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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    01 Settembre, 2013
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Thessalonki, Salonicco, dev'essere una città appassionata di rock e metallo visto che in questo periodo mi è capitato tra le mani anche un altro disco di una band proveniente da questo luogo in Grecia, i progster Until Rain. Fatto sta che anche i Redrum giungono da lì anche se la loro proposta è 100% melodic hard rock. La loro storia inizia nel 2003 ma prende davvero il volo qualche anno più tardi (nel 2007) quando, dopo diversi problemi di line up e sempre alla ricerca di un valido singer, la band decide di andare a registrare in Germania nello studio personale di Michael Bormann (ex-Jaded Heart, J.R. Blackmore, Bonfire, Zeno Roth, Rain), affidando a lui anche le parti vocali. Michael è una vera e propria ugola hard rock che tutti gli appassionati in un modo o nell'altro conoscono.

Per questo secondo disco la collaborazione è proseguita visto anche il buon successo dell'esordio che ha portato la band a suonare in patria insieme a band come Bonfire, Tyketto, Krokus, Danger Danger, House Of Lords, Europe, Robert Plant, Glenn Hughes solo per citarne alcuni. “Victims of our circumstances” contiene 12 nuove songs (composte in appena 2 settimane) sempre registrate negli RMB Studios del biondo cantante tedesco, che ha preso parte anche al songwriting. Melodic hard rock che più classico non si può tra Gotthard, Fair Warning e Bonfire ma ben composto con canzoni melodiche come il singolo “Dust in your eyes” che colpiscono già dai primi ascolti. Si gioca molto bene su cori e melodie catchy come in “Empty promises”, ma senza dimenticare la giusta potenza, basti ascoltare ad esempio “Tear down the walls” o l'iniziale “One of us”. Inutile dirvi che Bormann è l'assoluto protagonista del disco con la sua voce melodica e graffiante allo stesso tempo. La classica ballata “Mother i'm coming home” e “You can't buy no hero” sono solo un altro paio di brani composti con maestria e sicuramente tra i più riusciti del disco.

“Victims of our circumstances” gioca su sentieri sicuri e già calpestati senza osare troppo ma si fa apprezzare grazie ad una dozzina di brani validi. I Redrum hanno composto un disco piacevole che va incontro alle esigenze dei fans di questo genere. Niente più, niente meno..

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Opinione inserita da Celestial Dream    31 Agosto, 2013
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Tra Melodic Hard Rock ed Aor, arriva il secondo capitolo targato N.O.W., band brasiliana capitanata da Alec Mendonca. Dopo il positivo debutto “Force of nature”, del 2010, il gruppo torna in pista più ispirata che mai con un sound personale che unisce Journey, Foreigner e Radioactive e con alla voce il talento di un certo Philip Bardowell (Beach Boys, Unruly Child, Peter Criss..).

Pezzi come "I feel divine", “Don't go now”, l'intensa ballata “Strong enough” o l'hard rock melodico di “Mary-Ann” ci mostrano una band di classe cristallina. Un sound maturo quello su cui si muovono con maestria i brasiliani, riuscendo nel compito sempre più arduo di comporre melodie affascianti e vincenti senza dover per forza ricordare qualcosa del passato. Favolosi refrain, ottime melodie di chitarra e voce, una produzione pulita e la voce di Philip in gran evidenza; lasciatevi conquistare dalla meravigliosa “Leons going soft” o dalla title track che racconta del massacro della seconda guerra mondiale. E per chiudere non si poteva fare di meglio che “No One Can Feel It’s Over” una ballata geniale, dal gran chorus, che Alec dedica ad un caro amico scomparso di recente.

Insomma mi avete capito, qui non abbiamo tra le mani un disco qualunque; “Bohemian Kingdom” contiene tutto ciò che I fans di questa musica vogliono ascoltare. E' una gemma melodica a cui non si può davvero rinunciare capace di trasmettere intense emozioni come solo pochissimi dischi sanno fare. Masterpiece!

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Opinione inserita da Celestial Dream    28 Agosto, 2013
Ultimo aggiornamento: 28 Agosto, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Terzo capitolo per i Vindictiv di Stefan Lindholm, chitarrista svedese che si avvale di musicisti di un certo peso come il tastierista Pontus Larsson ed il bassista Nalle Påhlsson (Therion, Treat, Zan Clan, Last Autumn's Dream). Le facce nuove di questo lavoro sono invece il batterista Henrik Hedman e soprattutto il “nostro” Marco Sandron (Pathosray, Eden's Curse, Fairyland etc...), protagonista indiscusso alla voce, un singer spesso dimenticato ma sicuramente tra i grandi anche a livello mondiale.

“Cage of infinity” è a detta di Stefan, e le sue parole sono confermate dalla musica, un disco più “in your face” ovvero più diretto, potente e meno complesso e progressivo rispetto ai suoi predecessori, Brani più immediati quindi e basta poco per accorgersene! La prestazione di Marco è notevole già dall'iniziale “The chosen”, un heavy-power potente e di buona fattura. Il sound ruvido del disco non impedisce a Lindholm di sbizzarrirsi con i suoi solos di chitarra come nella title track. Il timbro graffiante di Sandron, che ricorda spesso il grande Jorn Lande, apre “Choices” gran song che deve qualcosa ai Symphony X, con Stefan che si diverte a fare il Romeo di turno durante il veloce solo di chitarra. Con la melodica “Astronaut” arriviamo ad un altro momento molto positivo del disco (molto bello il ritornello dove il ritmo accellera) anche se la successiva e più heavy “Human Emergency” non è da meno. Altro pezzo ben riuscito è “Resistence” e anche qui la band di Russen Allen viene decisamente presa come spunto. Infine come non citare “Son Of Fate”, con il suo coro interpretato in maniera favolosa, e da chi se non dal già più volte citato Marco?!

“Cage of infinity” è un album che riesce a fondere alla perfezione la potenza di scuola heavy metal con melodie e ritmiche più power-prog oriented (Symphony X, DGM...) con qualche divagazione neoclassica e viene letteralmente trainato da un grande Sandron alla voce. Si può lavorare maggiormente sulla varietà della proposta e su qualche melodia più incisiva, ma penso che la band, se resterà stabile e viste le potenzialità espresse qui, potrà fare ancora meglio in futuro. Intanto gustiamoci questo gran bel dischetto.

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Opinione inserita da Celestial Dream    28 Agosto, 2013
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I Gallow's Pole sono una band australiana la cui storia inizia molti anni fa, negli anni '80 quando le band che cercavano di suonare questo tipo di musica ma non erano nè americane nè europee restavano ai margini e spesso sconosciute. Il gruppo è ritornato dopo il classico split e questo è il loro quarto album dalla reunion del 2008 (settimo in carriera).

Il sound della band australiana non è facile da inquadrare; si passa dal hard rock al heavy melodico con qualche sottile traccia anche di blues qua e là.. insomma non abbiamo tra le mani un disco banale. “And time stood still” si apre su un tappeto di tastiere che accompagna poi un riff di chitarra e la voce di Alois Binder, da subito in evidenza, calda ed espressiva. Si nota subito una produzione deficitaria, molto sporca, che però (a voler trovare sempre il lato positivo delle cose..) dona al disco un'atmosfera molto 70's. I Gallows Pole difficilmente ingranano le marce alte, piuttosto giocano sempre su ritmi controllati, con keys presenti e riff stoppati. Dopo la bella title track tocca a “Summer rain” brano superlativo, un mid tempo melodico dove compare anche una voce femminile. Ricordano a tratti i Saracen, band dalla classe cristallina capace di muoversi sapientemente tra heavy e hard rock con melodie leggendarie. E non a caso “Take me to heaven” potrebbe stare benissimo in qualcuno dei primi dischi della band sopracitata.

Peccato che non tutti i brani raggiungono l'ottimo livello di quelli citati altrimenti (e con una produzione degna degli anni in cui siamo) “And time stood still” avrebbe sicuramente meritato un voto decisamente migliore. Un album che va ascoltato attentamente perchè solo così potrete apprezzarlo. Se cercate la produzione perfetta o la canzone che vi metta di buon umore questo disco non fa per voi. In caso contrario potrete emozionarvi con le melodie di chitarra e voce che i Gallows Pole hanno composto in 4-5 ottimi brani qui contenuti. Una piacevole sorpresa.

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Opinione inserita da Celestial Dream    23 Agosto, 2013
Ultimo aggiornamento: 24 Agosto, 2013
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Dopo il debutto “Outside Heaven” di solo 12 mesi fa, le Chasing Violets ovvero Sarah e Mélissa Fontaine, due sorelle francesi, tornano subito sul mercato con l'aiuto ed il supporto di un gruppo di folti musicisti al top della scena Aor mondiale, presentandoci questo “Jade Hearts”. Tra gli artisti coinvolti in questo progetto troviamo la crème della crème tra cui Frédéric Slama, Tommy Denander (Alice Cooper, Paul Stanley, Radioactive etc..), Paul Sabu (Kidd Glove), Göran Edman (Yngwie Malmsteen), Mikael Erlandsson (Last Autumn's Dream), Bob Harris (Axe), nonchè membri di Alien, Hardline e Lionville e chi più ne ha più ne metta.

Mai tanti ospiti illustri si sono rivelati un buco nell'acqua come in questo caso! Il disco è stato scritto e prodotto dal già citato Frederic Slama, gran songwriter che ha collaborato con artisti come Toto, Chicago, Paul Sabu, Tommy Denander, Steve Overland (FM), James Christian (House Of Lords), che però in questo caso ha toppato alla grande. La colpa non è tutta sua, la voce delle sexy sisters dopo un po' (cioè dopo qualche secondo) stanca e risulta poco varia, però anche il buon Frederic non è esente da colpe visto che il songwriting risulta piuttosto fiacco. Devo ammettere che “Jade Hearts” è durato davvero poco nel mio stereo, giusto il tempo di ascoltarlo qualche volta per poter scrivere queste righe senza dare un giudizio inappropriato e troppo frettoloso. Le belle voci angeliche di Sarah e Melissa peccano in incisività, disegnano melodie poco interessanti e ripetitive e faccio fatica a consigliarvi qualche brano in particolare. Meglio dal punto di vista strumentale con degli ottimi solos di chitarra sparsi qua e là (e che non ci è dato sapere ad opera di chi) come in “Deception In Heaven”. I momenti migliori del disco sono spesso quelli in cui compare qualche ospite che almeno varia un po' le carte in tavola come nel mid tempo “Web of lies”. Tra i brani più riusciti troviamo “The main attraction” con il suo coretto zuccheroso e la survivoriana “Hollow Triumph”.

Con “Jade Hearts” sembra quasi di avere tra le mani un disco Pop (ascoltare per credere “Silent victory” o “Exile In Sadness”) altro che Aor; se queste sonorità fanno per voi, date pure una chance alle due sorelline, altrimenti ascoltate il mio consiglio e stateci pure alla larga, vi eviterete una buona dose di noia assoluta.

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Opinione inserita da Celestial Dream    23 Agosto, 2013
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Ci sono due cose che non vanno benissimo come biglietto da visita quando si ascolta per la prima volta un disco: la produzione e la voce del singer. I Shannon peccano un pochino in entrambi i campi e questo non li aiuta di certo. Conosco la band dall'interessante esordio anche se poi li avevo persi di vista, e non conosco il loro secondo disco “Angel in disguise” (2007). Li ritrovo ora con un sound divenuto più potente, ma rimanendo comunque piuttosto melodici.

“Circus Of Lost Souls” contiene delle songs niente male come l'opener “Ride to live” che supportata da un bel riff stoppato si apre in un bel chorus. La band francese dimostra di saperci fare inserendo buoni solos di chitarra e dei bei coretti come nella veloce “Forever now” gran bel pezzo che unisce melodia ed energia. Le tastiere sono sempre ben presenti in sottofondo, peccato che la produzione non esalti a dovere le songs che mancano spesso di potenza. La ballata “Can't stop the rain” è un altro pezzo degno di nota e non dispiace nemmeno la spedita ed energica “Don't get me wrong”, ma dopo l'ottima prima parte del disco, la qualità inizia un po' a calare con la band francese che perde il filo del discorso e riesce solo in pochi frangenti a ritrovare la verve giusta, come in “Let's make rock” e “I don't need you anymore”. Il disco inoltre vede la partecipazione di alcuni ospiti come Harry Hess (Harem Scarem), Tony Mills (Shy, TNT), Paul Sabu nonchè membri di Praying Mantis e Sideburn.

“Circus Of Lost Souls” è un disco di alti e bassi; gli Shannon sono una band matura e ispirata che con un budget maggiore e supportata da un marketing diverso potrebbe anche ambire ad altri palcoscenici, ma qualche brano mediocre ed una produzione non impeccabile azzoppano questo album che seppur piacevole non può andare oltre una piena suffienza.

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2.5
Opinione inserita da Celestial Dream    19 Agosto, 2013
Ultimo aggiornamento: 19 Agosto, 2013
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Avevo finora sentito solamente nominare i Max Pie, una delle poche band belga che non abbia voce femminile capace di uscire dall'underground più profondo. Questo “Eight pieces – one world” si presenta con una bella copertina e contiene, come suggerisce il titolo, otto brani di Power-Prog metal sulla scia di bands come Pagan's Mind e DGM.

I Max Pie dimostrano di non essere dei pivelli, e già con l'opener “A cage of sins” mettono in chiaro questo concetto: produzione ben fatta, tecnica notevole (ottima la parte strumentale con ottimi solos) e un buon cantato. Un riff furioso accompagna la successiva “I'm sealed” che però non riesce mai a colpire nel segno, e sarà così per gran parte del disco. Prendiamo i nostrani e grandi DGM, le loro songs non sono immediate ma già dal primo ascolto trovi qualcosa che ti cattura; il ritornello memorabile, l'assolo fantastico, lo stacco geniale e poi via via con gli ascolti ogni brano cresce fino a farti innamorare. Questo non accade purtroppo con la formazione belga che esegue il proprio compitino ma così facendo resta ancorata alla pura sufficienza. Si tocca il fondo con la ballad poco riuscita “I'm in love” (e qui anche il singer convince poco), seguita dall'incazzatissima “Vendetta”. “The side of a dime” mostra il lato più melodico della band e risulta non a caso il brano migliore del disco. Insomma tirando le somme a "Eight pieces – one world" mancano delle linee vocali irresistibili e la formazione belga dovrebbe puntare su qualche canzone più immediata..

I Max Pie non possiedono (ancora) la capacità di trasformare una buona preparazione tecnica ed esecutiva in vere e proprie canzoni che funzionano stregando l'ascoltatore; non è proprio questo ciò che distanzia una band normale da un gran gruppo?

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Agosto, 2013
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Dal lontano 1998 Newman continua a proporre dischi di ottima fattura che però non hanno mai raggiunto il successo sperato e meritato. Ora dopo il buon "Big life" del 2011, che sanciva la prima collaborazione tra l'artista inglese e la label Aor Heaven, ecco a noi "Siren", che si presenta subito bene grazie ad un artwork di buon gusto.

Il decimo studio album degli Newman contiene dodici brani ben composti da Steve Newman (che si è occupato anche della produzione del disco) che si è avvalso dell'aiuto dell'amico Pete Newdeck (Eden's Curse, Tainted Nation) per la composizione di "Some Kind Of Wonderful" e "Waiting For The Day".e di Nick Workman (Vega, Kick) per quanto riguarda "When It Comes To Love". Canzoni melodiche ma abbastanza ROCK da far muovere la testa come l'opener "Scar of love" con il suo bel riffing. La voce di Steve attira subito l'attenzione con il suo bel timbro che ben si sposa con il sound della band. Trovare brani deludenti in questo disco non è impresa facile e "Had enough", un mid tempo con un bel coro tutto da cantare, non è tra questi. La ballata "Arcadia" e "Feel her again"mettono in risalto il lato più melodico della band con due chorus notevoli. Ottima anche la title track che parte con un ritmo cadenzato salvo poi accellerare durante lo splendido refrain. Si arriva così verso la fine con altre songs di gran valore come "Crossfire", energetica e melodica al punto giusto, la ballata "The Foolish One" e "Don’t Know Why" che sembra uscita dalla penna del grande Jim Peterik.

"Siren" non è solo un bel disco di hard rock melodico / Aor. "Siren" è attualmente uno dei migliori 5 dischi del suo genere in questo 2013. Se il vostro cuore batte al solo pronunciare di queste tre lettere A O R, allora questo album è fatto apposta per voi!

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Agosto, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Nick Gilder è un veterano, che ha iniziato la propria carriera in Canada come singer della Glam Rock Band Sweeney Todd nel 1976, con un certo successo grazie alla hit "Roxy Roller". Dall'anno successivo però Nick iniziò la sua carriera solista, abbandonando il gruppo sopra citato, e lavorando come songwriter per altri artisti come Bette Middler, Joe Cocker, Pat Benatar, e componendo canzoni per film e serie tv come Barb Wire, Youngblood, Sex and the city, Ed e Nip/Tuck..

Dal 1977 al 1999 Nick ha pubblicato ben 7 dischi a suo nome ed ora la sua opera omonima del 1985 viene per la prima volta stampata in cd dall'attenda Yesterrock dopo un lavoro di rimasterizzazione agli Msm Studios di Monaco con l'inserimento di "Scream Of Angels" dal film ‘The Wrath’ che apre questo disco composto da dieci brani di ottima fattura per gli amati del sound canadese un pò hi-tech tra cui spiccano "Footsteps", "Miles to go", "Rebel" e "Nowhere to run". In "Sabotage" troviamo tastiere dal sound futuristico che si fondono con il sax, ed il risultato è senza dubbio geniale se pensiamo che stiamo parlando di un disco uscito quasi 3 decadi fà. Inoltre la voce di Nick è un altro punto di forza che dona ai brani una marcia in più.

Una ristampa come sempre preziosa, ma indirizzata ad una fetta di pubblico ben precisa. Se amate queste sonorità datate ma sempre attuali allora Nick Gilder fa per voi.

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Opinione inserita da Celestial Dream    17 Agosto, 2013
Top 10 opinionisti  -  

Il singer svedese Tony Niva, in compagnia di Roger Ljunggren and Marcus Persson, si riaffaccia sul mercato con undici nuovi brani targati NIVA. Undici songs che seguono un filo comune nella lyrics che parlano di dover seguire i sogni, guardare con ottimismo alla vita e che non è mai troppo tardi per fare dei cambiamenti. Dopo il debutto del 1994, "No Capitulation", lo stop di 17 lunghi anni ed il ritorno nel 2011 con "Gold from the Future" (entrambi i dischi pubblicati solo per il mercato giapponese), finalmente "Magnitude", terzo capitolo della band, vede la luce anche nel nostro continente grazie all'attenta Aor Heaven. E di motivi per vedere pubblicato questo disco ci sono tutti perchè quello che andiamo a recensire è un album molto piacevole e degno di nota.

Impatto melodico rilevante con brani come "Perfect life", "My First And Only One", "Feel So Alone" e la lenta "In A Misty Light"; Tony Niva segue alla perfezione le lezioni impartite negli anni dai big del genere (Survivor, Harem Scarem e Last Autumn's Dream tanto per citarne alcuni) e dimostra di saperci fare anche dietro al microfono. La proposta è un classico Aor-melodic hard rock con canzoni dalla struttura semplice e lineare con melodie immediate (e forse questo potrà essere determinante sulla questione longevità del disco) ma che piace grazie a parecchi brani degni di nota tra cui, oltre ai già citati, segnalo la splendida "Never say goodbye".

Il 30 Agosto, tornati dalle ferie, può essere una data importante per chi vive di pane e Aor: "Magnitude" dei Niva sarà nei negozi e io fossi in voi ci farei un pensierino!

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