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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    03 Novembre, 2012
Ultimo aggiornamento: 03 Novembre, 2012
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Probabilmente il disco più atteso dell'anno in ambito Power Metal, "Silverthorn" è finalmente sul mercato a arriva dopo alcuni posticipi sull'uscita ufficiale e soprattutto dopo diversi anni tormentati in casa Kamelot, che dopo l'abbandono di Khan ed il tour con Fabio Lione, tornano in pista arruolando una delle rising star del metal mondiale: Tommy Karevik. Il singer svedese ci ha già regalato alcuni capolavori con la sua band principale, i Seventh Wonder, ed è già entrato nel cuore dei fans della band statiunitense grazie a convincenti performance live ed al suo aspetto che sicuramente non allontanerà le seguaci di sesso femminile. Si può quindi parlare di una terza era che ha inizio (la seconda coincide con la presenza di Khan al microfono) e Thomas Youngblood aveva un grosso macigno sulle spalle, un peso dovuto alla pressione di ritornare con un disco all'altezza dopo il cambio di singer (sempre delicato) e un paio di dischi che hanno fatto storcere il naso a qualche fans (di vecchia data in particolare). Sapientemente il buon Thomas ha deciso di aprire la strada al nuovo arrivato, dando quindi gran spazio in fase di songwriting a Karevik e a Palotai, tastierista della band e mai molto coinvolto nella stesura dei pezzi.

Riuscirà Karevik a non far rimpiangere Khan? Non è stato registrato un pò troppo in fretta questo disco, visto che il nuovo singer è stato annunciato solo qualche mese fa? L'ispirazione di Youngblood è un pò in parabola discendente? Queste sono le domande che molti fans (me compreso) si ponevano fino ad oggi. In realtà già il video del singolo "Sacrimony" ci aveva fatto tirare un bel sospiro di sollievo. Ora posso dirlo con certezza: "Silverthron" suona 100% Kamelot, è un disco che mantiene tutte le caratteristiche del sound della band statiunitense che riapre in alcuni momenti alle sonorità di "Karma" ed "Epica" con aperture melodiche e spedite in pieno stile power metal. La prestazione di Tommy è eccelsa e convince già dalle prime note. Chiaramente il suo approcio è stato quello di "seguire" la via tracciata da Roy negli anni ma mettendoci del suo; credo che già dal prossimo disco il singer svedese potrà rendere più personale il cantato in casa Kamelot. "Silverthorn" racconta una storia piuttosto cupa e questo sentimento è trasportato anche nelle songs. E così il disco alterna pezzi veloci, come "Sacrimony" con il suo inizio ed il refrain che riportano ai tempi di "The fourth legacy", a mid tempos in pieno trademark della band come la un pò meno riuscita "Veritas". Melodica e potente, la title track piace, così come "Solitaire" dove Casey Grillo torna a pestare alla batteria. Menzione particolare per "Song for Jolee" che si candida come miglior ballata del 2012 con una prestazione immensa di Karevik. In chiusura la lunga e di classe "Prodigal song", che però a tratti ricorda qualcosa degli Angra.

I Kamelot tornano ad alzare la testa e danno l'impressione di avere ancora delle carte vincenti da estrarre dal mazzo per il prossimo futuro grazie alle potenzialità della nuova formazione.

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Opinione inserita da Celestial Dream    02 Novembre, 2012
Ultimo aggiornamento: 02 Novembre, 2012
Top 10 opinionisti  -  

Non sapevo che Kotipelto e Liimatainen avessero eseguito dei concerti acustici rivisitando pezzi storici presi dalla carriera dei due musicisti e non solo. Pare che questo tour acustico abbia avuto un certo successo, così che i due hanno deciso di usare queste canzoni per registrare un vero cd, "Blackoustic", che andiamo ad analizzare. Se l'accoppiata Timo-Jani aveva prodotto un gran disco di power metal a nome Cain's Offering qualche anno fa (e speriamo che prima o poi arrivi anche un secondo album di quella band), qui la storia è ben diversa.

"Blackoustic" raccoglie principalmente pezzi che hanno fatto la storia del singer Finlandese, come l'opener "Sleep well" e "Serenity" prese dai suoi album solisti, o le ben più quotate "Black diamond" e "Coming home" dalla sua band madre Stratovarius. Si può dire che questo è un prodotto simpatico che ogni fan di Kotipelto ascolterà con curiosità e piacere canticchiando le songs ma penso che dopo qualche ascoltino potreste stancarvi presto di tali versioni per tornare alla magia che ancora trasmettono le versioni originali. Inoltre se alcuni pezzi nella nuova veste acustica suonano piuttosto bene vedi la stessa "Coming home" o "My selene" (quest'ultima pescata dai Sonata Arctica di "Reckoning Night") altre sembrano un pò forzate come "Speed of light" o la stessa "Hunting high and low".

In sostanza, è piacevole ascoltare queste canzoni in versione acustica, ma siamo così sicuri che valga la pena comprare un disco del genere?

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Opinione inserita da Celestial Dream    28 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 2012
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Gli Exedra nascono nell’autunno del 2005, a Taranto e dopo alcuni cambi di formazione la band trova il giusto equilibrio con i due fondatori Giuseppe Prete (voce) e Andrea Rapisardo (batteria), uniti ai “nuovi arrivati” Marco Memmola (tastiere), Luca Orlando (basso) e Simone Basile (chitarra). “Apeiron” è il loro debutto, e ci presenta una band dalle enormi potenzialità; in oltre un ora di musica il quintetto pugliese ci accompagna attraverso un concept album incentrato sul tema della vita, morte e rinascita e sulla continua ricerca dell'Eterno. La proposta musicale si può descrivere come un progressive metal molto intimo e melodico, con la caratteristica che i testi sono tutti in lingua Italiana. Una scelta decisamente coraggiosa, ma che si dimostra a mio avviso, una mossa vincente che rende la band praticamente unica nel panorama nazionale.

Ascoltando le 7 tracce che compongono “Apeiron” si ha la sensazione di avere tra le mani un signor lavoro. In effetti gli Exedra dimostrano grande classe nel songwriting, con soluzioni sempre molto curate e melodie non banali ma comunque melodiche. In questo disco troverete tutto quello che un buon progster vuole ascoltare in un disco: buoni riff, tastiera sempre ben presente, assoli di chitarra ben fatti.. Se proprio dobbiamo trovare delle piccole pecche tocca parlare della produzione non impeccabile, ma chiaramente parliamo di un disco autoprodotto, e della voce di Giuseppe che si dimostra un buon singer ma non si può parlare del James LaBrie o del Tommy Karevik Pugliese. Ma sono solo dettagli davanti alla qualità di questo album; si parte subito con la splendida “Fenice”, pezzo epico, con un riff granitico sorretto da ottime tastiere e melodie vocali di gran gusto. La traccia d'apertura non è un caso perchè le seguenti songs confermano il livello iniziale. Come non citare infatti le più intime “Siddharta” e “Crisalide”, due grandi pezzi che strizzano l'occhio a sonorità più prog rock? L'ascolto continua con “Siamo qui”, una ballata piano-voce molto emotiva mentre a seguire troviamo la validissima “Come il vento”. Si chiude con l'ambiziosa suite di oltre 25 minuti “Apeiron”, un brano complesso ma melodico con alcuni spunti davvero degni di nota, come la lunga ma melodica intro iniziale di scuola Dream Theater.

Mi prendo una bella responsabilità dichiarando quanto segue, ma sono sicuro di quello che dico: gli Exedra sono una band di talento e “Apeiron” è un disco che dovete far vostro se le sonorità descritte sopra sono quelle che più vi piacciono.

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 27 Ottobre, 2012
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Dalla Grecia arrivano in redazione i Seed of Sadness, una band nata solamente poco più di un anno fa, ma già molto attiva in fase di songwriting. Sono già dieci i brani composti infatti dal quartetto ellenico ma solo 5 sono stati scelti per questo Ep, che vede la partecipazione di una guest star illustre come Bob Katsionis (Firewind) che si prende cura di tutte le tastiere.

Il sound proposto in queste 5 canzoni è un Melodic Metal con la voce femminile di Stellaria e ricorda moltissimo la proposta dei nostrani Mastercastle, band capitanata da Pier Gonella (ex Labyrinth) che ha già pubblicato 3 buoni dischi negli ultimi anni. Quindi non aspettatevi un approcio lirico, nè inserti gotici come è molto di moda quando alla voce c'è una signorina. I Seed of Sadness sono più massicci, come nell'iniziale "Remnant Of A Dying Smile" accompagnata da un bel riff e un ritornello indovinato. Ma tutte le 5 tracce del disco sono piuttoste buone; tra tutte "King of Loss" e "Is this the way" meritano di essere menzionate, così come la tastiera e il piano di Katsionis, sempre ben presenti, che danno un gran tocco al sound del disco.

Nel complesso è chiaro, la band è giovane e deve sicuramente maturare leggermente in fase di songwriting ma ci sono molti buoni presupposti. Questo Ep è sicuramente un buon prodotto che son convinto lancerà i Seed of Sadness verso un contratto discografico e a breve un full lenght di debutto, quindi non stupitevi di ritrovare tra un annetto una loro nuova recensione su queste pagine.

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Opinione inserita da Celestial Dream    26 Ottobre, 2012
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Otto anni dopo il buon debutto omonimo tornano i Bonrud, band che prende il nome dal suo leader e chitarrista, tale Paul Bonrud che ha scovato un nuovo ed importante membro per il gruppo in Rick Forsgren soprannominato "Four Octave" (soprannome che dice tutto), cantante che si dimostra piuttosto dotato. Iniseme i due han trovato una certa chimica e si sono gettati a capofitto sulla stesura dei pezzi per il nuovo disco. In uscita tramite Escape Music, questo "Save tomorrow" rimane su terroritori decisamente Aor/Melodic Rock, ma supera i già buoni livelli compositivi dell'album d'esordio. Non stiamo parlando di un disco pazzesco, ma i 12 pezzi contenuti in questo lavoro sono tutti pregevoli, ben suonati e presentano delle melodie piuttosto catchy e facili da ascoltare.

Bonrud mette tanta passione nella sua musica e uno dopo l'altro i brani che compongono questo suo secondo disco ci fanno entrare in un perfetto mondo di Hard Rock melodico, fatto di ottime linee vocali e aperture chitarristiche iper melodiche. Potrei citarvi l'iniziale "We collide" o la splendida "Save tomorrow", "Dominos", una bomba melodica in stile Last Autumn's Dream, o la magistrale "End of days" posta in chiusura, come i probabili migliori pezzi dell'album, ma in realtà il livello del disco rimane sempre costante dall'inizio alla fine anche se non si toccano mai vette di primissimo livello. In poche parole se cercate il capolavoro dell'anno non dovete bussare qui; H.E.A.T, Pride of Lions ed Eclipse sono su altri livelli. Se invece vi potete "accontentare" di un signor disco allora "Save tomorrow" può fare al caso vostro e, anche se le belle giornate estive sono ormai un ricordo e non potrete per qualche mese guidare con finestrini abbassati, capelli al vento e Bonrud in autoradio, questo disco comunque vi regalerà 50 minuti di buon Melodic Hard Rock.

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Opinione inserita da Celestial Dream    22 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 22 Ottobre, 2012
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Quando si parla dei Magnum è impossibile non nominare la parola classe. I maestri del Pomp Rock soffiano con “On the 13th day” sulle 40 candeline che festeggiano le 4 decadi dalla loro nascita, nel lontano 1972, a Birmingham. A differenza dei tanti gruppi storici che ancora calcano i palchi del mondo e pubblicano dischi spesso di bassa qualità, i Magnum sono sempre riusciti a creare grandi albums, e se proprio c'è bisogno di sottolinearlo, anche questo nuovo lavoro convince appieno e non delude le aspettative.

La partenza affidata a “All the dreamers” rispecchia il lato più epico della band e ci ripresenta un Bob Catley immortale e sempre in grande forma. La sua voce ha scritto pagine di storia ma evidentemente non è abbastanza. Il connubio che si è formato tra lui e Tony Clarkin, songwriter della band, è qualcosa di magico, quella magia che troviamo nella successiva “Blood red laughter”, mid tempo roccioso e melodico. Dura, durissima non soffermarsi su ogni brano, come il riff della favolosa title track: hard rock allo stato puro, di quello cristallino, oppure la successiva sognante “So let it rain”. “Shadow town” è la tipica canzone da singolo apripista, facile da apprezzare con delle ottime melodie ed il piano di Mark Stanway assoluto protagonista. Il momento della ballata arriva solo con l'ottava traccia: “Putting things in place” non delude le aspettative di chi conosce le ballads memorabili della band ed emoziona dalla prima all'ultima nota, merito soprattutto di quel talento al microfono che trasforma in oro tutto ciò che canta. “See how they fall” è un altro mid tempo potente che dal vivo potrebbe far agitare più di qualche testa, mentre a chiudere troviamo la buona “From within” che pur non essendo una delle hits del disco, si lascia ascoltare grazie ad un coro da 30 e lode.

“On the 13th day” è un disco di primissimo livello, un lavoro che suona 100% Magnum, anche se risulta leggermente meno “pomp” e più “hard” rispetto agli ultimi loro albums. La band Britannica firma l'ennesimo gioiellino della proprio discografia: in una parola, tutto questo si chiama CLASSE!

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Opinione inserita da Celestial Dream    20 Ottobre, 2012
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Gli Impera non sono altro che un nuovo progetto di Hard Rock Melodico nato dalla mente di J. K. Impera che è riuscito a completare la formazione con personaggi di spicco come Matti Alfonzetti al microfono, Mats Vassfjord al basso e soprattutto Tommy Denander alla chitarra. Legacy of life esce tramite la storica Escape Music ed è un disco composto da 10 tracce di puro Melodic Hard Rock, compatto e diretto, di quello dove a farla da padrone è la chitarra, con le tastiere molto nascoste e la quasi assenza di cori; tanto per capirci possiamo dire che lo stile segue un po' quello dei grandi Mr Big.

Ammetto che avevo parecchie attese per questo disco, in effetti basta il nome Denander per far accrescere le aspettative. Abbiamo imparato in questi anni quanto Tommy sia una certezza di qualità, ma in “Legacy of life” non deve aver messo troppo le mani sui pezzi, limitandosi al ruolo di musicista, ed il disco non verrà ricordato, a mio parere, neanche in questo 2012 ricco di buone uscite nel genere. Detto questo le belle canzoni non mancano, come la Aor Style “Kiss of death” e la veloce e melodica “Shoot me down”. Alfonzetti si dimostra singer di alto rango capace di innalzare il livello di ogni singola song grazie al suo lavoro vocale; nonostante questo, l'ascolto di alcune canzoni contenute in “Legacy of life” lascia un po' indifferenti e così ci si accorge che pezzi come “Sunset Rider” e “More than meets the eye”, tanto per citarne un paio, passano senza lasciare alcun segno.

In definitiva questo debutto targato Impera non può che passare con una “misera” sufficienza visto che nonostante le premesse molto alte derivate dai musicisti coinvolti, i brani non riescono a farci saltare dalla sedia. Due ottimi pezzi non bastano speriamo, se ci sarà un nuovo album della band, che Denander sia coinvolto in fase di songwriting.

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 19 Ottobre, 2012
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Il termine "capolavoro" va sempre usato con estrema attenzione; si tratta di qualcosa di non comune che si avvicina o addirittura arriva a toccare la perfezione e in ambito musicale sono davvero pochi gli artisti che possono vantare nella propria carriera la pubblicazione di un vero capolavoro. Tutta questa premessa per far capire ai pochi di voi che si sono persi qualcosa nella storia di questo genere (il Power Metal), l'importanza di un personaggio come André Matos capace, in oltre vent'anni di carriera, di scrivere almeno 4 autentici capolavori, il trio "Angels cry", "Holy land" e "Fireworks" a nome Angra ed il debutto "Ritual" degli Shaman, senza contare lo straordinario primo disco solista "Time to be free". Se poi pensiamo ai primi anni della sua carriera, quando coi Viper (band cult brasiliana) ha cantato in altri due dischi, i capolavori potrebbero diventare addirittura 5 vista la caratura di un album come "Theatre of fate".

Dopo questa lunga ma dovuta premessa, torniamo al presente. Ottobre 2012: il ritorno discografico di questo grande cantante e compositore brasiliano arriva cosi, tutto d'un tratto, senza grossi preavvisi e, come accaduto coi precedenti dischi usciti a suo nome, vede la luce prima in Oriente e Brasile (fine Agosto) poi anche in Europa (solo in questi giorni) tramite EarMusic-Edel. Come già detto durante l'introduzione, parliamo probabilmente della più grande e caratteristica voce nella storia del Power Metal (ma non solo) insieme a Michael Kiske; un artista di livello superiore, un compositore sublime. Le sue proposte negli anni sono sempre state molto varie già ai tempi degli Angra con tre lavori molto diversi tra loro, e anche in questo caso André non si smentisce; dopo il sound a tratti sperimentale di "Mentalize" con questo "Turn of the lights" si ritorna ad un sound più "classico", anche se di Power Metal ormai se ne sente davvero poco. La stessa cosa si può dire per la sua voce che abbandona l'aggressività delle ultime performance in studio, dove si cercava un approcio più ruvido, tornando al timbro soave che l'ha sempre accompagnato. La prestazione è senza dubbio positiva tenendo chiaramente presente che non stiamo più parlando di un ragazzino e i tempi di "Fireworks" (per il sottoscritto, l'album dove Matos ci regala la sua migliore prestazione individuale) sono lontani. La heavy "Liberty" apre le danze ma è un pezzo che non riesce mai a decollare, mentre il disco ingrana le marce alte con le successive songs: "Course of life" con il suo riff hard rock e il ritmo sostenuto è un pezzo da novanta ed è accompagnato da ottime orchestrazioni e un bellissimo solo di chitarra supportato dallo stesso André al piano. La title track è un altro bel brano con un ottimo chorus in pieno Matos style che convince ascolto dopo ascolto. E' sempre un piacere gustarsi la voce di Andre alle prese coi pezzi lenti e la ballata "Gaza" pur lontana dalla magia di canzoni storiche come "Deep blue", "Fairy Tale" e "Lisbon", rimane comunque una gran bella song. Da qui in poi si alternano buoni brani che sicuramente apprezzerete come "On Your Own", "Oversoul " e "Sometimes", a pezzi che scivolano via in maniera piuttosto anonima come "Unreplaceable" e "White Summit" così che il disco giunge al termine lasciandoci un pò di amaro in bocca.

"The turn of the lights" è un buon lavoro ed un acquisto obbligatorio per ogni vero fan di André però è un altro piccolo passo indietro rispetto al primo disco solista del singer brasiliano. Pur dimostrando la solita classe, il suo songwriting risulta leggermente annebbiato e sono rari i momenti eccelsi in questo full lenght. Il consiglio per chi vuole scoprire questo immenso artista è di iniziare da qualche altro lavoro, magari quelli descritti all'inizio di questa recensione. Aspettando l'atteso Dvd che dovrebbe ripercorrere la sua intera carriera (ormai se ne parla da tempo e gran parte del materiale dovrebbe essere già pronto) è inutile girarci attorno: da un personaggio della caratura di Matos è naturale attendersi qualcosa di più che un buon disco come questo.

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Opinione inserita da Celestial Dream    14 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 15 Ottobre, 2012
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Deve averci preso gusto Heleno Vale visto che il suo progetto Soulspell continua imperterrito e giunge con questo "Hollow's Gathering" al terzo capitolo. Tutto nacque nel 2008 quando il batterista Brasiliano decise di scrivere una metal opera, in stile Avantasia per capirsi, invitando i migliori singers del proprio paese. L'idea del drummer Sud Americano deve aver riscosso un certo successo, vista la continuazione di questo progetto che col tempo si è internazionalizzato ed ora può vantare la presenza di personaggi famosi provenienti dalla scena metallica Nord Americana ed Europea. Tanti gli artisti presenti in questo terzo atto, che ha il compito di proseguire la buona qualità dei primi due dischi. Su tutti spiccano Amanda Somerville (Avantasia), Blaze Bayley (Ex-Iron Maiden), Marcus Grosskopf (Helloween), Mike Vescera (Ex-Yngwie Malmsteen), Matt Smith (Theocracy), Iuri Sanson (Hibria) e Tim Ripper Owens (Ex-Judas Priest).

Possiamo già dire che questo terzo capitolo è quello più prettamente "power" e di maggiore impatto. Pezzi come "To Crawl Or to Fly" e "Change the Tide" sono due belle mazzate di puro power metal veloce, potente e sinfonico. Sapientemente Heleno, come ogni metal opera che si rispetti, alterna le voci dei suoi ospiti creando interessanti intrecci vocali, e in questo disco viene ritagliato maggiore spazio alle voci femminili. Non mi sono state fornite le informazioni precise sui singers presenti in ogni singolo brano, è chiaro però che tutti i cantanti coinvolti dimostrano di essere in possesso di elevate doti vocali. A parte la complessa e lunga title track (oltre i 9 minuti) messa in apertura che presenta ottimi spunti ma necessita di alcuni ascolti, le altre songs risultano dirette e girano che è un piacere; pezzi di durata media e facili da assimilare come "A Rescue Into the Storm", "Adrian’s Call" e la ballata sinfonica "Whispers Inside You" faranno la felicità di chi giornalmente ha bisogno di una buona dose di Power Metal. Dal punto di vista strumentale il disco non presenta sbavature: il drumming di Heleno non può che ricevere consensi (ascoltare per credere il doppio pedale in "The dead tree") e i solos di chitarra e tastiera risultano sempre ispirati e piacevoli. Inoltre, mixato da Matt Smith (Theocracy) e masterizzato da Miro nei famosi Gate Studio (Kamelot, Rhapsody, Avantasia), la produzione di "Hollow's Gathering" si dimostra di assoluto livello.

Non abbiamo tra le mani il capolavoro del secolo, sia chiaro, ma Heleno Vale dimostra con questo "Hollow's Gathering" un songwriting solido proponendoci un disco 100% metal, senza quelle canzonette che ormai si trovano nei dischi degli Avantasia. Se amate il Power Metal questo è senza dubbio un buonissimo disco, l'ennesimo in questo 2012 ricco di uscite interessanti.

Ps: Decisamente meno positiva la scelta di affidarsi a Felipe Machado Franco per la copertina; organizzerò una raccolta firme per bandire i suoi lavori. Niente contro di lui (anzi la sua band, i Vorpal Nomad, ha fatto un ottimo disco), ma i suoi disegni stanno inflazionando il mercato con opere a mio modesto parere non sempre eccelse e spesso simili, con una scarsa varietà di colori. Please, ridateci i vari Travis Smith, Andreas Marschall, Marc Klinnert e Erik Philippe!

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Opinione inserita da Celestial Dream    03 Ottobre, 2012
Ultimo aggiornamento: 03 Ottobre, 2012
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La cult band Siciliana è tornata! I Fiaba esistono dal lontano 1991 ma dopo la pubblicazione de "I racconti del giullare" e l'Ep "Il bambino coi sonagli" (2006) la band era scomparsa dalle scene. Fortunatamente il contratto con la "Jolly Roger Records" ha riconsegnato questo grande gruppo ai propri fans, sia con la ristampa in una confezione unica dei primi due dischi ("XII L'Appiccato" e "Il cappello ha tre punte") sia per la pubblicazione del nuovo album "La Pelle Nella Luna". L'hard rock folk, celtico e popolare della band capitanata da Bruno Rubino è ancora ben presente e con questo lavoro, il quartetto Siracusano ci narra delle storie che hanno come protagonista il rapporto dell'uomo con il mondo dei lupi, usato come metafora della nostra società attuale ed alle sue difficoltà di integrazione con il "diverso" e la paura che questo spesso ci trasmette.

"Se mi guardi ancora un poco,
io fra un pò potrò spiegarti
come fare a innamorarti
di ciò che ti fa paura.."

Dal punto di vista sonoro il gruppo Siculo alterna stati d'animo differenti, presentando in alcuni pezzi dei riff potenti che probabilmenta mai la band ci aveva proposto prima. Sin da "L'inquisito" sembra come di essere seduti a teatro dove, alzato il sipario, si assiste allo spettacolo. Giuseppe Brancato interpreta alla grande le songs e la sua voce si sposa perfettamente con la proposta dei Fiaba. Se la prima parte dell'esibizione teatrale, messa in scena dalla compagnia sicula, è di buonissimo livello (degna di nota soprattutto "Le due nature"), è la seconda parte che ammalia e convince lo spettatore di aver speso bene i propri denari. "Le bestie del villaggio di Ogre" parte con un riff heavy ma si mantiene melodico e contiene un bridge acustico davvero sognante mentre "La piccola Greta" è una ballata favolosa per musica e testo. "Il cerchio della morte" appassiona con il suo incedere, ma è con la conclusiva "All'ombra della giustizia" che i Fiaba ci regalano il capolavoro assoluto del disco. Una perla di rara bellezza che ci accompagna verso la fine di questa rappresentazione teatrale. E avvicinandosi al finale, si chiude il sipario e partono gli applausi.

"La Pelle Nella Luna" è un disco che fa innamorare con le sue melodie, un lavoro che vi conquisterà con dei testi che fanno riflettere e resteranno nei vostri cuori. Bentornati Fiaba!

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2242 risultati - visualizzati 2201 - 2210 « 1 ... 218 219 220 221 222 223 ... 224 225 »
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