Opinione scritta da Ivan Bologna
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Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti -
Se questo lavoro fosse uscito trent'anni fa, avrebbe cavalcato senza dubbio alcuno la malsana onda delle orde luciferine di questo genere. Zero compromessi, una produzione spoglia sotto ogni aspetto, ma al tempo stesso impregnata di tutte quelle componenti più o meno esplicite, utili alla trasmissione del più puro disagio mentale. Si ripresentano così i francesi Mütiilation, a 17 anni dall’ultimo full-length “Sorrow Galaxies” e con alle spalle più di trent'anni di “discontinua” attività. Vi ricordo che la band è attiva dal 1991 e dopo una serie di Demo tra il 1992 e il 1995, diedero alla luce il primo nevrotico album proprio nel 1995: “Vampires of Black Imperial Blood”. Apre l’album la title-track “Black Metal Cult” e la visione che suscita da subito è quella di una fredda e arida landa desolata, una moltitudine di pestifere braccia esce dal sottosuolo, bramosa di afferrare l’ascoltatore per trascinarlo nei peggiori gironi di un dantesco inferno. Nonostante non riesca ad apprezzare del tutto il sound delle chitarre, devo ammettere che in alcuni episodi abbiano un malsano e magnetico fascino oscuro, il tutto arricchito da una malata nenia vocale. Anche il sound di batteria soffre di una scelta stilistica mirata all’essenzialità più malefica, risultando però assolutamente funzionale alla causa in brani come “Hominicide” o “Into the Cursed Necropolis”. Una menzione particolare va a “The Fall of Islam” dove la sregolata, sporca e grezza furia abbraccia una decadente e sulfurea ricerca melodica che personalmente non ho trovato negli altri brani di questo conturbante lavoro. Per concludere, ritengo che “Black Metal Cult” avrebbe decisamente avuto un valore differente nell’attuale panorama del nero metallo se i francesi si fossero discostati dall’assioma “sporco è cattivo”, e se lo hanno capito pure i Darkthrone….
Ultimo aggiornamento: 17 Giugno, 2024
Top 50 Opinionisti -
Esistono bands nel variegato ed inflazionato panorama Black Metal che partoriscono album con una sconcertante ciclicità. Come se avessero ad oltranza pianificato la loro inarrestabile tabella di marcia. Il risultato nella stragrande maggioranza dei casi soffre di una carenza d’ispirazione figlia dell’intento di sfornare album solo per non farsi dimenticare. Poi esistono bands che tra un’uscita e l’altra, cavalcano le impervie sabbie del tempo in cerca della naturale, viscerale e malsana ispirazione, con l’intento di dare alla luce prodotti degni di essere ricordati. Questo è il caso dei transalpini Merrimack, che a sette anni dal precedente “Omegaphilia” profanano i nostri padiglioni auricolari con “Of Grace and Gravity”, sesto full-length in trent'anni di attività. Ma veniamo al dunque e parliamo di sostanza, considerando che i 48 minuti di questo lavoro ne sono colmi come un nero calice d’odio mai bevuto. Innanzitutto voglio da subito precisare quello che secondo me è il più grande pregio di questo lavoro, ossia il suo non risultare mai ostico nonostante sia caratterizzato da un songwriting decisamente molto articolato. E’ impossibile, fin dall’apertura con “Sulphurean Synods”, non notare lo spessore di una sessione ritmica molto precisa che si erge a mefistofelica colonna portante di un riffing metodico e tagliente. Capace di condurre l’ascoltatore nei meandri di un vortice di sensazioni talvolta contrastanti. Furia rabbiosa si alterna elegantemente a momenti di inquieta introspezione. Un inferno popolato prima da folli, poi da filosofi e viceversa. Questo aspetto caratterizza le strutture di “Sublunar Despondency”, “Under the Aimless Spheres” e della struggente “Starving Crowns”. La voce di Vestal è sempre all’altezza del compito che gli viene richiesto: narrare le storie di questo putiferio che è la nostra coscienza. I Merrimack sicuramente non inventano nulla all’interno del maelstrom del Black Metal ma lo fanno dannatamente bene e con estrema perizia e cognizione. Ma poi cerchiamo di essere onesti, chi di voi vuole ascoltare del Black Metal che non suoni Black Metal?
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