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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    15 Aprile, 2013
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L'Italia ha trovato una scena Aor di tutto rispetto. Volevo aprire con questa frase perchè anche per quanto riguarda questo genere dobbiamo ormai considerare le bands ed i progetti di casa nostra senza nessun pregiudizio, rendendoci conto del loro immenso talento. Quando i protagonisti poi sono nomi ormai noti come Davide "Dave Rox" Barbieri il "fratello minore" di Michele Luppi (che somiglianza tra questi due grandi artisti) e super voce dei Wheels Of Fire e Pierpaolo "Zorro11" Monti, batterista e songwriter già protagonista con Shining Line e Lionville, allora si va sul sicuro. A completare la band, Amos Monti al basso, anche lui musicista già presente nelle altre release sopra citate.

Dodici brani paradisiaci, non è poi questo l'aor? Inoltre si aggiungono alla tracklist due cover, la prima di Bon Jovi, “Everybody’s Broken”, la seconda di Belinda Carlisle, “Leave A Light On”. Tanti anche gli ospiti chiamati a partecipare andando a pescare anche nel passato con il ritorno di David Forbes storico singer dei canadesi Boulevard. Ma gli artisti invitati sono molti e tutti di grande spessore come ad esempio Michele Luppi, Nick Workman (Vega), Bente Smaavik (Perfect Crime, Blonde On Blonde), Moon Calhoun (Michael Thompson Band), solo per citarne alcuni.
Ma arriviamo al dunque: questo debutto firmato Charming Grace è un disco esaltante e cristallino, capace di tenervi incollati allo stereo con canzoni dall'elevato impatto melodico. La partenza è un tripudio di emozioni, un esempio di top class aor con brani affascinanti come l'opener "Everytime You Touch My Heart" e la favolosa "Just Take My Hand". Ma come non citare la magica ballata "Shining Light" che ammalia con le sue melodie ariose? Immensa anche "Through The Stars" che si candida già come possibile miglior song aor dell'anno in corso, ma questo debutto è un continuo susseguirsi di ottimi brani e chiude a testa altissima con la zuccherosa "Endless Flame" e la ballata piano-voce "Bring My Life Back". Da non dimenticare la già citata cover e bonus track "Leave A Light On", cover di Belinda Carlisle, interpretata alla grande.

Un album splendido che presenta alcune gemme di grande classe e si mantiene su alti livelli per tutta la sua lunga (forse troppo) durata. E già mi immagino con il bel tempo alle porte, gli aor maniacs fermi al semaforo, col finestrino dell'auto abbassato, il braccio alzato e le note di questo splendido debutto uscire a tutto volume. Warning: impatto melodico devastante!

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1.5
Opinione inserita da Celestial Dream    15 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 2013
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Dal Brasile ci arriva il nuovo disco di questa band originaria di San Paolo e formata nel 2001. "A new beginning" è il loro secondo disco ed esce ancora una volta, come per il debutto a me sconosciuto, per l'etichetta greca Sleaszy Rider Records.

Il gruppo sud americano suona un power metal molto sinfonico alternando la voce femminile di Karina Bonizi a quella maschile di Leandro Baracho. Il risultato è uno dei peggiori album che mi siano capitati tra le mani negli ultimi tempi; la produzione è insufficiente, il songwriting è di una scontatezza unica, e persino la voce della cantante di turno pare stonata. I Thy Symphony infarciscono i brani di un ammasso di orchestrazioni e soluzioni barocche, probabilmente per provare a coprire le falle delle loro composizioni che sembrano non avere né capo né coda, ma qui parliamo di musica e non siamo al Mc Donald dove con qualche salsina riescono a rendere speciale un panino di qualità mediocre! Qualcosa da salvare? Niente direi, prendiamo ad esempio una canzone come "Revolution": la band cerca di accellerare ma c'è troppa confusione e se questo non bastasse, i due singers rovinano quel poco di buono che c'è e la scelta di aggiungerci del cantato in growl è completamente sbagliata! E poi queste orchestrazioni sono composte ed arrangiate piuttosto male con un volume esagerato che sovrasta gli altri strumenti.

Niente da fare, arrivare al termine di "A new beginning" è un'impresa da titani! Se volete togliervi la curiosità, andate sul sito di questa band e ascoltatevi qualcosa (sono disponibili alcune songs) ma poi non dite che non vi avevo avvertiti! State alla larga da questo disco, ci sono decine di bands italiane che surclassano prodotti-spazzatura del genere!

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Opinione inserita da Celestial Dream    12 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 12 Aprile, 2013
Top 10 opinionisti  -  

L'album più atteso dell'anno da una larga fetta di metal fans è ormai nei negozi da qualche giorno. Tobias Sammet colpisce ancora e "The mistery of time" è la nuova opera che vede la luce sotto il monicker Avantasia. Un nome che fa sognare, che solo pronunciandolo fa lievitare l'emozione. Merito di tanta musica di classe composta negli anni e soprattutto agli esordi, per chi come me era poco più che adolescente quando tornava a casa dal proprio negoziante di fiducia con in mano la copia di "The Metal Opera", questo incredibile disco che avrebbe radunato tanti grandi ospiti per formare un autentico capolavoro di Power Metal. Di anni ne son passati (ben 12!) e tutto questo tempo ha inciso anche nella persona di Tobias che ha cambiato la sua visione ed il suo modo di comporre musica e Edguy ed Avantasia indistintamente, hanno subito questi cambiamenti. Cambi di sound e per il sottoscritto, anche un deciso calo di ispirazione con alcuni dischi delusione, "Tinniitus Sanctus" su tutti, ma anche i non esaltanti "The wicked symphony" e "Angel of Babylon" targati Avantasia.

L'amore di Toby per l'hard rock ha spinto questa nuova release verso sonorità maggiormente symphonic rock dove di power metal ormai c'è ben poco e con la presenza di personaggi legati a questo filone musicale ed in particolare i leggendari Joe Lynn Turner (Rainbow, Malmsteen..), Biff Byford (Saxon), Eric Martin (Mr. Big) e Ronnie Atkins (Pretty Maids) che si aggiungono ai "soliti" Michael Kiske e Bob Catley. Senza dilungarci troppo sul concept ambientato in un paesino inglese nel 19esimo secolo, che racconta la storia di un giovane scienziato agnostico e della sua visione del mondo tra tempo, scienza e spiritualità, andiamo alla scoperta della musica.

La grande attesa termina quando i riflettori si accendono tra le note di "Spectres", brano orchestrale e melodico, che apre piuttosto bene questa nuova fatica discografica. Il chorus conquista già dal primo ascolto e proietta la song d'apertura tra le migliori dell'intero disco. Un disco che si mantiene sempre su livelli qualitativi elevati ma presentando raramente quel guizzo geniale che i primi tre capitoli Avantasia possedevano e a cui Tobi ci ha abituati in passato. E così con un Joe Lynn Turner super protagonista nella prima parte dell'album, troviamo una sua grande interpretazione in "The Watchmaker's Dream " ed a seguire la spettrale "Black Orchid", bel brano arrangiato divinamente. La prima song veloce arriva finalmente con "Where Clock Hands Freeze", pezzo sublime che presenta un ritornello d'alta scuola che pochi possono permettersi e che diventa ancor più magico se ad interpretarlo c'è il maestro Michael Kiske. Dopo la parentesi a mio parere un pò scialba ed anonima di "Sleepwalking " (che però, ammetto, cresce con gli ascolti), troviamo la prima delle due suite del disco; "Savior in the Clockwork" è un lungo brano ricco di spunti interessanti anche se il bel ritornello ricorda qualcosa di già sentito nella discografia di Sammet. Anche dal punto di vista strumentale al disco manca qualche lampata brillante, con il buon Sasha Paeth che con la chitarra in mano non può competere con certi guitar hero di alto livello e se rimpiangerete ancora una volta Henjo Richter ricordatevi che non siete i soli. La vera ballata del disco è "What's Left of Me", una tipica song piano-voce in stile "Cry Just A Little" o "Anywhere", anche se probabilmente non raggiunge quei livelli. Si ritorna a pestare sull'acceleratore con "Invoke the Machine" ed il suo refrain ben giocato su un bel passaggio di voci tra Tobi ed un fantastico Ronnie Atkins. Il gran finale è tutto dell'altra suite, la splendida "The Great Mystery", opera magna che fa salire sul palco tutti i protagonisti del disco e presenta un chorus mozzafiato, tutto da cantare a squarciagola.

Arrivati alla fine ci si può ritenere soddisfatti; "The mistery of time" è un album per certi versi impeccabile, anche se andando a scavare più in fondo si denota, a parere di chi scrive, ancora qualche piccolo fantasma del recente passato che vede Tobias, un compositore eccezionale, in leggero calo di ispirazione, abile però a confezionare un prodotto che saprà ancora accontentare i suoi numerosi fans. Tobi sembra quasi tornato quello di un tempo e "The mistery of time" fa balzare di nuovo il songwriter tedesco al top assoluto superando senza dubbi i risultati qualitativi dei due precedenti capitoli. Tante luci e solo qualche ombra quindi per la nuova opera targata Avantasia.

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Opinione inserita da Celestial Dream    12 Aprile, 2013
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Vogliono volare in alto sin dal debutto questi Laneslide, come suggeriscono il titolo del disco e la bella copertina ad opera di Matias Noren (Kamelot, Evergrey...), artista ultimamente troppo spesso lasciato da parte. Un progetto internazionale che unisce artisti di varie provenienze tra cui l'italiano Bruno Kraler (Brunorock) chitarrista e songwriter a cui si aggiungono l'ottimo singer americano Frank Vestry ma anche il nostro Alessandro del Vecchio, tastierista, songwriter e produttore sempre più protagonista nella scena aor mondiale. Completano la band John Billings (Rick Springfield, Donna Summer, Lancia) al basso e Dominik Hülshorst (ex-Bonfire) alla batteria.

Hard rock melodico ben composto, che non fa certo gridare al miracolo, siamo d'accordo, ma che si fa apprezzare con brani dall'indubbio impatto melodico come l'opener "Flying High" o l'ariosa ed elettrizzante "You Can Make It" che ricorda gli svedesi Last Autumn's Dream e si incorona come vera hit del disco insieme alla melodica "Understand" che mette in luce tutte le doti canore di Frank, il quale si destreggia piuttosto bene al microfono ed il resto della band lo segue di pari passo. Con dei chorus ruffiani, piacciono anche "Hangin’ Out Here" e "Dancing Girls" e l'album si mantiene su buoni livelli presentando però solo raramente momenti esaltanti soprattutto nel finale con la discreta "Look The Other Way" e la sottotono "Your Fight" e neppure la ballata piano-voce finale "Washed Away" riesce ad emozionare più di tanto.

Non abbiamo tra le mani il disco dell'anno in ambito aor/melodic hard rock, ma questo debutto dei Laneslide è senza dubbio un album ben composto e suonato che farà tracorrere alcune ore interessanti a molti seguaci di queste sonorità.

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Opinione inserita da Celestial Dream    11 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 11 Aprile, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Strana storia quella degli A Hero For The World, che non solo vincono il premio come nome più lungo nella storia del power metal, ma si fanno notare anche per la propria storia. Due svedesi Jacob Kaasgaard (voce-tastiere-songwriting) e David Sivelind (chitarra-basso) si sono trasferiti a vivere nelle Filippine e da lì hanno composto e pubblicato questo disco con la collaborazione del batterista americano Andy Gentile e la cantante orientale (almeno lei!) Louibeth Aratan.

Epic melodic metal, tra Manowar, Hammerfall ed Edguy, la band Euro-Asiatica si presenta con un debutto niente male, composto da 10 pezzi di power-heavy metal facile da ascoltare ma piacevole, con le tastiere di Jacob dal suono arioso e sempre ben presenti. Il singer di origini Svedesi esagera invece al microfono, cercando spesso delle note alte che risultano un pò forzate (un pò alla Tobias Sammet soprattutto degli esordi) e che non sempre si sposano bene con il contorno musicicale. E' questo il caso della semplice ma piacevole power song "Eternal shadows", brano che funziona nonostante la prestazione non esaltante alla voce. Altri brani piacevoli non mancano, come non citare il brano d'apertura "We are forever" o la dolce ballata "Free Forever". Peccato per alcuni passi falsi che includono sicuramente la banalotta "Let it go" e l'anonima "End of time". Il mid tempo melodico "Alive" e la suite finale "One hope of light" (ottimo il bridge con la voce femminile di Louibeth) sono gli altri due pezzi molto buoni di questo full lenght.

Da segnalare il bell'artwork ad opera del Brasiliano Jobert Mello, già protagonista di lavori per Sabaton e Primal Fear. "A Hero For The World" è un disco che presenta qualche alto e basso ma che nel complesso merita la sufficienza piena grazie ad una manciata di pezzi che funzionano. Rivolto ai soli accaniti fans del power metal che non cercano l'originalità a tutti i costi.

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Opinione inserita da Celestial Dream    10 Aprile, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Interessante debutto per questa giovane band che arriva da Lucca; i Kalidia ci presentano un demo di 4 tracce ben composte, e registrate all'Eden Studio da Alessio Lucatti (Vision Divine, Etherna).

Il giovane gruppo toscano suona un power melodic metal con voce femminile e dimostra classe da vendere! Già dalla spedita e tastierosa opener "The lost mariner" si intuiscono delle spiccate capacità di songwriting ed esecuzione da parte della band. I brani piaccono già dopo pochissimi ascolti grazie a melodie ben confezionate e anche tecnicamente questi giovani musicisti non si discutono e la brava Nicoletta interpreta alla grande la potente "Wiged Lords", bel brano iper melodico che presenta anche un ottimo solo di chitarra ed un ritornello cadenzato che sa conquistare. Altro bel pezzo da sottolineare è "Reign of Kalidia" (forse il migliore del disco), con un bel riff stoppato prima di un favoloso refrain tutto in doppia cassa. La power ballad "Shadow Will Be Gone" è abbastanza canonica ma sorretta da splendide melodie di chitarra dell'ottimo Federico, chiude piuttosto bene questo Ep.

Questo si che è un demo; la band ci sa fare e senza inventare nulla di nuovo sfodera 4 brani di una certa classe. I Kalidia sono da tenere d'occhio perchè son sicuro che presto li ritroveremo con un full lenght davvero interessante!

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Opinione inserita da Celestial Dream    04 Aprile, 2013
Ultimo aggiornamento: 05 Aprile, 2013
Top 10 opinionisti  -  

La Doolittle è sempre più attiva nel pubblicare dischi e scoprire nuove leve nel panorama scandinavo, certamente ben florido. Questo giro tocca agli Shadow Past, band svedese nata nel lontano 2005 che con "Perfect chapter" arriva finalmente all'esordio discografico. La prima nota da sottolineare è il gradito ritorno di Ola Halén, inconfondibile già dalle prime note, e singer che con i grandi Insania (Stockholm) ha scritto dischi che ogni fan di questo genere dovrebbe possedere (anche se il top lo si è toccato all'inizio con David Henrikson alla voce e quel capolavoro assoluto che è "Sunrise in Riverland"). Inoltre l'album è stato registrato da Erik Mårtensson (Eclipse, W.E.T., Seventh Wonder etc.) ed il risultato è davvero buono in termini di impatto sonoro.

Per quanto riguarda la proposta sonora abbiamo tra le mani dieci brani di power metal svedese, con ritmi sostenuti e tastiere in evidenza. La band cerca di inserire qualche elemento extra qua e là, ad esempio alternando in qualche rara occasione la voce growl, ma questo non fa acquistare punti bonus al disco. I brani sono più o meno tutti validi, ma difficilmente sapranno esaltarvi; cose già sentite e fatte meglio in passato da altre bands, e la buona prestazione di Ola non basta, né sono sufficienti dei buoni ritornelli come nella title track, che presenta anche un bel intreccio di solos chitarra-keys. Il top si raggiunge comunque con il bel trio formato da "The Scars Run Deep", "Impressed" e "Who Am I", tre songs ben costruite su facili melodie che potrebbero fare la felicità di chi vive a pane e power metal scandinavo!

Un esordio niente male e da non bocciare, ma che fatica a trovare sbocchi interessanti. Qualche buona songs ormai non basta più con tutta la concorrenza che gira e le decine di bands che pubblicano quotidianamente lavori estremamenti validi; "Perfect Chapter" è rivolto solo a chi non vede l'ora di ascoltare di nuovo la voce di Ola, o agli amanti incalliti del power metal scandinavo.

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Opinione inserita da Celestial Dream    27 Marzo, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Finalmente arriva il debutto dei veneti The Moor, in cantiere da qualche tempo dopo il bel Ep uscito qualche anno fa. Musicisti giovani ma allo stesso tempo navigati e ben conosciuti nella scena del Nord Est e non solo; il gruppo capitanato da Enrico "Ukka" Longhin (Ex Bleed in Vain) propone una dozzina di tracce di non facile classificazione. La band va a pescare qua e là tra svariati generi, risultando piuttosto originale e mettendo in mostra gran versatilità in fase di songwriting sia dal punto di vista strumentale che in quello del cantato, promosso a pieni voti, del frontman Enrico, che alterna senza problemi la voce melodica a quella growl.

Quello che ne viene fuori è un incontro tra Pain of Salvation, Faith No More, Opeth, Foo Fighters e chi più ne ha più ne metta. Stili così diversi ma così vicini se ci pensiamo, che trovano in "Year of the hunger" un punto di incontro ben riuscito. I ritmi veloci e le melodie della bellissima opener "Hyperuranium", portano alla mente gli ultimi Amorphis, anche se lo splendido assolo centrale di Davide Carraro profuma tanto di prog rock. Carraro che si rende protagonista anche nella parte finale del pezzo in questione, grazie ad ottime sfuriate chitarristiche accompagnate da Alberto Businari, eccelso alla batteria. Piace anche la successiva "The others" soprattutto per delle belle aperture melodiche non banali e capaci di conquistare dopo pochi ascolti. La splendida "The road" unisce i Pain of Salvation più "intimi" ai Foo Fighters e la strofa mi piace da impazzire! Si passa anche attraverso l'heavy potente ma melodico con "Covered", song costruita su un riff spaccaossa che ci presenta Ukka in versione Peavy Wagner (Rage) con voce rauca ed aggressiva. Un'avvertenza è dovuta per il chorus che potrebbe diventare una vera e propria ossessione e girarvi nel cervello per diversi giorni almeno! Dopo la strumentale title track e la discreta "Clouds and Shales", si ritorna su livelli elevati con "Before Abigail" . Il disco si chiude alla grande con "Venice", brano che i fans che seguono la band sin dagli esordi, conoscono molto bene, una dolce ballata dove in questa nuova e migliorata versione, Enrico duetta con la brava Debbie Hyshka.

Peccato per un paio di brani leggermente sotto tono, altrimenti stavamo già parlando di un piccola gemma. Senza girarci troppo attorno, "Year of the hunger" resta comunque un debutto coi controcazzi, un disco, come la sua copertina (opera di Gyuri Lohmuller, un artista Rumeno), ricco di svariati colori e sfumature; troverete belle melodie, parecchia tecnica, attimi di rabbia sonora, dolci momenti, splendidi solos di chitarra, e molto altro ancora.
Con i veterani ma sempre in formissima White Skull e Arthemis, la nuova band sensazione Teodasia, i buonissimi debutti dei giovani 4th Dimension e Twintera, il grandissimo ritorno dei Great Master, e con questi versatili e imprevedibili The Moor (e sto sicuramente dimenticando qualcuno), probabilmente la scena metal in Veneto non è mai stata così grande!

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Opinione inserita da Celestial Dream    26 Marzo, 2013
Ultimo aggiornamento: 26 Marzo, 2013
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26 Marzo 2013 - il giorno del tanto atteso ritorno dei maestri del prog-power metal è arrivato! I DGM, reduci dal fenomenale "Frame", anno 2009 (con la parentesi del Dvd e best of "Synthesis" l'anno seguente) sono considerati ormai tra le big bands del pianeta nel loro genere, secondi solo ai grandi Symphony X, anche se, come qualità delle ultime uscite, si potrebbe anche discuterne. "Momentum" si presenta con una copertina essenziale dal punto di vista visivo, meno su quello che vuole rappresentare. Sul lato musicale invece la band romana decide di non cambiare troppo le carte in tavola e gli 11 pezzi contenuti in questo disco seguono senza grosse novità il sound del precedente lavoro in studio.

La produzione perfetta ad opera di Mularoni nei suoi Domination Studios di San Marino, (perfetto come sempre anche alla chitarra) esalta ogni strumento ed ogni singola nota del disco. Inoltre la qualità dei brani è sempre eccelsa e la prestazione al microfono di Marco Basile elettrizzante. Il singer partenopeo è un autentico talento, non lo scopriamo certo ora, ma davanti a prestazioni come queste è impossibile rimanere freddi. In "Reason" poi, pezzo d'apertura, si permette di duettare con Russell Allen in persona senza sfigurare, tutt'altro.. I brani stellari iniziano da subito con "Trust" che ammalia con un chorus meraviglioso e la successiva "Universe" mantiene altissimo il livello del disco ed entra senza dubbio tra i miei pezzi preferiti dell'album. La più hard rock "Numb" mette in mostra la voce eccezionale di Mark e vi farà cantare a squarciagola con le sue continue aperture melodiche, mentre un altro pezzo da sottolineare è "Remembrance" una power ballad di classe che non vi stancherete di ascoltare e riascoltare. La vera e propria lenta del disco è la magica "Repay", che Emanuele Casali introduce al piano, ma è senza dubbio l'ugola d'oro di Basile ad esaltare il pezzo e renderlo da brividi! Impreziosita da Jorn Viggo Lofstad (Pagan's Mind) prende il via la canonica ma comunque molto bella "Chaos", mentre c'è tempo per un'altra super hit in coda al disco con la monumentale "Void", esaltante pezzo che conquista con i suoi favolosi cambi di tempo durante il chorus.

Basile-Mularoni-Arcangeli-Costantino-Casali, il quintetto nostrano gioca a memoria come solo i grandissimi interpreti sanno fare e ha acquisito una sicurezza ed una maestria uniche capaci di far brillare ogni singolo momento della propria opera come in un continuo show time, dove l'ascoltatore non può permettersi nessun attimo di distrazione. La sensazione è che attualmente i DGM non siano secondi a nessuno; inchinatevi dinanzi ai maestri del power-prog metal. Orgoglio tricolore!

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Opinione inserita da Celestial Dream    21 Marzo, 2013
Ultimo aggiornamento: 21 Marzo, 2013
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Arrivano all'atteso full lenght i Damnation Angels, una delle più promettenti giovani bands del pianeta, che già con l'ep "Shadow Symphony" del 2009 (recensito in queste pagine) avevano mostrato una certa classe. Se poi aggiungiamo a delle già più che buone composizioni, una voce di gran livello come quella del singer norvegese Pellek (che alcuni ricorderanno con il suo disco solista uscito lo scorso anno) che si è aggiunto alla band prima della registrazione di questo esordio, allora i Damnation Angels hanno tutte le carte in regola per lasciare fin da subito il segno.

Il gruppo inglese suona del power metal sinfonico con delle atmosfere a tratti gotiche ed un certo "abuso" di orchestrazioni che ci possono portare alla mente Kamelot, Nightwish, Within Temptation e Serenity, anche se i DA riescono ad essere piuttosto personali. L'album è un continuo susseguirsi di brani stellari che ormai raramente si ha la fortuna di ascoltare. Partendo dalla lunga "The longest day of my life" ricca di cambi di ritmo ed atmosfere, e continuando con la favolosa "I hope", song di classe sopraffina, ma come dimenticare l'intensa ballata "Someone else", uno di quei pezzi lenti che ultimamente si fatica a trovare, o "Shadow symphony", un mid tempo ricco di orchestrazioni che ricorda i migliori Within Temptation in versione più potente, capace di catturare con il suo incedere?! La chiusura, dopo la cover ben interpretata dei Metallica "No leaf clover", è affidata alla maestosa "Pride (the warrior's way)", opera magna per la band inglese che scrive un autentico capolavoro miscelando a dovere sonorità orientali, melodie super, orchestrazioni di alto livello, ed un ritornello di impatto.

Insomma questo debutto dei Damnation Angels è un highlight assoluto di questo 2013, un disco esente da difetti e da non farsi sfuggire, straconsigliato e di cui risentiremo parlare sicuramente a fine anno in fase di compilazione delle ormai abituali liste top ten. "Bringer of light" è un viaggio in 1° classe nel mondo del power metal sinfonico.

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