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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    07 Agosto, 2013
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Che senso ha un disco del genere? Bisognerebbe chiederlo al boss della Doolittle Group, Christian Liljegren.. 17 brani che compongono una compilation dedicata a Gesù e al Christian Metal, tematiche che hanno fatto la fortuna del singer svedese nella sua lunga carriera. Canzoni che probabilmennte già conoscete, estratte da dischi di Narnia, Divinefire, Golden Resurrection, Audiovision e Modest Attraction.

"Living water" e "Long live the king" degli storici Narnia (6 album in studio) sono brani che hanno fatto la storia del White Metal ma le due songs scelte dalle produzioni targate Audiovision (splendido il loro secondo disco "Focus") sono altrettanto valide, su tutte la splendida "We Will Go". I Golden Resurrection sono tra le band più calde degli ultimi anni (pubblicando tre grandi dischi, in particolare il debutto "Glory to my king") sono qui rappresentati da splendide songs come "Golden Resurrection" o "Proud To Wear The Holy Cross", e poi i Divinefire (5 album in studio), altra creatura del singer Liljegren che unisce il metal neoclassico con soluzioni più estreme, riff di granito e a volte qualche inserto growl. Troverete un bell'esempio della loro proposta con "Divinefire" e "Never surrender". L'altra band, a me sconosciuta, qui presente sono i Modest Attraction, gruppo hard rock (tra Deep Purple, Rainbow, The Sweet e Uriah Heep) attivo tra il 1991 e il 1997 in cui hanno composto due dischi in cui era contenuta la song qui estratta, "Down On My Knees" che onestamente non aggiunge molto alla compilation.

Non si può negare che questo disco contenga ottimi brani, viste le band coivolte. E' altrettanto chiaro che per chi già possiede questi dischi e conosce queste songs, questo album sia completamente inutile. Più utile per chi vuole scoprire da zero questi gruppi e fare un viaggio attraverso il White Metal svedese degli ultimi 15 anni. Ma anche qui il mio consiglio è di cercarvi uno ad uno i dischi di Narnia, Golden Resurrection, Audiovision e Divinefire. In ogni caso a me questa sembra una vera e propria mossa commericiale per tirare su qualche soldo senza il minimo impegno. Un 4,5 per il contenuto, ma un 1,5 per l'utilità del disco, la media è 3.

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Opinione inserita da Celestial Dream    07 Agosto, 2013
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E' vero, me le vado proprio a cercare.. perchè uno con un filo di sale in testa non andrebbe ad ascoltarsi un disco che si intitola Babbuini del Metallo! Sarò masochista in ambito musicale ma mi piace andare alla scoperta di band underground e a volte salta fuori il colpaccio. Altre volte, come in questo caso, si mastica amaro e ci si pone la classica domanda: "Ma perchè l'ho fatto?".

La band non si prende molto sul serio (anche la copertina potrebbe testimoniarlo), anzi potremmo definire i El reno ranardo come i Prophilax o i Nanowar of Steel di Spagna. Le loro songs sono un pò una presa in giro dei soliti clichè del genere power metal usando testi burloni che vanno a ironizzare sui fatti della società odierna (politica..) o sulla musica. Di canzoni di qualità però neanche l'ombra; "Game over", "Violenta Revolucion" e "No hay huevos" sono alcune delle poche songs che si salvano.

Produzione di qualità non eccelsa, songwriting che stanca già dai primi ascolti e la voce del singer che lascia alquanto perplessi; si può essere goliardici quanto si vuole ma se supportati da una certa preparazione e da songs valide dal punto di vista del songwriting. Qui invece non ci siamo proprio e per il prossimo sorprendente "gruppo da scovare" dovrò guardare altrove!

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4.5
Opinione inserita da Celestial Dream    06 Agosto, 2013
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Dal Perù arriva il debutto di questa sensazionale power metal band chiamata Nautiluz. "Leaving all behind" è un disco che ogni amante di gruppi come Galneryus, primi Sonata Arctica e Golden Resurrection deve procurarsi perchè qui abbiamo tra le mani un gioiellino che raramente capita di trovare.

Ritmi veloci, tappeti di tastiere, riff potenti, voce acuta, cori e melodie ben costruite: tutto quello che noi power metallers vogliamo trovare in un disco, è contenuto in "Leaving all behind". Canzoni come "Under the moonlight" o "The mirror" (che riff iniziale!) sono vere e proprie mazzate sonore che non possono che fare la gioia di tutti gli amanti di queste sonorità. La giovane band Sudamericana è preparatissima tecnicamente e anche Sebastian Flores alla voce si dimostra un gran bel talento. Brano dopo brano troverete "Leaving all behind" sempre più convincente grazie a songs come la più cadenzata "Burning hearts", la ballata "Unwritten serenade" e la portentosa title track, ma potrei davvero non fermarmi più e citarvi ogni songs contenuta in questo disco d'esordio.

Inutile aggiungere altro, l'ingresso in scena dei Nautliz è spettacolare e "Leaving all behind" (disponibile scrivendo direttamente alla band) è un debutto coi fuochi d'artificio che ogni fans del power metal veloce e melodico non può lasciarsi sfuggire. Power' standing ovation!

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3.5
Opinione inserita da Celestial Dream    05 Agosto, 2013
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La New Venture Music è una nuova etichetta che si presenta sul mercato discografico con il terzo disco degli italianissimi Markonee (e con il bellissimo debutto degli Indicco già recensito in queste pagine), band fondata nel 1999, capitanata da Stefano Peresson chitarrista ex Danger Zone e Carlo Bevilacqua, che segue il sound di band come Gotthard e Firehouse. Una cosa che mi ha colpito è la storia del gruppo, il fatto che il nome scelto è dedicato a Guglielmo Marconi ed il debutto del 2006 “The Spirit Of Radio” fu un concept sull'invenzione della radio. Con il secondo album “See The Thunder” la band riuscì a suonare parecchi live show in compagnia di band piuttosto blasonate come Winger, Gotthard, White Lion, The Sweet, Molly Hatchet, Tyketto etc etc...

Ammetto che non ho ascoltato i lavori precedenti dei Markonee, quindi mi sono affacciato a questo disco senza sapere bene cosa aspettarmi. I dodici brani che lo compongono, tutti scritti da Stefano Peresson, sono ben composti con il quintetto bolognese che si destreggia piuttosto bene tra riff da far scuotere il cranio e refrain da canticchiare e ne sono un esempio lampante l'opener "Native European" o la title track "Club of Broken Hearts". La masculina "I Say No (To The V Words)" si alterna con la lenta "Never Ever Loved Me", mentre "Angel, She Kept Me Alive" si candida a vera hit del disco grazie al suo ritmo veloce e ad un impatto melodico degno di nota. L'anthem "Rock City" è un omaggio a Bologna, città d'origine della band, e anche qui il nuovo singer, Alessio Trapella si dimostra un talento niente male, capace di interpretare assai bene le varie songs.

I Markonee sono un'altra ottima realtà del panorama melodic rock nostrano. "Club of broken hearts" è un lavoro che forse manca di vere e proprie hits indimenticabili, ma che risulta solido, senza cedimenti e capace di reggere il confronto anche con acts stranieri molto più quotati. Siete avvisati!

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Opinione inserita da Celestial Dream    30 Luglio, 2013
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Grazie alla sempre attenta Yesterrock abbiamo qui tra le mani un dischetto rarissimo, datato 1986 che fu stampato solamente su pochissime copie in versione vinile, poichè al tempo la Epic Records credette poco a questo "progetto". Rimasterizzato dagli MSM Studios di Monaco, "Ten stories" racchiude 10 canzoni scritte dal songwriter e cantante Jef Scott (ma anche chitarrista e bassista), dieci songs che anche dopo quasi 3 decenni risultano fresche, trasmettendo quel sound che ora si è un pò perso ma che negli 80's ha fatto appassionare molte persone.

Canzoni come "One by one", "You are the only one" , "Graceland" e "Only you" faranno la felicità di molti aor maniacs ed in particolare di quelli più legati alle sonorità "datate" di questo genere, di quando questa musica regnava padrona nelle radio di mezzo mondo. Un american hard rock melodico e commerciale con una produzione dal sound "leggero" con suoni puliti e la voce calda del buon Jef (Australiano di nascita ma Americano di adozione).

Una ristampa forse non essenziale ma interessante e degna di nota.

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Opinione inserita da Celestial Dream    24 Luglio, 2013
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Tornano dopo otto anni i The Storyteller, cult band svedese che fece parte dell'ondata di gruppi che tra il finire del secolo scorso e l'inizio del nuovo, portò il power metal svedese al grande successo insieme a Crystal Eyes, Insania, Zonata, Freternia e Morifade.

La band ha sempre avuto uno stile epico e potente riconducibile, con le dovute proporzioni, a quello dei Blind Guardian, ma il nuovo disco cambia leggermente sound e ci presenta 11 brani più snelli e diretti, potenti e più rivolti al heavy power. "Release me" apre le danze con un power metal tradizionale fatto di doppia cassa, riff stoppati ed un buon chorus anche se L.G. Person, singer della band, mette in mostra qualche carenza. Con "Strenght of Valhalla" troviamo un sound più heavy in stile Stormwarrior, che non dispiace, anche se il brano sembra un pochino banalotto. E' niente però a confronto dell'epica "Dark legacy" e dell'oscura "Uninvited Guest" che fanno fatica a colpire nel segno, soprattutto quest'ultima si dimostra un pezzo piuttosto scialbo. Si continua così con pochi momenti di buona musica; se "Forever they shall kneel" ha dei sussulti, si ritorna a sbadigliare con "God of gods" mid tempo soporifero e "Upon your icy thorone". La chiusura è affidata alla buona "Break the bounds" con la sua partenza in stile Maiden ed un buon refrain, mentre la lenta "Sands of time" e "Battle of Yggdrasil" ritornano a non convincere.

Non ci siamo proprio; il ritorno dei The Storyteller è un lavoro con tanti difetti e quasi nessun pregio (qualche buon solo di chitarra va segnalato, oltre che un paio di buoni brani elencati sopra). Non solo l'originalità manca totalmente, e questo ce l'aspettavamo. Quello che penalizza fortemente "Dark legacy" è la qualità dei brani che spesso risulta piuttosto bassa e raramente tocca momenti di interesse (e qui le attese erano diverse). Un disco decisamente mediocre e da lasciare lì dov'è!

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Opinione inserita da Celestial Dream    23 Luglio, 2013
Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 2013
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I tedeschi Illusoria a distanza di un solo anno dalla loro nascita pubblicano il disco di debutto; "Illusory world" è un album metal autoprodotto e supportato da una produzione adeguata, che nonostante la voce femminile della frontgirl Eve, non segue la strada di bands come Epica, Within Temptation e via dicendo. Niente voce lirica quindi, niente orchestrazioni pompose, la band teutonica punta dritta al sodo, con 8 brani di melodic power metal molto orecchiabili e che non dispiacciono.

Si parte bene con la potente e melodica "A clandestin lovestory", che piace col suo chorus ben composto. La veloce ""White light", di scuola Stratovarius. mantiene il disco sui giusti binari mentre i nostrani Tystnaden vengono omaggiati dall'interpretazione eccelsa di Eve in "Icarus – Rise High" davvero un buon brano, e dopo la piacevole ballata di turno (che ricorda qualcosa dei primi Nightwish) troviamo la title track con tanto di duetto con voce growl che merita la palma di miglior brano del disco con un ottimo lavoro di arrangiamenti alle tastiere. Si passa anche attraverso il folk metal con "Black Sails", brano cantato interamente dalla voce maschile e che prende spunto dai Turisas e la seguente "Snow white" è una potente e veloce power song in stile scandinavo.

Un discreto primo passo per gli Illusoria che mischiano varie influenze senza riuscire a creare però un mix abbastanza omogeneo. "Illusory world" è un disco che rispecchia alla perfezione una band immatura ma da tener d'occhio.

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Luglio, 2013
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Gli Hibria non sono e probabilmente non saranno mai tra i miei gruppi preferiti in assoluto, ma ciò non toglie che abbiano pubblicato negli anni diversi dischi di valore, come quel debutto "Defying the rules" uscito nel 2004 che fece molto parlare di sè e che lanciò il gruppo Sudamericano a livello mondiale.

A distanza di due anni dal buon "Blind ride", torna la heavy metal band brasiliana con questo nuovo e quarto disco, "Silent rage". Il disco vedrà la luce tramite la label Afm Records e già dalla canzone d'esordio, la title track, mette le cose in chiaro: gli Hibria non arretrano di un passo e si ripresentano con un disco potente come un macigno ma capace di essere abbastanza melodico per piacere anche ai fans del power metal di stampo europeo grazie a canzoni come "Silence Will Make You Suffer" di scuola Primal Fear, oppure la potente "Deadly Vengeance " giocata su riff sparati ed ottime linee vocali. Splendida la melodica "The Scream Of An Angel" che vi farà partire con il coro e si gioca la corona di miglior pezzo del disco con il singolo "Shall I Keep On Burning?" di cui potrete trovare anche il video tramite il solito Youtube. La prestazione della band è precisa e Iuri Sanson spicca alla voce con il suo timbro dannatamente heavy che lo potrebbe portare ad essere definito il Ralph Scheepers d'oltre oceano mentre il duo Camargo-Osorio alle chitarre macina riff da headbanging e impreziosisce il risultato finale con bei solos. Inoltre la sezione ritmica non sbaglia un colpo, sentire per credere la lunga e ricca di cambi di tempo "The Way It Is". La versione acustica di "Shall I Keep On Burning?" fa scorrere piacevolmente i titoli di coda di questo bel disco.

Gli Hibria fanno centro; "Silent rage" segna un gran ritorno per la band brasiliana e risulta sicuramente uno dei loro migliori dischi in carriera, meritando l'attenzione di tutti i fans del power metal melodico e roccioso. Consigliato!

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Luglio, 2013
Top 10 opinionisti  -  

"Karmalion" è il debut album degli Indicco e nasce dall'incontro tra Indigo Balboa, dopo il suo secondo album solista prodotto da Mark Spiro (Bad English, Giant, Mt. Big..) e Paco Cerezo, ex "91 Suite" band spagnola di melodic rock, che decisero di unire il loro talento nel 2008 fondando la band per scrivere delle canzoni assieme.

Tra Survivor, Giant e Toto, "Karmalion" unisce il sound del rock melodico spagnolo con l'Aor americano, e presenta ospiti di assoluto livello come Jimi Jamison che duetta con Indigo in tre canzoni, lo stesso Mark Spiro impegnato nel songwriting di altri tre brani oltre che nel suonare le tastiere ad occuparsi della produzione e a comparire anche come vocalist, infine il talentuoso e rinomato Tim Pierce (Rick Springfield, John Waite, Eric Martin), in alcune parti di chitarra. Dopo l'obbligatoria presentazione di rito, bando alle ciance e andiamo dritti a scoprire quello che più ci interessa ovvero la musica contenuta in questo lavoro. Gli undici brani qui proposti sono senza dubbio ben suonati e di valore eccelso e potremmo davvero citarli uno ad uno come l'opener "Crying" o il purissimo aor di "Days Of Wine And Roses" ed è facile notare la classe che contraddistingue queste songs anche dalle "piccole cose"; come viene arrangiata una canzone, come termina un brano o dal bridge di un'altro. Inoltre le voci coinvolte danno una marcia in più ai pezzi sia che a cantare troviamo l'immenso Jamison sia che sia qualcun'altro come lo stesso Balboa. La calda "Wrong" può sciogliere i cuori più duri mentre la hit single "Feel so good" appartiene a quella cerchia di songs composte apposta per piacere sin da subito grazie ad un coro che si stampa in testa all'istante. Altri brani degni di essere segnalati sono le splendide ballate "Leaving me" e "Ride the wave" che non potranno lasciarvi freddi.

Tra le numerose uscite che questo genere ci regala mese dopo mese, "Karmalion" è un disco da non lasciarsi sfuggire e che si distingue rispetto agli altri grazie a brani composti con maestria e per niente banali. Fans del melodic hard rock, nella vostra lista della spesa segnatevi in maiuscolo il nome INDICCO!

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Luglio, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Da Ascoli Piceno arrivano al debutto i Battle Ram, band attiva dal lontano 2001 e che di gavetta ne ha fatta parecchia in questi anni. "Long live the ram", titolo scelto per questo esordio discografico, vede la luce grazie alla sem'pre attenta My Graveyard che dopo il recente buon colpo messo a segno coi Crying Steel, si rende ancora protagonista con questo disco che andiamo a recensire.

I Battle Ram suonano un heavy metal classico, con alcune influenze più Hard Rock o Epic, e a tratti riecheggiano qua e là lampi di Cirith Ungol. Manilla Road edAngel Witch (bands di chiara ispirazione) ma quello che più conta è che i 9 brani qui proposti (più la bonus track che viene ripescata dal un demo del 2001) sono tutti riusciti e ci mostrano una band valida sia dal punto di vista esecutivo che di songwriting. Non certo un capolavoro, ma le songs piacciono soprattutto l'apertura affidata a "The stone", mid tempo epico che subito mette in mostra le buone doti canore di Franco Sgattoni, oppure "I am HM" vero inno alla musica che tutti noi amiamo, ma tutti i brani sarebbero degni di nota, come dimenticare ad esempio la teutonica "Battering Ram" o "Burn with me" con un bel ritornello ed una parte strumentale nel finale che tanto ricorda la scuola NWHBHM.

Insomma, i Battle Ram possono senza dubbio migliorare ma partono da un debutto di un certo livello. Per gli amanti di queste sonorità "Long live the ram" è un disco che merita attenzione, perchè la scena italiana anche scavando un pò nell'underground, è ricca di band valide e i Battle Ram sono senza dubbio una di queste. Lunga vita all'ariete!

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