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Opinione scritta da Mark Angel

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Opinione inserita da Mark Angel    21 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 22 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Non conoscevo questa band greca prima che mi arrivasse il loro disco; tuttavia la loro descrizione: ‘’Epic Thrash Metal’’ mi ha subito incuriosito citando peraltro come loro influenze principali: Iced Earth, Blind Guardian e Amon Amarth; tre gruppi che seguo e che preferisco rimangano separati… infatti l’unione dei primi 2 nel progetto ‘’Demond & Wizards’’ mi deluse non poco all’ epoca, mentre gli svedesi sono tra le poche band ‘’estreme’’ di mio gradimento per l’epicità che traspare dal loro Death Viking Metal.
Già dalla copertina capisco che non deve essere un genere allegro e goliardico ma passo alla musica che è il parametro più importante per valutare un disco: siamo in presenza di un Power Thrash estremizzato; dei Blind Guardian sinceramente vi è giusto il ritornello di ‘’Eastern Path’’, mentre degli Amon Amarth vi è ben poco a mio avviso.
L’unica influenza qui si chiama Iced Earth e permea tutti i riff dell’album, lo stesso cantante Alexandros Papandreou è una sorta di Matt Barlow estremizzato, oscuro e costantemente tra il rabbioso ed il sofferente.
La padronanza tecnica di questo gruppo ateniese è davvero ineccepibile, cosi come la loro passione e devozione sono fuori dal comune; credo che la Grecia sia una fucina di ottime metal bands, oneste ed originali, ma qui l’originalità latita un pochino e non è questo il problema principale, io stesso seguo strenuamente tantissimi gruppi che alla fine sono cloni dei Judas, dei Maiden, dei Metallica e di tutti i mostri sacri in generale; non sono certo un cultore della sperimentazione ad ogni costo.
Il grave difetto di questo ‘’Hunt for the Sun’’ è la fantasia compositiva di una piattitudine disarmante; ho ascoltato moltissime volte questo disco per capire se ero io a non comprendere le canzoni, ma sono giunto alla conclusione che queste songs sono noiose; ogni volta 48 minuti di concentrazione fine a se stessa; non riesco a ricordarmi un singolo ritornello o un riff… è tutto dannatamente uguale, delle mazzate Power Thrash dall’inizio alla fine senza un minimo di melodia o di facile assimilazione, e dire che io ascolto Thrash Metal tedesco, non certo un genere ‘’Mainstream’’ famoso per la melodia.
Il drumming per tutta la durata del disco è monotono, un martellamento dall’inizio alla fine, salvo ‘’Morning Star’’ per le linee vocali più d’impatto ed il riff malinconico; le seguenti ‘’Angel of the Deep’’ e ‘’Road to Nowhere’’ partono con delle melodie molto interessanti che purtroppo dopo una trentina di secondi vengono vanificate trasformandosi nel consueto martellamento agonizzante e disperato; tuttavia ripensandoci la copertina è più che indovinata: agonia e disperazione sono i tratti caratterizzanti del sound di questo ’’Hunt for the Sun’’.
Non sarà bello da dire, ma personalmente il sole l’ho trovato nell’ultima canzone del disco: ‘’A Distant Sun’’ senza svelarvi il motivo ahimè molto scontato.
Bocciare un disco è una cosa che provoca dispiacere in quanto l’impegno, la passione ed il lavoro che c’è dietro ad ogni produzione è notevole e chi suona lo sa bene, ma in questo caso non posso esimermi dal mettere un voto basso; il genere è interessante e poco inflazionato, di tecnica e potenza i Desert Near the End ne hanno da vendere ma, per quanto concerne l’ambito compositivo, vi è un enorme percorso da compiere per far si che l’ascoltatore possa apprezzare i brani.
Forza Ragazzi vi aspetto al prossimo disco!

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3.5
Opinione inserita da Mark Angel    20 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 20 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Si possono amare o odiare, ma è innegabile che gli Hammerfall verso la fine degli anni ’90 contribuirono moltissimo alla rinascita di certe sonorità Metal più classiche.
Voi penserete che io stia sbagliando recensione…invece no, questa è la recensione del nuovo cd degli storici Stormwitch che ho scoperto proprio in quegli anni grazie alla cover ‘’Ravenlord’’ fatta dagli Hammerfall.
La storica band tedesca infatti tra il 1984 ed il 1994 pubblicò 7 dischi (di cui i primi 5 di grande qualità) per poi sciogliersi verso la metà degli anni ’90, un periodo di grossa crisi per tutta la scena Metal più tradizionale. Proprio nel 2002 grazie all’ interesse suscitato dalla cover degli Hammerfall, la band tedesca pubblicò 2 nuovi cd per poi sciogliersi nuovamente nel 2004; proprio quando la parola fine sembrava scritta, l’unico membro originario del gruppo, il cantante Andy Muck non si è dato per vinto ed ecco questo disco nuovo di zecca: ‘’Season of the Witch’’ arrivato ben 11 anni dopo il suo predecessore.
Per chi non li conoscesse, il sound di questa band è caratterizzato da un Heavy Metal classico molto raffinato, melodico e devoto ad: Iron Maiden, Judas Priest, Angelwitch, Deep Purple, Rainbow personalizzando comunque il tutto grazie alla stupenda voce di Muck e dei testi incentrati su stregoneria ed orrore.
Il nuovo disco ovviamente non si discosta dai loro canoni musicali e risulta piacevole all’ascolto alternando però momenti di pura classe a canzoni estremamente tediose, infatti la seconda metà dell’album è un pochino anonima ed anche le 2 bonus tracks dell’edizione digipack non sono dei veri e propri capolavori, anzi la ballad finale ‘’Different Eyes’’ è piuttosto irritante, di tutt’ altro rango invece è la piacevolissima ‘’Runescape’’ melodica al punto giusto senza scadere nel banale.
Da segnalare la potente opener ‘’Evil Spirit’’ in cui una intro in tedesco (recitato da una strega suppongo) fa da apristrada ad un tappeto di chitarre che condurranno verso un piacevolissimo ritornello.
Atmosfere sognanti e barocche pervadono ‘’Taliesin’’ mostrando la classe immensa del singer ed in generale di questa band che ha raccolto molto meno di quanto avrebbe meritato…addirittura sfogliando una mia enciclopedia Metal del 1991 questa band veniva additata come anonima, non me ne capacito!
La terza canzone del disco ‘’Last Warrior’’ è la mia preferita; ascoltate il ritornello, scommetto che vi farà lo stesso effetto che ha avuto su di me: non riuscirete a farne a meno ascoltandola più volte al giorno; canzoni come: ‘’True Until the End’’, l’epica titletrack e la catchy ‘’At the End of the World’’ non faranno altro che rallegrarvi per aver scoperto questo gruppo.
A mio avviso la produzione presenta qualche difetto; le chitarre a volte risultano troppo poco aggressive mentre il batterista a volte abusa del doppio pedale cercando forse di allinearsi a molte Power Metal bands moderne; inoltre come gia ho scritto la seconda metà del disco non è minimamente ai livelli delle prime 6 canzoni ma d’ altronde non potevamo chiedere di più dato che dopo un’ assenza di oltre 10 anni non è facile tornare sul mercato musicale con un capolavoro.
Accontentiamoci di un discreto ritorno che di certo ravviverà ancora una volta l’interesse per questa band ritenuta di culto per anni; se vi piacciono gli Hammerfall non fatevi scappare i loro maestri ed ispiratori; le nuove leve approfittino di questa release per poi andare a ritroso nella loro discografia.
Se le premesse sono queste faccio gli scongiuri affinché non si sciolgano di nuovo e ci regalino altre perle.

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Opinione inserita da Mark Angel    17 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Sono dell’opinione che per redigere una recensione seria, imparziale ed aderente al vero occorrono due cose: la prima è quella di ascoltare attentamente ogni singola canzone; la seconda è quella di prestare attenzione anche al ‘’contorno’’ ovvero: la copertina, l’immagine della band, i testi, la biografia, i comunicati delle labels ecc.
Ebbene veniamo al contorno: la presentazione di questi inglesi Scream Arena è ottimale, bella copertina, produzione del famoso Paul Sabu (guru del rock statunitense), un’ immagine curata (nonostante la non giovanissima età dei componenti) ed un grandissimo potenziale secondo le parole della loro casa discografica.
Speranzoso ed ottimista per questa Hard Rock band esordiente, mi accingo all’ascolto partendo dall’iniziale ‘’Born Ready’’ nel complesso un pezzo gradevole dotato di un ritmo molto trascinante ma ci sono due cose mi lasciano alquanto perplesso: la produzione ovattata e troppo cupa,; ora non so se sia stata una precisa scelta nel tentativo di ricreare un sound più ‘’eighties’’ . In ogni caso un disco Hard’n’Heavy dovrebbe avere un sound quanto più pulito possibile. Il secondo e più grave difetto è la voce del cantante; non me ne voglia Andy Paul ma la sua voce è fuori contesto: impostata su tonalità basse inusuali per il genere…ascoltate con attenzione le vocals di Bon Jovi, Skid Row, Cinderella, Ratt, Motley Crue, Firehouse e converrete con me che questo genere richiede una voce non necessariamente acuta, ma quantomeno versatile.
Non mi soffermerò sull’anonima ‘’The Price of Love’’ o sulla superflua cover di ‘’Heartbreak Hotel’’ di Elvis bensi su due delle canzoni migliori del lotto: Racing to the End of Night è affascinante, un midtempo incantevole abbellito da un suono di tastiera presente ma non invadente; il ritornello mi ha ricordato gli Accept più soft di ‘’Russian Roulette’’ o alcuni lavori solisti di Udo purtroppo mancanti dell’elemento più importante: una voce convincente! Successivamente troviamo ‘’House of Pain’’ forse il loro pezzo più convincente , aggressivo e melodico allo stesso tempo; il ritornello è un piccolo capolavoro (sarà perché è un chorus effettuato da tutti i componenti e non lasciato alla voce del solo cantante?) ed ogni musicista svolge egregiamente il proprio compito (soprattutto cantando nel ritornello appunto!) insomma 4 minuti di grande musica finalmente!
In seguito aumentano le canzoni sottotono, tuttavia si salvano: ‘’Forever’’ sullo stile di Alice Cooper fine anni ’80; la radio frendly ‘’Goodnight La’’ e la particolare ‘’Queen of Dreams’’ che nella prima parte mi ricorda gli Iron Maiden del disco ‘’Somewhere in Time’’ per poi convincere con un ritornello molto dark, che mi ha riportato al feeling oscuro dei greci Nightfall del disco ‘’Diva Futura’’.
Il mio voto finale è dettato dalla rabbia e dalla speranza: la rabbia di non poter dare una votazione più alta per via della produzione penalizzante e della voce non all’altezza dei brani; la speranza è che, risolvendo questi due inconvenienti, possano diventare davvero uno dei gruppi di punta dell’ Hard Rock contemporaneo.

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Opinione inserita da Mark Angel    16 Marzo, 2015
Ultimo aggiornamento: 16 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Comincio subito sottolineando che questo ‘’Ritually Abused’’ è una ristampa del debut album dei thrashers americani Num Skull, datato 1988.
Come si intuisce dalla copertina e dai titoli delle songs, siamo in presenza di un Thrash Metal estremo e grezzo molto influenzato da: Slayer, Possessed, Kreator, Razor e Morbid Saint, quindi non parliamo di un disco ipertecnico, ma di un insieme di canzoni incentrate su una rabbia ed un’aggressività tipica delle band più estreme di fine anni ’80.
La registrazione è adatta al genere, considerando anche la sua datazione, devo ammettere che la band, sconosciuta ai più, se avesse debuttato 3 o 4 anni prima sarebbe stata annoverata tra i capostipiti della prima ondata Thrash/Death americana, in quanto aveva poco da invidiare alle bands sopracitate.
Se credete che io stia esagerando ascoltatevi il riff spaccaossa della title track, supportato dall’ottimo sound del basso di Rob Charrier, oppure l’alternarsi di melodie maligne e ritmi più tipicamente thrash di ‘’Death and Innocence’’.
Mi è piaciuta moltissimo anche ‘’Friday’s Child’’, forse il pezzo più rappresentativo della band. Degna di nota è anche ‘’Pirates’s Night’’ leggermente influenzata dall’hardcore e dotata di alcune linee vocali più variegate rispetto alle altre songs.
Interessante l’assolo di ‘’Kiss me, kill me’’, la classica ciliegina sulla torta del pezzo; infine è doveroso specificare che questa ristampa presenta un pezzo in più rispetto all’edizione originale (introvabile) del 1988, il più che discreto ‘’Murder by the Minister’’
Tutti i thrashers più oltranzisti ed in cerca di perle misconosciute del genere dovranno ringraziare oltremodo la Relapse Records per questa reissue della band proveniente dall’ Illinois.
Concludendo un consiglio per chi ascolta Thrash Metal: se vi piace il genere tecnico alla Megadeth, Testament, Forbidden ecc. state alla larga da questo disco; se invece amate l’aggressività delle bands citate ad inizio recensione, questo disco fa per voi!

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Opinione inserita da Mark Angel    13 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti  -  

Vi è un approccio di sacralità ogni qualvolta mi accingo ad ascoltare un nuovo lavoro dei Judas Priest, a mio avviso la band metal che riesce meglio di chiunque altro a rimanere classica e moderna allo stesso tempo senza scadere nella monotonia.
Gia nel 1990 dopo ben 11 album pubblicati ,stupirono la comunità metal mondiale con ‘’Painkiller’’ uno dei migliori (se non il migliore) album degli anni ’90; ritengo che anche ‘’Jugulator’’ del 97 col giovane Ripper Owens alla voce sia stato un gran bel cd, salvo poi perdersi con lo sperimentale, ma mediocre ‘’Demolition’’ uscito 4 anni dopo.
Come la scena Metal ha insegnato negli ultimi 3 lustri anche loro hanno optato per una reunion seguita dall’ottimo ‘’Angel of Retribution’’ e dal coraggioso ‘’Nostradamus’’.
Il fresco di stampa ‘’Redeemer of Souls’’ gia colpisce per la splendida copertina e per l’assenza dello storico K.K. Downing sostituito dal piu giovane Richie Faulkner .
La opener Dragonaut potrebbe essere una qualsiasi bside di un album come ‘’Defenders of the Faith’’, piacevole ma nulla di trascendentale; con la title track gia si riscontrano delle linee vocali piu variegate ed un ritornello avvincente; Halls of Valhalla mi ha ricordato i migliori Running Wild (ovviamente discepoli dei Priest) salvo poi rientrare su coordinate piu tradizionali ma assolutamente gradevoli.
Sword of Damocles come potete intuire non può che essere un pezzo epico che rappresenta davvero una spada di Damocle sulla testa di tutti i loro cloni, largo ai maestri! Basta il ritornello di questa canzone a spazzare via decine di emulatori; proseguendo troviamo March of the Damned che alterna il tipico sound dei nostri con alcune melodie Sabbathiane molto ben riuscite.
Down in Flames è la mia preferita dell’album,un misto tra Rock Hard,Ride Free del 1984 e One Shot at Glory del 1990 il ritornello ‘’vintage’’ è davvero strepitoso; con Hell & Back veniamo catapultati negli anni ’70 e ci troviamo piuttosto a nostro agio. Cold Blooded passa un pochino inosservata mentre la successiva Metalizer non ha bisogno di essere presentata… basta il titolo;la song è un compendio del loro sound, quel sound metallico che loro hanno creato, modellato e rivestito di pelle e borchie.
Crossfire inizia alla ‘’Hendrix’’ per poi confluire su territori Zeppeliniani ed infine Priestiani di metà anni ’70; Secrets of the Dead la trovo superflua come midtempo mentre i ritmi gia accelerano con Battle Cry attenstandosi comunque sulla sufficienza.
L’ultima, Beginning of the End è una ballad semioscura condita da un’ottima prestazione del giovane Faulkner che va detto, non sarà la leggenda K.K. Downing ma se l’è cavata egregiamente nell’affiancare Tipton.
Concludendo questo ‘’Redeemer of souls’’ si pone a metà strada tra il recupero della tradizione di ‘’Angel of Retribution’’ e la cura dei dettagli, l’oscurità e l’epicità di ‘’Nostradamus’’; inutile consigliarvi o meno l’acquisto; è un album dei Judas Priest…

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