Opinione scritta da Graziano
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Ultimo aggiornamento: 06 Aprile, 2018
Top 50 Opinionisti -
"Soul Deception" è il primo album dei Masquerade, un disco che consta di soli cinque brani per un totale di appena trentaquattro minuti, possiamo definirlo quasi un EP. Bisogna ammettere che ci troviamo di fronte ad un lavoro ben fatto, sia per la parte compositiva, sia per quanto concerne la produzione affidata totalmente a Dan Swano. Il loro lavoro è di chiara matrice melo-death metal, infatti il loro sound è facilmente accostabile a gruppi come At the gates, oppure ai celeberrimi Amon Amarth (togliendo la matrice vichinga), spaziando in alcuni tratti in territori thrash metal e groove metal. Sebbene l'intro a mio gusto resti un tantino fuori contesto con il lavoro intero, brani come "Red Feather" sono un esempio di come la band svizzera abbia imparato la lezione del miglior death di stampo svedese. "Soul Deception" è un buon album di debutto, con tecnicismi costruttivi del genere, per gli amanti di un ibrido tra il death svedese e americano. Essendo il debutto, c'è comunque ancora da lavorare e migliorare, ma se queste sono le premesse, allora i Masquerade potranno riservare belle cosucce in futuro
Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Quello degli Anubi's Servants è un thrash metal influenzato da atmosfere egiziane e da una buona dose di death metal; la band confeziona un lotto di brani diretti, aggressivi e mortali: comparto ritmico terremotante, con ritmiche che alternano velocità ed epici mid tempo, mentre il Dio dei morti urlerà la sua rabbia.
"Duat" è un bel disco, un concentrato di metal vecchio stile, ma in possesso di una carica e di una buona dose di varietà tra gli arrangiamenti, a differenza di altri che, volendo guardare troppo al passato, confezionano album con arrangiamenti poco originali. La carica dei ragazzi è bella presente e il loro mood, di canzone in canzone, lascia senza fiato. Oltre agli ovvi consigli sul migliorare l'originalità proposta ancora di più, tutto sommato gli Anubi's Servants hanno fatto un ottimo lavoro; speriamo in buone nuove da questa band, che merita almeno un ascolto da parte di tutti gli amanti del genere.
Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Buona prova per gli americani Repaid in Blood, con un disco pieno di influenze e ricco di sonorità interessanti, un deathcore che non disdegna le origini death del genere, unendo al meglio tutte le influenze del gruppo.
Dopo l'introduzione un po' sognante, c'è la prima linea di basso per svegliarti immediatamente. La timbrica particolare del cantante dà la sensazione all'ascoltare che le voci siano due, trattasi invece del solo Darrell.
Oltre alla bella voce, anche musicalmente si distinguono positivamente. L'EP, intitolato "Terra mourning", è pieno di riff geniali e breakdown spacca ossa. "Riposo" non è nel dizionario degli americani, i brani sono decisamente esplosivi e carichi di energia, in un piccolo capolavoro che spero non passi inosservato.
Ultimo aggiornamento: 19 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Premetto che il giudizio negativo è fatto in base ai gusti personali.
La produzione è di ottimo livello (grezza al punto giusto per un disco di questo tipo) e il livello tecnico in generale è molto alto, quello che giudico negativamente sono il songwriting e la voce che, secondo me, hanno un po' peccato in prestazione e originalità. Just Fucking Fritz ha un timbro acido e sgraziato, murato da limiti tecnici abbastanza evidenti: la sua è una prestazione "di pancia", tutta grinta e cuore, supportato anche dai cori del chitarrista Listl (che ricordano i primi lavori dei Kreator). "After the Battle", la prima traccia, è l'esempio di cosa intendo. Lungo tutto il disco sono presenti abbozzi di growl, assai frivolo e disimpegnato, che non trasmette nulla. La semplicità è il diktat in questo "Empowered By Hate"; e forse il voler essere troppo ancorato a certi canoni del passato. Riguardo la batteria, il continuo skunk beat dopo un po' stanca ed in altri passaggi sembra molto forzato, l'unica perla di originalità in questo disco è la traccia "Mata Com Faca", un pezzo in salsa punk rock e molto old school.
"Empowered By Hate" è un disco troppo nostalgico, troppo lineare nel suo voler ricalcare il thrash della vecchia scuola, poco impegnativo e molto scontato. Non ci sono pezzi che rimangano in testa o che riescano a trasmettere più di un sano headbanging molto "forzato". Capisco la voglia di rimanere TRVE etc. etc., ma il mio consiglio è di essere più originali, che di dischi thrash così ce ne sono a bizzeffe e questo rimane purtroppo tra i mediocri.
Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Oggi analizziamo gli Hybridized, giovane band romana che ha appena rilasciato in maniera autonoma il primo EP, "Mental Connections". La band si forma ufficialmente nel 2016 a Roma, per volontà di Fabio Mancinelli (Batteria) e Fabrizio Valenti (Chitarra Ritmica), ma l’idea prende corpo da molto lontano, sin da quando i due amici si conoscono in giovane età, collaborando durante gli anni in diversi progetti, ma nessuno dei quali aveva saputo interpretare la loro visione di sound. Finalmente nell'estate del 2016 decidono di formare una band che incarnasse appieno il loro concetto musicale, che attinge a piene mani le varianti thrash e groove del metal, prendendo come fonte d’ispirazione band che hanno fatto la storia del genere come: Pantera, Megadeth, Lamb of God, Slayer. Per dare corpo ai brani che si stavano piano piano formando, viene reclutato il bassista Emanuele Gazzellini, che bene si sposava con la forza richiesta dal genere. Successivamente era la volta del cantante. Ne sono stati provati diversi, tra noti e meno, ma nessuno li aveva convinti, fin quando non conoscono Marco Patarca, che soddisfaceva i requisiti di potenza espressi dal suo growl, ma che non disdegnava la vena melodica con un pulito coinvolgente. I temi dei brani non seguono un filo conduttore unico, ma sono presi principalmente da passioni comuni, pensieri e riflessioni sulla società e la vita in generale. Da questo deriva anche il nome scelto, Hybridized, che non ha un significato principale, ma riporta a varie tematiche, come la diversità dei gusti musicali dei membri del gruppo, l’evoluzione della società moderna in una prettamente tecnologica oppure il perfetto incastro delle sonorità create dalla band, come fossero ingranaggi di una macchina, perfettamente amalgamati tra
loro. La band nel 2017 si dedica anima e corpo alla composizione in vista della release del loro primo EP, ma capiscono che c’è bisogno di aggiungere un altro elemento che sapesse completare il lavoro fatto. La chitarra solista era indispensabile per raggiungere la perfezione ricercata, e dopo una lunga analisi e varie cacciate, trovano in Andrea Scarinci ciò che cercavano. Terminata la fase di composizione, a fine 2017, aiutati dalla Gagoze std., registrano i brani in vista della release dell’EP autoprodotto, Mental Connections, programmata per Marzo 2018. Il lavoro viene accompagnato dall’uscita del video di House of Nightmares.
Ci troviamo di fronte ad un EP Thrash/groove metal ben composto e prodotto bene per essere una autoproduzione. Dal punto di vista tecnico nulla da dire, se non congratularmi con i ragazzi per le capacità tecniche e per il songwriting ben strutturato e di buona fattura; c'è comunque ancora da lavorare, sia chiaro, ma niente di inequivocabilmente negativo; il mio consiglio è di lavorare di più sulle composizioni e sulle idee per ottenere una identità musicale ancora più pronunciata, perchè va detto che i ragazzi ne hanno già una ben definita, ma talvolta si riscontrano tantissime similitudini con gruppi più blasonati, cosa che può far bene all'inizio, ma è anche vero che così si può rimanere troppo ancorati al passato. L'EP di debutto dei nostri mostra una personalità musicale ragionata e definita, ma che a volte va perdendosi e che risulta anche un po’ appesantita da fronzoli e troppe similitudini con le bands che influenzano il loro sound. Vanno riconosciute comunque le loro doti tecniche di buon livello, come è di buon livello la proposta musicale che il gruppo cerca di portare avanti. Il consiglio per il futuro è di snellire il sound e soprattutto di andare al sodo in maniera più secca, in modo da sfruttare al massimo le proprie potenzialità.
Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 2018
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Stercore, gruppo slovacco che pubblica il nuovo EP "Eternal Sunlight" e ci propone un deathcore con chiare influenze derivanti dal death metal classico, cosa che ultimamente nei gruppi di tale estrazione si evince sempre meno, in quanto le componenti djent e "core friendly" vanno a surclassare un genere old school come il death. La proposta risulta essere diverte ed è prodotta benissimo, sicuramente si rischia quella monotonia dei classici gruppi deathcore con brani pieni di breakdowns e di strutture fotocopia, qui invece c'è eterogeneità nella proposta. Ovviamente ci sono alcune cose da migliorare, però sono convinto che lavorandoci e crescendo come progetto e gruppo, gli Stercore possono limare le lacune compositive e trovare una loro identità per non rimanere nell'oblio del -core degli ultimi anni, dove gruppi spuntano come funghi e dove la maggior parte di loro risultano super generici e senza spina dorsale. Gli Stercore ci sanno fare, ma devono appunto limare qualche sbavatura che, diciamocelo, ci sta. Composizione bella, anche se a tratti ripetitiva, vocals davvero di livello e sezione ritmica terremotante.
Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 2018
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Eshtadur è una band colombiana che suona una miscela melodica di black e death metal ed il disco qui in esame è "Mother Grey", pubblicato ad agosto da Bleeding Music.
Riff pesanti e melodici iniziano l'album insieme ad alcuni synth atmosferici in sottofondo, mentre i ringhi del death metal s'aggiungono pochi secondi dopo e, quando la musica accelera, si sentono le influenze derivanti dallo swedish death, ben presente nelle composizioni del gruppo. In tutta l'opera si può sentire una mix tra parti mid-tempos ed accelerate, con screamin' vocals quasi più vicine alle composizioni di stampo più black metal. In questo disco persistono derivazioni e aggiunte solistiche tipicamente melodiche con anche elementi sinfonici ed epici, e la voce che alterna allo scream anche il cantato pulito, che rende particolare e variegata la proposta.
Gli Eshtadur, rispetto ai precedenti lavori (che per completezza ho ascoltato), si allontanano dalle influenze black metal e si concentrano maggiormente su uno stile death metal melodico di stampo swedish (In Flames, Dark Tranquillity et similia), pur mantenendo alcuni elementi sinfonici ed alcune parti belle dure; la produzione suona molto professionale, mentre i testi coprono temi oscuri e ribellione; una band che merita tantissimo e che può dare soddisfazioni anche a chi non mastica molto questo genere!
TRACCE RACCOMANDATE: "Plaguemaker", "Time Hole To Paris", "The Day After" e "Last Day Of The Condor".
Ultimo aggiornamento: 12 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Per chi legge di solito le mie recensioni, sa che non sono mai cattivo ma cerco di essere costruttivo perché, suonando, so come ci si sente a ricevere critiche negative e prive di senso. Ho cercato dunque di metabolizzare al meglio questo disco, ma ahimè dopo ripetuti ascolti non posso che decretare questo "Make Them Bleed" una pernacchia ben pubblicizzata nel mondo metal. Perchè? Il gruppo è composto da ex membri e collaboratori di varie formazioni molto più famose e vincenti come Ill Niño, Machine Head, Soulfly, Upon a Burning Body (anche membri dei Disturbed e Fear Factory hanno partecipato in aggiunta a questo lavoro). Molti di questi gruppi sono il mio ascolto quotidiano, nonché una mia fonte di ispirazione per ciò che provo a fare, quindi, ribadendo il massimo rispetto per i membri delle formazioni citate, non posso che criticare aspramente questo lavoro, il che non significa che il progetto non abbia potenziale, anzi si tratta di musicisti navigati e ben preparati, ma un gruppo non si può promuovere utilizzando solamente il fatto che gli ex membri vengano da formazioni più rinomate e abbiano quindi già la strada spianata sotto certi versi (rispetto a dei signor nessuno ovvio).
Dopo un singolo e un EP tutto sommato godibili, quello che si respira in questo full length è noia totale, troppe composizioni fotocopia, troppe canzoni sul già sentito e senza personalità, mi duole dirlo ma "carta canta". Ciò non vuol dire che le potenzialità di questo gruppo siano minime, c'è bisogno di uscire dagli anni '90 e fare qualche sforzo in più, le capacità le hanno ed anche tantissime, quindi perché confezionare un prodotto del genere? Non lo capisco. Diciamo che il mezzo punto in più è per l'ottimo lavoro di produzione svolto, nonostante la bassa qualità del lavoro artistico. La produzione è eccellente e, devo dire la verità, la scelta dei suoni è anch'essa di livello, peccato appunto per la proposta musicale non altrettanto valida. Le canzoni sono anche belle e piene di energia, ma sinceramente mi aspettavo qualcosa in più dato l'hype che webzines e social media avevano dato al disco. Sicuramente non un pessimo lavoro, ma comunque per persone di questo calibro, c'è da aspettarsi di più.
Quindi nonostante un bel lavoro prodotto, delle belle idee, c'è troppo di già sentito motivo per cui "Make Them Bleed" arriva appena alla sufficienza per i suddetti motivi. La title-track, devo dire, mi ha divertito, avendo anche quella componente djentosa che sta andando tanto di moda.
Ultimo aggiornamento: 09 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
Un combo spagnolo-portoghese con esperienze scandinave è il background del gruppo esaminato oggi, i Norunda, i quali hanno recentemente dato vita al loro primo lavoro in studio dal titolo "Irruption". Debutto di matrice thrash-death metal, si può dire che sia in generale ben riuscito, anche se purtroppo non mancano momenti un po' fiacchi.
"Asshole In Your Way", la prima traccia, nonostante la carica che il gruppo cerca di trasmettere, pecca un po' di livello tecnico, non c'è quell'energia trascinante che dovrebbe caratterizzare il loro sound, ma non tutto è vano in questo disco. Di brani ricchi di groove e di energia che fanno balzare dalla sedia ce ne sono e ho potuto riscontrare tutto il loro potenziale in tracce come "Dynamite" - che possiede begli arpeggi, la scarica di energia che mi aspettavo e toni quasi hard rock nel ritornello -, "The Only Truth", - che ha un ottimo tiro alimentato in particolare dal trascinante groove di batteria che lo sostiene - e "Sultan Killer" - una traccia dove abbiamo a che fare con arpeggi iniziali dal sapore orientaleggiante, in perfetta linea con il nome della traccia ed il suo mood. Nella successiva "Violent Street", invece, l'umore generale è malinconico per via dell'arpeggio dell'intro di stampo classico, che mi ha fatto pensare in particolare a quello di "Disciple Of The Watch" dei Testament; il ritmo si mantiene lento e anche la voce resta su lidi poco aggressivi, il che valorizza moltissimo il tutto. Per chi è in cerca di varietà e strutture che non si ripetano, segnalo l'ultima cartuccia, "Into My Game", anche se la chicca dell'intero lotto è a mio avviso "Pushing To The Limit", completa e ben eseguita sia dal punto di vista strumentale che vocale.
I Norunda sono giovani e le opportunità per crescere e perfezionarsi non mancano; "Irruption" è un bel tentativo iniziale, complessivamente gradevole, si gettano bene nella mischia dell'underground e confido nelle loro capacità, perché sicuramente col tempo potranno, appunto, dare luce a prodotti sicuramente più pregevoli.
Ultimo aggiornamento: 09 Marzo, 2018
Top 50 Opinionisti -
I Mind Terrorist sono una band con molta esperienza alle spalle, al loro terzo lavoro in studio per la teutonica OPOS Records, un disco che caratterizzarlo come "Metalcore" risulta riduttivo perché, oltre alle evidenti influenze di gruppi come As I Lay Dying, Soilwork e affini, si nota anche una predisposizione per alcuni suoni alla Soulfly, Sepultura e Nevermore (non è casuale il fatto che abbiano aperto il concerto a Larissa del compianto Warrell Dane).
L'album è pieno di melodie, per lo più malinconiche, circondate da diversi riff forti, con una doppia cassa granitica e terremotante. Ogni pezzo naturalmente, oltre le melodie, offre molti momenti che sicuramente in fase live smuoveranno un po' di mosh. Nonostante la chiara denominazione "core", ho riscontrato tanta eterogeneità anche nei breakdown ed è curiosa come sia stata sfruttata la presenza di alcuni patterns richiamanti il beatdown. Quello che mi è piaciuto di più è l'intera sensazione delle chitarre e del basso in molte delle loro composizioni, la cui incarnazione mi fa venire in mente qualcosa di hardcore punk della fine degli anni '90. D'altra parte, ciò che sembra relativamente tortuoso sono le voci che, rispetto ad un prodotto metalcore, non vengono performate con delle scream vocals; la voce del nostro Kostas, bella graffiante e presente, non sarà iper-tecnica ma sicuramente giova parecchio nelle composizioni. E' proprio la voce ad essere anche il neo di questo disco, talvolta troppo ripetitiva e non incalzante come dovrebbe, ma si tratta di piccolezze e pareri soggettivi. Un bel disco questo "A moment to eternity", attendiamo buone nuove da parte dei ragazzi che attualmente sono in stop momentaneo.
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