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Opinione scritta da Roberto Orano

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Opinione inserita da Roberto Orano    17 Aprile, 2015
Ultimo aggiornamento: 17 Aprile, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Tornano alle stampe i 36 Crazyfists, band che per qualità non ha mai sbagliato un colpo (nonostante la continuità nel far uscire dischi ogni due anni) e che forse meriterebbe un po' di più in termini di audience in Europa.
Fieri del nuovo contratto discografico con Spinefarm (che colpaccio per la label nordica!), il gruppo dell'Alaska-Oregon continua imperterrito sulla propria strada, seppur alleggerendo un pochino il proprio sound, stavolta leggermente meno 'core, ma sempre graffiante quanto basta per far esaltare chi ascolta. Anche qui si nota sin dalle prime songs la capacità di mettere assieme in maniera pressochè perfetta frangenti dall'aggressività estrema con refrain e bridge più melodici, ritornelli che però non sfondano mai la barriera della banalità, e che quindi necessitano di alcuni ascolti prima di entrare in testa. Le songs scorrono sempre fluide e, pur non essendo veri capolavori, si stampano in testa e coinvolgono appieno fino alla fine del disco, tra vocalizzi puliti, sporcati e uno screaming acido e brutale.
Bene, bene e bene, un altro bel disco da far proprio e che, secondo me, potrà conquistare nuovi fans!

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Opinione inserita da Roberto Orano    14 Aprile, 2015
Top 10 opinionisti  -  

La passione è benzina, ed è proprio con tanta passione che si presentano sulle nostre pagine gli Acriter, band lombarda composta da tre giovani ragazzi 14enni armati di voglia e dedizione per il "fai da te". Il trio, formatosi nel 2011 (a undici anni per membro? cresciuti a pane e Killswitch Engage probabilmente), a cui manca il vocalist (chiaramente, a quattordici anni non è proprio facile cantare in screaming, e potrebbe essere addirittura dannoso per via del non totale sviluppo delle corde vocali), nonostante tutto ha deciso di dare alle stampe questo omonimo demo strumentale registrando in cameretta con mezzi non proprio usuali per quanto siamo abituati a sentire in questo nuovo millennio (e per questo genere), ma se la qualità audio non è delle migliori, specialmente per quanto concerne la post-produzione, da qui traspare sicuramente tanta voglia di suonare, quella che manca a tante bands più professionali che mi capita di sentire ogni giorno.
Definitisi metalcore / groove metal, questi giovincelli partono a martellare con l'opener "Pull Under The Heaven" dal riffing più heavy che poi si evolve in qualcosa di più 'core, fino ad arrivare a dei mid-tempos nu-metal, il tutto tra riffs compatti ed una sessione ritmica su cui la batteria si rende protagonista.
Con "More Than Words" si denota subito l'inesperienza dei Nostri in un clamoroso calo di volume dell'audio. In generale la song ricorda vagamente i Trivium e gli Avenged Sevenfold per linee chitarristiche e refrains, ma poi nel mezzo arriva uno stacco decisamente più hardcore.
Gli arrangiamenti più complessi ed i maggiori cambi di "Be-Live" ci riportano ad un metalcore un pò più tirato che per un attimo si ferma su frangenti riflessivi e che per energia ci ricorda i Parkway Drive.
SI chiude con "Osuled", una veloce dal refrain molto orecchiabile che si lascia andare su stacchi ai limiti del thrash, o thrash-core che dir si voglia.
Sicuramente, la qualtià audio gioca il suo ruolo, specialmente per quanto riguarda le chitarre ritmiche; e all'interno delle singole canzoni manca un pò di varietà, ma c'è tempo, una vita, per lavorare un pò meglio nel songwriting e curare maggiormente la "forma" delle tracce. In ogni caso, siamo di fronte ad un demo piacevole, che con la voce acquisterebbe una marcia in più in termini di carica emotiva. Per ora va più che bene così, ci aspettiamo un seguito.

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Opinione inserita da Roberto Orano    30 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Già visti tra le nostre pagine più di un anno fa, tornano alle stampe i metalcorers siciliani With All The Rage con questo full-lenght "Chained".
La band, nonostante una produzione non ottimale, specialmente se pensiamo alle uscite del genere, riesce in dieci canzoni (più intro) a tenere l'ascoltatore concentrato tra sfuriate intransigenti e fraseggi più complessi, in un sound che sicuramente prende spunto da quanto già sentito dai nostri in passato, ma che denota una maggiore maturità compositiva, influenzata sia dalla scena nord-europea che da quella d'oltreoceano, ed una tendenza più "death". Ed è proprio per il tiro complessivo con cui il sound è stato messo in piedi che il disco arriva fino alla fine, riuscendo sempre a mordere ed a sferrare brutti colpi con una sessione ritmica precisa e devastante, riff quadrati e granitici, cambi vorticosi e refrains che riescono a stamparsi in testa dopo vari ascolti, pur non essendo scontati o in stile pop. Inoltre, la qualità della chitarra solista è davvero impeccabile, basti pensare a "Corrosive", dal sentore prog. Forse ciò che manca al disco, a mio avviso, è una migliore registrazione della voce e un attimino di melodia in certi assoli, ma stiamo parlando di sottigliezze proprio per trovare la parentesi critica, perchè "Chained" è comunque un gran bel disco! Peccato solo non possa vantare un buon contratto discografico, che auguriamo alla band!

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Opinione inserita da Roberto Orano    30 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Reduci dall'aver vinto il Wacken Metal Battle nel 2012, arrivano oggi al debutto discografico su SPV i tedeschi Fateful Finality. La band ha indubbiamente investito molto in questo "Battery", affidando infatti le registrazioni a Eike Freese (Gamma Ray, Dark Age) nel suo Chameleon Studios di Amburgo, e la post produzione ad Alexander Dietz (Heaven Shall Burn) nei Chemical Burn Studios, sempre in terra tedesca.
Ne viene fuori un disco chiaramente ben registrato, con le chitarre belle quadrate ed una sessione ritmica dirompente, ma la band ci mette del suo con un riffing che ha energia, cosa che oggi manca a molte bands; un'energia di stampo modern thrash/death che richiama alla mente gli svedesi The Haunted fino a pensare che la band abbia preso da loro tutta questa carica e le chiare influenze swedish di alcuni frangenti, con ritmiche veloci e violente. Ciò che però lascia un leggero amaro in bocca è la ripetitività di questo sound, ben fatto e confezionato, ma con songs talvolta troppo lunghe in cui il gruppo sembra ripetere gli stessi fraseggi fino al quasi sfinimento dell'ascoltatore e, così facendo, anche il sound stesso perde un po' di impatto alla lunga.
Detto questo, non si può certo affermare che "Battery" sia un brutto disco, la band sembra avere delle potenzialità che molti altri non hanno, specialmente in questo genere, e per questo si meritano la nostra fiducia!

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Opinione inserita da Roberto Orano    30 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Tornano alle stampe dopo circa un anno di distanza dal debutto/ristampa "The Lucid Dreamer", già recensito nelle nostre pagine, i teutonici Annisokay.
La band ripercorre imperterrita la via segnata nel 2012 con il disco citato in precedenza, ovvero un metalcore moderno che mette assieme parti più aggressive a ritornelli catchy ai limiti del pop. Il quintetto tedesco, però, questa volta riesce per lo meno ad avere un tiro maggiore in termini di potenza sonora, con i frangenti più 'core decisamente più d'impatto, complice anche una voce arrangiata piuttosto bene, cosa che nel debut era spesso mancata. Allo stesso tempo, purtroppo, complici i refrains fin troppo mielosi e talvolta un pochino campati per aria (o almeno questa è la sensazione), il sound non riesce ad avere quella personalità necessaria per potersi stampare in testa senza stufare; dopo circa quaranta minuti di disco, infatti, si ha la sensazione di essere saturi e di doversi sparare un bel "Reroute To Remain" per ritrovare l'ispirazione.
Un lieve miglioramento c'è, la band ha sicuramente la giovane età dalla sua; speriamo che il songwriting possa maturare nel breve periodo!

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Opinione inserita da Roberto Orano    20 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Con una delle copertine più minimaliste e innoque della storia, approdano al quinto album i canadesi Cancer Bats; la band natia di Toronto, ormai ben conosciuta a livello locale e negli States soprattutto, ma anche internazionale, ha lasciato il segno con l'album "Hail Destroyer" del 2008, secondo disco all'epoca, ma facendo ben parlare di sè anche con i successivi lavori, come anche per l'energia che portano con sè sopra il palco.
Il quartetto torna alle stampe oggi con questo "Searching For Zero", che praticamente non sposta di una virgola i tasselli che compongono lo stile della band (se non per un tocco Sabbath-iano e quasi stoner), con il solito hardcore infarcito di melodia e di influenze punk/rock a dettare legge; un'avventura sempre divertente in cui ci guida lo screaming frustrato del cantante. Ciò che però sembra mancare rispetto al passato, è l'ispirazione. Okay, non stiamo dicendo che il disco faccia pena, ma sicuramente mancano le canzoni da far saltare dalla sedia e da renderlo un grande album; la sensazione, infatti, è che la band in certi frangenti abbia delle carenze di idee e di conseguenza il riffing risulta un bel po' scontato.
Peccato, perchè le aspettative erano davvero alte e, forse, è proprio a causa della pressione che si è creata per via degli ottimi dischi precedenti, che i Cancer Bats sembrano oggi un po' scarichi.

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Opinione inserita da Roberto Orano    20 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Direttamente dagli Stati Uniti, e più precisamente dal Virginia, approdano su Relapse Records gli Iron Reagan, new sensation dell'hardcore d'oltreoceano, anche se proprio di novità non parliamo, visto che il cantante proviene dai Municipal Waste, alle chitarre abbiamo Ryan Parrish già visto nei Darkest Hour e Landphil Hall dei pazzoidi Cannabis Corpse, il tutto a formare un vortice di assoluta rabbia e intoccabile attitudine che sfociano in un sound veloce ma al contempo compatto, capace di muoversi su ritmi quadrati che sanno sfiorare il thrash più violento, in un clima tendenzialmente da strada e di netta protesta antisistema.
Ciò che davvero colpisce di questo sound è la capacità incredibile nel coinvolgere a pieno l'ascoltatore, infatti, è impossibile non muoversi con queste note che ti entrano nelle vene e nella testa. Le canzoni sono corte, sul minuto ("Glocking Out" addirittura sfiora i dodici secondi), ma sempre sparate a mille, e se talvolta non colpiscono in velocità d'esecuzione, lo fanno con riff più lenti ma ispirati e granitici, più thrash-core, in cui le grida ispirano una rabbia interiore inaudita; e durante l'ascolto potremmo notare anche qualche buon assolo.
Davvero un ottimo esordio per questa super-band, una specie di capolavoro del genere da non farsi assolutamente scappare. E ci scommetto quel che volete che dal vivo spaccheranno tutto!

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Opinione inserita da Roberto Orano    19 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Direttamente da Milano arrivano alle stampe con questo debut-EP i Megashark che, nati nel 2011, hanno passato diverso tempo a completare la line-up e oggi si presentano al pubblico con "Shark Happens", un demo che parte a mille con l'hardcoreggiante opener "Fist Of Ignorance", capace di sprigionare tantissima violenza in poco più di un minuto, ma con un ritornello che forse non convince a pieno.
Si procede con "5002", figlia di un certo funky che poi sfocia in un riff stracolmo di groove e successivamente in un bel refrain, il tutto fa saltare alla mente dei Sevendust versione incazzata. Più incalzante, invece, è il ritmo di "So Below", in cui ancora una volta i Nostri pescano dal cilindro un bel ritornello ad intervalli di voce pulita e growl, un botta risposta riuscito anche per via del cantato pulito che riesce a sfiorare note davvero alte, dando così una marcia in più.
La successiva "Bombkidz" ha un approccio decisamente più compatto, muovendosi su ritmi talvolta singhiozzanti e aprendosi poi in un riff tamarro quanto basta per fissarsi in testa al primo ascolto. Chiudiamo il disco con la conclusiva "Dead Inside" che, ahimè, manca chiaramente di personalità, richiamando soluzioni strappate con forza ai Disturbed (forse complice il "oh oh oh oh", ma la sensazione è quella), nonostante, in ogni caso, mantenga abbastanza alto il tiro generale del disco, specialmente con l'apporto del batterista che penso abbia cambiato le pelli dopo aver registrato i secondi finali.
In linea di massima, la band c'è e sa il fatto suo, sicuramente c'è da migliorare in termini di personalità ma anche smussare un po' il songwriting; per ora però va più che bene così e che bello vedere così tante uscite crossover/nu-metal nostrane!

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Opinione inserita da Roberto Orano    19 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

Certo, per sfornare questo debutto ce ne hanno impiegato di tempo gli svedesi Ages, infatti, nato nel 2011, il trio di blackster arriva solo ora alla prima uscita in carriera, sotto l'ala della Black Lodge Records.
La band, che forse non verrà amata dai puristi del genere, si distingue per un songwriting che sicuramente è già stato scritto e sentito in passato, ma che sa indubbiamente di aria fresca, in un black metal infarcito di melodia, melodia che la fa da padrona nelle linee chitarristiche con riff quasi mai gelidi e taglienti, e per questo più appetibili anche per chi non vive di questo genere, supportati sempre da una bella chitarra solista. Non mancano arpeggi e frangenti epici che alle volte diventano quasi fiabeschi con le tastiere in accompagnamento. Anche sullo screaming non restano che sensazioni positive, uno screaming si feroce ma che si distingue dalla media per saper coinvolgere l'ascoltatore.
Un buonissimo debut per gli Ages, band che sicuramente rivedremo presto e che sarebbe interessante vedere live. Un disco che porta una vera e propria aura di salvezza ad un genere fin troppo saturo; epico, melodico e travolgente!

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Opinione inserita da Roberto Orano    16 Marzo, 2015
Top 10 opinionisti  -  

I Sulphur Aeon nascono nel 2010, e dopo una primissima uscita sottoforma di demo, la band prende una vera e propria forma nel 2013 con il debutto "Swallowed by The Ocean’s Tide", e arrivano oggi al pubblico con il secondo album in studio supportato dalla olandese Van Records.
Il disco si apre con un intro introduttivo all'interno dell'opener "To Drown This World" che lascia subito spazio ad atmosfere violentissime e brutali che ci accompagnano per tutta la durata del disco, in un sound che mette assieme un black metal moderno a del death combattivo, ricordandoci vagamente alcuni lavori dell'ultima parte di carriera dei Dimmu Borgir, ma anche un certo death sparato a mille, in un susseguirsi di scariche velocissime di grancassa, tra blastbeats e sfuriate, e riff da plettrata fulminea, con qualche stacco ed uno screaming abbastanza monotono. Se è da sottolineare che tutto questo viene suonato con gran tecnica e precisione, ciò che lascia l'amaro in bocca è l'originalità di questo album, infatti, siamo di fronte a cose già masticate fin troppe volte, con assenza di emozioni, il che a conti fatti ci mette sul piano di dire che si, "Gateway To The Antisphere" è un buon album, ma solo per chi è davvero un cultore del genere.

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