Opinione scritta da Mark Angel
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Top 50 Opinionisti -
Gli Ateniesi Mentally Defiled giungono con questo ‘’Aptitude for Elimination’’ uscito nel Dicembre 2014 al loro secondo full lenghth quattro anni e mezzo dopo il loro debut album ‘’The Thrash Brigade’’.
La copertina raffigurante degli zombie, in tipico stile ed abbigliamento anni ‘80 non lascia adito ad alcun dubbio, qui ci troviamo davanti ad un platter di Thrash Metal intransigente, senza compromessi o sperimentazioni di sorta; d’ altronde anche guardando le foto degli ellenici le loro t shirt confermano quanto detto; questi ragazzi portano sulla pelle band come: Sodom, Sepultura, Exodus, Tankard, Exhorder e compagnia grezza.
Negli ultimi tempi stiamo vivendo una sorta di revival del Thrash anni ’80 in cui non sempre gli intenti sono genuini, molte volte alcune manovre discografiche celano degli squallidi tentativi di cavalcare l’ onda ed il trend musicale del momento; cosi avvenne col Power, con il Gothic sinfonico con voci femminili e cosi sta avvenendo anche col Thrash.
Sebbene questo disco non mi entusiasmi troppo, metterei la mano sul fuoco per questi ragazzi, la loro passione e dedizione al genere è davvero encomiabile, si respira rabbia in ogni singolo secondo del disco e la loro attitudine è genuina e pura.
Non è un caso date le ultime vicissitudini economiche e politiche che in Grecia stia prendendo piede una scena musicale di protesta e di rivolta; essendo un profondo osservatore della scena greca sto vedendo un aumento esponenziale delle bands Thrash, Hardcore e Punk; il disagio c’è e viene espresso in note di rabbia e frustrazione, qui nulla è finto a differenza di altre releases costruite a tavolino e pianificate in ogni dettaglio.
Già dalla intro ‘’Reanimated to Mosh’’ il gruppo preannuncia le proprie chiarissime e semplici coordinate musicali e proseguendo con la successiva title track sembra di ascoltare i Sepultura del periodo anteriore all’ album ‘’Schizophrenia’’ tanto per farvi capire con precisione il loro sound.
Non c’è un attimo di respiro, ‘’Fashion Victim’’, ‘’Forced to Obey’’ sono altre due mazzate di Thrash estremo alla prima maniera mentre con ‘’Thrash Till’ Afterlife’’ ci si sposta finalmente su territori maggiormente piacevoli grazie ad un songwriting leggermente più vario e convincente.
In ‘’Beyond Redemption’’ la solita ombra dei Sepultura e dei primi Sodom incombe minacciosa senza tuttavia entusiasmare troppo; il pezzo migliore del disco è sicuramente ‘’Merchants of Hope’’ un violento anthem contro le istituzioni ecclesiastiche che presenta i Mentally Defiled ispirati al massimo, addirittura in questo brano c’è spazio per alcuni virtuosismi di basso.
Non è che poi ci sia cosi tanto da dire su di un disco del genere, il prodotto è sicuramente discreto ed ottimo per gli amanti del genere, chi vuole trascorrere una mezz’ora di puro Headbanging fino a staccarsi il collo qui avrà pane per i suoi denti. Come scrissi un paio di mesi fa in occasione della ristampa del debutto dei Num Skull, se siete amanti del Thrash più tecnico evitate questo disco come la peste, difficilmente ci trovereste qualcosa di interessante.
Se invece siete amanti delle sonorità più grezze ed estreme (so benissimo che siete in tanti li fuori) allora procuratevi questo cd!
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Questa giovane band proveniente da Monaco di Baviera è decisamente promettente, scommetto che nel giro di qualche annetto sentirete tutti il loro nome in giro.
Questo ‘’The Hospital’’ è un Ep autoprodotto composto di sette tracce e rappresenta l’ esordio dei Cyrence nel firmamento discografico a seguito del loro ottimo demo ‘’Endtime Stories’’ del 2011.
La produzione è ottima, davvero professionale grazie alla guida di Sebastian Moser del Grotesque Studios; lo stesso vale anche per il booklet di questo ‘’The Hospital’’ dotato di una grafica ineccepibile, un’ ottima copertina; il tutto è impreziosito dalla presenza dei testi, davvero molto interessanti ed incentrati su tematiche a volte horror (specialmente la title track), a volte di stampo fantascientifico, ed a volte di stampo più personale ed intimistico.
Ovviamente dopo una presentazione cosi professionale e curata, come mio solito mi aspetto altrettanto dalla musica ed anche stavolta non vengo tradito; i Cyrence sebbene siano tedeschi non suonano il classico Thrash Teutonico ma si pongono a metà strada tra il Thrash Americano di gruppi come Metallica, Testament, ed alcune influenze moderne più ‘’Swedish’’: In Flames su tutti.
La opener ‘’A New Beginning…’’ altro non è che una intro acustica della durata di un minuto a cui segue il convincente brano ‘’Dystopia’’ il cui riffing ricorda i Metallica più tirati e precisi; ciò che mi ha colpito è la personalissima voce di Tim Grathwohl che ha uno stile abbastanza personale adatta sia alle parti più aggressive che al ritornello melodico alla In Flames del periodo da ‘’Clayman’’ in poi.
Le parti più melodiche dei Cyrence mi hanno ricordato un’ altra band sempre sottovalutata: gli Evergrey dello stupendo cd ‘’The Dark Discovery’’ del 1998 e la caratteristica del ritornello melodico incastonato in tutte le songs è una costante di questo Ep.
Degna di nota è la stupenda ‘’This Life’’ altro perfetto connubio tra aggressività e melodia in cui il cantante si cimenta anche in alcuni growls; mentre la canzone che da il titolo all’ Ep inizia con degli arpeggi malinconici che mi hanno portato alla mente i Metallica più oscuri (quelli di ‘’My Friend of Misery’’ o ‘’The God that Failed’’ per intenderci), l’ unica cosa che mi ha lasciato un po’ basito è un’ interruzione di 8, 9 secondi a metà brano per poi ripartire prepotentemente con un riff davvero eccelso, francamente tutti questi secondi di silenzio assoluto sono eccessivi e rischiano di scollegare troppo un brano.
La successiva ‘’I Won’t Fall’’ è sugli stessi discreti livelli delle precedenti, ma un pochino più lunga con il suo minutaggio oltre i sette minuti; rimango maggiormente soddisfatto durante l’ascolto d i ‘’You Kill me’’ breve (per i canoni dei Cyrence), concisa e diretta; quattro minuti e mezzo di alta qualità.
L’ultima canzone del cd, ‘’Purity Control’’ è forse la più aggressiva del lotto ed è quella che presenta più elementi ‘’Swedish’’, come sempre ritornello ed assolo sono meticolosamente curati nella loro melodia.
In conclusione i Cyrence sono davvero una buona rivelazione e suonano il Thrash Metal in maniera davvero moderna e contemporanea, le radici sono visibili ma questo ‘’The Hospital’’ suona come dovrebbe suonare esattamente il Thrash nel 2015; le potenzialità di questo quartetto credo siano davvero enormi; le uniche critiche che posso muovere a questa giovane band sono due: la prima è quella di accorciare i pezzi, il minutaggio è davvero lungo per dei brani Thrash; la seconda è quella di cercare di limitare le influenze ‘’Swedish’’ per non cadere nel ‘’già sentito’’ ; per il resto seguirò questa band passo dopo passo, consiglio a tutti gli amanti del genere di fare altrettanto.
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Devo dire che sono partito con un forte pregiudizio verso questo triplo Live (uscito anche sotto formato Dvd e Blue Ray) da recensire.
Sia chiaro, il pregiudizio non è nei confronti del grande Axel Rudi Pell, bensi nei confronti della sua ricchissima discografia, mi spiego meglio: dall’esordio ‘’Wild Obsessions’’ del 1989 l’ Axeman tedesco conta 15 Studio Albums e fin qui tutto bene; il problema è che a questi cd si aggiungono una decina tra Live, Dvd, Best Of ecc ecc… il tutto secondo il mio punto di vista appare esagerato soprattutto se si considera che solo negli ultimi cinque anni l’ artista ha sfornato (questo incluso) ben 3 Live Albums!
Ora la qualità dell’artista e della sua vena compositiva fuori dal comune non si discute, è vero che i fan non sono assolutamente obbligati a comprare ogni new release dei loro idoli, ma come dicevano gli antichi Romani ‘’Est Modus in Rebus’’.
Lasciando alle spalle quindi i cd precedenti sono tuttavia propenso a giustificare quest’ ultima uscita per la sua indiscussa importanza, si festeggiano infatti i 25 anni di carriera del biondo chitarrista e la mole impressionante di ospiti illustri è da pelle d’ oca; volete qualche nome?
La line up originale degli Steeler (prima band di Axel), Jeff Scott Soto (Malmsteen, Journey), Joerg Michael (Running Wild, Stratovarius), Vinny Appice (Dio, Black Sabbath), Ronnie Atkins (singer dei danesi Pretty Maids), Doogie White (Malmsteen, Rainbow) e tanti altri, senza contare che l’attuale band presenta alla batteria il talentuoso Bobby Rondinelli; con musicisti del genere la qualità ed il divertimento sono assicurati.
Questo storico Live è stato registrato l’ 11 Luglio 2014 in occasione del festival ‘’Bang your Head’’ e sono certo che rimarrà impresso a tutti i fan della band; il setlist infatti racchiude un po’ tutta la discografia, più una ‘’drum battle’’ tra Appice e Rondinelli. Molto spazio è stato dato ad alcune cover eseguite magistralmente come ‘’Black Night’’, ‘’Mistreated’’ e ‘’Smoke on the Water’’ dei Deep Purple; ‘’Tush’’ dei barbuti ZZ Top, ‘’Long Live Rock’n Roll’’ dei Rainbow ed altre.
Ampio spazio è stato dato anche 5,6 canzoni degli Steeler, mentre ovviamente la maggior parte del setlist è imperniato sulla carriera solista di Axel Rudi Pell; personalmente mi avrebbe fatto piacere la presenza di una ‘’Tear Down the Walls’’ gioiellino dell’ album ‘’The Masquerade Ball’’ del 2000, ma ovviamente non si possono accontentare tutti i fan, anzi alcune canzoni sono state eseguite sotto forma di medley.
Se siete collezionisti incalliti consiglio questo Live, sicuramente più interessante e completo rispetto ai precedenti; altrimenti se siete all’ oscuro della carriera di questo raffinato chitarrista potete benissimo partire da questo Live per poi decidere di proseguire nella scoperta dei suoi cd in studio.
Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 2015
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‘’Chiedi chi erano i Raven’’.
Mi piace iniziare cosi questa recensione per spronare i lettori più giovani a scoprire gruppi come questo, che tanto hanno dato all’ Heavy Metal, ma non sempre hanno ricevuto il giusto tributo.
I britannici Raven si formarono a Newcastle nel lontanissimo 1974 e furono tra i più energici pionieri della NWOBHM; dischi come ‘’Rock until you Drop’’, ‘’Wiped Out’’ , ‘’All for One’’ o ‘’Stay Hard’’ possono benissimo essere annoverati come classici del genere della prima metà degli anni ’80.
Credo sia fondamentale ricordare il fatto che i Raven nei loro primi tour negli Usa diedero l’opportunità di far conoscere al grande pubblico delle interessanti support bands di nome Metallica ed Anthrax…
Fautori di un sanguigno e veloce Heavy Metal i Raven hanno soprannominato il loro genere ‘’Athletic Rock’’ per la velocità d’ esecuzione e per il look bizzarro adottato negli anni ’80, pieno di riferimenti a vari sport come l’ hockey, il baseball ecc.
Come per la maggior parte delle bands, verso l’inizio dei controversi anni ’90 i Raven hanno avuto un enorme calo di popolarità per poi risorgere nel 2000 col convincente e nostalgico ‘’One for All’’ a cui segui purtroppo un gravissimo incidente al chitarrista Mark Gallagher che tenne la band ferma per ben nove anni, fino al discreto ‘’Walk Through Fire’’ del 2010.
Forti di una line up stabile ed affiatata sin dal 1987, i Raven ci regalano nel 2015 questo ‘’Extermination’’ classico in tutto e per tutto, sin dalla copertina di forte impatto, il disco presenta ben 14 brani più una bonus track: ‘’Malice in Geordieland’’ e ci mostra che il trio britannico composto dai fratelli Gallagher (da non confondere con i loro omonimi di Manchester) e dal batterista Joe Hasselvander, è in ottima forma.
Sinceramente non credevo di trovarmi di fronte ad una tale freschezza compositiva senza cali di tensione o inutili riempitivi; questo ‘’Extermination’’ è studiato in ogni minima nota per non annoiare l’ascoltatore, una grande attenzione è stata riservata ai ritornelli che già dal primo ascolto rimangono impressi e sono certo, non sfigureranno dal vivo, ma saranno apprezzati al pari dei vecchi classici.
Stupisce anche il riffing vario e convincente, senza dimenticare il drumming forsennato di Hasselvander che impreziosisce oltremodo i brani di questo album; perfino l’interludio acustico ‘’Golden Dawn’’ risulta utile per staccare la spina tra un brano e l’ altro.
Come ho scritto precedentemente, i brani sono tutti di primissimo ordine; già dalla opener ‘’Destroy all Monsters’’ capiamo le intenzioni dei Raven mentre il ritornello di ‘’Tomorrow’’ non se ne va dalla mia testa, lasciatevi percuotere dalla travolgente ‘‘Fight’’ , dalla Purpleiana ‘’Fire Burns Within’’ dalla rockeggiante ‘’Thunder Down Under’’ ; un cenno a parte merita ‘’River of no Return’’ una sorta di Power Ballad abbastanza inusuale per la band in questione, a tratti mi ha ricordato addirittura i Nevermore, una bella sorpresa tutto sommato che denota una certa capacità compositiva del trio.
In conclusione consiglio caldamente questo cd a tutti gli appassionati del genere ma anche ai più giovani che possono benissimo iniziare a conoscere i Raven da questo cd andando poi a ritroso; ‘’Extermination’’ è un gran bel disco, ispirato e potente che non ha nulla da invidiare ai dischi classici della band; il sound e l’attitudine sono rimasti invariati, la produzione è nitida e moderna; davvero non so cosa si possa volere di più dai Raven nel 2015… Standing Ovation!
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I Toscani Story of Jade sono giunti al terzo capitolo della loro carriera, iniziata nel 2006 con l’ Ep ‘’The Factory of Apocalypse’’ e proseguita nel 2011 col full length ‘’The Damned Next Door(Know your Neighbours)’’.
Questo ‘’Loony Bin’’ giunge a me con alcune interessanti premesse, ovvero la produzione di Pier Gonella, chitarrista dei Necrodeath; un booklet molto curato ed addirittura le partecipazioni in alcuni brani di ospiti speciali come Antonio Aiazzi, tastierista dei Litfiba e del buon Gerre, cantante birraiolo dei Tankard.
Il dovere di recensore tuttavia mi obbliga a concentrarmi sulla sostanza, ovvero sulla musica e per fortuna dopo ripetuti ascolti questo cd non delude le aspettative e dimostra come gli Story of Jade, come molte altre band nostrane non hanno nulla da invidiare ai gruppi stranieri.
Dopo una piccola intro, la titletrack ci introduce il cantato di Bapho Matt, sicuramente molto influenzato dal grande Steve Sylvester (come direbbe Ninni :‘’10 minuti di vergogna per chi non lo conosce’’) mentre una costante che ritroviamo per tutto l’album è il riffing particolareggiato ed attento a costruire delle atmosfere ‘’Horror’’ di concerto con l’importante lavoro delle tastiere.
In ‘’The Book of Lies’’ ad esempio l’atmosfera di orrore riporta alla mente i seminali Mercyful Fate ed anche qualcosa della produzione solista di King Diamond, seconda influenza determinante per lo stile canoro di Bapho Matt, vero punto di forza del gruppo.
La presenza di Antonio Aiazzi e della sua esperienza tastieristica impreziosisce oltre modo ‘’Psychosis in A box’’ di cui la band ha girato un videoclip per promuovere questo ‘’Loony Bin’’.
Sia in ‘’Symphonies from the Grave’’ che in ‘’Lobotomy’’ ci sono alcuni elementi più puramente Thrash , in particolare alla Testament ed alla Necrodeath (c’è sempre Pier Gonella alla produzione ricordiamolo!) mentre un plauso va al singer davvero versatile nel cantare nei generi più disparati prodigandosi talvolta anche in uno screaming Death/Black.
Degne di nota anche ‘’Blood Hangover’’ col suo ritornello catchy e la conclusiva ‘’Horror Me(n)tal Disorder’’ il cui inizio mi ha ricordato la terrificante ‘’Black Mass’’ dei Death SS per poi addentrarsi in territori degni dei migliori episodi del ‘’Re Diamante’’.
Devo ammettere che questo ‘’Loony Bin’’ è un disco che cresce lentamente ascolto dopo ascolto; sono certo che gli amanti delle sonorità ‘’Horror’’ troveranno pane per i loro denti.
Concludo la recensione con un desiderio; sarei davvero molto curioso di vedere un concerto degli Story of Jade per vedere queste canzoni che potenzialità hanno dal vivo e l’atmosfera che riescono a creare e regalare al pubblico; spero che gli Story of Jade intraprendano un massiccio tour per tutta la penisola, questo è davvero un buon cd e merita una promozione capillare sul territorio.
Ultimo aggiornamento: 13 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti -
Questo disco è datato Marzo 2014 ma ci è pervenuto solo ora.
Non conoscevo questi Betrayer F.T.M., suppongo abbiano aggiunto la sigla finale ‘’F.T.M.’’ per via dell’omonimia con qualche altra band.
Proveniente dalla Colombia, il quartetto in questione propone un Heavy Thrash Metal Old School (ma davvero "old") sulla falsariga di quel filone del Thrash Metal del triennio 1983-1985, troviamo infatti alcune sonorità sia della NWOBHM, che del Punk e, come influenze, potrei citare i Metallica di ‘’Kill em All’’ i Motorhead, i Judas Priest, gli Exciter, i Tank o gli Slayer di ‘’Show no Mercy’’.
Giunta al secondo disco e forte di un discreto seguito in patria, la band di Cali presente tra i suoi punti di forza la voce particolare del singer Jimmy Acevedo, una buona tecnica ed un’attitudine Old School che esercita sempre un certo fascino tra i fans di determinate sonorità.
Il problema che non mi permette di mettere un voto alto a questo disco è una certa mediocrità nei brani un po’ troppo simili l’uno all’altro, ragion per cui non mi cimenterò in un "track by track", ma mi limiterò a citare gli highlights di questo ‘’Full Blast’’.
Tralasciando una consistente fetta di canzoni mediocri, mi è piaciuta l'opener ‘’City Hell’’, dotata di un bel ritmo che mi ha ricordato gli Exciter e gli Anvil più speed; ‘’Snake Eyes’’, spicca per la sua maggiore ispirazione compositiva, mentre con ‘’Green Fire’’ finalmente rimango colpito da un assolo iniziale davvero efficace, che trascina la song su territori speed metal convincenti, anche grazie a delle parti di basso ben studiate.
La miglior canzone del disco è indubbiamente ‘’Tridente Satanas’’, cantata in spagnolo, in cui un ritmo thrash/hardcore in doppia cassa ben si sposa con le linee vocali, finalmente un pezzo da ricordare! A mio avviso, se i Betrayer F.T.M. proseguissero cantando nella loro lingua madre, privilegiando composizioni del genere, risulterebbero più originali e piacevoli per l’ascoltatore; d’altronde come dimenticare i grandi Baron Rojo che sdoganarono nei primissimi anni ’80 il metal cantato in lingua spagnola?
La cover dei Tank ‘’Turn your Head Around’’, invece, mi ha stranito un pochino in quanto la pronuncia inglese di Acevedo qui presenta alcune lacune, cosa assolutamente non riscontrata in altre canzoni, quindi credo sia stata una scelta voluta e studiata a tavolino. A parte questo piccolo "incidente di percorso", la cover è stata eseguita egregiamente, anche se continuo a preferire la coverizzazione di questo pezzo da parte dei Sodom in ‘’Better off Dead’’ nel 1990.
In conclusione, i Betrayer F.T.M avranno anche un buon seguito in patria, ma per sfondare all’estero dovranno lavorare sodo; le capacità ci sono, la speranza è quella di un terzo disco che possa davvero colpire l’ascoltatore.
Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti -
Questo 2015 è teatro di significativi debutti all’insegna del Metal più puro ed intransigente: dopo lo straordinario Ep dei Salems Lott mi accingo a recensire un altro esordio influenzato dal Metal degli anni ‘80, questa volta si tratta di ‘’Dreamstealer’’ il full length dei polacchi Roadhog, prodotto in Svezia da Olof Wikstrand degli Enforcer.
Provenienti da Cracovia, i Roadhog già dalle foto non danno adito a dubbi, capigliatura, Ray Ban e Jeans mostrano una band ancorata ai canoni stilistici del decennio d’ oro dell’ Heavy Metal, lo stesso vale per la musica; il genere proposto infatti è un mix tra la NWOBHM e la NWOTHM (New Wave Of Traditional Heavy Metal) che sta mietendo molti consensi negli ultimi due anni.
L’iniziale ‘’Liar’’ dura meno di tre minuti, ma rappresenta bene la band, l’album esordisce con una prepotenza sonora molto convincente, accompagnata da un suono di basso molto maideniano e da un ritornello avvincente.
La successiva ‘’On the Witches Path’’ spazia tra l’epicità e melodie più ‘’catchy’’ alla Lizzy Borden per intenderci, mi preme sottolineare che la title track è l’unico brano di questo cd che supera i 5 minuti di lunghezza; a mio avviso questo è un pregio della band e le permette di comporre dei brani molto diretti e di facile presa; lo stesso ritornello, seguito puntualmente da un breve assolo, fa molto 80’s.
La quarta canzone ‘’Chasing the Storm’’ è quella che mi ha colpito di meno, accelerando i tempi qui i Roadhog finiscono nell’ assomigliare un po’ troppo agli Hammerfall e ciò va a discapito dell’ originalità e della personalità; quando si mantengono su brani meno veloci ed epici riescono decisamente a far brillare di più le composizioni.
Seguono alcuni pezzi meno incisivi, mentre è opportuno citare la acceptiana ‘’Taste your Sin’’ e ‘’Run from the Devil’’ cover dei Salem’s Wytch, una band americana molto poco conosciuta, autrice di un solo cd nel lontano 1986; questo particolare denota un’eccellente cultura musicale del quartetto di Cracovia, trovo molto apprezzabile onorare in questo modo gruppi del passato con minor fortuna.
La conclusiva ‘’Dead of the Night’’ è uno degli episodi più epici del cd col riff che riporta alla mente i grandi Omen ed un refrain strepitoso.
Che dire, questi Roadhog non mi hanno fatto cascare dalla sedia come i Salems Lott, ma devo ammettere che meritano davvero molto; debuttare così fa sperare in una carriera promettente, il mio consiglio è quello di non avere fretta nel produrre nuove releases, bensì di prendersi tutto il tempo necessario a comporre dei brani avvincenti e maturi cercando di bissare questo debut album…Forza Roadhog!
Ultimo aggiornamento: 07 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti -
Nel momento in cui mi sono imbattuto in questo quartetto di Hollywood ho pensato a qualcosa di ‘’moderno’’ per via dell’ immagine della band: un mix esasperato del look dei Motley Crue, Wasp, Marilyn Manson, Deathstars, Murderdolls ecc.
Invece la musica è totalmente 80’s ed aggiungo della miglior qualità! Immaginate una commistione di Accept, Wasp, Motley Crue, Alice Cooper, Lizzy Borden ed addirittura un pizzico di Speed Metal alla Metal Church, cosi avrete i Salems Lott.
Il genere proposto è tra i miei preferiti in assoluto, quindi sono ancora più esigente in quanto la totale assenza di innovazione di un sound che ha già detto tutto negli anni ’80 deve essere sostituita da una fantasia compositiva considerevole per colpirmi ancora; questi Salems Lott hanno centrato il bersaglio.
La opener ‘’Wings of Duress’’ esordisce con un riff più 80’s degli stessi anni ’80 condito da melodie vocali di grandissimo impatto e regala delle ottime impressioni nonostante sia uno dei punti deboli di questo Ep (ma da solo questo pezzo seppellirebbe il 90% delle band Hard’n’Heavy odierne!).
La successiva ‘’No Choice to Love’’ se fosse uscita negli anni ’80 probabilmente sarebbe diventata una delle Hit Heavy Metal dell’epoca e non sto assolutamente scherzando. Su youtube c’è il video di questa canzone, ascoltatela e mi farete sapere.
‘’Smoke and Mirrors’’ è una piacevolissima Speed Metal song a metà tra gli Accept di ‘’Restess and Wild’’ e l’Us Speed da ascoltare al massimo volume, magari alla guida; successivamente troviamo ‘’Atlas’’ una canzone strumentale molto bella di appena un minuto e mezzo arricchita da tastiere e da una parte di basso che mi ha ricordato i Running Wild nelle loro instrumental songs degli anni ’80.
Con ‘’Black Magic’’ troviamo un’ altra potenziale hit e personalmente, quando ascolto canzoni del genere, sogno ad occhi aperti maledicendo di non essere nato due decenni prima in modo da aver vissuto gli eighties… è inutile descrivere un brano che provoca emozioni cosi intense!
Pochi secondi per riprendermi ed arriva l’incredibile mazzata Speed Thrash di ‘’S.S.(Sonic Shock)’’ di altissima fattura che mi ha riportato alla mente i Metal Church più spediti e diretti, molto belle le parti in coro, trademark del genere sopracitato.
Questo strabiliante Ep si chiude con ‘’Twilight Traverse’’ altra strumentale di breve durata, un pezzo acustico perfetto come outro accompagnato da una tastiera malinconica.
Considerando che questo Ep è autoprodotto sono già da ora in trepidante attesa del loro debutto su full-length, sperando che confermino quanto detto in questo minicd.
Grandissimo esordio… promossi a pieni voti!
Ultimo aggiornamento: 30 Marzo, 2015
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Perfezionismo! Questo è l’aggettivo che più si addice ai Progressive Thrashers Satyrasis.
Questo disco arriva 7 anni dopo il loro debut album ‘’Creation of Failure’’ e ci presenta una band più matura, più attenta ai dettagli del sound e della produzione. Leggendo la loro presentazione ho scoperto che questo ‘’…Of the Dead’’ è stato registrato ben 5 volte prima di addivenire alla forma attuale; ogni particolare, compresi i testi (un concept album sulle ossessioni umane) è stato curato meticolosamente.
Prima di addentrarci nella recensione vera e propria è importante sottolineare la passione di questa band che annualmente dal 2007 organizza il Festival ‘’Ogrefest’’ molto importante nella scena underground americana.
La proposta musicale è un Progressive Thrash Metal che presenta anche una quantità di riff riconducibili a generi come il Death, il Black ed il Gothic Metal, un miscuglio molto ben riuscito che necessita però di numerosi ascolti prima di venire apprezzato appieno in quanto la proposta musicale dei Satyrasis è complessa.
Già l’iniziale ‘’ A Foot in Each Grave’’ unisce ad un riff molto elaborato delle tastiere lugubri a metà tra il King Diamond più tetro ed i Dimmu Borgir, mentre degno di nota è l’interludio acustico di grande impatto; la seguente ‘’The Foreman’s Face’’ molto prog nella struttura, in alcune parti mi ha ricordato i migliori Paradise Lost (quelli della prima metà degli anni ’90 per intenderci).
Notevole l’ iniziale riff ‘’Slayeriano’’ di ‘’The Imp of the Perverse’’ per poi proseguire su ritmi più Groove ed intricati cosi come è sorprendente l’incipit di ‘’Excision’’ riconducibile ai videogame degli anni ’80 per poi meravigliare con un ritmo notevole.
Imprescindibile citare i quasi 9 minuti di ‘’Waltz for a Marionette’’ in cui ho riscontrato molti elementi di due tra i gruppi più sottovalutati dell’ intera scena Metal: i Nevermore e soprattutto gli immensi Control Denied del compianto Chuck Shuldiner, autori nel 1999 di uno dei più bei dischi in assoluto nella storia del Metal.
‘’Circumstances’’ è una cover dei Rush presentata in versione Thrash/Hardcore, forse il pezzo più facilmente memorizzabile e ‘’mainstream’’ del disco, comunque pregevole.
La conclusiva ‘’In Ruins’’ dura ben 11 minuti ed assieme a ‘’Dead Peasants’’ e ‘’Warwhore’’ rappresenta a mio avviso il lato ‘’debole’’ di questo disco; non sempre l’eccessiva lunghezza dei brani è seguita da altrettanta ispirazione e ciò va a discapito del complessivo giudizio del disco, ci sono momenti esaltanti alternati a momenti del tutto scialbi.
Questo non è un disco per tutti, chi cerca il facile ascolto, canzoni semplici da canticchiare o melodie facilmente memorizzabili eviti questo disco come la peste, al contrario chi invece crede nella ‘’ricerca’’ nel Metal, chi ama l’innovazione ed i brani che crescono ascolto dopo ascolto qui troverà pane per i suoi denti.
Attendo speranzoso il terzo disco dei Satyrasis, con questa tecnica e questa qualità potranno sicuramente emergere in futuro.
Ultimo aggiornamento: 28 Marzo, 2015
Top 50 Opinionisti -
Sono letteralmente sbalordito.
Non credevo che dopo tanti anni di ‘’Heavy Metal’’ ascoltato, vissuto e suonato, la scoperta di una ‘’nuova’’ band potesse colpirmi cosi tanto.
Prima che mi arrivasse questo disco, non conoscevo questa concept band italiana; sono rimasto folgorato per tutta una serie di motivi che elencherò in questa recensione; premetto dicendo che non siamo in presenza di una band ordinaria, ma di un progetto decennale già definito che prevede 5 capitoli musicali a tempo determinato incentrati sui mali odierni, nazionali e non.
Come leggo dalla presentazione la loro ispirazione proviene dalla meticolosa osservazione di ogni disgregazione sociale e morale, di ogni sfascio materiale, collettivo o individuale, un viaggio sonoro all’ interno di ogni negatività moderna.
Questo Ep di 7 pezzi tratta nello specifico: del delitto di stato, della corruzione e di ogni abominio propinato dalla classe politica nostrana nel corso degli ultimi decenni; siamo ad un livello compositivo, musicale e lirico molto alto; non mi soffermo sui testi in quanto mi vedrei come un critico cinematografico che rivela un film in ogni dettaglio e sfaccettatura.
Qui parliamo di Heavy Metal nella sua accezione più nobile, Heavy Metal come coraggio politicamente scorretto; Heavy Metal come libero linguaggio; Heavy Metal come attitudine critica; Heavy Metal come quello di una volta, ovvero come una musica capace di regalare emozioni forti a differenza del 90% del Metal odierno a mio avviso ‘’plastificato’’ ed artificiale.
Qui parliamo di Heavy Metal come genere che riesce ad unire: Judas Priest, Litfiba (periodo Terremoto), Megadeth, Giovanni Lindo Ferretti, Death SS.
Con ‘’Annunciazione-Io Credo’’ ci troviamo davanti ad una dichiarazione di intenti, davanti ad una confessione in puro stile Intro Metal di poco meno di 2 minuti mentre la seguente ‘’Belfagor’’ è una sorta di ‘’Rapid Fire’’ 2015 di targa italiana, dotata di un ritornello Punk molto incisivo.
La terza canzone del lotto, ‘’Mammut’’ a dispetto del titolo è molto ritmica, un Heavy Rock con leggere venature Blues, che davvero sembra estratto da quel capolavoro troppo ignorato dai metallari che è ‘’Terremoto’’ dei Litfiba. Assolutamente affascinanti le due diverse ‘’Polifemo’’ con i loro testi ipnotizzanti ed il ritornello che da subito rimane impresso all’ ascoltatore.
Doveroso citare anche ‘’Ruggine’’ un minuto e mezzo di puro Thrash/Hardcore di una pregevolezza estrema, premendo ripetutamente sul tasto play per sentirla più volte rifletto sulle loro sorprendenti capacità compositive.
Il disco si conclude con ‘’Strategia della Tensione’’ un brano che si avvicina molto alla definizione di capolavoro… non sono capace di descrivere questo pezzo, dovreste ascoltarlo dall’inizio alla fine.
Faccio mea culpa ammettendo di non aver conosciuto prima questa band ed i suoi precedenti lavori, ora sono intenzionato a rimediare partendo da qui.
Se cercate del Metal cantato in Italiano con testi intelligenti, un sound moderno e tradizionale allo stesso tempo, non posso che consigliarvi questo magnifico lavoro aspettando ‘’Sancta Delicta –Atto II’’.
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