Opinione scritta da Celestial Dream
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Top 10 opinionisti -
I Keldian sono tornati! Scusate l'esultanza ma questa band fa parte di quell'ondata di gruppi rimasti un pò underground (Dreamtale, Insania, Aquaria, The Dogma, Dragonfly, Dreamtale, Supreme Majesty, Saint Deamon, Cryonic Temple, Innerwish, Theocracy, Leverage e tanti altri..) ma che hanno fatto la storia del genere power nell'ultima decade. Perchè sapete, sono convinto da tempo che i migliori dischi ormai non sono quelli prodotti dai big names, in crisi di idee da un bel pò (Helloween, Angra, Stratovarius, Hammerfall etc..), ma quelli di queste band minori, molto più ispirate e spinte da pura passione.
La two men band norvegese dopo 5 anni da quel gran bel disco che fu "Journey of souls", ha deciso di chiudersi in studio per dare vita al terzo album che prende il nome di "Outbound" chiedendo ai propri fans un contributo anticipato, come è di moda ultimamente per far fronte alla crisi musicale e di vendite. Solo questi "pochi eletti" vedranno recapitato a casa il disco fisico della band; tutti gli altri si dovranno accontentare dell'album in forma digitale perchè (almeno per ora) non è prevista una stampa vera e propria di "Outbound".
Dal punto di vista musicale si nota un sound più potente con maggior spazio dato alla chitarra, un chiaro esempio è la song "Earthblood", mid tempo che parte con un bel riff stoppato. Le melodie rimangono comunque zuccherose e le sonorità futuristico-tastierose sono presenti, ma forse in quantità minore rispetto ai precedenti lavori. Ascoltare l'attacco della prima song "Burn the sky" con la voce di Christer mi ha fatto tornare indietro di qualche anno; il brano conquista dopo pochi ascolti e si dimostra ispirato, una vera goduria per le nostre orecchie. In realtà tutto il disco è godibilissimo soprattutto la splendida ed ispirata prima parte con la veloce "Kepler and 100 000 Stars" e la power space song "Morning Light Mountain". Nel finale "The Sinfel Paths" si dilunga troppo in interminabili parti strumentali, e l'accoppiata "Run for your life" - "A place above the air" sono due brani solo discreti, ci pensa "F.T.L." a chiudere con le marce alte il disco.
I Keldian sono dei fuoriclasse del power metal, c'è poco da aggiungere. Fregatevene se non sono conosciuti, se nessuna label se li fila; questi suonano alla grande ed hanno un sound tutto loro riconoscibile da una galassia di distanza. Dopo i due gioiellini "Heaven's gate" e "Journey of souls" (che invito a fare vostri), "Outbound" è un altro disco obbligatorio! Bentornati Keldian!
Ultimo aggiornamento: 18 Novembre, 2013
Top 10 opinionisti -
Alfieri del power metal tradizionale, fans di Rhapsody, Helloween, Stratovarius e Gamma Ray, c'è una nuova band italiana che fa per voi e parlo degli Altair. La giovane band da Ferrara pubblica sotto Power Prog Records questo debutto interessante che si presenta subito ottimamente grazie ad una copertina favolosa, seconda, in questo 2013, solamente a "Marching for liberty" dei Wisdom.
Gli Altair danno il loro meglio nei brani veloci, come in "Power of the gods" che vede la presenza dell'ormai onnipresente Fabio "canto tutto io" Lione che duetta con Simone Mala, singer della band. Peccato che non tutte le songs del disco si dimostrino all'altezza della bella opener; troviamo infatti pezzi buoni come la power song "Wind of changes" con il suo bel chorus o la melodica "Redemption", ed altri un po' meno riusciti. Il songwriting deve sicuramente migliorare come ci dimostrano alcuno brani un po' scontati come "Fly away" o la title track, anche se tecnicamente gli Altair sono davvero validi e i fraseggi chitarristici del duo Bambini-Ferioli (senza sminuire comunque la buona sezione ritmica) ne sono un chiaro esempio, mentre non convince appieno la prestazione di Simone al microfono.
"Lost eden" non è il debutto dei vostri sogni, ma segna l'ingresso di un'altra interessante e giovane power metal band nel ricco panorama italiano. E dopo questo buon primo passo, gli Altair potranno decisamente fare di meglio in futuro!
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I Flowerland sono un quartetto proveniente da New Haven nello stato del Connecticut che nasce nel 1991 con un sound che incontra lo stile di Led Zeppelin e Soundgarden, realizzando 3 Ep sotto la Caffeine Disk Records e 4 dischi autoprodotti. Ora la Gypsygarden pubblica questo Ep che ci ripropone sei canzoni del vecchio catalogo della band.
Per farla breve, devo dire che questo disco non mi ha entusiasmato molto, le songs hanno un sound moderno come "Crazy horse", e la voce spesso gridata di Roger Guimond accentua questo approcio quasi post hardcore che mi ricorda qualcosa degli Alice in Chains o degli più duri Soundgarden. Una canzone come "(Jim Brown's) Military Country" aggiunge sonorità blues ma risulta un pò piatta. Certo che pensando che questi "ragazzi" hanno scritto questi brani più di 20 anni fà, dobbiamo ammettere che hanno avuto la vista lunga e occorre dargli merito di essere stati originali.
Un ep che non mi ha convinto ma è anche vero che questo genere si discosta parecchio dai miei ascolti abituali e ammetto che i seguaci di queste sonorità potrebbero trovare qualcosa di interessante nei Flowerland, che pubblicheranno un nuovo disco nel 2014
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I Fates Warning sono tornati e già questa è una notizia che meriterebbe le prime pagine di tutti i quotidiani, perchè la band di Hartford (Connecticut) ha scritto le pagine più importanti della storia del progressive metal con alcune pietri miliari di indiscusso valore. Il quintetto americano torna dopo 9 anni dall'ultimo disco, quel buon "FWX" che non tradì le aspettative come in effetti fa questo nuovo "Darkness in a different light" presentato da una copertina per certi versi minimale ma comunque elegante.
La formazione non è quella storica, mancano i grandi Kevin Moore (già essente in FWX) e Mark Zonder, ma sono presentissimi Ray Alder, la sola e unica voce dei FW, e Jim Matheos, mente geniale del gruppo oltre che Frank Aresti storico chitarrista e l'immancabile Joey Vera. Il sound è pesante, a tratti cupo, a tratti elettronico, ma quasi sempre supportato da aperture melodiche a cui i fans della band sono abituati sin dai tempi d'oro. Si alternano così brani più heavy-prog come l'iniziale "One thousand fires" e pezzi più melodici e d'impatto come la bellissima "Firefly". Vi farà sognare il minuto e mezzo dell'acustica "Falling" che merita un'ora di ripetuti applausi e da sola potrebbe valere il prezzo del cd. E' vero qualche songs scorre via senza lasciare troppo il segno ma poi qualche guizzo geniale della band, come in "Lighthouse" o nella lunga "And yet it moves", ci riporta a pensare che questo disco dopotutto sia davvero ben fatto.
"Darkness in a different light" non è un nuovo capolavoro per i Fates Waring ma senza dubbio è un ottimo ritorno sulle scene e sappiamo benissimo quanto questo non sia affatto scontato.
Ultimo aggiornamento: 18 Novembre, 2013
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I greci Fallen Arise dopo un demo del 2010 ("Eternal") arrivano all'atteso debutto con questo "Ethereal" tramite Noisehead records. Parliamo di symphonic melodic power metal, e la band ellenica dimostra di saperci davvero fare presentandoci dieci composizioni fresche e coinvolgenti. Questi sono i gruppi che piacciono a me con voce femminile ma non lirica, e canzoni che puntano sulla melodia e non su inutili parti strumentali. Il lato sinfonico è presente ma non sovrasta il resto, peccato per una produzione davvero sottotono.
Canzoni come "Eternity" e la melodica e veloce Title track faranno la vostra felicità, i duetti tra Spyla e Jon Soti ci stanno davvero bene e poi gli intermezzi strumentali sono davvero ben fatti con bei solos melodici. Ascoltate la parte iniziale di "Under the bliss the sun" o la favolosa mazzata sonora che è "Nightouched" e ditemi se questi ragazzi non ci sanno fare! Band molto più blasonate di loro farebbero carte false pur di avere ancora questa ispirazione compositiva. A volte una certa semplicità paga e "Ethereal" contiene songs lineari ma avvincenti, potenti e che non disdegnano riff serrati e doppia cassa a manetta. Songs che piacciono già dalle prime battute ma che si fanno riascoltare molto volentieri.
Il voto che trovate sarebbe più alto se il disco fosse supportato da una registrazione migliore. I Fallen Arise hanno composto un gran disco, che merita l'attenzione di tutto il pubblico metal che segue questo sottogenere. "Ethereal" è forse la sorpresa dell'anno e vi confesso che a me fa impazzire!
Ultimo aggiornamento: 13 Novembre, 2013
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Se vi stavate chiedendo che fine avesse fatto fatto Kiara, la singer che ha cantato negli Skylark dell'era post Fabio Dozzo, eccovi la risposta: la bionda cantante (ma a quanto pare anche modella, scrittrice e attrice...) inizia la sua carriera solista e torna a farsi sentire con questo disco di 4 pezzi che è stato composto a 4 mani con il leggendario David DeFeis, che già aveva collaborato con la band di Eddy Antonini nel recente passato, e che si è occupato anche della registrazione e del mixaggio nei suoi "The hammer of Zeus" studios. In realtà la produzione risulta piuttosto fiacca un po' come negli ultimi dischi targati Virgin Steele!
Ma parliamo di musica, con l'iniziale title track, una song energica supportata da un buon riff ed il piano sempre ben presente che a tratti ricorda qualcosa proprio di due bands come Skylark e Virgin Steele. Il brano è abbastanza banalotto, ma non affatto male nel complesso ed il ritornello vi resterà impresso nel cervello per qualche giorno... Ammetto che non ho mai amato molto la voce di Kiara e non perchè con lei gli Skylark siano calati a picco, mentre prima erano uno dei miei gruppi preferiti in assoluto, però devo ammettere che in questo dischetto, la sua prestazione non è affatto male. "I'm not god" è un pezzo più cadenzato, con delle buone melodie e dei bei coretti ad accompagnare la voce solista. Bene anche la semi ballad "Miss you again" che forse nella strofa fa fatica a decollare, ma poi si risolleva con un bel ritornello e pure l'assolo di chitarra è davvero indovinato. Infine troviamo la cover dei Virgin Steele, "Victory is mine" che in questa versione acustica perde parecchio soprattutto in potenza e poi la voce di David è insostituibile.
Verso la fine del 2014 uscirà un full lenght di Kiara e, se questi sono i presupposti, credo che potremmo avere un disco interessante e tutt'altro che malvagio. Staremo a vedere.
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Splendido esempio di Aor classico con questa nuova ristampa della Yesterrock Records che ci riporta nel 1986 quando la MCA/Gold Mountain Records diede alle stampe questo disco di Michel Des Barres: Attore in alcuni tv shows americani ("MacGyver", "Miami Vice" e "Melrose Place" tanto per citarne alcuni..), Michael decise di iniziare la carriera di cantante prima coi glam rockster Silverhead, poi vi via con altri progetti fino a questo lavoro solista circondato da musicisti di gran valore come il batterista Jim Keltner, alla chitarra Steve Jones (Sex Pistols) e Andy Taylor (Duran Duran) mentre al basso troviamo Phil Chen (Jeff Beck, Rod Stewart).
Un album da non farsi sfuggire se il genere Aor scorre nelle vostre vene. Hits come "Do you belong", "Is there someone else", o la splendida "Camera eyes" non potranno che lasciarvi soddisfatti riassaporando gli anni 80 e la loro magia. La voce di Michael forse non è fenomenale ma ben si amalgama con la sua musica come in "Somebody up there likes me" e i suoi coretti o la magica "Too good to be bad".
Insomma maniaci dell'Aor, sapete già cosa fare; questo è un album che non può che ben figurare nelle vostre discografie!
Ultimo aggiornamento: 07 Novembre, 2013
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La Francia non è più solo formaggio e vino, ultimamente si sta mettendo in mostra anche in campo metallico (Manigance, Fairyland, Heavenly, Kerion..) e stavolta tocca agli Holy Cross che ci presentano il loro secondo disco, un concentrato di heavy-thrash che però in qualche song sfocia in momenti più melodici.
"Place Your Bets" è un disco di puro heavy metal come suggeriscono i primi due pezzi supportati da riff potenti e voce aggressiva. Cose già sentite mille volte e in questo caso neanche riproposte tanto bene. La voce del singer francese non è delle migliori e si inizia ad ascoltare qualcosa di interessante solo con "Last change" buon pezzo ritmato che vi farà agitare la testa come dovrebbe sempre essere per questo genere musicale. Gli Holy Cross tanto devono alla scuola USA ed a band come i Metal Church ad esempio ma è quando accellerano che trovano soluzioni migliori come in "Break your chains", non un brano magico, ma comunque più che discreto.
Tirando le somme: cantante mediocre, songwriting di medio-basso livello, passione tanta... "Place Your Bets" non è il disco che vi cambierà la vita, anche se qualche appassionato di queste sonorità potrà anche apprezzarlo. Quel che è certo è che in giro (e senza uscire dai nostri confini) c'è di meglio, molto meglio.
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Da Modena arriva una nuova female vocals band che proprio in questi giorni di Novembre sta accompagnando gli americani e compagni di etichetta Theocracy nelle date del tour europeo. Masterizzato da Roberto Priori (Killing Touch, Los Angeles, Danger Zone) e con la solita copertina ad opera del mio caro amato-odiato (soprattutto la seconda) Felipe Machado Franco, "Enlighten" è un disco di power metal sinfonico, un mix tra Lunatica, band svizzera sempre troppo sottovalutata, e Within Temptation dei primi dischi.
Parlando di musica, gli Sleeping Romance ci presentano 8 brani (a cui si aggiungono intro ed outro) niente male sin dall'opener "Hybrid Overture" che ricorda la già citata band transalpina anche se il gruppo emiliano abbonda di orchestrazioni. La singer Federica, che raramente cerca di cantare con voce lirica, ricorda molto quella di Andrea, cantante dei Lunatica, ascoltare "Soul Reborn" per credere. La buona "The promise inside" ricca di cambi di umore e la bella "Free me" mid tempo che piace sin da subito grazie ad un bel ritornello, sono due buoni esempi di come gli Sleeping Romance sanno scrivere e suonare buona musica, ottenendo composizioni che risultano competitive anche rispetto ai nomi più blasonati nel genere. Qua e là sono inevitabili i richiami a Nightwish e soprattutto Within Temptation, ed è proprio la band olandese quella da prendere come riferimento nell'epica "Devil's cave" che riporta alle atmosfere di quel grandissimo capolavoro che è "Mother Earth". Il terzetto finale è a mio parere il momento migliore di questo debutto con la già citata "Devil's cave" e "Passion Lost" e "Finding my way" che non disdegnano qualche accelerazione in doppia cassa. La produzione seppur non perfetta, risulta piuttosto valida per un debutto ed è ad opera del chitarrista della band, il leader Federico Truzzi che si è occupato praticamente dell'intero processo di songwriting.
Gli Sleeping Romance debuttano con un disco senza dubbio valido anche se, come avrete capito leggendo la recensione, ancora molto legato ai big del genere visti i numerosi richiami alle band sopra citate. Per ora bene così, ma in futuro sarà richiesta una maggiore personalità
Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 2013
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Tornano i Dignity dopo il buon debutto "Project Destiny" di ben 5 anni fa, con un sound ed una formazione leggermente stravolti. Se infatti il primo album della band austriaca conteneva 9 pezzi iper melodici con Jake E. Berg alla voce (Amaranthe, Dreamland), in questo secondo capitolo troviamo un power metal più aggressivo e potente (seppur comunque dall'alto tasso melodico) ed il microfono viene affidato al danese Soren Adamsen (Artillery, ex-Crystal Eyes), singer dall'ugola sporca che convince, ma non esalta.
"Rebel empire" scelta anche per la realizzazione del video, è una mazzata di power potente ma allo stesso tempo melodico e di grande impatto che mette subito in chiaro dove questi austriaci vogliono andare a parare. Un brano super che si apre in un bel ritornello melodico. Inoltre è sempre presente nel disco il lato sinfonico con tastiere in evidenza sia in fase di accompagnamento agli altri strumenti sia con veri e propri solos. Si passa dalla massiccia "Lion attack" al mid tempo "Rise", che piace con il suo coro melodico. Il sound ricorda a tratti gli Helloween della prima era Deris stile "Master of the rings" per intenderci, e ne sono chiari esempi la spumeggiante "Save me" e la cupa "Freedom reign". A chiudere il disco ci pensano la breve outro "Help me call my name" che presenta un bel coro alla Theocracy e la cover dello storico brano degli Scorpions "Blackout".
Insomma i Dignity cambiano pelle ma il risultato resta comunque piuttosto positivo; "Balance of power" è un disco solido, potente e melodico capace di trasmettere tanta carica e che si lascia ascoltare molto bene. Magari vi spiazzerà all'inzio se vi aspettate un sound più leggero come nel debutto, ma io credo che la band austriaca sia sulla giusta strada, speriamo non toccherà aspettare altri 5 anni per ascoltare il loro terzo album.
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