Opinione scritta da Celestial Dream
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Ultimo aggiornamento: 07 Dicembre, 2012
Top 10 opinionisti -
Arriva praticamente dal nulla, come un fulmine a ciel sereno, questo disco made in Italy sotto il nome di Earthcry. Ma chi sono questi Earthcry? In realtà non parliamo di una vera e propria band ma di un'opera ambiziosa che il batterista ligure Enrico Sidoti ha scritto avvalendosi di personaggi molto noti della scena italiana e non. “When the Road Leads” è il primo capitolo di questo concept ed è composto da dieci brani di puro prog-power metal da leccarsi i baffi per tutti gli amanti di Symphony X, Labyrinth e DGM.
I personaggi coinvolti? Aprite bene le orecchie, perchè alle voci troviamo niente popò di meno che Roberto Tiranti (Labyrinth), Mark Basile (DGM), Marco Sandron (Pathosray, Eden's Curse, Fairyland), Oliver Hartmann (Hartmann, Avantasia, ex At vance), Damian Wilson (Threshold, Headspace, DWB) e Zak Stevens (Circle II Circle), dove ognuno di questi top class singers interpreta un diverso personaggio del concept, in cui vengono analizzati gli oscuri segreti dell'umanità. Le altre guest stars sono i chitarristi Diego Reali (Evidence, ex DGM) e Simone Mularoni (DGM) ed il bassista Leone Villani Conti (Trick or Treat). Completano la band oltre al già citato Enrico alla batteria, Bruno Di Giorgi (chitarra) e Tommi Delfino (tastiere).
Tanta carne al fuoco quindi, ma non sempre tutto questo è sinonimo di qualità. Tocca all'oste di turno, infatti, cuocere a puntino le pietanze e in questo caso lo "chef" Enrico Sidoti si dimostra decisamente all'altezza, piazzando una dietro l'altra 10 tracce ben costruite su melodie che colpiscono presto e su una perizia tecnica a livello strumentale degna di nota. L'introduzione, ne son sicuro, farà palpitare qualche cuore, ascoltando Tiranti destreggiarsi su tonalità riservate solo a lui (in stile "Lady lost in time" tanto per capirci). "New fading sun" è puro power-prog di classe e sono proprio i DGM a mio parere, la band che più si può comparare a questo lavoro, e non solo quando l'immenso Mark Basile prende in mano il microfono, come in "Hospitality", pezzo che non avrebbe sfigurato nell'ultimo capolavoro della band capitolina "Frame". E' sempre un piacere ascoltare Oliver Hartmann dilettarsi in qualcosa di metal, visto che da qualche anno le sue coordinate stilistiche sono più orientate al hard rock. Ma "Recall" grazie al suo timbro acquista sicuramente gran interesse; un brano epico molto vicino alle produzioni dei maestri Symphony X ed in cui è degno di nota il pezzo di tastiera centrale di Tommy Delfino. Tastiera ben presente anche in "Landscapes", brano melodico che conquista subito, nonostante un intermezzo quasi new metal alla Dream Theater di "Systematic Chaos" e presenta uno splendido assolo di chitarra veloce e melodico. Immenso il coro finale che coinvolge alcuni degli ospiti presenti. E' Zak Stevens il protagonista della bella ballata semi acustica "Stranger", mentre Sandron è superbo facendo l'Allen di turno in "Uncharted". Non scopriamo certo ora questi grandi cantanti italiani, ma senza dubbio sentirne alcuni dei migliori tutti assieme nello stesso album, fa certamente riflettere e conferma ciò che da anni sostengo, ovvero che dal punto di vista canoro non dobbiamo invidiare nessuna nazione, anzi! Dopo la strumentale "The temple", la lunga "Inside" ha il compito di chiudere il disco nel migliore di modi, intrecciando le varie voci del progetto che raggiungono l'apice in un crescendo musicale nei secondi finali.
Moderno, progressivo, melodico: tutti in piedi ad applaudire questo bel disco di sicuro interesse per ogni amante delle sonorità sopra descritte.
Da avere!
Ultimo aggiornamento: 07 Dicembre, 2012
Top 10 opinionisti -
La Francia non è certo patria di power-melodic metal di classe; tolti Heavenly e Fairyland, non ha mai prodotto bands di un certo livello, anche se negli ultimi tempi forse qualcosa in positivo si sta muovendo, basti leggere le recensioni su questo sito di Galderia e Keryon. I francesi Asylum Pyre, dopo un debutto autoprodotto del 2009, trovano contratto con la nota Massacre Records per la pubblicazione di "Fifty years later". La band si presenta con una cantante femminile, Chaos Heidi, e ci propone 10 tracce di power-gothic metal cercando di percorrere la via tracciata da bands come Within Temptation, Edenbridge, Lunatica e Vision of Atlantis. Peccato che i gruppi appena citati siano dei veri maestri nel loro campo, mentre gli Asylum Pyre dimostrano di avere poche idee, supportate tra l'altro da una produzione non certo di primo livello.
Così, senza dilungarsi troppo, nonostante qualche pezzo carino come "These trees", tipica song iper melodica di facile presa, la veloce "Dead in Copenhagen" e la più potente, ma comunque orecchiabile "Against the sand", il disco scivola via con rari momenti di vero interesse. La singer francese si alterna spesso a Johann Cadot che, oltre al ruolo di chitarrista, dà una mano con le voci maschili, ma anche lui non riesce a far ingranare una marcia in più al disco che, soprattutto nella seconda parte, risulta piuttosto fragile dal punto di vista del songwriting. E pensare che l'inizio piano/voce dell'intro "Will you believe me?", pur ricordando molto qualche melodia dei Lunatica, faceva presagire qualcosa di buono.
La bella copertina ed una manciata di pezzi discreti non basta agli Asylum Pyre per arrivare alla sufficienza piena. Un 2,5 è comunque un voto accettabile, da cui rimboccarsi le maniche per ripartire con qualche idea in più.
Ultimo aggiornamento: 04 Dicembre, 2012
Top 10 opinionisti -
Alzi la mano chi si ricorda dei Dark Avenger, storica cult band brasiliana che pubblicò due splendidi dischi di heavy metal classico ormai una decina abbondante di anni fa, il primo stampato e distribuito per il mercato europeo dalla nostrana e sempre attenta Scarlet Records. Chi di voi ha la mano alzata in questo momento, oltre a meritare tutto il mio rispetto, si ricorderà che alla voce di quella band non c'era un singer qualunque ma Mario Linhares, autentico fuoriclasse che mi fece innamorare della sua voce e di quei due album (soprattutto il debutto però).
A distanza di anni, andandomi a riascoltare quei dischi, ho pensato di rintracciare Mario e sentire come andavano le cose. Ho scoperto che il cantante brasiliano è rimasto nella scena e la sua band attuale non sono altro che gli Harllequin che andiamo a recensire. Quindi, in attesa dell'intervista che presto vi offriremo su queste pagine, scopriamo questa band.
Nati nel 2005, compongono subito il disco di debutto "King of the dead" e iniziano a suonare dal vivo in compagnia di bands storiche della scena brasiliana come Eterna,Tuatha de Danann e Torture Squad. Nel 2008 però il gruppo si scioglie. Dopo 3 anni decidono di tornare con una formazione leggermente rinnovata e con un nuovo disco "Hellakin Riders" che esce in Brasile per la Die Hard Records, ma anche nel nostro continente tramite la sconosciuta Flying Dolphin Entertainment Group.
La proposta della band è un heavy ricercato, potente e melodico, esaltato dalla voce spaziale di Mario con delle atmosfere oscure date dal suono delle tastiere di Pedro Val. Rispetto al sound dei grandi Dark Avenger qui si va a spingere oltre, come se nella fase di songwriting la band non si sia posta nessun limite o barriera. Il concept è basato sulla saga "Bando do Arlequin", una leggenda spagnola che narra di un gruppo di cavalieri bannati per sempre in una dimensione tra la vita e la morte e presenta una favolosa copertina ad opera dell'artista brasiliano Quinho Ravelli (decisamente uno degli artwork più belli dell'anno). L'iniziale "Three Days in Hell" è un esempio di quanto detto: riff granitici, di scuola thrash, doppia cassa trita ossa, cambi di ritmo, e la voce di Mario a farla da padrone con il suo stile ed il suo timbro inimitabili, dando carica ai pezzi ma toccando vette incredibili quando decide di salire di tono. La band che più può ricordare gli Harllequin sono probabilmente gli Steel Prophet, storica band americana autrice di due capolavori heavy metal come "Dark Allucinations" e "Messiah" anche loro spinti dalla voce di un frontman incredibile come Rick Mythiasin. Altra song degna di nota è la splendida "King of the Dead" dove le melodie ci riportano alla mente alcune cose dei Dark Avenger come la magica "Armaggedon". La compatta "The riddle", la bella "The Bride", pezzo di classe che si apre con arpeggio e piano e prosegue con melodie di grande effetto, e la ballata "Ancestors" chiudono il disco.
"Hellakin Riders" è un lavoro di livello, che ci presenta una band dalle grandi potenzialità, che forse a volte pecca di un pò di presunzione e coraggio, andando anche oltre e componendo songs molto articolate e complesse, soprattutto rispetto allo standard del genere. Forse la band dovrà snellire un po' le composizioni e puntare su delle melodie più immediate ma, se siete fans del heavy metal tecnico e per nulla scontato, di bands come Jag Panzer e Steel Prophet, allora non fatevi scappare questo bel dischetto.
Ultimo aggiornamento: 03 Dicembre, 2012
Top 10 opinionisti -
A dieci anni di distanza dal primo passo della band, la pubblicazione del singolo "Rebel flag", tornano i Galneryus, veri e propri eroi della scena metal orientale. La band Giapponese arriva all'ottavo studio album della propria carriera che tra full lenght, ep, singoli e vari live vanta una quantità di uscite che ormai se n'è perso il conto. Il gruppo del Sol Levante sta pian piano raccogliendo parecchio interesse anche in Europa e son sempre più i seguaci di questa che dalle nostre parti è da considerarsi una vera e propria cult band.
Dopo due album piuttosto validi come "Resurrection" (2010) e "Phoenix rising" (2011), ecco "Angel Salvation" che si presenta come abitudine per la band, in un'elegante confezione digipack. Il gruppo di Osaka è da sempre dedito al proprio sound che prende spunto dai grandi Stratovarius, dai primi Sonata Arctica, e a tratti dai Dragonforce, alternando il cantato in lingua inglese a quello nella loro lingua madre. La tecnica della band è invidiabile con Syu, leader e chitarrista a farla da padrone insieme a Yuhki ai tasti d'avorio, supportati da una sezione ritmica ben precisa e affidabile. Rispetto agli ultimi dischi, dove la band alternava i classici pezzi veloci a mid tempos e ballads, in quest'ultimo lavoro, tolta l'intro iniziale e la bellissima strumentale posta in chiusura, gli altri 8 brani sono una pura mazzata di power metal spedito, per la gioia dei fans dei gruppi sopra citati. Così, una ad una, le songs si alternano tra fraseggi di chitarra, aperture di tastiera e melodie ariose che spesso ricordano le sigle di qualche cartone animato degli anni '80.. "Angel Salvation" si dimostra un gran disco supportato probabilmente dalla migliore produzione del suono che la band abba mai avuto e da una prestazione maiuscola del singer SHO (non si può dire lo stesso invece per la sua pessima pronuncia inglese). Partendo dalla possente "The promised flag" e passando attraverso brani di indubbo valore come la veloce "Stand up for the right", e le altrettanto valide "Temptation through the night" e "Lament", solo per citarne alcune, si arriva fino al pezzo di diamante dell'intero lavoro: la title track, suite di oltre 14 minuti, raccoglie tutte le caratteristiche ed il sound dei Galneryus risultando una delle più belle canzoni dell'anno in ambito power metal, nonchè una delle suite più riuscite in generale degli ultimi tempi.
Ripeto, "Angel Salvation" è un lavoro meno vario rispetto al recente passato, ma non sto qui certo a lamentarmi se finalmente qualcuno ritorna a spingere sull'acceleratore come si faceva un tempo, senza badare a certe mode o a strane influenze! Per chi ha già fatto conoscenza con questa band, "Angel salvation" è un disco da avere a tutti i costi. Per tutti gli altri... beh, siete ancora qui? Correte a far vostro questo bel dischetto.
Top 10 opinionisti -
Dalla Spagna, e più precisamente Valencia, arriva una nuova sensazionale band, i Leithian e aprite bene le orecchie, lo fanno con un disco da top ten annuale nel genere. "Sin limites" è il loro secondo album, ma ammetto che non conosco il loro debutto "Voces de libertad" uscito nel 2008. Dopo qualche cambio di line-up, il quintetto iberico torna con un disco di puro power metal che farà la gioia di tutti quei fans che riescono a digerire il cantato in lingua spagnola e non cercano l'originalità a tutti i costi.
Tra Stratovarius e primi Warcry, i Leithian alternano sapientemente canzoni rapide come "Cruzando Senderos" e "Matar O Morir" ad altre più cadenzate come la splendida "Amanecer" o la lenta "Profundo palpitar", ma sempre mantenendo una qualità eccelsa che si ritrova in pochissime uscite. Canzoni ispirate, melodie avvincenti e ritornelli che si stampano in testa, in fin dei conti non è questo ciò che cerchiamo in un disco power metal? lasciatevi sedurre da "Angel seductor" e da "La Era De La Mentira", pezzo da novanta con un refrain ben costruito.
Peccato per un paio di brani "solamente" discreti inseriti verso la fine della tracklist, come ad esempio "Memoria Oscura", altrimenti "Sin limites" avrebbe potuto benissimo meritare il massimo dei voti. Si può decisamente chiudere un occhio sul discutibile logo della band e sull'artwork che lascia molto a desiderare. Un consiglio sincero? Cercate questo disco e lasciatevi conquistare, senza limiti!
Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 2012
Top 10 opinionisti -
Helreidh are back! I più giovani lettori di Allaroundmetal si chiederanno chi sono questi Helreidh.. forse una nuova band, e chissà che genere faranno vista la strana copertina! In realtà questo gruppo veneto nasce nel 1994 e negli anni successivi pubblica tramite la storica Underground Symphony due dischi cult di prog metal melodico. Ora a distanza di 13 anni tornano a farsi sentire con "Fragmenta", un disco che presenta composizioni datate addirittura negli anni 1999-2000 quando Yorick (leader e chitarrista della band) si trovava negli Stati Uniti e con Gary Wehrkamp degli Shadow Gallery si mise a lavorare su nuove composizioni. Ora la band può vantare una formazione stabile con Luca Roggi (batteria) e lo stesso Yorick (chitarre) a cui si aggungono Max “the voice” Bastasi (Anarchy X e Great Master) alla voce, Aligi Pasqualetto (tastiere) e Francesco “Frana” De Paoli al basso.
Questi ritorni a tanti anni di distanza sono sempre da prendere un pò con le pinze; spesso si rimane alquanto delusi! Il quintetto veneto si ripresenta con il suo prog melodico e di classe, e la voce di Max (che aspetto a breve con il nuovo attesissimo album dei Great Master) è promossa a pieni voti. "Fragmenta" presenta solamente 6 pezzi (più un intro e un outro), ma in fin dei conti questo poco importa quando la qualità è ben presente in tutti i brani. Inoltre alterna song più melodiche ed easy listening ad altre maggiormente lunghe e complesse. L'apertura è affidata a "In Hoc Signo Vinces" una tipica prog song di impatto con cambi di ritmo ben dosati che convince ascolto dopo ascolto. Un intro di piano apre la strada a "Ex Visionibus....Fatus" lunga song di oltre 10 minuti melodici ed epici con pianoforte e tastiere in primo piano che disegnano ottime melodie soprattutto durante lo splendido intermezzo strumentale. Yorick fa il Petrucci della situazione introducendo con un breve ma emozionante solo di chitarra la magica "Orfeo´s Lament", pezzo melodicissimo, una ballata di gran classe. "Exile (We Mot Delen Ato)" è un buon pezzo ma non riesce a convincere appieno mentre la lenta "Shades Of My Untimely Autumn" sembra quasi una ninna nanna del 21esimo secolo, con tastiere e chitarra classica che ci cullano lungo i sui 4 minuti. "Zep tepi" suona molto Shadow Gallery (fantastico il coro finale), band che sicuramente ha influenzato in un modo o nell'altro gli Helreidh non solo per la presenza di Gary Wehrkamp che si occupa anche di chitarra e tastiera in "Exile". Degni di nota infine i solos di chitarra di Yorick sempre di buon gusto come noi amanti del prog sì tecnico ma soprattutto melodico adoriamo.
"Fragmenta" è un disco valido che ci consente di riabbracciare una band di indubbia classe che per troppo tempo ci aveva abbandonati.
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Se sentivate già la mancanza di Mikael Erlandsson, eccovi accontentati con i Love under cover. Per il leader e singer dei Last Autumn's Dream non dev'essere sufficiente l'uscita annuale della sua band principale e quindi delizia i suoi fans (tra cui il sottoscritto) con qualche altro progetto. Dopo i due buoni dischi a nome Salute e alcune apparizioni come guest star qua e là, il buon Mikael è pronto per questa nuova avventura accompagnato da Mikael Carlsson a basso, chitarra e tastiere, Martin Kronlund (Gypsy Rose, Phenomena, Salute) alle chitarre, e Perra Johnsson (Coldspell) alla batteria. L'obiettivo è quello di unire e combinare il sound e gli elementi di bands come Coldspell, Last Autumn's Dream, Treat e altri grandi gruppi scandinavi.
In effetti l'influenza delle band sopra citate si sentono eccome e le 11 canzoni qui proposte uniscono i LAD (impossibile non pensare a loro visto chi troviamo al microfono), con momenti più Glam in stile Treat e Crazy Lixx e a tratti (ma più rari) si possono sentire anche delle sfumature heavy alla Coldpell, mantenendo comunque quell'aria di spensieratezza tipica dei dischi firmati Erlandsson come nell'opener "My best friend" o nella bellissima "Angels will cry". "Through The Storm", gran bel pezzo, richiama addirittura l'epicità che ha reso celebri i Magnum con un tocco di metal classico e melodico, ascoltare per credere. Trova spazio anche "Who Needs Love" dei Last Autumn's Dream, dal bellissimo "Dreamcatcher". Bellissima la gioiosa "Crazy for you"che farà la felicità di tutti i fans del buondo singer che, inutile dirlo, ci regala una prestazione delle sue, senza sbavature, con il suo timbro inconfondibile e nato per cantare questo genere. Chiude la breve ballata "A nice day", altro brano ben confezionato.
Undici canzoni orecchiabili, ideali per metterci di buon umore durante queste giornate grigie. "Set the night on fire" è disco piacevole e senza grosse pretese. Consigliato proprio ai die-hard fans del singer svedese.Quando Erlandsson.sbaglierà un disco siete pregati di farmi uno squillo!
Top 10 opinionisti -
Band a me nuova questi Leyenda, anche se "Ciudad del caos" è il loro quarto disco. In effetti guardando le foto del booklet si nota che i componenti non sono dei ventenni alle prime armi ed infatti le origini del gruppo risalgono addirittura al 1995 anche se sotto altro nome (Infernal).
Il nuovo lavoro di questo quintetto Madrileno propone un heavy-power molto melodico che ricorda un pò l'ultimo bel disco dei connazionali Saratoga, recensito qualche mese fà proprio in queste pagine, anche se il sound dei Leyenda è meno potente. Come molti gruppi spagnoli non è l'originalità il punto forte della band, ma alla fine poco ci importa quando i brani riescono a catturare la nostra attenzione. Ed è così in questo caso, già da "Esmeralda", brano che apre il disco con una bella melodia di chitarra. Sono le successive "Ciudad del caos" e "Quiero Alcanzar Todos Mis Sueños" a colpire già dai primi ascolti con dei ritornelli catchy e orecchiabili. Nonostante le melodie siano piuttosto "semplici" e non certo originali od eccessivamente ricercate, queste si stampano in testa e vi ritroverete in ufficio con la voglia di canticchiare alcune di queste songs. Ad impreziosire il disco troviamo anche alcuni ospiti che gli esperti della scena spagnola sicuramente conosceranno; tra i tanti spiccano Jero Ramiro (Santelmo, Saratoga, etc.), Carlitos (Mago de Oz), Silver (Muro, Silver Filst),e Patricia Tapia (Khy, Mago de Oz, Nexx). Ed è proprio la voce femminile dei grandi Mago de Oz a rendersi protagonista nella piacevole ballata "Junto a ti" e sulla potente "Vestido blanco", duettando con il buono (ma non eccelso) Antonio, singer dei Leyenda. La versione "ballata" della title track, che diventa giustamente "Ciudad del Bien" chiude bene il disco con la melodia più indovinata dell'intero lavoro in una nuova veste.
Con "Ciudad del caos" avrete tra le mani un disco, sono sicuro, non esente da critiche e che può non piacere. Banali e scontati? Si ma questo album prende e continua a girare nel mio stereo. Non è forse questo ciò che conta?
Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 2012
Top 10 opinionisti -
Arriva al terzo disco la Lars Eric Mattsson band denominata Book of Reflections. Giuro che non ho mai ascoltato i primi due dischi del gruppo che invece dimostra con questo "Relentless fighter" di avere un suo motivo di esistere e arriva dopo ben 5 anni dal secondo lavoro della band. Miscelando a dovere power metal, heavy, neoclassic, prog e hard rock, la proposta di questo gruppo per certi versi non è affatto scontata, e son sicuro che può piacere a più di qualcuno dei nostri appassionati lettori.
L'apertura è affidata alla veloce "Until the day" (con delle tastiere molto prog) mentre segue la più classica e hard rock "Die with the devil" con un ritornello tutto da cantare. Una ad una le songs piacciono anche se c'è da dire che mai si riesce a trovare il guizzo geniale. Il polistrumentista Lars (che si occupa di chiatarre, basso e tastiera) si è circondato di alcuni buonissimi musicisti tra cui spiccano alle keys Vitalj Kuprij e Mistheria ed il lavoro svolto alle tastiere è sicuramente quello che balza più all'orecchio durante l'ascolto dell'intero disco, accompagnando tutte le canzoni con un suono moderno e con solos piacevoli, ascoltate per credere la bellissima "Bleeding dry". "Somewhere else to be" strizza l'occhio ai grandissimi Jag Panzer mentre è decisamente degna di nota "Crashing Through", song melodica, potente e potenziale hit assoluta dell'album.
"Relentless fighter" non verrà tramandato da padre in figlio e non scriverà la storia del heavy metal ma è un disco solido composto da dieci canzoni piacevoli. Il mio consiglio è quindi quello di dare una chance a questa band.
Ultimo aggiornamento: 03 Novembre, 2012
Top 10 opinionisti -
Probabilmente il disco più atteso dell'anno in ambito Power Metal, "Silverthorn" è finalmente sul mercato a arriva dopo alcuni posticipi sull'uscita ufficiale e soprattutto dopo diversi anni tormentati in casa Kamelot, che dopo l'abbandono di Khan ed il tour con Fabio Lione, tornano in pista arruolando una delle rising star del metal mondiale: Tommy Karevik. Il singer svedese ci ha già regalato alcuni capolavori con la sua band principale, i Seventh Wonder, ed è già entrato nel cuore dei fans della band statiunitense grazie a convincenti performance live ed al suo aspetto che sicuramente non allontanerà le seguaci di sesso femminile. Si può quindi parlare di una terza era che ha inizio (la seconda coincide con la presenza di Khan al microfono) e Thomas Youngblood aveva un grosso macigno sulle spalle, un peso dovuto alla pressione di ritornare con un disco all'altezza dopo il cambio di singer (sempre delicato) e un paio di dischi che hanno fatto storcere il naso a qualche fans (di vecchia data in particolare). Sapientemente il buon Thomas ha deciso di aprire la strada al nuovo arrivato, dando quindi gran spazio in fase di songwriting a Karevik e a Palotai, tastierista della band e mai molto coinvolto nella stesura dei pezzi.
Riuscirà Karevik a non far rimpiangere Khan? Non è stato registrato un pò troppo in fretta questo disco, visto che il nuovo singer è stato annunciato solo qualche mese fa? L'ispirazione di Youngblood è un pò in parabola discendente? Queste sono le domande che molti fans (me compreso) si ponevano fino ad oggi. In realtà già il video del singolo "Sacrimony" ci aveva fatto tirare un bel sospiro di sollievo. Ora posso dirlo con certezza: "Silverthron" suona 100% Kamelot, è un disco che mantiene tutte le caratteristiche del sound della band statiunitense che riapre in alcuni momenti alle sonorità di "Karma" ed "Epica" con aperture melodiche e spedite in pieno stile power metal. La prestazione di Tommy è eccelsa e convince già dalle prime note. Chiaramente il suo approcio è stato quello di "seguire" la via tracciata da Roy negli anni ma mettendoci del suo; credo che già dal prossimo disco il singer svedese potrà rendere più personale il cantato in casa Kamelot. "Silverthorn" racconta una storia piuttosto cupa e questo sentimento è trasportato anche nelle songs. E così il disco alterna pezzi veloci, come "Sacrimony" con il suo inizio ed il refrain che riportano ai tempi di "The fourth legacy", a mid tempos in pieno trademark della band come la un pò meno riuscita "Veritas". Melodica e potente, la title track piace, così come "Solitaire" dove Casey Grillo torna a pestare alla batteria. Menzione particolare per "Song for Jolee" che si candida come miglior ballata del 2012 con una prestazione immensa di Karevik. In chiusura la lunga e di classe "Prodigal song", che però a tratti ricorda qualcosa degli Angra.
I Kamelot tornano ad alzare la testa e danno l'impressione di avere ancora delle carte vincenti da estrarre dal mazzo per il prossimo futuro grazie alle potenzialità della nuova formazione.
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