PROVENIENZA: Paesi Bassi
GENERE: Black Metal
TRACKLIST:
1. Venijn
2. Storm
3. Geboren
4. Los
5. Balans
LINE-UP:
J. - Guitars, Bass, Vocals
P. - Vocals
K. - Vocals
M. - Drums
PROVENIENZA: Paesi Bassi
GENERE: Black Metal
TRACKLIST:
1. Venijn
2. Storm
3. Geboren
4. Los
5. Balans
LINE-UP:
J. - Guitars, Bass, Vocals
P. - Vocals
K. - Vocals
M. - Drums
Ignoravo totalmente l'esistenza dei Dinbethes, one-man-band olandese nata dalla mente del mastermind J. che, come ogni realtà Black Metal di nicchia che si rispetti, è totalmente circondata da un'aura di mistero. Tradotto: a parte le pochissime info contenute nel presskit, non ci è dato sapere nient'altro, nemmeno i nomi di chi vi ha collaborato. Comunque sia, i Nostri debuttano con questo "Balans" sotto l'egida di Babylon Doom Cult Records e, vi anticipiamo subito, si tratta di un lavoro che potenzialmente ha degli ottimi spunti. Sul piatto, dunque, abbiamo cinque brani per circa 35 minuti di durata in cui il buon J. si cimenta ad esplorare i lidi atmosferici del Black Metal tinteggiando costantemente la sua proposta con pennellate vicine al Raw e alla scuola polacca. In definitiva potremmo dire che siamo all'interno di stilemi certamente conosciuti ma che qui offrono comunque buoni spunti all'ascoltatore, soprattutto in quelle sezioni dove le chitarre velenose - e molto basilari - entrano in quei loop ipnotici che creano lentamente l'illusione del nulla sopra il quale la mortifera voce del vocalist si staglia come uno scoglio sul quale si infrangono le onde. Ma, se da una parte ravvisiamo anche una certa maestria nel sapersi muovere in questi territori, dall'altra è palese l'ombra della ripetitività e, cosa più importante, una sensazione quasi di "impasto", come se la produzione non fosse riuscita a dare ad ogni strumento il suo giusto spazio preferendo invece buttare tutto dentro il calderone. Viene da sé che i punti negativi siano sicuramente maggiori di quelli positivi e non vi biasimiamo se durante l'ascolto vi verrà voglia di interrompere l'esperienza. A ciò, dicevamo, si aggiunga anche un songwriting tendenzialmente basic che poteva funzionare forse vent'anni fa, o comunque si sarebbe potuto sfruttare meglio. Ok la semplicità, nessuno la odia, anzi spesso meno è meglio di più; ma qui si rasenta fin troppo spesso il banale con pochissimi guizzi che, lo ripetiamo, ci fanno ben sperare nel futuro della band.