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Un ritorno agrodolce degli storici Razor dopo 25 anni di silenzio Un ritorno agrodolce degli storici Razor dopo 25 anni di silenzio Hot

Un ritorno agrodolce degli storici Razor dopo 25 anni di silenzio

recensioni

gruppo
titolo
Cycle of Contempt
etichetta
Relapse Records
Anno

PROVENIENZA: Canada

GENERE: Thrash Metal

TRACKLIST:
1. Flames of Hatred =VIDEO=
2. Jabroni
3. Off My Meds
4. A Bitter Pill
5. Crossed
6. First Rate Hate
7. Cycle Of Contempt
8. Setup
9. Punch Your Face In
10. All Fist Fightning
11. Darkness Falls
12. King Shit

LINE-UP:
Mike Campagnolo - basso
Dave Carlo - chitarre
Bob Reid - voce
Rider Johnson - batteria

opinioni autore

 
Un ritorno agrodolce degli storici Razor dopo 25 anni di silenzio 2022-10-21 15:45:59 Luigi Macera Mascitelli
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Luigi Macera Mascitelli    21 Ottobre, 2022
Ultimo aggiornamento: 21 Ottobre, 2022
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L'ultima volta che si sentì parlare dei canadesi Razor era il 1997, anno di uscita dell'ultimo disco "Decibels" che segnò all'epoca la fine di una band facente parte della primissima ondata Thrash canadese: parliamo di gente contemporanea a Voivod, Sacrifice, Exciter e compagnia bella. Insomma, per i metallari di vecchia data il nome Razor è certamente - e giustamente - ben incastonato nella mente. Eppure non tutto è andato perduto, perché dopo ben 25 anni di assenza ci troviamo tra le mani questo "Cycle of Contempt", il nuovissimo capitolo per Dave Carlo e soci che segna il ritorno dei quattro vecchi leoni sul panorama. Stilisticamente siamo sempre lì, in quei territori dove solo gente navigata e con un'esperienza trentennale sa muoversi. Tradotto: il marchio Razor è quello, fatto di sfuriate Thrash vecchia scuola imbastite su una struttura Speed e riffoni dirompenti da spaccare le ossa. Insomma, sulla carta lo si riconosce subito che è un disco che porta il marchio di Carlo e soci. Grosso punto in favore è sicuramente il fatto che questo "Cycle of Contempt" non sia un album nostalgico che cerca a tutti i costi di ripescare dal passato un sound e un'attitudine evidentemente anacronistici per i giorni nostri. Al contrario è un album che nella sua essenza vecchia scuola cerca comunque di guardare avanti presentandoci i Razor per come sono oggi e non per come loro vorrebbero ancora essere. Però, se da un lato questo è sicuramente un punto di vantaggio, dall'altro ci porta inevitabilmente ai due punti a sfavore di tutta l'opera: una produzione eccessivamente fredda e asettica, ben lontana dal caloroso e feroce impeto dirompente dei capitoli precedenti, ed una struttura dei brani non propriamente originale, resa ancora più standard da una prova canora non proprio all'altezza. Ora, conosciamo tutti il timbro vocale di Bob Reid, ma è altresì innegabile come dopo 25 anni il vocalist non sia proprio in formissima, quantomeno nel variare anche solo un minimo: ne risulta, dunque, una sezione vocale tendenzialmente piatta che va ad accentuare ulteriormente quel senso di copia/incolla che si respira di tanto in tanto. Da qui il titolo della recensione: un ritorno agrodolce. Sicuramente aspettarsi il discone capolavoro sarebbe stato intellettualmente disonesto, vuoi per i tempi d'oro ormai finiti, vuoi anche per la verve che negli anni è andata scemando. In ogni caso non è questo il punto: tuttavia da gente come i colossi Razor ci saremmo aspettati quantomeno un pizzico di adrenalina in più; e invece siamo di fronte ad un lotto di dodici tracce in cui si alternano spesso alti e bassi e dove la produzione non aiuta certamente a rendere più corposo il sound. Si tratta, dunque, di un disco brutto? No. Allora un disco bello? No. Trattasi semplicemente del ritorno di una band che mostra i suoi acciacchi da un lato ma ancora la sua furia leonina dall'altro: grandi sberle ma anche momenti di ripresa di fiato per via della fatica. Sta a voi decidere.

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