heavy-metal, ma questa è una scelta personale della band per la quale non entro nel merito.
Unico punto un po' strano è l'inizio di chitarra acustica di "Time Has Gone", dove lo strumento in questione è altissimo, considerando il rapporto con il brano precedente, e poi ritorna nel mix quando entra la voce.... mi viene il dubbio che la compressione sul master non fosse adeguata o perlomeno non seguita a dovere.
Passando alla musica devo esprimere un certo piacere nell'ascoltare questo disco in quanto è stato scritto e composto “correttamente”. E' un disco senza grosse pretese, ma ogni cosa è al suo posto, quasi “scontato” nella maniera bella del termine, perché a mio avviso se si decide di suonare un genere come questo sarebbero fuori luogo uscite “strane” o “innovative”. Insomma, oramai me lo avrete sentito dire (magari letto) mille volte, è la musica che fa da maestra ed indica la strada da seguire nella composizione di un brano, e credo che in questo "In Your Face" tutta la musica vada dove ha chiesto di andare senza forzatura, ma con naturalezza. Questo per me è il miglior pregio di questo lavoro, siatene orgogliosi ragazzi!
Unica pecca di questa “stesura musicale” è la voce. Ci sono troppe imprecisioni di intonazione e il timbro vocale del singer non è all'altezza degli altri membri della band. Credetemi, per me è sempre difficile dover dire certe cose e spero che non siano prese con stizza ma che, al contrario, possano essere spunti per migliorare e far meglio in ciò che noi tutti amiamo....la musica.
Ultimo aggiornamento: 12 Mag, 2013
Top 50 Opinionisti -
I nostrani Walpurgis Night prendono il loro nome da un’antica festa che si svolge tra il 30 aprile ed il primo maggio in alcuni paesi del nord Europa ed Europa Centrale.
Purtroppo non ho molte notizie sulla band, anzi direi nessuna, tranne qualcuna trovata qui e là su internet, ma va bene così in questo modo mi posso focalizzare esclusivamente su quello che le mie orecchie stanno ed hanno ascoltato dal lettore CD….
La produzione del disco è buona con bei suoni e una buona dinamica degna di un disco del 2012, sebbene ci siano un paio di fade-out un po’ troppo frettolosi….ma non stiamo certo qui a discutere di questo, però sono i piccoli particolari e la cura dei dettagli che spesso fanno la differenza, tenetelo bene in mente.
La musica è varia con influenze multiformi, dalle cavalcate prettamente Maideniane a riff prog-metal con vari cambi di metrica all’interno di una stessa canzone. La composizione generale dei brani è sufficiente, ma talvolta ho l’impressione che non sia ancora abbastanza per un salto di qualità. Ci sono momenti in cui la stesura dei brani sembra forzata, quasi a voler andare in una specifica direzione, ma senza che sia la musica a chiederlo. In generale, ripeto è sufficiente ma non al top specialmente in alcuni passaggi armonici, dove talvolta soluzioni più semplici e “scontate” avrebbero sortito miglior risultato. Ciò non toglie che una produzione come questa è certamente da elogiare poiché la quantità di lavoro che ha richiesto è ammirevole, infatti nella composizione i dettagli ci sono e sono molti.
La batteria è ben suonata con il giusto carico di energia per quello che la musica richiede e ben attenta nella stesura delle proprie parti musicali. Basso e chitarre fanno il loro dovere, ma chitarristi miei a voi tocca la croce armonica su citata, premettendo che non sono al corrente di chi ha composto i brani e quale sia il vostro metodo compositivo, a voi attribuisco il fardello pesante di queste piccole incongruenze armoniche…. poi magari i brani li ha scritti il cantante o il batterista o è un lavoro collettivo, ma questo non mi è dato sapere.
La voce….eh, la voce….questo si che è un buon punto…..Il nostro “vagabondo notturno” ha certamente una bella dote nelle sue corde, nel modo in cui controlla il suo strumento (non scordiamo che anche la voce è uno strumento), ha un’ ottima estensione e lo dimostra in tutto il percorso che fa durante la “notte”, ma anche qui ho avuto l’impressione che talvolta lo abbia dimostrato con forzatura e non per una specifica richiesta da parte della musica. Mentre meno di qualità sono la maggior parte delle linee vocali, infatti in essa trovo il vero punto debole di questo “percorso nottambulo”. Le linee vocali in questione sono deboli, troppo spesso intricate senza la necessità di doverlo essere e viceversa poco ricercate quando ce ne sarebbe stata l’occasione. Io sulle voci sono sempre molto critico, d'altronde una bella linea vocale (che non significa scontata, ma bella) fa la differenza di una canzone.
Concludendo posso dire che è un buon disco, ma non qualcosa che mi ha fatto saltare sulla sedia. Ben costruito ma non al top, insomma una buona via di mezzo. Non so nemmeno l’età media dei componenti quindi non posso e non voglio esprimermi più di tanto da questo punto di vista perché comunque l’esperienza ha un peso nella carriera di un musicista e ancora di più in quella di una band.
Ultimo aggiornamento: 21 Aprile, 2013
Top 50 Opinionisti -
Goldenseed, o meglio Gabriele Pala è una one-man band. Come scritto nelle note da lui stesso (o chi per lui) pervenutemi, questo progetto è nato con l'idea di non poter essere suonato da musicisti reali data la natura avanguardistica (non so se si può dire così) del progetto.
La produzione di The War Is In My Mind (titolo del album) è buona, ma personalmente trovo l'uso dell'elettronica non poi così interesante (ovviamente non parlo in generale, ma parlo di questo particolare disco).
La musica è complessa, ma senza una reale ragione di esserlo, non ci trovo molta ispirazione musicale, non riesco a sentire belle melodie, né tantomeno un disco di musica potente ed “incazzusa”, se mi permettete il termine. Sia chiaro non dipende dal fatto che sia un disco di musica sperimentale, ma credo che la sperimentazione in questo caso non sia stata delle migliori.
Perchè? Bé, faccio un esempio per cercare di spiegarmi, poiché il discorso è delicato e non voglio vanificare certamente gli sforzi che questo musicista avrà certamente fatto per tirare fuori questo lavoro. Quindi, qual è il motivo di utilizzare una batteria elettronica, programata (non benissimo) se poi il suo ruolo è quello di una batteria tradizionale? Immaginando un batterista che suona con le spazzole, bene, non avrebbe molto senso se suonasse un groove da hard rock.
Spero di essere stato chiaro abbastanza, ma è davvero un discorso difficile e delicato e sto cercando di esprimere al meglio le motivazioni per il quale non riesco ad apprezzare questo lavoro.
Gabriele sulla chitarra è certamente virtuoso ma, appunto, è un virtuosismo che non viene giustificato dalla musica intorno a lui, per me sono solo un sacco di assoli veloci (permettetemi, con qualche nota “sbagliata” di troppo). Con questo non dico che non ci siano momenti, sporadici, nel disco dove chiaramente si denota un po' di conoscenza e consapevolezza, ma troppo pochi per giustificare la totalità di quello che mi viene sottoposto e proposto come “sperimentazione”.
Infatti devo dire che probabilmente se avessi avuto la possibilità di fare due chiacchiere con l'autore, prima, probabilmente mi avrebbe delucidato su alcune sue idee, magari cambiando la visione del mio punto di vista. Putroppo solo dalla musica non riesco a cogliere esattamente qual è il senso di molte cose di questo disco e a livello emozionale non credo sia riuscito benissimo. Se avessi dovuto recensire una serie di canzoni (nel senso più classico del termine) come per esepio il brano di chiusura di The war is in my mind, allora sarebbe tutto stato diverso, ma qui devo dare “ascolto” all'emotività della musica e mi spiace continuare a dirlo ma non è stata centrata. Consiglierei l'ascolto di questo disco a tutti, in modo tale che ognuno possa ricercare l'emozione di cui parlo, su un piano personale e valutare personalmente il lavoro di Gabriele.
Diciamo questo: in musica, di qualsiasi genere, abbiamo bisogno di emozioni. Le emozioni non dipendono dalla tecnica o dalla “fantasia”, ma nascono tutte dallo stesso punto e poi prendono strade diverse e reazioni diverse. Questo punto dal quale nascono è fondamentale per la buona riuscita di essa, la musica. La “tensione ed il rilassamento” sono ciò che crea movimento e non esiste buona musica senza tensione e rilassamento. Questo disco mi suona come una tensione continua e quindi ne risulta una mancanza di movimento, di emozione. Lo stesso vale per l'opposto. Un disco (o brano o canzone che sia) tutto in rilassamento non avrebbe movimento. Un po' come lo Yin e Yang. Qui manca proprio quello, è tutto Yin o tutto Yang....fate voi.
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