Opinione scritta da Celestial Dream
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Ultimo aggiornamento: 23 Luglio, 2013
Top 10 opinionisti -
I tedeschi Illusoria a distanza di un solo anno dalla loro nascita pubblicano il disco di debutto; "Illusory world" è un album metal autoprodotto e supportato da una produzione adeguata, che nonostante la voce femminile della frontgirl Eve, non segue la strada di bands come Epica, Within Temptation e via dicendo. Niente voce lirica quindi, niente orchestrazioni pompose, la band teutonica punta dritta al sodo, con 8 brani di melodic power metal molto orecchiabili e che non dispiacciono.
Si parte bene con la potente e melodica "A clandestin lovestory", che piace col suo chorus ben composto. La veloce ""White light", di scuola Stratovarius. mantiene il disco sui giusti binari mentre i nostrani Tystnaden vengono omaggiati dall'interpretazione eccelsa di Eve in "Icarus – Rise High" davvero un buon brano, e dopo la piacevole ballata di turno (che ricorda qualcosa dei primi Nightwish) troviamo la title track con tanto di duetto con voce growl che merita la palma di miglior brano del disco con un ottimo lavoro di arrangiamenti alle tastiere. Si passa anche attraverso il folk metal con "Black Sails", brano cantato interamente dalla voce maschile e che prende spunto dai Turisas e la seguente "Snow white" è una potente e veloce power song in stile scandinavo.
Un discreto primo passo per gli Illusoria che mischiano varie influenze senza riuscire a creare però un mix abbastanza omogeneo. "Illusory world" è un disco che rispecchia alla perfezione una band immatura ma da tener d'occhio.
Top 10 opinionisti -
Gli Hibria non sono e probabilmente non saranno mai tra i miei gruppi preferiti in assoluto, ma ciò non toglie che abbiano pubblicato negli anni diversi dischi di valore, come quel debutto "Defying the rules" uscito nel 2004 che fece molto parlare di sè e che lanciò il gruppo Sudamericano a livello mondiale.
A distanza di due anni dal buon "Blind ride", torna la heavy metal band brasiliana con questo nuovo e quarto disco, "Silent rage". Il disco vedrà la luce tramite la label Afm Records e già dalla canzone d'esordio, la title track, mette le cose in chiaro: gli Hibria non arretrano di un passo e si ripresentano con un disco potente come un macigno ma capace di essere abbastanza melodico per piacere anche ai fans del power metal di stampo europeo grazie a canzoni come "Silence Will Make You Suffer" di scuola Primal Fear, oppure la potente "Deadly Vengeance " giocata su riff sparati ed ottime linee vocali. Splendida la melodica "The Scream Of An Angel" che vi farà partire con il coro e si gioca la corona di miglior pezzo del disco con il singolo "Shall I Keep On Burning?" di cui potrete trovare anche il video tramite il solito Youtube. La prestazione della band è precisa e Iuri Sanson spicca alla voce con il suo timbro dannatamente heavy che lo potrebbe portare ad essere definito il Ralph Scheepers d'oltre oceano mentre il duo Camargo-Osorio alle chitarre macina riff da headbanging e impreziosisce il risultato finale con bei solos. Inoltre la sezione ritmica non sbaglia un colpo, sentire per credere la lunga e ricca di cambi di tempo "The Way It Is". La versione acustica di "Shall I Keep On Burning?" fa scorrere piacevolmente i titoli di coda di questo bel disco.
Gli Hibria fanno centro; "Silent rage" segna un gran ritorno per la band brasiliana e risulta sicuramente uno dei loro migliori dischi in carriera, meritando l'attenzione di tutti i fans del power metal melodico e roccioso. Consigliato!
Top 10 opinionisti -
"Karmalion" è il debut album degli Indicco e nasce dall'incontro tra Indigo Balboa, dopo il suo secondo album solista prodotto da Mark Spiro (Bad English, Giant, Mt. Big..) e Paco Cerezo, ex "91 Suite" band spagnola di melodic rock, che decisero di unire il loro talento nel 2008 fondando la band per scrivere delle canzoni assieme.
Tra Survivor, Giant e Toto, "Karmalion" unisce il sound del rock melodico spagnolo con l'Aor americano, e presenta ospiti di assoluto livello come Jimi Jamison che duetta con Indigo in tre canzoni, lo stesso Mark Spiro impegnato nel songwriting di altri tre brani oltre che nel suonare le tastiere ad occuparsi della produzione e a comparire anche come vocalist, infine il talentuoso e rinomato Tim Pierce (Rick Springfield, John Waite, Eric Martin), in alcune parti di chitarra. Dopo l'obbligatoria presentazione di rito, bando alle ciance e andiamo dritti a scoprire quello che più ci interessa ovvero la musica contenuta in questo lavoro. Gli undici brani qui proposti sono senza dubbio ben suonati e di valore eccelso e potremmo davvero citarli uno ad uno come l'opener "Crying" o il purissimo aor di "Days Of Wine And Roses" ed è facile notare la classe che contraddistingue queste songs anche dalle "piccole cose"; come viene arrangiata una canzone, come termina un brano o dal bridge di un'altro. Inoltre le voci coinvolte danno una marcia in più ai pezzi sia che a cantare troviamo l'immenso Jamison sia che sia qualcun'altro come lo stesso Balboa. La calda "Wrong" può sciogliere i cuori più duri mentre la hit single "Feel so good" appartiene a quella cerchia di songs composte apposta per piacere sin da subito grazie ad un coro che si stampa in testa all'istante. Altri brani degni di essere segnalati sono le splendide ballate "Leaving me" e "Ride the wave" che non potranno lasciarvi freddi.
Tra le numerose uscite che questo genere ci regala mese dopo mese, "Karmalion" è un disco da non lasciarsi sfuggire e che si distingue rispetto agli altri grazie a brani composti con maestria e per niente banali. Fans del melodic hard rock, nella vostra lista della spesa segnatevi in maiuscolo il nome INDICCO!
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Da Ascoli Piceno arrivano al debutto i Battle Ram, band attiva dal lontano 2001 e che di gavetta ne ha fatta parecchia in questi anni. "Long live the ram", titolo scelto per questo esordio discografico, vede la luce grazie alla sem'pre attenta My Graveyard che dopo il recente buon colpo messo a segno coi Crying Steel, si rende ancora protagonista con questo disco che andiamo a recensire.
I Battle Ram suonano un heavy metal classico, con alcune influenze più Hard Rock o Epic, e a tratti riecheggiano qua e là lampi di Cirith Ungol. Manilla Road edAngel Witch (bands di chiara ispirazione) ma quello che più conta è che i 9 brani qui proposti (più la bonus track che viene ripescata dal un demo del 2001) sono tutti riusciti e ci mostrano una band valida sia dal punto di vista esecutivo che di songwriting. Non certo un capolavoro, ma le songs piacciono soprattutto l'apertura affidata a "The stone", mid tempo epico che subito mette in mostra le buone doti canore di Franco Sgattoni, oppure "I am HM" vero inno alla musica che tutti noi amiamo, ma tutti i brani sarebbero degni di nota, come dimenticare ad esempio la teutonica "Battering Ram" o "Burn with me" con un bel ritornello ed una parte strumentale nel finale che tanto ricorda la scuola NWHBHM.
Insomma, i Battle Ram possono senza dubbio migliorare ma partono da un debutto di un certo livello. Per gli amanti di queste sonorità "Long live the ram" è un disco che merita attenzione, perchè la scena italiana anche scavando un pò nell'underground, è ricca di band valide e i Battle Ram sono senza dubbio una di queste. Lunga vita all'ariete!
Top 10 opinionisti -
Grezzi all'inverosimile ecco a voi i Blood of kings, band americana (precisamente da Seattle) dedita ad un purissimo Heavy Metal che più classico non si può e che la My Graveyard decide di stampare anche se ancora non me ne spiego il motivo.
Oscuri ed old school, i Blood of kings presentano in questo loro debutto 7 brani diretti e senza fronzoli ma che si presentano male sin dall'inizio per colpa di una pessima (forse la peggiore ascoltata nell'ultimo decennio) produzione. Se poi ci aggiungiamo che le songs sono piuttosto deboli dal punto di vista del songwriting e che nulla aggiungono a quanto già sentito mille volte (e meglio) in oltre 30 anni di heavy metal da altre mille bands (chi ha detto Metal Church?) , allora avete capito dove andrà a parare questa mia recensione. Non mi metto neanche a citare qualche canzone perchè farei veramente fatica a salvare qualcosa in questo full lenght anche se ammetto che "Symbols of man" ha attirato la mia attenzione grazie a dei bei riff. Certo a qualche die hard defender il disco potrà anche piacere e non nascondo che queste persone meritano tutto il mio rispetto, ma sono altrettanto sicuro che questi "potenziali fans" siano davvero pochissimi, se non si sono già estinti.
A volte si dice "essere al posto giusto al momento giusto"; ecco i Blood of kings sono forse al posto giusto ma con almeno vent'anni di ritardo. "Starvation" è un prodotto destinato esclusivamente ai veri cultori di questo genere, per tutti gli altri il consiglio è quello di starci il più alla larga possibile!
Ultimo aggiornamento: 10 Luglio, 2013
Top 10 opinionisti -
Niente male davvero questo debutto degli svedesi Majestic Dimension, che ci propongono del power metal ricercato che si mescola col prog riuscendo ad ottenere canzoni brevi e fresche che per 37 minuti riescono a tenere alta l'attenzione dell'ascoltatore.
Si apre con "A larger lie" che ricorda non solo vagamente alcuni brani degli Evergrey, un mid tempo roccioso con le tastiere sempre presenti dove il singer Lars Nystrom cerca di emulare il grande Tom Englund. Si passa al melodic metal di "Walls of tragedy" dove a farla da padrone sono proprio le tastiere anche se nella formazione non figura nessun tastierista e non è dato sapere chi le abbia suonate in fase di registrazione. La song presenta anche un bel chorus ed entra decisamente nel elite dei brani migliori del disco. L'asticella dell'emozione si alza quando parte la bellissima "Broken", ballata con Lars gran protagonista al microfono ed il livello si mantiene elevato con la successiva "Devil's triangle" che si dimostra un altro pezzo ben costruito su belle melodie di chitarra e voce. Melodie che in "Bringers of evolution" non sono certo ariose, piuttosto più intime e "oscure". La title track e "In silence" non sono molto da meno e, dopo il pezzo più debole della tracklist ovvero "Breaking point", si ritorna su buoni livelli con "Days before the end" e soprattutto la song di chiusura, "Final century" la più power oriented del disco grazie a dei ritmi più sostenuti e ad un chorus di gran impatto.
L'ottimo artwork, un songwriting maturo (certo migliorabile) nonostante sia un debutto, una tecnica adeguata ed una buona ugola (quella del già citato Lars), rendono "Bringers of evolution" un esordio assolutamente positivo e che merita l'attenzione di tutti i fans del power metal ricercato.
Ultimo aggiornamento: 09 Luglio, 2013
Top 10 opinionisti -
Gli storici Crying Steel dopo il come back del 2007 con "The steel is back", tornano a farsi sentire nel 2013 con un nuovo full lenght dal nome "Time stand steel". La band ha attraversato in questi anni diversi cambi di line up che non hanno certo giovato ma nonostante questo il risultato ottenuto in questo disco è decisamente apprezzabile. Finalmente questo terzo album della band (per il debutto bisogna tornare all'anno 1987, con "On the prowl") è alle porte e non ci resta che pensare alle 12 songs che lo compongono.
Steel, acciaio, una parola che più appropriata non si può, che come vedete (sui titoli degli ultimi due album oltre che sul nome della band) incontriamo spesso quando si parla di questa band bolognese e che testimonia l'impatto sonoro del loro sound. Heavy Metal forgiato nel metallo, che sprigiona potenza ed energia senza mai far mancare il giusto lato melodico in ognuno dei dodici pezzi. Tra i miei preferiti come non citare la favolosa "Defender", brano di puro heavy metal di grande impatto posto in apertura, oppure l'heavy-rock di "Rockin' train", un pezzo che difficilmente vi lascierà inermi (il refrain è tutto da cantare agitando la testa!), l'epica "Riding" e la power song "Beverly kill" con un bellissima coro alla Primal Fear ma trovare veri e propri filler in questo disco è impresa ardua anche se forse qualche canzone fa abbassare leggermente l'attenzione (forse bastavano 10 tracks in questo disco..). Certo, riecheggiano qua e là i grandi Judas Priest ed il sound degli 80s, ma i Crying Steel non sono l'ennesima copia della storica band britannica; il gruppo bolognese trova ispirazione muovendosi anche attraverso lidi diversi come l'hard rock, ben presente in certe soluzioni.
Buona la prova del singer Stefano Palmonari (già sostituito però dal nuovo cantante Ramon Sonato) seguito da tutta la band, e da una produzione adeguata. Parlare dei Crying Steel non vuol dire ripensare ad una cult band tricolore degli anni '80 ma, grazie a dischi come questo, di una grande realtà del panorama metal attuale.
Top 10 opinionisti -
Attirato dall'artwork del disco e dal nome molto Rhapsodiano della band, mi sono spinto ad ascoltare questo "Chronicles of Tyrinthia: Sword Sworn" che inizia con una lunghissima intro orchestrale narrata da una voce femminile. La band californana piazza una dozzina di songs che seguono alla lettera gli insegnamenti di Rhapsody, Fairyland e Dark Moor con zero originalità ma soprattutto una voce praticamente insopportabile e sappiamo bene quanto il singer sia decisivo per questo genere di musica.
E così è davvero difficile salvare qualcosa in questo full lenght visto che anche il songwriting non eccelle e la produzione non è delle migliori (ma questo è l'ultimo dei problemi). Difficile citare un brano del disco perchè c'è davvero poco che si avvicini alla sufficienza, ma possiamo notare il fatto che almeno quando il cantante non decide di spingere troppo in alto e di conseguenza rovinare tutto, qualcosa di decente viene fuori come il mid tempo sinfonico "Order of the Valenguard" o la lenta "Glorious, Tyrinthia!" (anche se quest'ultima sà di già sentito).
La band ci crede eccome basta vedere le foto che la ritraggono ed è interessante sapere che anche negli Stati Uniti questa musica viene apprezzata e suonata e che in California non esiste solo il punk ma gli Heralds of the sword devono prendere questo disco come punto di partenza e innanzitutto cambiare al più presto il cantante e poi, utilizzando la loro tecnica adeguata, cercare di lavorare nelle composizioni cercando non necessariamente di creare qualcosa di complesso perchè spesso la via più semplice è la migliore. A risentirci...
Ultimo aggiornamento: 08 Luglio, 2013
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Terzo disco per i finlandesi Cardiant, band attiva da più di qualche anno, ma mai riuscita ad esplodere veramente. "Verge" arriva a 4 anni di distanza dal precedente disco, che non ho avuto modo di ascoltare, e si presenta con un bell'artwork ed una produzione piuttosto buona nonostante sia stato autoprodotto dal sestetto finnico che si dimostra valido anche dal punto di vista esecutivo e presenta la particolarità della doppia voce maschile (che la fa da padrone) e femminile (che è presente ma più di rado).
Dieci pezzi di buona fattura ad iniziare da "Thought’s Inception" e continuando con la melodica "Heaven’s Calling" che possiede un coretto da stadio che suona mlto aor. E i cardiant giocano molto bene con coretti e melodie catchy come in "Ever since", una song articolata con la voce di Erik sugli scudi. Le power songs "Beat of heart" e "Stranger in me" devono molto alla scuola scandinava di Timo Tolkki o a band come Nocturnal Rites e Supreme Majesty.
Niente male questo "Verge"; i Cardiant dimostrano un gran gusto melodico e pur lasciando da parte l'originalità, piazzano una decina di pezzi, forse non longevi, ma senza dubbio piacevoli. Per quanto mi riguarda, promossi!
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Non c'è bisogno di molte presentazioni quando si parla degli Edenbridge che arrivano all'ottavo album in carriera con questo "The Bonding". La band austriaca dal "lontano" 2000 ha piazzato sempre buonissimi dischi ad iniziare dal sorprendente debutto "Sunrise in Eden" dalle tinte più power, passando attraverso il bellissimo "Arcana", mio preferito della band, fino all'ultimo "Solitaire". Il sound della band in questi anni è cambiato, abbandonando la velocità dei primi album a favore di songs più ricercate, ma mantenendo sempre orchestrazioni e arrangiamenti sopraffini, ad opera del mastermind Lanvall, piccolo grande genio compositivo.
"The bonding" è un disco non facile, che necessita di alcuni attenti ascolti per essere compreso pienamente in tutto il suo potenziale. Nove brani che seguono una via comune fatta di melodie ricercate, orchestrazioni, arrangiamenti sublimi, con la band che grazie anche all'aiuto economico dei propri fans, ha potuto contare su una vera e propria orchestra, ottenendo un risultato perfetto; pochissime band possono vantare una produzione come quella che troviamo in questo disco. Parlare di metal quando si ha a che fare con gli Edenbridge è riduttivo; il loro sound va oltre i normali limiti tracciati dai generi, con composizioni sofisticate e ricche di svariate influenze. Ascoltate questo disco chiudendo gli occhi e lasciatevi trasportare dalle sue note; vi sentirete liberi come un'aquila che apre le ali e si destreggia tra le nuvole. Detto questo è inutile citare i brani uno ad uno; "The bonding" è un disco da ascoltare tutto d'un fiato..
Potrei parlarvi del singolo (da vedere il bel video girato per questa song) "Alight a new tomorrow", una canzone di facile presa ma non per questo scontata o dell'orchestrale "The invisible force" canzone bombastica in pieno stile Edenbridge, con un bel riff stoppato ed un coro che cattura. La semi ballad "Death is not the end" ci fa sognare e presenta uno splendido solo di chitarra ad opera di Lanvall. Si arriva così alla title track, una suite di oltre 15 minuti ricca di spunti interessanti, e spicca la parte strumentale dove a farla da padrone è la chitarra acustica di Lanvall ed il duetto tra Sabine ed Erik Martensson (WET), ma ripeto, ogni canzone in questo disco è una piccola gemma da scoprire.
Insomma il nuovo disco degli Edenbridge si dimostra all'altezza delle aspettative; la band austriaca è maestra nel comporre brani intensi e ricchi di pathos ed atmosfere e "The Bonding", pur privo di qualche power songs che a noi vecchiotti avrebbe fatto piacere, è un disco consigliatissimo e di gran classe. Un viaggio fatto di visioni ed emozioni, di suoni e colori..
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