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Opinione scritta da Angelo Colletti

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3.5
Opinione inserita da Angelo Colletti    13 Gennaio, 2016
Ultimo aggiornamento: 13 Gennaio, 2016
Top 50 Opinionisti  -  

A questi tre ragazzi di Salisburgo deve essere piaciuto molto lo stile Western, tant’è che, pur essendo distanti migliaia di chilometri dal Texas, hanno creato una band capace di unire lo stile aggressivo del Metal con le suggestioni tipiche dei Saloon del Far West ed il groove fondamentale del Rock’n’Roll, il tutto approcciato con una discreta dose di attitudine che rende il tutto piuttosto coinvolgente.

Grande attenzione viene data all’immagine ed alla scenografia della band, molto importante per poter essere accattivanti nei confronti di un pubblico sempre più attento allo show che le varie formazioni riescono a presentare e che, a volte, si rivela determinante per il successo di un gruppo musicale o che, quantomeno, deve essere parte integrante della proposizione artistica.

I Proll Guns questo lo sanno bene ed, infatti, utilizzano diversi espedienti per poter essere interessanti, come ad esempio le due Saloon Girls che, immagino, siano molto efficaci nelle esibizioni live; anche il massiccio uso del banjo arricchisce di colore e di sapori tipicamente Western questo "Horseflesh BBQ", full lenght album in uscita il 29 gennaio 2016, composto da 10 tracce piuttosto godibili, suonato ed interpretato con intenzione e piuttosto ben prodotto dalla NRT-Records.

Non aspettatevi chissà quali peripezie tecniche o riff innovativi, non sono i Rebels Meet Rebels per intenderci, ma gli amanti dei generi Metal alternativi troveranno sicuramente interessante questo lavoro e soprattutto il modo convincente di presentarsi nello scenario musicale.

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2.5
Opinione inserita da Angelo Colletti    29 Novembre, 2015
Ultimo aggiornamento: 30 Novembre, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

I Fallen Angels sono una thrash metal band di Seattle e con questo “World In Decay” sono giunti al terzo album in studio, prodotto nientepopodimeno che da Micheal Rosen che ha lavorato, per citarne alcuni, con Forbidden, Testament, Death Angel, Flotsam and Jetsam, etc.
Se si considera inoltre che il layout del CD è stato affidato a Travis Smith (seempieces.com), da questi 5 thrashers ci si aspettano effettivamente grandi cose.

Ovviamente le influenze citate sono riconducibili alle bands icona di tale genere musicale, come i primi Metallica, Testament, Slayer e Megadeth, così come gli Exodus, Annihilator, Forbidden ed Havok.

“Word In Decay” contiene otto brani originali piuttosto serrati, con alcune aperture in stile più moderno come, ad esempio, "Forsaken Existance" e la titletrack "World In Decay"; devo dire però che i pezzi risultano molto speed metal, naturalmente contaminati dalle bands succitate (e chi non lo è? ndr) ma senza la cattiveria e l’inquietudine che i maestri del genere riescono a creare con una sapiente scelta di note ed arrangiamenti che i Fallen Angels, secondo me, non hanno.
I brani sembrano al primo impatto piuttosto vari tra di loro anche se, proseguendo l’ascolto, risultano paradossalmente monotoni, causa un cantato non proprio vario ed entusiasmante ed una tecnica non proprio sopraffina delle chitarre. Discorso diametralmente opposto per Mr. Steve Spitzbart alla batteria: ottimo il suo drumming e tecnicamente di una spanna sopra ai compagni, caratteristica che concede ai Fallen Angels di presentarsi decentemente al pubblico.

Anche il lavoro di produzione non mi ha convinto molto, mi aspettavo molto di più visti i nomi altisonanti, invece gli strumenti sembrano un po’ scollati, con la batteria (anche giustamente) in primo piano e le chitarre non molto "cattive".

Ho sempre grande rispetto per le bands che mandano avanti con passione ed entusiasmo la tradizione thrash metal, credo però che sia necessaria una buona dose di creatività per distinguersi dalla massa ed una cura dei suoni e degli arrangiamenti che rendano gradevole l’ascolto ad una audience che è ormai abbondantemente abituata a certi cliché.

Tuttavia l’appassionato del genere potrà trovare interessante questo quintetto di Seattle e mettere i Fallen Angels nella sua collezione underground!

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4.5
Opinione inserita da Angelo Colletti    28 Ottobre, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Iniziamo subito, a scanso di equivoci, col dire che i The Juliet Massacre spaccano! Ammetto di non essere un profondissimo esperto della scena Death Metal, anche se sono un estimatore dei Death del buon anima Chuck Schuldiner ed attualmente mi piacciono molto gli Aborted, gruppo belga di brutal death metal, tuttavia i The Juliet Massacre con questo “Human Abuse”, secondo album in studio, dimostrano di essere una band di caratura internazionale per maturità di songwriting e per la qualità della produzione musicale.

La band si forma in Abruzzo (Vasto) nel 2006 ed inizia, come spesso accade agli esordi di una nuova band, suonando cover, ma ben presto i nostri si ritrovano a produrre brani originali sotto l’influenza di band della scena “death/slam/core” (Decapitated, Devourment, Abominable Putridity, Behemoth, Deicide, Job For A Cowboy, etc.), attività che li porta a registrare nel 2008 l’omonimo EP.

Da qui possiamo assistere ad una grande escalation di consensi che attira alcune etichette discografiche europee, consapevoli di avere di fronte un fenomeno underground piuttosto interessante.

Nel 2010 il primo album in studio (Pray For An Afterlife) che, visto l’ampio successo, li spinge a realizzare un video con la regia di Salvatore Perrone (video maker dei Underoath, Suicide Silence, Emmure, Devildriver, Evergreen Terrace, Bring Me The Horizon, Bury Your Dead) e gli consente di fare tantissima attività live sia in Europa che negli USA.

Tornando ad “Human Abuse”, “Antomega” e soci dimostrano e confermano di avere tutte le carte in regola per posizionarsi su livelli alti del genere Death/slam/core metal, con ben 11 tracce mai scontate e con soluzioni talvolta innovative ed originali sia sugli arrangiamenti musicali sia come soluzioni vocali. I brani scorrono bene, molto potenti e brutali, non disdegnando aperture più melodiche tipiche del Nu Metal e mettendo in risalto le elevate capacità tecniche degli esecutori. Anche la lunghezza dei vari brani sembra non essere casuale, ed influisce positivamente sull'esperienza di ascolto dell’intero lavoro.

Sono piuttosto fiero del fatto che una band nostrana sappia coniugare modernità, potenza, abilità e qualità in un genere musicale che per sua natura potrebbe portare a perdersi nel buglione generale e nell’anonimato. I The Juliet Massacre no: loro hanno le idee chiare (soprattutto hanno le idee) ed hanno un sound che spacca e quindi si meritano di essere una delle band più interessanti di questo movimento musicale.

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Opinione inserita da Angelo Colletti    01 Ottobre, 2015
Ultimo aggiornamento: 02 Ottobre, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

“Artificial Perfection” è il debut Album dei trentini Final Fright, thrash metal band di Cavalese nata nel 2010 da cinque membri provenienti dalla scena delle band underground metal del Trenitno Alto Adige, quali ad esempio Violence Spread, Nimroth e The Beyond.
La band inizia il suo percorso suonando cover, per poi iniziare in una fase successiva a comporre brani originali, che gli hanno portati nel 2012 ad autoprodurre i demo “Abusive Grindhouse” e, dopo alcuni avvicendamenti tra i componenti della band, nel 2014 “Wrapped In Chains”.
Ascoltare questo album mi ha riportato alla memoria le immagini di spasso totale, quando con gli amici ci bastava mettere su un album degli Anthrax per dare inizio ad una pogata generale in qualsiasi posto ci trovassimo in quel momento.
Ecco, se siete amanti del genere, Artificial Perfection vi regalerà 40 minuti di puro trash metal, genuino e nostrano; Jak, Borto e soci tirano fuori nove brani super serrati che ricordano, a mio parere, le produzioni fine anni 80 di gruppi come Flotsam and Jetsam, Exodus e Slayer .
Le tracce si susseguono inesorabili con uno schema molto preciso: Intro-mid-tempo-Go! oppure Intro-Go!, col chiaro intento di annichilire l’ascoltatore con le peripezie atletiche dei nostri.
Dal punto di vista dell’esecuzione il quintetto mostra una certa abilità nel destreggiarsi a velocità estreme e questo lo fa praticamente per tutta la durata dell’album. La linea vocale è aggressiva ma allo stesso tempo pulita, a mio avviso un po’ monotona: una maggiore varietà di interpretazione avrebbe secondo me aiutato a differenziare le tracce dell’album che possono risultare simili l’una all’altra, non tanto per la composizione, ma per l’intenzione generale che esprimono. Da questo punto di vista comunque la band ha le idee molto chiare: andare a tutta come se non ci fosse un domani!
Ciliegina sulla torta la citazione di “Milano Odia: La Polizia non può sparare” sull’ultima traccia, che prende nome appunto dal film omonimo, cosa che fa pensare ad una predilezione dei nostri thrasher per i b-movies.
In definitiva un buon lavoro per i Final Fright, con una produzione non esente da qualche imprecisione ma abbastanza valida per esprimere il potenziale della band, che tra l’altro ha diversi sostenitori nella proprie pagine “social”, a dimostrazione che il movimento metal underground è vivo e pulsante.

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Opinione inserita da Angelo Colletti    16 Settembre, 2015
Ultimo aggiornamento: 16 Settembre, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Gli Scissorthooth sono un terzetto canadese di Vancouver, formato nel 2003 dal chitarrista/cantante Derek Lundblad e dal batterista Shawn Hoskins. La band definisce il proprio genere "Old School Thrash Metal” ed in effetti le sonorità riportano molto alla seconda metà degli anni '80 che hanno determinato l'affermazione di molti gruppi icona di quel tempo e, come tali , riprendendone anche alcuni spunti fondamentali, come ad esempio i cambi di tempo che caratterizzano la open track “Hostile Takeover”, ma anche “Incision”, ”Rotting Alive” e “Rats”.
Io credo tuttavia che, se questa definizione possa andare bene per le sonorità, sia un po' limitativa sotto l'aspetto della composizione, nel senso che i nostri pare abbiano metabolizzato piuttosto bene l'evoluzione musicale che ha portato nei più recenti anni '90 all'affermarsi di gruppi nu-metal e grunge e queste influenze si possono riscontrare sia nelle trame di chitarra che il buon Lundblad riesce a tessere (peraltro con una buona padronanza dello strumento), che nelle parti di cantato, dove spesso si riscontrano arrangiamenti stile “Alice In Chains”, vedi “Slowber” e “Yellowhead”, con relative armonizzazioni a due voci (o più).
In questo "Nova Gommorah" gli Scissortooth propongono un ampio repertorio di 11 brani originali che, a mio avviso, attinge a piene mani dal periodo thrash e post-thrash metal e ne rappresenta testimonianza con i brani sopra menzionati, ma anche attraverso esplorazioni stilistiche talvolta di stampo teutonico, come “1030” e “Shoegazer”, ma anche moderno come la titletrack “Nova Gomorrah”.
Qualche considerazione devo tuttavia farla riguardo alla resa finale del prodotto che, a mio avviso, dal punto di vista della produzione artistica e della resa sonora, avrebbe potuto esaltare maggiormente la buona capacità creativa di Lundblad e compagni, compresa qualche interpretazione vocale a volte non troppo convincente.
Per gli amanti dei gruppi underground questo album può sicuramente dare qualche spunto interessante e non nascondo che qualche riff me lo sono canticchiato per qualche giorno, tuttavia è necessario a mio parere fare un salto qualitativo per posizionarsi, sempre che ci sia la volontà/possibilità di farlo, su livelli più professionali. Sufficienza sulla fiducia.

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Opinione inserita da Angelo Colletti    12 Settembre, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Con Pale Communion, undicesima release in studio, gli svedesi Opeth guidati da Mikael Åkerfeldt segnano ancora una volta l’intenzione di abbandonare, almeno momentaneamente, le sonorità death metal ed il cantato growl che gli hanno contraddistinti per gran parte della loro attività musicale.

Ci troviamo davanti ad una band che ha raggiunto una maturità artistica piuttosto importante, riuscendo ad evolvere in maniera significativa e portando il proprio genere musicale da sonorità death-progressive-doom verso un rock progressivo molto contaminato da sonorità jazz-fusion e dal sapore orientale, tipico delle band di puro stampo progressive.

Per sentire la prima chitarra distorta è necessario infatti passare al secondo brano, Cusp Of Eternity, ma il prosieguo dell’album è caratterizzato dal grande lavoro del tastierista Joakim Svalberg, ex Glenn Hughes e Yngwie Malmsteen, supportato egregiamente dalla sezione ritmica Axenrot-Mendez.

Il mixaggio è affidato ancora una volta a Steven Wilson (Porcupine Tree); i suoni sono estremamente puliti, compatti e gli strumenti ottimamente udibili, ma che riportano alle sonorità tipiche anni ’70 nonostante gli arrangiamenti e la tecnica sopraffina degli interpreti.

Tutto è al servizio del pezzo, gli assoli di Åkesson si inseriscono delicatamente ed efficacemente all'interno dei brani, impreziosendoli con scale ungheresi, diminuite, utilizzo dei modi ed un gusto musicale da vero maestro dello strumento.

L’album è molto bello, necessità di un ascolto attento in quanto non è immediato e soprattutto, per apprezzarlo fino in fondo, è necessario essere nella condizione di farsi portare dove vogliono loro: lontano.

Quindi prendetevi un po’ di tempo per sedervi sul divano ed immergersi in questo viaggio sonoro, come si faceva una volta!

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