Opinione scritta da Celestial Dream
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Top 10 opinionisti -
Da Modena arriva una nuova female vocals band che proprio in questi giorni di Novembre sta accompagnando gli americani e compagni di etichetta Theocracy nelle date del tour europeo. Masterizzato da Roberto Priori (Killing Touch, Los Angeles, Danger Zone) e con la solita copertina ad opera del mio caro amato-odiato (soprattutto la seconda) Felipe Machado Franco, "Enlighten" è un disco di power metal sinfonico, un mix tra Lunatica, band svizzera sempre troppo sottovalutata, e Within Temptation dei primi dischi.
Parlando di musica, gli Sleeping Romance ci presentano 8 brani (a cui si aggiungono intro ed outro) niente male sin dall'opener "Hybrid Overture" che ricorda la già citata band transalpina anche se il gruppo emiliano abbonda di orchestrazioni. La singer Federica, che raramente cerca di cantare con voce lirica, ricorda molto quella di Andrea, cantante dei Lunatica, ascoltare "Soul Reborn" per credere. La buona "The promise inside" ricca di cambi di umore e la bella "Free me" mid tempo che piace sin da subito grazie ad un bel ritornello, sono due buoni esempi di come gli Sleeping Romance sanno scrivere e suonare buona musica, ottenendo composizioni che risultano competitive anche rispetto ai nomi più blasonati nel genere. Qua e là sono inevitabili i richiami a Nightwish e soprattutto Within Temptation, ed è proprio la band olandese quella da prendere come riferimento nell'epica "Devil's cave" che riporta alle atmosfere di quel grandissimo capolavoro che è "Mother Earth". Il terzetto finale è a mio parere il momento migliore di questo debutto con la già citata "Devil's cave" e "Passion Lost" e "Finding my way" che non disdegnano qualche accelerazione in doppia cassa. La produzione seppur non perfetta, risulta piuttosto valida per un debutto ed è ad opera del chitarrista della band, il leader Federico Truzzi che si è occupato praticamente dell'intero processo di songwriting.
Gli Sleeping Romance debuttano con un disco senza dubbio valido anche se, come avrete capito leggendo la recensione, ancora molto legato ai big del genere visti i numerosi richiami alle band sopra citate. Per ora bene così, ma in futuro sarà richiesta una maggiore personalità
Ultimo aggiornamento: 30 Ottobre, 2013
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Tornano i Dignity dopo il buon debutto "Project Destiny" di ben 5 anni fa, con un sound ed una formazione leggermente stravolti. Se infatti il primo album della band austriaca conteneva 9 pezzi iper melodici con Jake E. Berg alla voce (Amaranthe, Dreamland), in questo secondo capitolo troviamo un power metal più aggressivo e potente (seppur comunque dall'alto tasso melodico) ed il microfono viene affidato al danese Soren Adamsen (Artillery, ex-Crystal Eyes), singer dall'ugola sporca che convince, ma non esalta.
"Rebel empire" scelta anche per la realizzazione del video, è una mazzata di power potente ma allo stesso tempo melodico e di grande impatto che mette subito in chiaro dove questi austriaci vogliono andare a parare. Un brano super che si apre in un bel ritornello melodico. Inoltre è sempre presente nel disco il lato sinfonico con tastiere in evidenza sia in fase di accompagnamento agli altri strumenti sia con veri e propri solos. Si passa dalla massiccia "Lion attack" al mid tempo "Rise", che piace con il suo coro melodico. Il sound ricorda a tratti gli Helloween della prima era Deris stile "Master of the rings" per intenderci, e ne sono chiari esempi la spumeggiante "Save me" e la cupa "Freedom reign". A chiudere il disco ci pensano la breve outro "Help me call my name" che presenta un bel coro alla Theocracy e la cover dello storico brano degli Scorpions "Blackout".
Insomma i Dignity cambiano pelle ma il risultato resta comunque piuttosto positivo; "Balance of power" è un disco solido, potente e melodico capace di trasmettere tanta carica e che si lascia ascoltare molto bene. Magari vi spiazzerà all'inzio se vi aspettate un sound più leggero come nel debutto, ma io credo che la band austriaca sia sulla giusta strada, speriamo non toccherà aspettare altri 5 anni per ascoltare il loro terzo album.
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Tornano gli Houston dopo lo splendido omonimo debutto di 2 anni fa e lo fanno con "II", disco attesissimo dagli appassionati del genere Aor e che presenta tutte le carte in regola per ripetere i livelli compositivi del primo album.
La band scandinava ci delizia in apertura con songs come "Glory" e "I'm coming home", un'accoppiata vincente formata da tastiere in primo piano, ritmi irresistibili e chorus da cantare. L'album si lascia ascoltare che è un piacere grazie ad una tracklist composta da dieci brani melodici senza fillers e che presenta alcune gemme di autentico valore come "Back to the summer of love" che vi farà sentire la mancanza delle splendide giornate estive e vi farà innamorare del suo ritornello oppure "On the Radio" con il suo incedere ma non è da meno "Losing" o "Just friend" con Tommy Denander alle chitarre capace di deliziarci con splendidi solos.
Molti si chiederanno se "II" è superiore o inferiore al debutto, ma solo il tempo ce l'ho dirà. Quel che è certo è che il secondo capitolo degli Houston è un album che lascerà a bocca aperta gli appassionati di queste sonorità. Non pensateci troppo e fate vostro questo dischetto.
Ultimo aggiornamento: 28 Ottobre, 2013
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Direttamente dalla Campania arriva questo nuovo album dei Poemisia, power symphonic gothic metal band con voce lirica femminile, l'ennesimo gruppo che in questo periodo si affaccia sul mercato con una proposta simile (Tarja, Arven, Sleeping Romance, Sorronia etc etc); riusciranno questi giovani ragazzi a meritare le attenzioni dei seguaci di queste sonorità? La risposta è sicuramente affermativa.
"La Danza degli Spiriti" è un disco di metal sinfonico con atmosfere sinistre, tinte dark (che rispecchiano l'artwork, bellissimo, ad opera dell'artista napoletano Roberto Toderico) ed il cantato in lingua italiana dalla brava singer Tina che si muove sempre su cantati lirici risultando forse a volte anche troppo "monotona", ma nel complesso sicuramente convincente. La bella intro narrata in italiano a mò di poesia apre le danze ad un album ricco di svariate sfaccettature e che parte potente con "Cruda amarilli"; riff stoppato e piano che ricorda l'arpa dei Folkstone. La produzione si dimostra subito buona cosa, non scontata quando si ha a che fare con lavori un po' underground e gruppi al debutto. I ritmi diventano rapidi con "Amnesia" che ci riporta ai Nightwish di "Oceanborn" con Tina che mette le vesti di Tarja e la band che viaggia spedita tra solos di chitarra e doppio pedale. La title track vede ancora Tina prolungarsi (forse troppo) in fraseggi vocali, mentre il roccioso mid tempo "The awakening" trasmette carica al disco. Nel finale si ritorna a scomodare i primi Nightwish con "Ars moriendi" (gran bel brano!) mentre con "Anemone" il sound della band viene esaltato con atmosfere che sarebbero una perfetta colonna sonora per qualche film horror.
I Poemisia sono giovani e hanno ampi margini di miglioramento davanti a loro, ma questo debutto mette in mostra un talento non indifferente. Probabilmente manca qualche melodia vincente ed il prodotto è destinato ad un pubblico ben specifico, ma la band campana riesce a trovare subito un sound piuttosto personale, cosa rara per quanto riguarda la sempre più affollata scena female metal. Avanti così ragazzi!
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Il quarto disco dei Dragonfly prende il nome di "Atlas" ed è senza dubbio una delle uscite che personalmente attendevo con più trepidazione in questo 2013 perchè i tre precedenti lavori della band valensiana sono dei veri e propri esempi di ottimo power metal melodico.
Non ci sono grosse novità nel sound Dragonfly, che rimane legato al power melodico ricercato dei precedenti dischi che ricordano a tratti Labyrinth (Thorsen Era) e primi Secret Sphere. La novità principale è la qualità del suono; con "Atlas" la band spagnola decide di affidarsi al nostrano Simone Mularoni e ai suoi Domination Studios, ormai una sicurezza. Il risultato è, se non perfetto, comunque un netto passo avanti rispetto al passato. Il disco contiene una serie di hits non indifferenti a partire da "El peso del mundo", introdotta da una breve intro o "Siente" song che può stregarvi col suo coro. Ma è soprattutto "Vuela conmigo" a lasciare a bocca aperta: una power metal song esemplare che presenta cambi di tempo, ottime melodie vocali, e tutto quello che un fans vuole trovare in un brano di questo genere che si candida a miglior song dell'anno. Inoltre i due lenti contenuti in "Atlas" sono brani notevoli anche dal punto di vista emotivo, soprattutto con l'acustica "Al hacer el amor". Juamba si alterna con Pablo in alcuni versi delle songs e i due trovano un buon equilibrio, mentre è da sottolineare la presenza di Olaf Thorsen (incontrato durante alcuni live dei Vision Divine in Spagna lo scorso anno) nel breve ma intenso assolo di chitarra nel brano "Canto de sirena".
Insomma se conoscete la band dai precedenti dischi non avete bisogno di questa recensione per sapere che "Atlas" è un disco da comprare a scatola chiusa. In ogni caso se amate queste sonorità ed il cantato in lingua spagnola non vi crea mal di stomaco, allora questo album fa per voi!
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Tornano, dopo un anno dal debutto, gli Impera super band formata da musicisti di primo piano come Matti Alfonzetti e Tommy Denander oltre al leader e drummer J. K. Impera. Se il loro primo lavoro "Legacy of life" è stato accolto molto bene dalla stampa (e io stesso l'ho rivalutato in positivo col tempo), da questo "Pieces of eden" ci si aspettava un ulteriore passo avanti, e così è stato! Una cosa che mi piace di questa band è che i loro dischi contengono 10 songs, nessun riempitivo, nessuna intro,, ma dieci canzoni dieci di puro hard rock ruvido e allo stesso tempo melodico.
Gli impera ci sanno fare, a differenza dei compagni di etichetta Coldspell (freschi anche loro di release); songs vincenti come la potente opener "Beast within" o la veloce e melodica "These chains" sono chiari esempi di una certa classe sia in fase compositiva che in quella prettamente esecutiva. Matti Alfonzetti si dimostra cantante di lusso con un ugola d'oro mentre il sempre presente Tommy Denander si muove alla perfezione tra riff e ottimi solos. Altri brani degni nota sono "Since You´ve Been Gone", tipica song che ti fa innamorare al primo sguardo, una semi ballad con un coro che si appiccica in testa ed un bel solo di chitarra, ma come non citare la rocciosa ma ruffiana "Goodbye"? Altra nota a favre di questo platter è la produzione, bella pulita e potente, capace di valorizzare le prestazioni dei musicisti coinvolti. A chiudere il disco invece ci pensano la bella e melodica "You and I" aperta da un bel solo di Tommy, ed il bel mid tempo "Fire and the flame" anch'esso giocato su un riff di chitarra in primo piano e belle melodie vocali.
Gli Impera non inventano l'acqua calda con questo "Pieces of eden", ma danno alle stampe un lavoro compatto, potente e melodico, degno seguito del bel debutto di 12 mesi fa e che i seguaci di questo genere non potranno far altro che apprezzare.
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Ennesima band proveniente dalla Svezia e questa volte autrice di un power/melodic metal con un deciso uso di tastiere ma abbastanza potente. "I don´t Live To Fall", uscito nel 2012 tramite Sliptrick Records, viene pubblicato ora dalla Pure Steel ed è il loro secondo passo discografico dei Thyreos, a distanza di tre anni dal poco conosciuto disco di debutto ("Sound of Destruction").
Registrato in Svezia con l'aiuto di una garanzia come Ronny Milianowicz, questo disco suona piuttosto professionale e parte subito bene con "I see you" song che ricorda gli Stratovarius ma che per le linee melodiche mi ha portato alla mente anche gli Angel Dust. La title track si avvicina a ritmi più heavy rock ma non dispiace grazie ad un buon chorus. Ma i Thyreos piazzano qua e là ottimi brani come "Follow the Road", "Overdrive" o "Depression dimension" che band anche piu blasonate si sognano di comporre.
Che sorpresa questi Thyreos! La Svezia continua a stupirci con band validissime che spuntano come funghi. Un consiglio? Aggiungere, come ho fatto io, "I don´t Live To Fall" alla lista dei prossimi dischi da comprare!
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Grandissimo, grandissimo disco di US power - heavy metal in arrivo dagli Stati Uniti con il ritorno degli Aska. Voce favolosa e canzoni fresche capaci di risultare potenti e melodiche allo stesso tempo. Avevo già sentito nominare la band in precedenza ed infatti gli Aska non sono dei principianti; band storica degli anni 80 proveniente dal Texas con in formazione un certo George Call al microfono (ex-OMEN) e alcuni dischi di un certo peso per il genere come “Nine Tongues” e “Avenger”. 6 anni dopo il loro ultimo disco ("Absolut Power") eccoli tornare con "Fire eater", un lavoro composto da 11 brani mozzafiato che uniscono il sound di Judas Priest, Iced Earth e Jag Panzer, con una produzione di assoluto livello.
Songs come l'opener "Everyone dies" sono dei macigni sonori che vi faranno agitare la testa con riff granitici ed una sessione ritmica spaccaossa. Inoltre la band riesce sempre ad inserire dei bei ritornelli melodici che rendono i brani completi e adatti sia ad un pubblico prettamente heavy che a tutti quelli che hanno bisogno di buone melodie da canticchiare, come il sottoscritto. "Dead again" segue il sound del pezzo d'apertura anche se meno tirato, e con la voce roca e potente di George vera protagonista. L'epica "Valhalla" piace con il suo incedere, ma gli Aska continuano imperterriti per la loro strada con la convincente "Son of a god" altro ottimo pezzo heavy. C'è spazio anche per una power ballad come "Angela", mentre uno splendido riff ci accompagna attraverso "The ripper" cover dei Judas Priest. L'altro lento del disco è la splendida "Year Of Jubilee" autentica perla, prima della chiusura affidata alla grandisosa heavy song "Eye of the serpent", gran testimonianza del sound Aska.
L'avete capito, questo è un disco imperdibile, una piccola gemma di heavy-US power metal come se ne sentono di rado. C'è davvero da inchinarsi dinanzi il nuovo disco degli Aska!
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Tornano con una specie di Ep gli "A hero for the world" band proveniente dalle Filippine (ma di origini Svedesi) che ha esordito ad inizio anno con un dischetto niente male di power metal tra Edguy e Hammerfall. "On fire" presenta cinque nuovi pezzi a cui vengono aggiunte diverse versioni di brani contenuti in questo o nel disco di debutto. Insomma forse (!?) hanno un pò esagerato con 15 songs e ci si poteva limitare ad un ep di circa 7-8 brani (e come vedremo songs a cui rinunciare ce n'erano) ma la band Euro-Asiatica ha voluto regalare parecchio materiale ai propri fans e allora eccoci qui.
Partiamo naturalmente dalle nuove songs, e si inizia con le marce alte e con il mid tempo "Save the world on fire" che sarà banale quanto volete, ma quel ritornello vi sfido a non canticchiarlo! Dopo "The chase" una specie di intro che riprende un pò le note della precedente canzone, troviamo la power song "Die (if you stand on my way)", pezzo che convince poco e riesce a decollare solo grazie ad un buon chorus. La produzione non è eccelsa anche se questo aspetto non penalizza troppo i brani. L'ottima ballata "Mahal Kita" strizza l'occhio a band Aor come i Journey e viene cantata in Taglish, una lingua filippina che fa uso di qualche termine in inglese. Jacob alla voce sembra aver fatto passi in avanti rispetto al debutto e viene accompagnato in questa canzone dalla voce femminile di Louiebeth Aratan mentre "The memory will remain" è un pezzo acustico di solo piano che ricorda un pò i grandi Skylark di Dragon's Secrets. Arriviamo così al contorno ovvero le altre 10 songs che accompagnano i 5 inediti. Tra queste troviamo pezzi riusciti e che risultano piacevoli come "Eternal shadows" e "Free forever" in versione acustica e l'orchestrale "A hero for the world theme", ed altri che si potevano anche evitare come alcune versioni strumentali di brani come "Die (f you stand on my way)" o edit version che poco cambiano dalla versione originale (per esempio della bellissima hit "We are forever").
Un ep che quindi ci regala un paio di buone songs e qualche brano rivisitato ma niente più. Gli A hero of the wrld saranno banali, beceri, per qualcuno addirittura inutili, ma agli intrammontabili appassionati del power metal classico possono piacere non poco, quindi se siete tra questi, dateci un ascolto!
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Tornano i WarCry di Victor Garcia in un finale d'annata che rivede il metal spagnolo protagonista con l'imminente ritorno dei grandi Dragonfly oltre ad Alquimia, nuovo progetto del leggendario chitarrista e compositore Alberto Rionda. La band asturiana arriva con "Inmortal" al suo ottavo album in studio forte di un successo sempre crescente soprattutto nei paesi centro-sud americani dove il gruppo effettua spesso lunghi tour. Ritornati al power heavy degli esordi con il precedente e bellissimo "Alfa", dopo alcuni dischi che strizzavano l'occhio a sonorità più hard rock, "Inmortal" va a percorrere strade sicure aggiungendo solamente un pizzico di epicità in più rispetto al passato, con l'artwork ed un paio di brani tinti da una lieve ispirazione di origine egiziana.
Si parte subito con le marce alte e "Quiero oirte", brano dedicato ai propri fans e protagonista del video messo a disposizione dalla band già da qualche tempo, è un'autentica hit, un brano che in sede live farà cantare tutti i presenti! Come detto il sound segue spesso la scia del precedente disco così "Venganza" è un pezzo che suona 100% WarCry che unisce sapientemente hard rock e power metal, mentre con la splendida "Siempre" troviamo l'altra grande super song del disco, con un chorus capace di creare dipendenza. In realtà "Inmortal" non concede pause e "Huelo el miedo" è un altro brano ben composto, potente e melodico. Victor Garcia (autore di musica e testo di tutti i pezzi) è sempre più a suo agio, negli anni ha affinato la sua voce e dimostra tutta la sua maestria in questo ultimo lavoro. Ma è tutta la band è suonare compatta e unita, risultato di parecchi anni di stabilità. Si chiude il disco con la power song "Como un mago" ed il mid tempo "Mi tierra" dedicata, come facilmente deducibile dal titolo, alla terra d'origine.
Probabilmente "Inmortal" non raggunge il livello eccelso del suo predecessore, ma di sicuro è un altro buonissimo disco che va ad aggiungersi alla lunga discografia della band Asturiana. L'ottavo sigillo dei WarCry è un altro disco imperdibile per ogni fans del heavy spagnolo.
Ps- molto bella l'edizione in mega digipack con cui si presenta il disco.
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