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Opinione scritta da Valeria Campagnale

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    23 Gennaio, 2025
Ultimo aggiornamento: 24 Gennaio, 2025
Top 50 Opinionisti  -  

L’atteso album “Fructus: The Master's Zodiac” dei Master Dyè stato pubblicato per DMG, si tratta di un progetto ambizioso, quanto riuscito, che ha impegnato il gruppo per 15 mesi di lavoro e che mostra un suono moderno con una tematica oscura, quella dello zodiaco.
Prima di ascoltare questo album ho voluto ascoltare i precedenti lavori e posso affermare che “Fructus: The Master's Zodiac” è un’evoluzione per questa band che ha elaborato un disco molto ispirato ed emozionante che sembrerebbe uscito da un mondo illusorio post-apocalittico in cui si intrecciano gothic, power, death, black e symphonic metal, insomma una miscela esplosiva che risulta impossibile non riuscire ad apprezzare.
Oltre alla qualità musicale, c’è la meravigliosa voce di Dy Moob (Madre Goth) che è anche compositrice; una voce potente e soprattutto duttile che è un elemento fondamentale per il progetto.
I dodici brani, a parte l’introduzione “Master's Zodiac”, sono intensi, energici e dinamici, proprio come l'opener “Bad Omens of January”, la seguente “February Sinner” e la bellissima “Nyctophile Serenade”. Tre brani di spicco in questo disco ma non gli unici, infatti la seguente “Ephermeral Void” è un pezzo melodico anthemico con parecchi suoni elettronici ed una batteria straordinaria.
“Solitary Ember” ha una direzione pop ma tendente all’ industrial, con parti rap e synth, urla maschili, voci polifoniche ed un breve assolo, tutto ciò mi lascia perplessa e mi domando il motivo di inserire una musicalità simile in questo lavoro quando poi la band con “Sepulchral Equinox” ci regala un brano doom molto pesante che offusca “Solitary Ember”. Capisco la modernità, ma non un cambio stilistico così drastico, seppure breve.
Bello il duetto in “October's Haunting”, le voci growls e screams di Dy Moob e Mr. Draco si sposano perfettamente, mentre con “Nocturnal Veil” ci ritroviamo in un brano molto più oscuro in cui la voce di Mr. Draco è quella principale.
 “Frostbound Sonata” termina l’album e si tratta di un pezzo più orchestrale e armonioso.
I Master Dy ci regalano un lavoro molto creativo, infatti con “Fructus: The Master's Zodiac” la band si sposta molto di più rispetto agli album precedenti, dando una sferzata alla propria discografia.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    12 Gennaio, 2025
Ultimo aggiornamento: 12 Gennaio, 2025
Top 50 Opinionisti  -  

I Remina, gothic doom metal duo della Nuova Zelanda, propongono un EP davvero interessante, intitolato “Erebus”, composto da due canzoni tratte dalle sessioni di scrittura del loro secondo album e da una scritta all'inizio del 2023, con la partecipazione dei nostri connazionali Emilio Crespo e Renan Bianchi.
La prima è la title-track che, con l’intro da note mistiche con tastiere e toni ambient, crea una bella atmosfera, si dipana successivamente con una chitarra cupa e vocalizzi femminili molto delicati a cui si aggiunge una strumentazione pesante.
Il secondo brano è “Cinderfall”, con la voce di Heike Langhans e, come nel pezzo precedente, la musicalità è molto carica, rendendo il lavoro intenso, melodico ma anche carico di tristezza.
In chiusura troviamo “Siren's Sleep” il pezzo più heavy che vibra in tutto e per tutto di doom tra suoni malinconici e voci pulite con la musica in contrasto.
I Remina con questo "Erebus" mostrano un lavoro pieno di oscurità, creando davvero un buon esempio di gothic doom.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    07 Gennaio, 2025
Ultimo aggiornamento: 07 Gennaio, 2025
Top 50 Opinionisti  -  

Un robusto album di debutto per la band tedesca High Warden, che, con “Astral Iron”, si affaccia sulla scena Epic Doom per Dying Victims Productions. Proveniente da Münster, la band è sono stata fondata dal cantante/chitarrista Alastair van Morgue-Gûl e dal batterista Sadistic Hammer nel 2022. L’anno successivo prende vita il demo “Land of Stone”, pubblicato nel 2023 da Dying Victims. Al duo si unisce Lord Perish, inizialmente come bassista dal vivo e poi come membro attivo.
“The Morn Is Wiser Than The Eve” evidenzia la voce di A.M., imponente ed espressiva e, mentre il brano si sviluppa con un buon ritmo dilagante, si affacciano momenti ipnotici grazie alle chitarre, in special modo i riff che riescono a mantenere il brano interessante e massiccio.
Con la seguente “Devil His Due - Whores of Yerusalim”, il trio si addentra nel viking metal dopo un inizio tipicamente doom, mentre l’inquietante “Burgfrieden” ci catapulta verso il pezzo più bello dell’album: “Pale Hunter”, un brano che richiama sicuramente i Mercyful Fate con riferimenti all’occulto per un intreccio così evocativo che rende questa traccia la più complessa e, a mio avviso, il punto di forza degli High Warden.
Cambiamo pagina e ci dirigiamo verso un heavy metal efferato con la title-track “Astral Iron” in cui la band si esprime a ritmi molto concisi, chitarre vibranti e molto taglienti ed un basso mozzafiato. Viene il dubbio che questi tre musicisti siano effettivamente al loro debutto.
In chiusura troviamo la convincente “We Shall Burn at Foreign Shores (The Choice of Achilles)” con i suoi toni cupi ed epici, a tratti melodici, ed una chiusura tumultuosa.
Gran bel lavoro questo "Astral Iron" degli High Warden, un metal lento e cupo che conquista al primo ascolto.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    19 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 21 Dicembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Creativa ed ispirata la band portoghese Ethereal, che pubblica, a distanza di anni, il nuovo album “Downfall”. Per chi non avesse mai sentito parlare di questo gruppo, ricordo che gli Ethereal hanno alle spalle “The Dreams of Yearning” del 2003 e “Towers of Isolation” del 2006. Dopo lo scioglimento nel 2008, ecco che gli Ethereal ritornano a gamba tesa con questo bellissimo lavoro che spazia dal classico heavy metal al prog, goth, sinfonico e al doom, un ventaglio musicale apprezzabile da tutti.
“Betrayal” apre l’album in modo imponente e riesce a catturare l’attenzione fin dalle prime note, belli i riff e la linea ritmica, un brano perfetto in cui la voce di Cristina Lopes spicca in modo eccezionale, gran bella apertura. Se il brano precedente apre senza tante deviazioni, la seguente”The Allure of Daryah” inizia in modo più soft, per poi districarsi in momenti più heavy e bisogna ammettere che anche questo brano è veramente ottimo, nessun cedimento di stile, anzi, gli Ethereal sanno esattamente quali sensazioni elargire.
Con “The Last Peaceful Journey” si prosegue sulla stessa onda sonora, con Hugo Soares ed il suo cantato growl che tra l’altro in questo album mostra sia vocalizzi pesanti e sporchi, sia puliti, mostrandosi versatile. Inutile dire che tra le parti growl ed il cantato soave di Cristina, il pezzo risulta essere molto arricchito.
Passiamo ad un profondo doom con influenze British in “Turmoil”, il mio pezzo preferito, anche qui troviamo un duetto tra Hugo e Cristina, ma quello he colpisce maggiormente è il basso di Jorge Bentes, profondo, cupo e vibrante. Ottime anche le chitarre con validi assoli di Marco Agostinho, Carlos Monteiro e Pedro Arsenio. Meravigliosamente angosciante l’inizio di “Our Dying Hope”, un brano metal classico che ha un aggancio più diretto ed una batteria solida in cui Miguel Ledo mostra le sue capacità in modo molto marcato.
Più melodica è la successiva “The Hour of Infinity” con un buon ritornello, mentre per “Downfall”, in chiusura, le tastiere di Mário Serrano, aprono per regalare una bella atmosfera che accampagna i vocalizzi di Cristina e Hugo. Un altro brano molto interessante ed emotivo.
“Downfall” degli Ethereal è un album ricco di sfumature che attraversa stati d’animo differenti e, passando da momenti malinconici ad altri più leggeri, riesce a coinvolgere senza scadere mai in sonorità mainstream. Da avere!

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    17 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Dopo “Your Turn To Die 7'' del 2021, i The Watcher tornano sulle scene con “Out of the Dark” per Cruz Del Sur Music, primo full-length dell'emergente gruppo heavy metal a tinte doom del Massachusetts.
Un lavoro che amplifica la descrizione del viaggio dell’uomo in un mondo condannato dalle lotte dell’umanità, affrontandone i disagi e la malvagità.
“Out Of The Dark” è convincente, sia per le tematiche che per la sonorità che fonda il metal classico al doom, bilanciandosi tra un percorso dall’atmosfera irreale e suoni anthemici, riuscendo perfettamente a trasmettere la vera forza dell’heavy metal.
La title-track “Out of the Dark”, che tra l’altro è il primo brano di questo album, è letteralmente un approccio deciso pronto ad esplodere fin dal primo riff, un pezzo corposo e ben strutturato.
“Strike Back” ha l’ottima batteria di Chris Spraker a cui difficilmente si riesce a resistere e le chitarre massicce elaborano il pezzo in modo veramente buono.
In “Burning World”, i The Watcher scavano più a fondo, tra melodie cupe e riff veloci, questo è assolutamente uno dei brani che preferisco, molto profondo e ben articolato nelle sfumature, con le linee di basso superbe.
“Exiled” non è da meno, ispirandosi agli ’70 e specificatamente ai Black Sabbath, i tre musicisti regalano ottime espressioni musicali, facendo loro un periodo vintage ma sempre e comunque in voga.
Se “Burning World” è riuscita a coinvolgermi, devo ammettere che anche “The Revelator” ha il suo fascino, principalmente per i riff più fragranti di Max Furst e Paden Reed, e le voci più graffiate di quest’ultimo.
Due minuti intensi per “Kill or Be Killed”, per poi passare all’ anthemica “The Final Hour” con riff galoppanti in stile Maiden e assoli roventi.
Ciò che non ci si aspetterebbe è la chiusura, bellissima tra l’altro, con “Thy Blade, Thy Blood”, un brano lento, con sottofondo doom tradizionale di grande effetto e che, per la tematica trattata, ovvero una rappresaglia, è sicuramente la musica più adatta. Toccante, profonda e tagliente.
Tra armonie, inni, riff veloci ed altri più melodici, The Watcher hanno pubblicato un album sorprendentemente nuovo nel suo essere immerso negli anni ’70 e ’80. “Out Of The Dark” è un disco molto curato e profondo, con uno stile heavy metal a cui la band aggiunge venature nuove. Più che consigliato agli amanti del genere.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    17 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 18 Dicembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

Gli Xandria sono tornati con il nuovo album “Universal Tales” in cui definiscono nuovamente l'essenza del metal sinfonico moderno.
Dopo una lunga pausa, il ritorno con “The Wonders Still Awaiting” dello scorso anno, la band tedesca torna adesso con una nuova formazione che comprende Ambre Vourvahis, che con la sua voce passa disinvoltamente dal rock, agli acuti operistici per arrivare ad un cantato growl.
Presentato come un EP contenente nove tracce (che poi sarebbe una specie di LP), pubblicato via Napalm Records, il gruppo sciorina quattro nuovi brani, sottolineando la versatilità e l’intensità della loro musicalità.
La storica band tedesca ci regala nuovamente l’intensità a cui ci ha abituato e in questo nuovo disco si passa dalle melodie a timbri più pesanti.
Ciascun brano mette in risalto una diversa sfaccettatura della gamma musicale degli Xandria, insieme ad una nuova registrazione e ad una versione splendidamente ri-arrangiata della title-track del loro recente album, “The Wonders Still Awaiting”. Dalle atmosfere roboanti di una colonna sonora cinematografica, agli inni guidati da cori e orchestre, fino alle atmosfere celtiche ed a strumenti come violini e fischietti, le canzoni fondono influenze metal classiche e moderne. "Universal Tales" offre una ricchezza di scoperte, mentre la cantante Ambre Vourhavis esplora nuove altezze e profondità della sua voce, rendendola ancora più forte rispetto all'ultimo album.
Il singolo “Universal”, accompagnato da un video musicale ufficiale, è una dichiarazione a sostegno di una società libera, aperta e diversificata, contro l'autoritarismo e il fondamentalismo religioso. È dedicato a Jina Mahsa Amini e a tutti coloro che lottano per la libertà. “No Time to Live Forever” parla dell'apparente perdita della ragione nel mondo e dell'ascesa del tribalismo, alimentato dal fondamentalismo religioso che sembra combattere un'ultima battaglia contro l'illuminismo e le conquiste della civiltà. “Live the Tale” segue questo tema, mostrando che, nonostante le nubi oscure, l'umanità potrebbe andare in una direzione positiva, poiché c'è così tanto ancora da scoprire e così tanto potenziale nell'umanità per vivere il racconto della sua immaginazione. In “200 Years”, gli Xandria abbracciano pienamente le loro radici celtiche come mai prima d'ora ed esplorano i regni del noto libro e della serie televisiva “Outlander”. Accentuato dalla rinomata Ally Storch (Subway To Sally), il violino ipnotico si fonde con la batteria decisa e con l'atmosfera da blockbuster, trasportando immediatamente i fans in regni lontani, in lotta per un mondo libero e giusto.
"Universal Tales" si conclude con le versioni orchestrali dei quattro nuovi brani ed è stato pubblicato contestualmente al tour europeo con i pari genere Sirenia nel novembre del 2024.
In conclusione, possiamo affermare che anche questa volta gli Xandria riescono a trasmettere ottime vibrazioni!

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    05 Dicembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 08 Dicembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

La band Dark Metal Krypta proveniente da Kiev, fondata nel 2014 dal chitarrista Dmytro Omelechko. ha pubblicato l’album di debutto “Krypta” che vede un’armonia intensa al suo interno, tra vocalizzi soavi e interventi in growl e con un’aria tipicamente profonda e per molti versi accentuata dal folk. Un bel progetto davvero! È proprio con la voce soave di Tetiana Tugolukova che l’album si apre con la bella "Omerta”, Tetiana è accompagnata da growls, suoni profondi, intensi e cupi ed il violino, qui entra a gamba tesa la sonorità folk. Segue “Ftor”, arricchita dagli strumenti a corda, mentre i melodici suoni di chitarra aumentano la bellezza del brano. In ”Imya” le chitarre ed il piano sono decisamente in primo piano, i vocalizzi femminili estesi sono intensi facendo risultare questo pezzo molto delicato, mentre entriamo in campo epico con il seguente “Petrykor”, molto interessante tra l’altro sia per la timbrica molto dark che per il ritmo. Un’intro più tranquilla per “Uroboros” in cui gli strumenti a corda svettano ed il suono doom è più marcato mentre, dopo un'introduzione di piano e archi, “Meridian” ci regala degli ottimi riff che prevalgono nell’interezza del pezzo. Nella successiva traccia “Shal”, i Krypta ci regalano delle sonorità più leggere ma non per questo meno interessanti, tutt’altro, per una canzone sempre ricca di intensità. In chiusura, troviamo “Shum” la cui peculiarità è un intreccio tra folk ed epic doom, un brano in cui il violino e la chitarra riescono ad unirsi perfettamente creando una bella atmosfera.
“Krypta” è un buon album nel quale eccelle la voce femminile, veramente superba, chitarre pesanti e inserti folk che abbelliscono tutto ma, più che una critica solo un consiglio, è quello di aumentare dei cambi di tempo per accentuare i passaggi tra uno stile e l’altro. Per il resto, ripeto, è veramente una band con delle capacità eccellenti.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    18 Novembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 19 Novembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

I maestri del synth-metal melodico Delain tonano con l’ EP “Dance with the Devil”, pubblicato l'8 novembre 2024 via Napalm Records, dopo il successo del loro ultimo full-length, "Dark Waters" datato 2023; nel nuovo lavoro la band presenta il meglio della sua discografia, lanciandosi verso nuove sonorità orientate più verso il synth-drive.
“Dance with the Devil” è la seconda uscita con una nuova formazione guidata sempre dal membro fondatore nonché la mente dei Delain, Martijn Westerholt.
Questo EP propone due brani inediti, due brani preferiti riproposti, nove elettrizzanti performance dal vivo e due bonus tracks strumentali, che mettono in mostra il meglio del loro sound orecchiabile e melodico, con ampi elementi di synth elettronico e fresche sfumature moderne.
I due nuovi brani, “Dance with the Devil” e “The Reaping”, esprimono emozioni di dolore, con melodie di synth e una notevole musicalità pesante. “Dance with the Devil”, molto più intimista, è una sorta di inno con massicci growls, mentre con “The Reaping” la band esplora una disillusione sul percorso della società, molto interessante come brano.
La versione inedita di “Sleepwalkers Dream”, mette in luce i vocalizzi della bravissima Diana Leah mentre, con il prosieguo del lavoro, troviamo esibizioni dal vivo, con i successi dei Delain come “Burning Bridges”, “The Quest and the Curse”, “Moth to a Flame” ed ovviamente “April Rain” e “Queen of Shadow”.
Ricordo che l’edizione digipak contiene le bellissime versioni strumentali di “Dance with the Devil” e “The Reaping”, con l'aggiunta di una versione intensa di “Underland”.
“Dance with the Devil” marca oltremodo la classe dei Delain con una musicalità che emerge dalla massa, con una sezione di archi che incanta e mostra come questo combo abbia molto da offrire in futuro soprattutto grazie ad una formazione rinnovata. Questo nuovo EP (che, vista la durata, sarebbe più corretto definire LP) è un ottima evoluzione e ripartenza dopo una pausa riflessiva che riesce a intrecciare due sentimenti fondamentali, dolore e rabbia espressi da chitarre pesanti e synth in una chiave moderna.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    14 Novembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 2024
Top 50 Opinionisti  -  

I Capilla Ardiente sono una band epic doom metal di Santiago del Cile; il loro nuovo album “Where Gods Live And Men Die” è uscito in questi giorni di metà ottobre per High Roller Records, così come i precedenti due album, “Bravery, Truth And The Endless Darkness” (2014) e “The Siege” (2019).
“Where Gods Live And Men Die” è definitivamente il vero stile doom epico che ci aspetta di ascoltare con intro molto teatrali, chitarre tormentate e quell’aria tagliante che potrebbe essere una colonna sonora per battaglie epiche cinematografiche.
Ciò che mi ha colpita maggiormente è la pesantezza delle linee di basso distorte e profonde di Claudio Botarro Neira. Essendo il mio strumento preferito, apprezzo quando la linea ritmica viene solcata in questo modo così abissale.
La peculiarità di “Where Gods Live And Men Die” è che contiene quattro brani, pochi? Non direi, poiché l’intensità accentuata dalla partecipazione in cui coinvolgono è massima.
Partiamo dal primo brano “Envenomed”, con un intro cacofonico creato dalle chitarre di Julio Bórquez e
Igor Leiva che si allineano con la batteria di Francisco Aguirre; è esattamente così che ha inizio il viaggio in questo lavoro. Un brano massiccio ed epico in cui l’iconica voce di Felipe Plaza Kutzbach riesce a scalfire e sedurre, è un inizio perfetto ed indovinato per questo album.
Con “The Hands of Fate Around My Neck” ritroviamo le profonde sonorità epic doom con le taglienti chitarre ed una linea ritmica che solca l’anima, un pezzo in cui si evince la canonicità dei Capilla Ardiente e delle loro radici old-school per un genere che riesce sempre ad affascinare. Fantastico l’assolo di chitarra e voce.
“Now Here. Nowhere.” è molto probabilmente il mio brano preferito ma, difficile a dirsi, perché ogni pezzo di questo lavoro riesce ad attraversare l’anima e sono tutti e quattro ottimi capitoli musicali. Anche in questo brano notiamo come eccellano i vocalizzi molto ben equilibrati, nonché la profonda ed incantatrice musicalità sempre improntata all’abisso.
“Where Gods Live And Men Die” è un album senza orpelli che non va molto per il sottile, tra linee armoniche e riff parecchio pesanti, con una struttura importante e sempre cupa. Un lavoro da ascoltare più volte per coglierne le più sottili inclinazioni; se quindi siete fruitori della “fast music” sicuramente non è l’album adatto ai vostri palati, mentre se siete dei ricercatori di suoni ed apprezzate un doom carico di intensità, “Where Gods Live And Men Die” è decisamente vostro. Bravissimi Capilla Ardiente! Doom Aeternum.

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Opinione inserita da Valeria Campagnale    06 Novembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 06 Novembre, 2024
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Band leader del modern metal svizzero/tedesco, gli Ad Infinitum hanno pubblicato l'album “Abyss” per Napalm Records, un lavoro che intreccia chitarre djent arrivando sul filo del pop e con dei growl piazzati a dovere.
Ho ascoltato più volte “Abyss” e devo ammettere che non vedo un eccitante lavoro, ma che sia orecchiabile è indiscutibile e molto probabilmente aumenterà la schiera di fans della band, favorendone l’ascesa.
Personalmente mi sarei aspettata qualcosa di più accattivante, meno easy listening e più potenza, considerando che i singoli promettevano molto bene, di fatti sia “Follow Me Down” che con l’ipnotico “My Halo” sono la pura rappresentazione del modern melodic metal. In effetti, se vogliamo andare per il sottile, in questi due pezzi si possono riscontrare delle chitarre taglienti e selvagge con la giusta dose di melodie e più che ottimi ritornelli. Altro brano che risulta ottimo è “The One You'll Hold On To”, che riesce ad incarnare lo stile melodico, forse più groove e con un buon up-tempo.
Notevolmente bella anche la versione orchestrale di “My Halo” e il brano “Euphoria” in cui brillano sia la voce sempre molto seducente di Melissa Bonny e le tastiere che donano a questo pezzo un’atmosfera trascendentale. Anche qui Adrian mostra i suoi virtuosismi alla chitarra e la linea ritmica è perfetta.
Sembrerebbe anche quasi che basso e batteria, rispettivamente dei bravi Korbinian Benedict e Niklas Müller, siano più minimali rispetto agli album precedenti, tranne che in “Outer Space” e “Parasite”.
“Aftermath” è un brano robusto ma manca di mordente, il che è un peccato perché con una sferzata sarebbe risultato veramente un pezzo incisivo.
Troppo accattivante “Surrender” che il pop non lo rasenta, lo oltrepassa definitivamente; la ballad “Anthem for the Broken” non è viscerale e non riesce a mio avviso a trasmettere la giusta emozione e “Dead End”, in chiusura, è sostanzialmente condotta dal synth, il che fa perdere fascino a quelle che sono le cose positive del brano, come la sezione strumentale ed i vocalizzi alternati tra puliti e aspri.
Personalmente avrei lasciato le linee ritmiche più tecniche come nei lavori precedenti, sentire basso e batteria come fossero secondarie strumentazioni è piuttosto anomalo e porta l’album ad un calo di spessore.
Trovo questo lavoro alquanto piatto e un po’ scialbo; ripeto, è un peccato perché con un’impronta differente e più marcata, “Abyss” sarebbe potuta essere un’ottima uscita...

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