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Opinione scritta da Celestial Dream

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Opinione inserita da Celestial Dream    04 Marzo, 2014
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Nasce dalla mente di Scaramelli Riccardo questo Thunderproject, disco composto e suonato interamente dal musicista e cantante triestino che ha anche creato questa nuova label, la Indipendence Records. Il disco è accompagnato dalle lyrics che prendono spunto dal libro "The land of the light" di Marialisa Bandi e che è presente nella versione limited edition.

Un ora esatta di buona musica quella che ci presenta Riccardo con un album vario che alterna brani più heavy ad altri maggiormente melodici di chiara ispirazione Aor senza dimenticare il più classico hard rock. "Thunderproject vol 1" parte bene con l'uno-due formato dalla ruvida "Revolution" e "Again" che alza il ritmo e presenta delle tastiere in evidenza che bene si sposano con il contesto, formando un mix davvero riuscito. "The thunder" abbraccia il sound Aor con melodie più catchy e anche la successiva ballata "Back to paradise" sembra uscita da un disco di melodic rock made in Usa. Nel finale troviamo altri brani niente male come "Firewind", tra le song più riuscite, e "Lost in deja-vu" heavy-power song ben strutturata.

Riccardo Scaramelli sceglie un buon modo di presentarsi sulla scena con questo nuovo progetto solista; "Thunderproject vol 1" è un lavoro ben composto, non certo un capolavoro, ma un disco che mette in luce il buon talento del musicista italiano che tanto può dare alla scena hard&heavy tricolore. Ed ora restiamo in attesa dei successivi capitoli.

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Opinione inserita da Celestial Dream    03 Marzo, 2014
Ultimo aggiornamento: 03 Marzo, 2014
Top 10 opinionisti  -  

Gabriels è un musicista siciliano dalle indubbie doti tecniche e compositive. Dopo aver studiato pianoforte sin dalla sua tenera età, nella sua giovane carriera può già vantare un palmares di tutto rispetto con apparizioni in importanti musical e come tastierista nella Fabio Lione Band. Con "Prophecy" Gabriels ci presenta una sorta di rock opera dedicata alle vittime del disastro dell'11 Settembre 2011 a New York. E come ogni opera che si rispetti, gli ospiti presenti non sono affatto male, anzi. Troviamo quindi al microfono i vari Mark Boals (ex Malmsteen, ex Royal Hunt, Ring of Fire) e Dario Grillo (ex Thy Majestie, Violet Sun), alla chitarra Dario Beretta (Drakker, Crimson Dawn) e Simone Fiorletta (Rezophonic) ed al basso Andrea "Tower" Torricini (Vision Divine).

Inutile dire che "Prophecy" sia un disco piuttosto incentrato sulle tastiere; viste le origini musicali della mente Gabriels, troverete keys a non finire sia ad accompagnare i brani, sia in lunghi e melodici assoli. I pezzi però funzionano eccome, certo la produzione è tutt'altro che eccelsa, ma nel complesso gli undici brani qui contenuti si lasciano ascoltare bene. La (fin troppo) lunga intro apre il sipario ad un disco che a tratti ci porta alla mente quella scena power metal italiana di fine scorso millennio e bands come Shadows of Steel, Skylark e primi Highlord, ma anche Ring of Fire e Royal Hunt (e non solo per la presenza di Mark Boals). Rispetto alle bands citate però Gabiels cerca soluzioni più varie, creando con le sue tastiere atmosfere più introspettive e solo in alcuni casi opta per soluzioni di classico symphonic power metal, lo dimostrano brani come "Roar for the peace" e la splendida "Prey to end all wars" che inizia con un duetto piano-voce da brividi, prima di esplodere in un bel coro. "Falling stars" ci riporta a sonorità più power metal o almeno così sembra ma, dopo la partenza a tutta velocità, il brano si trasforma in bel mid tempo che mi ha ricordato i grandi Keldian. Dopo un paio di pezzi non riuscitissimi come "Shadows" e "Things of the world", si riprende a macinare con "We need peace" e "Go fight", quest'ultima, che ricorda un pò i grandi svedesoni cristiani Golden Resurrection, è senza dubbio una delle hit del disco.

Nel complesso Gabriels dimostra di saperci fare anche in fase di songwriting (sulle sue doti tecniche abbiamo già detto) trovando spesso soluzioni interessanti. "Prophecy" è un disco vario e ben composto, che merita un grande applauso. Che aspettate ad ascoltarlo?

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Opinione inserita da Celestial Dream    21 Febbraio, 2014
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Il nuovo disco degli Airborn arriva con 5 anni di distanza da quel "Legend of madog" targato 2009. La band piemontese pur rimanendo per un pò lontana dai riflettori, ha in realtà scaldato i motori per tutto questo tempo e si ripresenta con "Dark Future Rising" ed una line up invariata con Alessio Perardi sempre saldo al comando della band.

La prima cosa che salta all'occhio al primo impatto con questo disco, oltre alla bella copertina opera di Alessandro Blengino, è una tracklist molto lunga e questo sarà un pò l'unica pecca del disco, che a mio avviso poteva benissimo limitarsi a contenere una dozzina di songs. Per quanto riguarda il lato compositivo invece, gli Airborn risultano piuttosto ispirati e i loro brani trasudano passione ad ogni nota. Riff granitici, con un sound moderno, proprio come i maestri Sielck e Hansen hanno insegnato ai loro discepoli negli anni con dischi come "Battering Ram" e "Powerplant". Power teutonico quindi, ma al suo meglio, con melodie che si stampano in testa e vi spingeranno a cantare agitando la più o meno folta chioma. Tenetevi forte perchè la partenza è mozzafiato con il terzetto "They Arise"-"Mess we're in"-"Reign of the human race" che non fa prigionieri. La potenza non manca così come i cori da cantare a squarciagola, in un tripudio di power teutonico. Il disco è solido, non presenta passi falsi ma altri brani indovinati come la veloce "Sword of justice" o la splendida "Dark future". E fa davvero piacere ascoltare una band unita che si destreggia molto bene anche tecnicamente, con un Alessio Perardi convincente al microfono, che dà il suo meglio nell'insidiosa ma notevole "King of fear". "Solar messiah" pare quasi un omaggio agli Iron Savior mentre "Wild and free" mette di buon umore con il suo ritornello happy alla Freedom Call.

Gli Airborn sono tornati più in forma che mai, quindi fate vostro questo dischetto, non ve ne pentirete! Originalità? Ecchissenefrega!

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Opinione inserita da Celestial Dream    21 Febbraio, 2014
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Overland is back! L'artista britannico fa parte della storia dell'hard rock melodico già dagli anni '80 con band come Wildlife e soprattutto FM (chi non conosce questo gruppo forse dovrebbe rimediare al più presto). Più recentemente è nata questa collaborazione tra Steve Overland e l'etichetta Escape Music che ha accompagnato il cantante/chitarrista in tante produzioni soliste e non (The Ladder e Shadowman).

"Epic" è il titolo scelto per questo nuovo album solista e visti i nomi coinvolti, pare quasi scontato parlare di gran disco ed in effetti così è. Inutile perder tempo ad elogiare artisti come Billy Greer o Mike Slamer autentici geni in questo campo. Se aggiungiamo che il songwriting di questo lavoro (non abbiamo purtroppo a disposizione i credits sugli autori dei singoli brani) è veramente ispirato, allora il gioco è fatto. Brani stellari come "If looks could kill", "So this is love" e la favolosa "The end of the road", epica song che chiude il disco, meritano solamente applausi. Ma è tutto l'album a convincere e a non lasciare dubbi alcuni; la radiofonica "Radio Radio" ha il compito di scaldare subito gli animi, la ballatona rock "Liberate my heart" possiede il tiro giusto per far innamorare dopo pochi ascolti, e il coro di "Down comes the night" è fatto apposta per essere canticchiato per lungo tempo.

Insomma, inutile girarci troppo intorno; Overland si ripresenta con un disco di assoluto valore, dove ogni cosa è al posto giusto. Un ritorno di gran classe che sarebbe un peccato farsi scappare.

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Opinione inserita da Celestial Dream    21 Febbraio, 2014
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Alex Oriz, Tommy Reinxeed, Chris David... potremmo già chiudere qui la recensione. I nomi son sempre quelli, che la Doolitle ripropone in svariati gruppi come Reinxeed, Oriz e ora questi Azoria. Le bands cambiano ma le carte in tavola son sempre le stesse ed i risultati a quanto pare anche. Fondati nel 2013 a meno di un anno di distanza si ritrovano già con un disco pronto e nove brani composti da Oriz, probabilmente supportato dai suoi compagni di avventura.

"Seasons Change" segue la moda del momento e ci propone una specie di opera metal in stile Avantasia, è proprio così che viene presentato (ma con quale coraggio mi domando io?), con alcuni singers ad occuparsi delle voci nelle varie songs. Troviamo così Tommy Reinxeed vocalist in un paio di brani (e su di lui la mia domanda rimane sempre la stessa: perchè vuole per forza cantare se non ne è capace, non potrebbe limitarsi a suonare la sua chitarra?), il cult singer Mikael Dahl (mai stato un fenomeno al microfono ma ben si adatta al sound della sua band) che aspettiamo a breve con il ritorno dei sui mitici Crystal Eyes, Mike Andersson (Cloudscape) e Snowy Shaw. Ma passiamo al contenuto, si parte subito con ritmi serrati e "Just like a phoenix" è molto più che un omaggio agli Strato. E se già il pezzo pecca di prevedibilità (siamo vicini al plagio), la voce di Tommy non fà altro che peggiorare la situazione (e lo stesso succede nella successiva "Inside my heart"). La bella title track e la discreta "Prophecy" alzano un pò il livello del disco che però non riesce a decollare. Non poteva mancare la voce femminile che in questo caso prende il nome di Matilda Eriksson nella radiofonica-monotona "When you sleep", E poi c'è Snowy Shaw che non so come si possa essere abbassato a questi livelli. Un musicista di alto livello che ha suonato con King Diamond, Dream Evil, Therion, Sabaton e che ha dimostrato anche di saper scrivere ottima musica (molti brani negli dischi dei Dream Evil portano la sua firma). La sua prestazione al microfono è discutibile, ma peggio ancora sono i brani che gli fanno cantare.

Insomma la Doolittle continua a proporci dischi di dubbio gusto da cui si salvano solamente i grandissimi Golden Resurrection. "Seasons Change" dà la sensazione di essere stato scritto e registrato in quattro e quattr'otto, tanto per tirare su due euro magari da qualche giapponese col paraorecchie (visto che pare Reinxeed abbia parecchio seguito nel Sol Levante), con brani banali ed una produzione di medio-basso livello. "Metal Opera stile Avantasia"? Io piuttosto lo definirei "Swedish power metal al suo peggio"!

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Opinione inserita da Celestial Dream    20 Febbraio, 2014
Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 2014
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I salernitani Stamina arrivano all'importante traguardo del terzo full lenght con "Perseverance" che dà seguito al positivissimo "Two of a kind" pubblicato nel 2010. Terza casa discografica diversa in tre dischi, così dopo il precedente lavoro edito per IceWarrior Records, quest'ultimo album vede la luce tramite la My Kingdom Music. Poco importa, il risultato è ciò che conta e "Perseverance" colpisce per qualità delle composizioni, suonando più hard rock rispetto al passato, ma mantenendo intatto lo stile della band.

La musica degli Stamina non è inquadrabile in un genere ben preciso, perchè questi ragazzi ci propongono un sound che pesca qua e là da diversi stili risultando però comunque abbastanza personale. Quel che è certo è che le composizioni della band puntano sulla melodia e su orchestrazioni costanti e sempre ben presenti. E' facile accostare gli Stamina ai grandi Royal Hunt anche se il gruppo campano spesso risulta più graffiante e meno sinfonico rispetto ai danesi del mastermind Richard Andersson. Melodic metal che si fonde con l'hard rock, con un tocco di metal neoclassico e progressivo; i nove brani contenuti in "Perseverance" si dimostrano ispirati e coinvolgenti con degli ottimi vocalist che si alternano al microfono, ed una proposta varia, dalla splendida opener "Higher" che tanto deve alla scena hard rock scandinava così come "Wake up the gods", song più epica che vede la splendida interpretazione di Nils Molin (Dynazty), passando per la più classica "Breaking another string" (solo il cambio di ritmo durante il chorus di questo brano vale l'acquisto del disco). Gli Stamina sono davvero in forma e l'accoppiata chitarra-tastiere formata da Sellitto-Barone offre puro spettacolo. La title track inizia a suon di power-prog metal alla DGM ed alza i ritmi riuscendo a conquistare grazie ad ottimi arrangiamenti e splendide melodie. La sinfonica "Winner for a day" deve tanto ai maestri Royal Hunt e si erge a uno dei brani migliori del disco, presentando alla voce il nuovo singer Jacopo DiDomenico.

Davvero interessante questo ritorno degli Stamina; "Perseverance" è un disco che non deve passare inosservato perchè qui melodia e tecnica trovano casa e si fondono alla perfezione in un disco di assoluto livello.

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Opinione inserita da Celestial Dream    19 Febbraio, 2014
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Tornano in pista i Love Under Cover a distanza di un anno e mezzo da quel buon debutto che fu "Set the night on fire" (recensito anche nelle nostre pagine). La band svedese unisce elementi di Treat. Last Autumn's Dream e Coldspell in un perfetto mix di hard rock di scuola scandinava e ci propone altri undici brani orecchiabili e composti ad arte. Prodotto da Martin Kronlund, "Into the night" è un lavoro di indubbie doti, che di certo non punta sull'originalità e forse rischia di risultare prevedibile, ma presenta alcuni brani scoppiettanti che faranno la felicità di molti fans delle band sopra citate.

Gli ingredienti rimangono quelli del debutto: cori iper melodici, brani dalla breve durata e super orecchiabili, tastieroni, e la voce unica di Mikael Erlandsson. Vi sfido a rimanere freddi al cospetto di "A fight", prezioso brano d'apertura che presenta tastiere in evidenza e melodie zuccherose. La successiva "Into the shadows" rapisce col suo chorus, mentre "Crushing stones" è un altro brano che mantiene alto il livello. La stessa "Playboy No 7" mette di buon umore, un brano spensierato in pieno stile LAD, mentre la piacevole lenta "Toy soldier" è una ballata capace di conquistarvi. "Into the night" si dimostra solido anche in chiusura con due brani di classe come "Closer to the truth" e "No place like home".

Nel complesso quindi, un disco godibile come era lecito aspettarsi; se siete amanti di queste sonorità "Into the night" è un lavoro che potrà trasmettervi delle grandi sensazioni. E poi ogni produzione che coinvolge Mikael Erlandsson per quanto mi riguarda merita l'apertura del salvadanaio!

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Opinione inserita da Celestial Dream    14 Febbraio, 2014
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Ep di 4 tracce per i Wild, band madrilena che ha all'attivo un full lenght datato 2011 "La nueva orden".

Il sound del disco è quel tipico heavy metal in stile iberico, un pò grezzo e cantato in lingua spagnola, con una produzione non certo di prima qualità. "La noche del pecado" apre le danze con delle buone melodie anche se la voce di Javier, singer della band, inizia già a trasmettere qualche dubbio. La successiva "Furia en el cielo" alza il ritmo e sarebbe un pezzo di buonissimo livello se fosse accompagnata da una registrazione adeguata e, ripeto, un cantante di livello come ad esempio Leo Jimenez tanto per citare "solamente" il numero uno in Spagna. La title track si muove tra heavy e hard rock ma risulta piuttosto banalotta con un coro che sa di già sentito lontano un kilometro. A chiudere la cover dei Grim Reaper riuscita, nel complesso, anche piuttosto bene.

Lasciatemi dire che la bella copertina ad opera dell'artista Dimitar Nikolov è la cosa più riuscita in questo disco che non riesce a convincere appieno. Aspettiamo i Wild alla prova del nove con un vero e proprio full lenght, sperando che produzione e singer siano migliori.

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Opinione inserita da Celestial Dream    14 Febbraio, 2014
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Avevo sentito parlar bene di questo disco, addirittura ricordo di aver letto alcune recensioni di colleghi entusiasti che li paragonavano ai primi Hammerfall e Gamma Ray. Se poi consideriamo che la Pure Steel ogni tanto ci piazza qualche colpo a sorpresa (come i We are legend), capite perche mi sono fiondato all'ascolto di "Damnatio Memoriae". I Medusa's Child provengono dalla Germania e hanno tre dischi alle spalle, compreso questo che andiamo ad analizzare, che in origine fu stampato nel 2009 dalla Black Board Records (in pratica è stato ristampato nel 2013 dalla Pure Steel).

Tutto il mio entusiasmo iniziale è stato però presto placato ascoltando i brani. Le songs contenute in questo disco sono piuttosto piatte, mancano i ritornelli e le melodie che hanno reso celebri le bands a cui i Medusa's Child son stati paragonati e la voce di Crow lascia un pò di amaro in bocca. E poi ci sono troppi brani, interludi e intro (inutili) che rendono il lavoro dispersivo. Era decisamente meglio concentrarsi su 9-10 pezzi per 45 minuti, lasciando da parte tutte quelle cose in più e riuscite peggio (e vi assicuro che di tracce da escludere ce ne sarebbero). E stendiamo un velo pietoso sulla copertina visto che raramente ho visto di peggio. Qualcosa di buono si sente con la title track, bel mid tempo melodico che però in certi momenti si perde (vedi la parte sinfonica centrale), "Destiny" che presenta un bel ritornello e "Unchained soul" power song d'apertura in stile Stratovarius, ma è con la favolosa ballata "The old man say" che si arriva al top del disco (questa si che ricorda un pò il sound di quel magico disco che fù "Glory to the brave"). Peccato che in generale i brani non esaltano e se si suona power metal e non si riesce ad appassionare l'ascoltatore dopo qualche ascolto allora c'è un problema.

Nonostante quello che la Pure Steel vuole farci credere, questo è un disco mediocre, nulla più, quindi il mio consiglio è di dirottarvi altrove. La band sta lavorando sul nuovo album che vedrà la luce entro l'anno 2014 e speriamo che le cose andranno meglio. Hammerfall? Gamma Ray? Qui neanche l'ombra..

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Opinione inserita da Celestial Dream    07 Febbraio, 2014
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Che sorpresa questi Exlibris; dopo aver letto qualcosa su di loro in rete ho ordinato questo "Humagination" e devo dire che ho fatto davvero un affare. La band polacca, dal nome più impronunciabile dell'ultima decade in campo power metal, giunge al secondo disco anche se l'esordio è datato addirittura 2006.

Power-Prog con un pizzico di hard rock, ma con canzoni brevi e facili da ascoltare, belle melodie, tappeti e solos di tastiere, una produzione davvero valida e potente ed un singer decisamente valido: queste le caratteristiche di "Humagination". Se dobbiamo per forza citare qualche band direi un mix tra Masterplan, Pagan's Mind e Secret Sphere, ma l'impatto melodico a volte rimanda addirittura alla scena hard rock di scuola scandinava come Leverage ed Eclipse. L'accoppiata Lechmanski-Sikora (quest'ultimo il Jens Johansson di polonia) chitarrista e tastierista della band si è occupata del songwriting e grazie anche all'ugola dell'eccelso singer Krzysztof Sokolowski i brani funzionano. Dodici pezzi che mantengono sempre alto il livello, forse non raggiungono mai picchi altissimi ma come non apprezzare song come "Another day" dal ritornello chatchy, la veloce e potente "Hellphoria" od il mid tempo epico "Astral geometry" fino a "All guts, no glory" a parere di chi scrive la vera hit del disco.

Gli Exlibris hanno tutto in regola per sfondare e "Humagination" è un lavoro affascinante, complesso ma melodico, facile da ascoltare ma non banale. E la sensazione è che sia solo l'inizio e la band abbia ancora diversi margini di miglioramento. Altamente raccomandato!

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