Opinione scritta da Graziano
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Ultimo aggiornamento: 09 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Il punto di forza di questo album è la capacità di coinvolgere l’ascoltatore. la melodia mai eccessiva o stucchevole si unisce alla violenza e alla brutalità, i principali elementi dei Despite Exile che, negli 11 brani confezionati, non stancano mai. La capacità di unire un estro technical death ad un più moderno deathcore è una scelta azzeccatissima, non atipica, ma sicuramente originale. Non si tratta, dunque, di un prodotto saturo oppure di una bolgia infinita di tecnicismi sbrodoloni al limite del godibile, oppure di un disco deathcore fatto solo di breakdown triti e ritriti. La questione è un po' più particolare: "Relics" ha una vita propria, l’atmosfera unica e il grande lavoro di composizione e arrangiamento si intrecciano in brani capaci di valorizzare la grande capacità dei singoli musicisti, autori di una prova eccellente anche sotto il profilo prettamente tecnico, come appunto ho già accennato precedentemente. “Relics” è un disco composto, suonato, prodotto e realizzato con estrema cura. Strutturato in modo tale che l’attenzione sia costante, ma sopratutto nessun brano durante l'ascolto dell'intero album ha bisogno di essere skippato o altro, si tratta di un lotto complessivo di undici singoli, ognuno dei brani non ha un minimo difetto, se non quello che inesorabilmente caratterizza tutte le canzoni, il fatto che terminino e noi ne vogliamo ancora e sempre di più! "Relics" è sorprendentemente coinvolgente lungo tutti gli undici brani che lo compongono. Perfino l’intro, oltre la sua funzione, nasconde frammenti utili all’ascolto dell’intero lavoro e l'artwork svolge anche un ruolo assai importante per la metabolizzazione del disco stesso. Voi vi chiederete: "Ma dal vivo?" Io ho avuto la fortuna di suonare con loro col mio gruppo a Caserta, dove ho potuto gustarmi il loro spettacolo e la resa live di questo disco: non potete capire finché non ascoltate un loro live, è davvero sopra le righe ed eccellente, segno che comunque l'Italia nel metal è sempre stata viva e sempre avrà gruppi e/o persone che sapranno far apprezzare il tricolore fuori confine.
“Relics” è un disco totalmente personale, dove l’estro dei musicisti emerge che è un piacere e dove non ci si perde tra inutili fronzoli, ma coinvolge all'estremo l'ascoltatore che è un piacere. Un death metal moderno contornato da atmosfere malinconiche, agrodolci e oniriche, un piccolo capolavoro che sicuramente porterà il gruppo dove merita. Ed a giudicare dal loro giro di festival e concerti, già sta dando i suoi frutti.
Ultimo aggiornamento: 09 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Brani al limite di guerra atomica quelli degli Strike Avenue che confezionano un prodotto brutale e ricco di spessore artistico.
Già dalle prime battute si capisce dove il quartetto voglia andare a parare: brani al limite del brutal, feroci e coinvolgenti, lasciano spazio a riff intriganti e melodici. La band calabrese ci dimostra che è possibile combinare più sound e più elementi, il loro death metal moderno è intriso di hardcore/deathcore che tanto va di moda negli ultimi anni, strizzando l'occhio anche ai classici del genere, una potenza pura. La produzione di livello fa apprezzare tantissimo anche la proposta musicale e la sezione ritmica è super terremotante, insomma ciò che tutti vorremmo da un gruppo death metal o affini: meno chiacchiere e più doppia cassa! Cosa che mi ha stupito poi è che "Human Golgotha", è un album autoprodotto che tratta delle umane sofferenze attraverso un sound oscuro, estremo e pesantissimo. Il concept mi è piaciuto molto, anche se comunque non è il massimo dell'originalità, rispecchia comunque le attitudini cupe trasformate in musica, una bella (passatemi il termine) MAZZATA SUI DENTI! Che altro aggiungere se non far parlare la musica... consigliatissimi!
Ultimo aggiornamento: 08 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Our Reality è il sesto album del gruppo hardcore Green Arrows pubblicato nel 2016. Gruppo di Bolzano attivo dal 1999 nella scena underground ha avuto come 'influenza principale deriva dalle altre band della scena hardcore di Bolzano dei tardi anni novanta: No Choice, Last Man Standing e Bound,seppure inizialmente si stacchino parecchio da essa per seguire varie sperimentazioni di contaminazioni sonore. A tal proposito, nel primo album The Sky, la band si propone con una formazione desueta per il genere, dove ai classici chitarrisit, bassista e batterista vi è anche un d.j./sampler. L'idea era quella di unire sonorità date da campionature e scretchs come già proposto da band sia crossover (Limp Bizkit, Deftones) sia industrial (Slipknot, Mushroomhead). I brani di questo primo album cercano di avere come linea di partenza un HxC stile Agnostic Front e Biohazard contaminandolo con sonorità skatepunk, darkwave e crossover arrivando addirittura allo ska.Dal secondo album The Earth, restringono il raggio d'azione delle loro contaminazioni limitandosi a mischiare l'hardcore punk a riff metal e ritmi cadenzati, sulla scia delle band della scena hardcore dell'East Coast americana.Da Rising from a Burning Desease si può notare una scomparsa quasi totale delle contaminazioni extra-hardocre, che lasciano lo spazio alla maggiore presenza di breakdown con influenze beatdown stile Terror, Hatebreed, Death Before Dishonor.
Da One Life to Fight e soprattutto in Our Reality, ovvero dalla comparsa di una chitarra lead, si fanno spazio riff new-school/post-hardcore che aprono il sonorità ad armonizzazioni e soli.Li conosciut tramite facebook, il quintetto ha anche condiviso il palco con i bolzanini Bullet Proof, gruppo thrash metal che seguo da parecchio e che merita tantissimo,seguendo proprio la loro pagin( dei Bullet Proof ,ndr) ho potuto intravedere il logo dei Green Arrows(hanno suonato assieme varie volte,ndr).Our Reality rappresenta per me un ottimo disco metal-hardcore soprattutto nella sezione ritmica terremotante e nei testi, di denuncia sociale e generazionale alla stregua di gruppi come Hatebreed,H20 e Terror (che hanno grafiche molte meno sobrie del quintetto dell'estremo nord eh ahaha ,ndr). I Green Arrows checchè se ne dica hanno un grosso potenziale,ottima resa sia live che studio ed ottima preparazione tecnica, qui è la musica ed i testi a parlare, il resto sono solo manfrine ,che sinceramente a noi appassionati musica possono restare nei forum e in portali web poco seri e non certo qui, dove diamo spazio a chi merita e chi ci mette il cuore, il resto sono opinioni personali condivisibili o meno... come diceva Chuck Shuldiner dei Death "Support Music Not Rumors" e noi stiamo qui per questo.
Nonostante OLTF fosse il mio preferito, aveva poco senso recensirvi un disco datato 2013 e quindi in concomitanza con il loro nuovo singolo Stick To My Beliefs (guardalo qui https://www.youtube.com/watch?v=Os74D3FpCSc&feature=youtu.be) , i ragazzi mi hanno chiesto se fosse possibili giudicare tecnicamente il loro precedente lavoro. Ben lieto ed onorato aggiungerei.
Tra i brani presenti nella set list ci sta anche una cover del gruppo bolzanino bandiera dell'hardcore i LAST MAN STANDING, non conoscendo la versione originale(piacevole scoperta comunque,ndr), ho ben apprezzato la cover proposta, una chicca per appassionati s'intende. Lo stile proposto è quello della nuova scuola dell'hardcore, un misto tra hardcore punk e metalcore e riffoni thrash, cori altisonanti e ritornelli da cantare a scuarcigola fino a perdere la voce. Ottimo lavoro ritmico ed impressionante livello di produzione per esserlo autoprodotto in toto. La media delle tracce non supera mai i 4 min, il disco risulta scorrevole e ben ritmato, non stanca mai e carica parecchio, difficilemente mi appassiona così tanto un gruppo hardcore. In dischi di gruppi più blasonati le composizioni erano spesso scontate e fotocopia. Qui invece l'etergenerità proposta non stanca mai e rende il tutto assai più godibile. Adatto a tutti gli amanti del metal/hardcore. Il resto lasciatelo fuori. La musica se è bella è di tutti.
Ultimo aggiornamento: 07 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
This Broken Machine è un progetto musicale con base a Milano, la cui proposta raccoglie le atmosfere che gravitano attorno al metal alternativo, esplorandole attraverso attitudini e suoni ben definiti dalle caratteristiche chitarre, dai toni cupi e dall’alternanza tra scream e voce melodica, influenzati da Architects, Gojira, Deftones, ISIS, Nortlane, Erra, In Flames, Tool.
Con numerosi concerti all’attivo, dopo l’EP “Songs About Chaos” (2007) e l’album “The Inhuman Use of Human Beings” (2012), la band è pronta a rilasciare nel 2018 un nuovo full lenght: [departures].
[departures] è un viaggio che parte dai cambiamenti profondi e dolorosi per esplorare sensazioni, stati d’animo e conseguenze. Distacco, separazione, smarrimento ma anche speranza di una nuova consapevolezza.
Il disco è caratterizzato dalla matrice moderna che vede ritmi sincopati in metalcore style con sfumature elettroniche, originalità piena e alternanza tra momenti più calmi e momenti più serrati fanno apprezzare la dualità artistica e soprattutto la capacità compositiva del quartetto lombardo. Ho trovato di buona fattura la produzione e soprattutto azzeccata per il genere proposto. La sezione ritmica di qualità e ben serrata ci fa gustare un disco che da il meglio di se nelle parti ritmiche e che comunque raggiunge una certa maturità nella composizione. Altra cosa che da molti recensori viene evitata oppure lasciata perdere e la grandezza compositiva dei testi, che personalmente mi sono piaciuti tantissimo e soprattutto l'ampio margine secondo me di interpretazione è perfetto per questo stile. Le parti in stile Deftones sono quelle che mi sono piaciute particolarmente. Apprezzabile è l'influenza massiccia dei Tool, portati in chiave più regolare e quadrata.
Insomma davvero un ottimo album che sicuramente potrà deliziare gli amanti di questo mix micidiale di metal moderno. Credo che la loro auto definizione di "architectural metal" oltre a lasciare spiazzati all'inizio sia quella più appropriata!
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Ep d’esordio per i napoletani CLEAN DISTORTION con la loro combo da 3 pezzi. Prima di procedere ve li introduco brevemente : Il nucleo iniziale di questo gruppo nacque quasi per caso,avendo come scopo iniziale una sola serata. Dopo tale data ,spinti dall'entusiasmo,i membri avevano deciso di volere essere una vera band,senza però un genere definito. Tuttavia, questo proposito non durò molto,e dopo la fine di questo primo progetto,il chitarrista ritmico,assieme ad altri,riformò il gruppo che adesso si chiama Clean Distortion,con propositi simili al primo,ma obiettivi decisamente più chiari. Dopo molti cambi di formazione,e una fase di affinamento musicale e organizzativo,la band ha deciso di essere pronta ad affacciarsi verso nuovi orizzonti musicali, iniziando a proporre la loro musica nei locali e negli eventi della città di Napoli. Tra ottobre e novembre 2017 esce il loro primo EP intitolato Flames of Chaos, il quale riprende i tragici incendi che hanno scosso e messo nel 'caos' l'intera città di Napoli. Infatti l'album si compone in tre tracce: City of Fire, Phoenix Empire e Chaotic Life. Riff violenti abbinati a suoni melodici per raccontare al mondo gli eventi che sono avvenuti alla città partenopea durante l'estate del 2017, e che tali episodi anche in passato si sono manifestati. I ragazzi propongono quella mescolanza di Heavy Metal e hard rock moderno, è senza ombra di dubbio ciò che si propone di offrire la formazione partenopea. I ragazzi si definiscono alternative metal definizione che ci può stare per la musica proposta,con le dovute accortenze , devo dire che i suoni sono più diretti e orientati verso l’heavy metal classico e un sound hard-rockeggiante. Dopo un intro atmosferico, dove ci sono delle urla in dialetto napoletano si introduce la prima traccia “Phoenix Empire” una cavalcata mid-tempo di heavy metal impreziosito anche da sound e atmosfere più moderne “Chaotic Life” è molto più hard rockeggiante(alcune parti mi hanno ricordato Black Sabbath e Deep Purple)e dal ritornello impreziosito da un bel tappeto di tastiere alla EDGUY (quelli di “down to the devil per intenderci) che culmina con un assolo in wah manco il Kirk Hammett dei Metallica dei tempi d’oro.City of Fire risulta la più atipica del lotto,dall’intro di basso, si spinge sempre più verso il rock classico e quindi la durezza viene meno e si concentra di più sul groove. Se possiamo trovare pregevoli le scelte stilistiche anche se troppo volte fotocopia di gruppi più blasonati,la qualità media è alta ma la voce risulta pesantemente fuori mix, che se in ascolto in cassa non si nota troppo il volume troppo pompato , in cuffia il volume risulta fastidioso e non fa godere appieno il suo potenziale, ancora acerbo ma ben sfruttato in questo progetto. Altra nota dolente è la pronuncia inglese non è sempre impeccabile Tecnicamente il gruppo ha il fatto suo e si getta nella mischia direi più che bene,anzi. Per esperienza posso dire che al debutto si possono fare tre errori: o proponi una roba amorfa e inconsistente, o usi troppe idee rendendo tutto confusionario, o ne usi troppo poche andando sul sicuro e peccando di prudenza. Devo dire che seppur peccando di prudenza i CLEAN DISTORTION si mettono sul mercato confezionando un bel prodotto che fa sperare per il futuro avendo comunque margini di miglioramento.Personalmente devo dire che tranne alcune piccolezze,i brani funzionano e sono godibili quindi spero in buone nuove dei ragazzi, loro e tante altre piccole realta sono il segno che nonostante le chiusure dei locali ci sta ancora chi vuole fare musica di qualità
Ultimo aggiornamento: 31 Gennaio, 2018
Top 50 Opinionisti -
Debutto per il progetto Entropy Coding, con il primo full-length "Tales of the Moon". Anticipato da un intro dalle atmosfere sognanti, da colonna sonora di un film fantasy hollywoodiano, dal nome "Once Upon a Time", ci catapultiamo in un metal sinfonico con sonorità molto interessanti per quanto concerne i suoni di tastiera. La sezione ritmica di estrema qualità per tutto il disco con ottimi suoni di chitarra e scelte stilistiche eccellenti, che ricordano gruppi come Nightwish, Epica, Delain o i Dreamquest di Turilliana memoria, con meno elettronica e più estro sinfonico. Mi aspettavo una voce più forte e prestante che comunque non delude ed è tecnicamente e timbricamente pregevole, solamente in alcune parti stilistiche, a livello soggettivo, si va troppo verso il già sentito. Però sono opinioni soggettive, oggettivamente nulla da dire, anzi! Oltre ad un evidente elemento sinfonico, mi è piaciuto come l'influenza power/progressive sia stata rilevante e sia stata prominente; la seconda traccia, "Feel the Air" (primo singolo del disco), ne è il manifesto, ma non è il migliore pezzo del lotto secondo me. Mi hanno sorpreso anche i tratti in scream della cantante e i suoni "alla Dream Theater", che ben arricchiscono il valore compositivo di questo album, un ottimo debutto. Davvero interessante invece è la proposta sia al livello vocale che di arrangiamento della traccia “Luna”: cantata in Italiano,ci fa apprezzare la bellissima voce della cantante Melania Petrillo, una voce incredibile che in questa traccia migliora rispetto alle precedenti in termini di resa tecnica e timbrica. La seguente "Eclipse", che all'inizio come atmosfere assomiglia un po' a quelle dei Rhapsody ("Legendary Tales" su tutti) rappresenta la traccia che mi ha colpito di più, che secondo me maggiormente risalta per il lavoro svolto in questo album, soprattutto in fase di arrangiamento, rendendo il pezzo più vario che mai: è come se Dream Theater, Symphony X e Rhapsody abbiano deciso di comporre musica assieme con una frontman femminile per l'occasione,spettacolari!
I miei più sentiti complimenti alla mastermind Susanna Coltrè per aver sfornato un prodotto di così grande qualità al debutto. Ovviamente ci sono ancora cose da limare, ma come è normale che sia.
Ultimo aggiornamento: 07 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
I South Of No North sono un gruppo groove metal partenopeo attivo da relativamente poco tempo(aprile 2016),super attivi nelle esibizioni live,infatti hanno scalfito la superficie del metal underground partenopeo con il primo singolo disponibile in digitale dal titolo provocatorio "I.N.O.F.Y.C.M."(non è colpa nostra se i vostri bambini si masturbano), aprendo a bands come Genus Ordinis Dei,Onryo,Noise Trail Immersion,Dreamshade e molte band del panorama nazionale e internazionale
Sulla scia del loro primo singolo si basano le liriche e lo stile del loro EP fresco di uscita "Stubborn".La nota di merito è il fatto che la band si è completamente autoprodotta ottendo un risultato assai soddisfacente soprattutto per quanto concerne il sound di chitarre e di batteria, la nota dolente al livello di produzione resta purtroppo la voce,che al livello di mero giudizio personale aveva bisogno di qualche operazione in più,ma trattasi di opinioni puramente personali,come ho già espresso prima, che non intaccano il buon giudizio sul disco che si presenta molto bene.
Il disco è un totale 100% DIY e credo che a tutti i gruppi che abbiano intenzione di autoprodursi in toto debbano dare un ascolto a questo disco più voltem per far capire che i propri mezzi,impiegati nella giusta maniera,possono far davvero enormi risultati.
Certamente i riff non sono super elaborati,e la volontà dei ragazzi è quella di arrivare all'ascoltatore come un diretto pugno in faccia,i South Of No North ci riescono alla grande e sopratutto divertono parecchio. Aspettiamo buone nuove dai ragazzi,e soprattutto per chi come me ci ha condiviso il palco più volte,posso ribadire l'enorme carica che hanno dal vivo! Oltre ai breakdowns spacca ossa che permeano in ogni singolo brano del cd,mi inginocchio al sapiente lavoro della sezione ritmica e di una batteria cattivissima con un muro doppiopedalistico che incentiva lo spessore ritmico e la durezza di brani semplici,di impatto e molto validi!
KILLER TRACK : I.N.O.F.Y.C.M.
Ultimo aggiornamento: 14 Gennaio, 2018
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Nuovo lavoro per i campani One Day In Fukushima che ci deliziano con una demo tagliente, senza un attimo di tregua. Sulla scia di gruppi come i nostrani Cripple Bastards, oppure nomi di spicco del genere quali Napalm Death, il complesso musicale salernitano di certo non la manda a dire a nessuno.
Prima di parlare del disco, due parole suglii One Day In Fukushima: il progetto nasce verso la fine dell'estate 2014 per opera di Fabrizio (Too Xigen, ex Shellshock) e Valerio (Too Xigen) e per la loro passione per le sonorità estreme. Nel novembre dello stesso anno i due ragazzi si ritrovano presso lo studio Kaspar House per incidere alcuni inediti (che saranno compresi nella futura demo). Poco dopo, entrano a far della line-up anche Francesco (Throes Of Perdition, ora nei Parodos) alla seconda chitarra e Vincenzo (Z.A.T., ex La Horde) al basso. Il gruppo riprende sonorità Grindcore, ma le influenze vengono anche da altri generi come il Death Metal, Punk/HC e Crust. Il gruppo ha preso parte ad alcuni lavori (uno split con più gruppi e varie compilation) e ha rilasciato la demo ad inizio giugno 2015, il tutto accompagnato dall'attività live. In settembre dello stesso anno Cosimo entra nel gruppo in qualità di batterista, sia in studio che live. Nel settembre 2016 Francesco decide di lasciare la band per dedicarsi maggiormente ai suoi progetti. Nello stesso mese la band entra in studio per registrare 3 brani di cui 2 faranno parte di uno split con Intravenous Poison, in uscita a breve, mentre un altro andrà a far parte di una compilation tributo ai Terrorizer, assieme a Misery Index, Haemorrage e Tu Carne. Attualmente, la band è al lavoro per la stesura di nuovi brani inediti, continuando comunque a suonare in giro, condividendo il palco con nomi più o meno conosciuti, ultimi fra tutti i Venomous Concept e Total Chaos.
Come da tradizione, ci troviamo di fronte a sfuriate chitarristiche al limite del "nichilistico", blast beat ultra veloci e ultra tecnici e canzoni dalla durate di massimo 2 minuti, con alcune durano anche 40 secondi (volendo abbondare in entrambi i casi). Quel che ne segue è un disco davvero di impatto e macina ossa da consumarsi fino al'ultimo grido e all'ultimo pogo. Avendoli conosciuti prima live che in studio posso dire che hanno una carica pazzesca e che la pulizia dello studio non fa rendere minimamente l'impatto di una band come questa. Tematiche non proprio originali a parte (che non costituiscono un punto di demerito sia chiaro), quello che traspare è un disco ben fatto, la produzione non ha grosse pecche (a parte la voce, a mio parere) ed è grezza al punto giusto, la sezione ritmica la fa assolutamente da padrona conferendo una "bellissima bruttezza" a questo disco. Chi mastica grind e simili, sa che non è il tipo di musica da produzione pulitina e credo che questa demo suoni come un disco grind debba suonare. Nessun difetto, quindi e ottime basi su cui lavorare; attendiamo il prossimo full length, ne vedremo assolutamente delle belle!
La killer track del disco è: Gabbia Toracica. Altra nota di demerito (che non intacca molto il giudizio finale) è quella delle linee pulite: un consiglio è di curare di più le clean vocals, anche lo stretto necessario (sulle harsh vocals invece nulla da dire, anzi molto molto curate e soddisfacenti), almeno curare intonazione ed evitare stonature evidenti. Consigliato per gli amanti del grind e non solo.
Ultimo aggiornamento: 08 Gennaio, 2018
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L'Ep proposto dai nostrani Aftermath è un lotto di tre brani, più intro iniziale, che viaggia contemporaneamente su due dimensioni diverse; se da un lato possiamo evidentemente cogliere influenze di gruppi come Deftones, Drowing Pool e RATM, l'altro lato, quello più malinconico ed oscuro, ben accompagna la violenza sonora che i quattro ci propongono in questo primo lavoro "Ataraxia", uscito questo maggio per Volcano Records. Il dualismo di attitudine sicuramente rappresenta una novità interessante (siccome il genere e le impostazioni sono abbastanza definite) che rende il loro EP, tutto sommato, godibile e nel complesso un buon disco. Dato che ho avuto l'occasione anche di ascoltarli dal vivo, come spesso capita, il mood è totalmente diverso e la produzione del cd risulta troppo secca e artificiosa, sopratuttto nelle chitarre. Ma si tratta di un fattore sonoro e non tecnico, legato a scelte di produzione ed ad un mastering che è fatto certamente bene, ma poteva essere fatto meglio. Il mio brano preferito del lotto è "ClockMaker", con un riffone potente e "groovegiante" rappresenta un po' lo stendardo emblematico di questo Ep; le altre tracce, tutto sommato, intrattengono e divertono nel giusto modo. La sezione ritmica ben rende e sostiene egregiamente, mentre avrei preferito la voce un po' più incisiva e meno calma, ma sono opinioni strettamente soggettive che non intaccano l'oggettività e il buon risultato che il gruppo ha raggiunto con questo disco. Essendo l'Ep di esordio, come spesso capita (ed è capitato anche al sottoscritto), si possono commettere vari errorini qua e là, dovuti alla poca esperienza; in questo caso, sono minimizzati e alla fine credo che il gruppo sia soddisfatto del lavoro che ancora sta portando avanti promozionalmente. Credo che, con le dovute accortezze, gli Aftermath possano crescere ed andare avanti e soprattutto continuare per questa strada che, aldilà dei vari gusti personali, è oggettivamente la strada giusta, gettarsi nella mischia a testa bassa, come tutte le bands emergenti. Aspetto il full lenght con ansia, bravi!
Ultimo aggiornamento: 06 Dicembre, 2017
Top 50 Opinionisti -
Oramai realtà ben consolidata nella scena black metal finnica, i Goatmoon, dopo uno split con uno dei gruppi più controversi della scena greca (ossia i Der Sturmer), tornano in pompa magna con un nuovo album intitolato "Stella Polaris".
Nato come progetto raw black metal guidato dal mastermind BlackGoat Gravedesecrator, nel corso degli anni si è evoluto sempre più su un folk/black metal intriso di sentimenti e a tematiche epiche della terra natia del progetto: la Finlandia. Gruppo certamente assolutamente molto controverso e provocatorio, anche negli atteggiamenti, riesce a sfornare un secondo capolavoro confermandosi dopo il bellissimo "Voitto Tai Valhalla" del 2015 (E ringrazio i ragazzi di Pagan Storm per aver segnalato il gruppo nella loro trasmissione radiofonica, dato che mi hanno fatto appassionare davvero e mi hanno fatto scoprire un artista eccellente). I toni sono più ragionati e freddi, la copertina stessa del CD rappresenta l'attitudine gelida, soprattutto nei riff, mentre risulta "calda e accogliente" nelle parti folkeggianti. Qui si può davvero apprezzare tutta la maestrosità del compositore che crea parti da far accaponare la pelle. I grandi protagonisti del disco non sono le parti cattive, ma le melodie create dagli strumenti folk e dall'organo che raggiunge davvero il suo apice nell'outro della terza traccia "Kansojen Hävittäjä", proposta anche in versione inglese dal titolo "Rock The Nation".
Un disco bellissimo, da ascoltare a mente aperta ed a occhi chiusi. Quando si tratta di fare black metal originale fuori dagli schemi, seguendo una strada propria, allora non troverete di meglio dei Goatmoon.
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