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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    30 Aprile, 2013
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Ho scoperto i Lord quasi per caso, grazie ad un utente che ne parlava piuttosto bene in un forum metal. Subito sono rimasto colpito dal loro sound, un heavy-power ben registrato, dai suoni moderni, con dei riff aggressivi ma allo stesso tempo dei ritornelli iper melodici. La band Australiana pubblica "Digital lies", suo quarto disco, nel proprio continente tramite la label Dominus Records, mentre per quanto riguarda la distribuzione europea non si hanno ancora notizie certe.

I Lord sono essenzialmente la continuazione dei Dungeon, una delle band Australiane più famose che Lord Tim decise di abbandonare nel 2005 dopo 16 anni, per dar vita a questa nuova band. "Digital lies" è un continuo susseguirsi di ottimi brani dove la band oceanica dimostra di avere gran classe e di sapere come destreggiarsi, riuscendo sempre a trovare ottime soluzioni grazie anche all'indubbia esperienza maturata dal loro leader e songwriter. Le canzoni da incorniciare sono molte, soprattutto nella prima parte del disco, con "Betrayal Blind" brano tosto con un ritornello di scuola Rage, oppure la successiva title track, una delle gemme del disco, che presenta un riff potente e la voce growl, prima di un coro favoloso. E sono proprio i refrain a colpire, con cori maestosi che mi ricordano quell'ottimo debutto uscito un paio di anni fa e troppo sottovalutato dei Sinbreed a nome "When worlds collide". Si continua con i ritmi sostenuti di "Point of view", ed anche qui il ritornello è possente e riporta un pò ai Blind Guardian (ma prendete questo paragone con le pinze) ed anche i solos del disco sono chiaramente di matrice teutonica. Damian Costas (di origini Greche?) pesta come un forsennato alla batteria, e quando arriva "Walk away" abbiamo un altro gran pezzo che si apre in un mid tempo ruffiano già dalle prime battute e che può ricordare i migliori (quelli dei primi album) Thunderstone. La power heavy "Final Seconds" e la lunga "Because We Can" sono altri due brani solidi che tengono alto il livello anche in una seconda parte del disco leggermente inferiore alla prima.

Potenti, moderni, melodici, i Lord piazzano 11 canzoni di grande impatto, capaci di far muovere la vostra testa e di farvi cantare a squarciagola. Attenzione siamo in piena zona top ten!

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3.5
Opinione inserita da Celestial Dream    30 Aprile, 2013
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Da Jacksonville, Florida, arrivano gli Artizan con il loro secondo disco dopo il debutto datato 2011 "Curse Of The Artizan". Fondati dal batterista Ty Tammeus e fronteggiati dal bravo Tom Braden alle vocals, "Ancestral Energy" è un bell'esempio di come si possa suonare del melodic heavy metal nel nuovo millennio senza sembrare ripetitivi ed annoiare.

Canzoni dinamiche, riff potenti e buone aperture melodiche, come nell'opener "I Am The Storm", capace già dai primi ascolti a colpire nel segno e che presenta subito un ottimo Braden alla voce che ricorda il miglior Cans degli Hammerfall! In stile Warlord "The Raven Queen" non convince appieno, mentre è ottima la successiva "The Guardian", che inizia con uno splendido arpeggio prima di proseguire con un bel mid tempo melodico. Altro brano epico e accattivante è "Deep Ocean Dreams", una vera hit del disco, mentre a chiudere ci pensa la title track, suite di oltre 10 minuti che racchiude tutte le caratteristiche della band statiunitense, con epicità, potenza ed aperture melodiche tra Savatage, Maiden ed Iced Earth.

Gli Artizan uniscono sapientemente potenza ed heavy metal con ottima tecnica e melodie. "Ancestral Energy" è un disco che ogni amante di queste sonorità non può ignorare.

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2.5
Opinione inserita da Celestial Dream    22 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 2013
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Dalla capitale francese arriva questo nuovo progetto Aor formato dalla coppia Frederic Dechavanne e Sebastien Montet, che si occupano del songwriting ma anche di voci, chitarre e tastiere. Per tutto il resto la Avenue of Allies ormai sembra affidarsi sempre sulle mani sicure del nostro italiano Alessandro del Vecchio e dei suoi fedelissimi Anna Portaluppi (Mitch Malloy, Lionville, Hardline) al basso ed Alessandro Mori (Mitch Mallor, Lionville, Axe) alla batteria. Come guests Robert Sall (Work of Art e W.E.T.) e Steve Newman (Newman, Big Life) che si prendono cura delle backing vocals.

Tutto nacquue molti anni fa quando i due amici francesi si conobbero e decisero di condividere il loro amore per questa musica, fondando una band ed iniziando a scrivere alcuni brani che solo oggi vedono la luce in questo "Only one life" con songs composte quasi vent'anni fa. Brani che però, tocca dirlo, non riescono a convincere appieno, ed il disco scivola via senza trasmettere grosse emozioni. Una manciata di pezzi discreti ci sono, come "What Should We Be Saying" ed "America" ma questo non basta per raggiungere la sufficienza perchè, anche se in questo genere l'originalità non è richiesta, della qualità dei brani e del coinvolgimento melodico non se ne può proprio fare a meno! Non aiuta neanche la voce di Frederic che non è tra quelle che vi rimarrano nel cuore..

Niente chapeau quindi per questo debutto dei Paris, chissà che in futuro sapranno fare di meglio!

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Opinione inserita da Celestial Dream    22 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 22 Aprile, 2013
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I The Prowlers esistono dal lontano 1996 e non sono più dei giovincelli alle prime armi, ma arrivano solo ora al quarto disco in studio e ammetto che ho comprato questo disco a scatola chiusa, dopo che per i loro precedenti lavori ho sempre rimandato lasciandoli ahimè colpelvolmente da parte. La band romana ci presenta una dozzina di buoni brani dediti a del power/prog/classic metal che unisce gli Iron Maiden agli Eldritch, passando tra Vision Divine e Bejelit.

Registrato agli Jailhouse Studios, “Point of no return” vede alcuni cambi di line-up rispetto al recente passato, con l'entrata di Massimo “Reckless Fable” Canfora alle chitarre e, dopo essere stati pubblicati in passato dalle note etichette Locomotive e Pure Steel Records, quest'ultimo disco vede la luce tramite la label americana Perris Records. Dopo un'intro strumentale, si attacca con "Face to face", brano che mette in mostra il lato più prog-heavy della band, che strizza l'occhio ai già citati Eldritch anche grazie alla voce di Fabio Minchillo che ricorda un pochino quella di Terence Holler. I The Prowlers puntano sulla melodia con la powereggiante "Heaven Starts from You" pezzo veloce che possiede un refrain fatto apposta per piacere già dai primissimi ascolti. Altro brano niente male è "Victims" con le sue tastiere ben presenti ed un ritmo veloce, sicuramente tra i brani migliori del disco (molto bello il chorus con dei bei coretti). Anche la power ballad " The Death of Me" piace mentre la title track piazzata a metà disco è sicuramente tra le canzoni più riuscite; energica e melodica al punto giusto, con dei bei solos chitarra-keys. La vera e propria ballata la troviamo con "Mind Lies", una lenta piano-voce di un certo pathos, mentre nel finale cala un po' il livello del disco e sono pochi i momenti esaltanti nonostante la discrete "The Education Day" e "Time to Go".

La sensazione è quella di avere tra le mani un buon dischetto, sopra la sufficienza ma non ancora in grado di emergere tra le uscite imperdibili del settore. "Point Of No Return" si attesta su buoni livelli in ogni singola traccia ma non contiene nessun pezzo da far letteralmente girare la testa.

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4.5
Opinione inserita da Celestial Dream    15 Aprile, 2013
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L'Italia ha trovato una scena Aor di tutto rispetto. Volevo aprire con questa frase perchè anche per quanto riguarda questo genere dobbiamo ormai considerare le bands ed i progetti di casa nostra senza nessun pregiudizio, rendendoci conto del loro immenso talento. Quando i protagonisti poi sono nomi ormai noti come Davide "Dave Rox" Barbieri il "fratello minore" di Michele Luppi (che somiglianza tra questi due grandi artisti) e super voce dei Wheels Of Fire e Pierpaolo "Zorro11" Monti, batterista e songwriter già protagonista con Shining Line e Lionville, allora si va sul sicuro. A completare la band, Amos Monti al basso, anche lui musicista già presente nelle altre release sopra citate.

Dodici brani paradisiaci, non è poi questo l'aor? Inoltre si aggiungono alla tracklist due cover, la prima di Bon Jovi, “Everybody’s Broken”, la seconda di Belinda Carlisle, “Leave A Light On”. Tanti anche gli ospiti chiamati a partecipare andando a pescare anche nel passato con il ritorno di David Forbes storico singer dei canadesi Boulevard. Ma gli artisti invitati sono molti e tutti di grande spessore come ad esempio Michele Luppi, Nick Workman (Vega), Bente Smaavik (Perfect Crime, Blonde On Blonde), Moon Calhoun (Michael Thompson Band), solo per citarne alcuni.
Ma arriviamo al dunque: questo debutto firmato Charming Grace è un disco esaltante e cristallino, capace di tenervi incollati allo stereo con canzoni dall'elevato impatto melodico. La partenza è un tripudio di emozioni, un esempio di top class aor con brani affascinanti come l'opener "Everytime You Touch My Heart" e la favolosa "Just Take My Hand". Ma come non citare la magica ballata "Shining Light" che ammalia con le sue melodie ariose? Immensa anche "Through The Stars" che si candida già come possibile miglior song aor dell'anno in corso, ma questo debutto è un continuo susseguirsi di ottimi brani e chiude a testa altissima con la zuccherosa "Endless Flame" e la ballata piano-voce "Bring My Life Back". Da non dimenticare la già citata cover e bonus track "Leave A Light On", cover di Belinda Carlisle, interpretata alla grande.

Un album splendido che presenta alcune gemme di grande classe e si mantiene su alti livelli per tutta la sua lunga (forse troppo) durata. E già mi immagino con il bel tempo alle porte, gli aor maniacs fermi al semaforo, col finestrino dell'auto abbassato, il braccio alzato e le note di questo splendido debutto uscire a tutto volume. Warning: impatto melodico devastante!

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1.5
Opinione inserita da Celestial Dream    15 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 2013
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Dal Brasile ci arriva il nuovo disco di questa band originaria di San Paolo e formata nel 2001. "A new beginning" è il loro secondo disco ed esce ancora una volta, come per il debutto a me sconosciuto, per l'etichetta greca Sleaszy Rider Records.

Il gruppo sud americano suona un power metal molto sinfonico alternando la voce femminile di Karina Bonizi a quella maschile di Leandro Baracho. Il risultato è uno dei peggiori album che mi siano capitati tra le mani negli ultimi tempi; la produzione è insufficiente, il songwriting è di una scontatezza unica, e persino la voce della cantante di turno pare stonata. I Thy Symphony infarciscono i brani di un ammasso di orchestrazioni e soluzioni barocche, probabilmente per provare a coprire le falle delle loro composizioni che sembrano non avere né capo né coda, ma qui parliamo di musica e non siamo al Mc Donald dove con qualche salsina riescono a rendere speciale un panino di qualità mediocre! Qualcosa da salvare? Niente direi, prendiamo ad esempio una canzone come "Revolution": la band cerca di accellerare ma c'è troppa confusione e se questo non bastasse, i due singers rovinano quel poco di buono che c'è e la scelta di aggiungerci del cantato in growl è completamente sbagliata! E poi queste orchestrazioni sono composte ed arrangiate piuttosto male con un volume esagerato che sovrasta gli altri strumenti.

Niente da fare, arrivare al termine di "A new beginning" è un'impresa da titani! Se volete togliervi la curiosità, andate sul sito di questa band e ascoltatevi qualcosa (sono disponibili alcune songs) ma poi non dite che non vi avevo avvertiti! State alla larga da questo disco, ci sono decine di bands italiane che surclassano prodotti-spazzatura del genere!

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4.5
Opinione inserita da Celestial Dream    12 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 2013
Top 10 opinionisti  -  

L'album più atteso dell'anno da una larga fetta di metal fans è ormai nei negozi da qualche giorno. Tobias Sammet colpisce ancora e "The mistery of time" è la nuova opera che vede la luce sotto il monicker Avantasia. Un nome che fa sognare, che solo pronunciandolo fa lievitare l'emozione. Merito di tanta musica di classe composta negli anni e soprattutto agli esordi, per chi come me era poco più che adolescente quando tornava a casa dal proprio negoziante di fiducia con in mano la copia di "The Metal Opera", questo incredibile disco che avrebbe radunato tanti grandi ospiti per formare un autentico capolavoro di Power Metal. Di anni ne son passati (ben 12!) e tutto questo tempo ha inciso anche nella persona di Tobias che ha cambiato la sua visione ed il suo modo di comporre musica e Edguy ed Avantasia indistintamente, hanno subito questi cambiamenti. Cambi di sound e per il sottoscritto, anche un deciso calo di ispirazione con alcuni dischi delusione, "Tinniitus Sanctus" su tutti, ma anche i non esaltanti "The wicked symphony" e "Angel of Babylon" targati Avantasia.

L'amore di Toby per l'hard rock ha spinto questa nuova release verso sonorità maggiormente symphonic rock dove di power metal ormai c'è ben poco e con la presenza di personaggi legati a questo filone musicale ed in particolare i leggendari Joe Lynn Turner (Rainbow, Malmsteen..), Biff Byford (Saxon), Eric Martin (Mr. Big) e Ronnie Atkins (Pretty Maids) che si aggiungono ai "soliti" Michael Kiske e Bob Catley. Senza dilungarci troppo sul concept ambientato in un paesino inglese nel 19esimo secolo, che racconta la storia di un giovane scienziato agnostico e della sua visione del mondo tra tempo, scienza e spiritualità, andiamo alla scoperta della musica.

La grande attesa termina quando i riflettori si accendono tra le note di "Spectres", brano orchestrale e melodico, che apre piuttosto bene questa nuova fatica discografica. Il chorus conquista già dal primo ascolto e proietta la song d'apertura tra le migliori dell'intero disco. Un disco che si mantiene sempre su livelli qualitativi elevati ma presentando raramente quel guizzo geniale che i primi tre capitoli Avantasia possedevano e a cui Tobi ci ha abituati in passato. E così con un Joe Lynn Turner super protagonista nella prima parte dell'album, troviamo una sua grande interpretazione in "The Watchmaker's Dream " ed a seguire la spettrale "Black Orchid", bel brano arrangiato divinamente. La prima song veloce arriva finalmente con "Where Clock Hands Freeze", pezzo sublime che presenta un ritornello d'alta scuola che pochi possono permettersi e che diventa ancor più magico se ad interpretarlo c'è il maestro Michael Kiske. Dopo la parentesi a mio parere un pò scialba ed anonima di "Sleepwalking " (che però, ammetto, cresce con gli ascolti), troviamo la prima delle due suite del disco; "Savior in the Clockwork" è un lungo brano ricco di spunti interessanti anche se il bel ritornello ricorda qualcosa di già sentito nella discografia di Sammet. Anche dal punto di vista strumentale al disco manca qualche lampata brillante, con il buon Sasha Paeth che con la chitarra in mano non può competere con certi guitar hero di alto livello e se rimpiangerete ancora una volta Henjo Richter ricordatevi che non siete i soli. La vera ballata del disco è "What's Left of Me", una tipica song piano-voce in stile "Cry Just A Little" o "Anywhere", anche se probabilmente non raggiunge quei livelli. Si ritorna a pestare sull'acceleratore con "Invoke the Machine" ed il suo refrain ben giocato su un bel passaggio di voci tra Tobi ed un fantastico Ronnie Atkins. Il gran finale è tutto dell'altra suite, la splendida "The Great Mystery", opera magna che fa salire sul palco tutti i protagonisti del disco e presenta un chorus mozzafiato, tutto da cantare a squarciagola.

Arrivati alla fine ci si può ritenere soddisfatti; "The mistery of time" è un album per certi versi impeccabile, anche se andando a scavare più in fondo si denota, a parere di chi scrive, ancora qualche piccolo fantasma del recente passato che vede Tobias, un compositore eccezionale, in leggero calo di ispirazione, abile però a confezionare un prodotto che saprà ancora accontentare i suoi numerosi fans. Tobi sembra quasi tornato quello di un tempo e "The mistery of time" fa balzare di nuovo il songwriter tedesco al top assoluto superando senza dubbi i risultati qualitativi dei due precedenti capitoli. Tante luci e solo qualche ombra quindi per la nuova opera targata Avantasia.

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Opinione inserita da Celestial Dream    12 Aprile, 2013
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Vogliono volare in alto sin dal debutto questi Laneslide, come suggeriscono il titolo del disco e la bella copertina ad opera di Matias Noren (Kamelot, Evergrey...), artista ultimamente troppo spesso lasciato da parte. Un progetto internazionale che unisce artisti di varie provenienze tra cui l'italiano Bruno Kraler (Brunorock) chitarrista e songwriter a cui si aggiungono l'ottimo singer americano Frank Vestry ma anche il nostro Alessandro del Vecchio, tastierista, songwriter e produttore sempre più protagonista nella scena aor mondiale. Completano la band John Billings (Rick Springfield, Donna Summer, Lancia) al basso e Dominik Hülshorst (ex-Bonfire) alla batteria.

Hard rock melodico ben composto, che non fa certo gridare al miracolo, siamo d'accordo, ma che si fa apprezzare con brani dall'indubbio impatto melodico come l'opener "Flying High" o l'ariosa ed elettrizzante "You Can Make It" che ricorda gli svedesi Last Autumn's Dream e si incorona come vera hit del disco insieme alla melodica "Understand" che mette in luce tutte le doti canore di Frank, il quale si destreggia piuttosto bene al microfono ed il resto della band lo segue di pari passo. Con dei chorus ruffiani, piacciono anche "Hangin’ Out Here" e "Dancing Girls" e l'album si mantiene su buoni livelli presentando però solo raramente momenti esaltanti soprattutto nel finale con la discreta "Look The Other Way" e la sottotono "Your Fight" e neppure la ballata piano-voce finale "Washed Away" riesce ad emozionare più di tanto.

Non abbiamo tra le mani il disco dell'anno in ambito aor/melodic hard rock, ma questo debutto dei Laneslide è senza dubbio un album ben composto e suonato che farà tracorrere alcune ore interessanti a molti seguaci di queste sonorità.

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Opinione inserita da Celestial Dream    11 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 2013
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Strana storia quella degli A Hero For The World, che non solo vincono il premio come nome più lungo nella storia del power metal, ma si fanno notare anche per la propria storia. Due svedesi Jacob Kaasgaard (voce-tastiere-songwriting) e David Sivelind (chitarra-basso) si sono trasferiti a vivere nelle Filippine e da lì hanno composto e pubblicato questo disco con la collaborazione del batterista americano Andy Gentile e la cantante orientale (almeno lei!) Louibeth Aratan.

Epic melodic metal, tra Manowar, Hammerfall ed Edguy, la band Euro-Asiatica si presenta con un debutto niente male, composto da 10 pezzi di power-heavy metal facile da ascoltare ma piacevole, con le tastiere di Jacob dal suono arioso e sempre ben presenti. Il singer di origini Svedesi esagera invece al microfono, cercando spesso delle note alte che risultano un pò forzate (un pò alla Tobias Sammet soprattutto degli esordi) e che non sempre si sposano bene con il contorno musicicale. E' questo il caso della semplice ma piacevole power song "Eternal shadows", brano che funziona nonostante la prestazione non esaltante alla voce. Altri brani piacevoli non mancano, come non citare il brano d'apertura "We are forever" o la dolce ballata "Free Forever". Peccato per alcuni passi falsi che includono sicuramente la banalotta "Let it go" e l'anonima "End of time". Il mid tempo melodico "Alive" e la suite finale "One hope of light" (ottimo il bridge con la voce femminile di Louibeth) sono gli altri due pezzi molto buoni di questo full lenght.

Da segnalare il bell'artwork ad opera del Brasiliano Jobert Mello, già protagonista di lavori per Sabaton e Primal Fear. "A Hero For The World" è un disco che presenta qualche alto e basso ma che nel complesso merita la sufficienza piena grazie ad una manciata di pezzi che funzionano. Rivolto ai soli accaniti fans del power metal che non cercano l'originalità a tutti i costi.

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Opinione inserita da Celestial Dream    10 Aprile, 2013
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Interessante debutto per questa giovane band che arriva da Lucca; i Kalidia ci presentano un demo di 4 tracce ben composte, e registrate all'Eden Studio da Alessio Lucatti (Vision Divine, Etherna).

Il giovane gruppo toscano suona un power melodic metal con voce femminile e dimostra classe da vendere! Già dalla spedita e tastierosa opener "The lost mariner" si intuiscono delle spiccate capacità di songwriting ed esecuzione da parte della band. I brani piaccono già dopo pochissimi ascolti grazie a melodie ben confezionate e anche tecnicamente questi giovani musicisti non si discutono e la brava Nicoletta interpreta alla grande la potente "Wiged Lords", bel brano iper melodico che presenta anche un ottimo solo di chitarra ed un ritornello cadenzato che sa conquistare. Altro bel pezzo da sottolineare è "Reign of Kalidia" (forse il migliore del disco), con un bel riff stoppato prima di un favoloso refrain tutto in doppia cassa. La power ballad "Shadow Will Be Gone" è abbastanza canonica ma sorretta da splendide melodie di chitarra dell'ottimo Federico, chiude piuttosto bene questo Ep.

Questo si che è un demo; la band ci sa fare e senza inventare nulla di nuovo sfodera 4 brani di una certa classe. I Kalidia sono da tenere d'occhio perchè son sicuro che presto li ritroveremo con un full lenght davvero interessante!

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