PROVENIENZA: Francia
GENERE: Black Metal
TRACKLIST:
1. Virus
2. To Exterminate The World
3. Into The Weird
4. Grim Omen
5. Relapse
6. In Search Of Wasted Time
8. Tentacles Of Anguish
LINE-UP:
Meyhna'ch - All instruments, Vocals
PROVENIENZA: Francia
GENERE: Black Metal
TRACKLIST:
1. Virus
2. To Exterminate The World
3. Into The Weird
4. Grim Omen
5. Relapse
6. In Search Of Wasted Time
8. Tentacles Of Anguish
LINE-UP:
Meyhna'ch - All instruments, Vocals
Opprimente, claustrofobico, cupo, freddo e minimalista. Il Black Metal del progetto francese Meyhnach, one man band creata dall'omonimo artista e storico fondatore dei Mütiilation, è esattamente quello che è: la crudezza fatta musica, suonata e pensata per fare del male e non lasciare spazio ad un singolo spiraglio di luce. Una vera e propria mano scheletrica che colpisce con una mannaia l'anima dell'ascoltatore incatenandolo poi in un turbinio di follia nichilista. Ecco, tutti questi ingredienti resero il progetto in questione molto appetibile ed interessante al debutto del 2017, e sono esattamente gli stessi che ritroviamo in questo nuovo "Miseria de Profundis", seconda opera dell'artista d'Oltralpe targato Osmose Productions. Sarebbe lapalissiano ammetterlo ma lo faremo comunque: non c'è molto da dire su questo disco, poiché tutto ciò che vi troverete all'interno è ridotto al minimo; volutamente ridotto al minimo. Ma, al fine di evitare un fraintendimento, è bene specificare come questo tono minimalista sia, paradossalmente, il punto di forza di Meyhnach. Il Black Metal che scaturisce in queste sette angoscianti tracce è scabroso e zanzaroso, reso ancora più freddo da una produzione estremamente centellinata ma altrettanto cruda, quasi si stesse ascoltando uno dei primi dischi dei Behexen. Metal primordiale nella sua forma più grezza e feroce, reso ancora più malato dalla lunga durata delle tracce che si snodano all'interno di un riffing compatto e tirato fino allo stremo con il solo intento di ipnotizzare ed uccidere l'ascoltatore. Avete presente "Filosofem" di Burzum? Ecco, siamo di fronte ad un'opera che fa della ripetizione ossessiva il suo punto forte, con qualche stacco in mezzo tanto per dare un brevissimo senso di respiro. Molto gradite perché maggiormente centellinate anche le sezioni di synth che ci regalano una parvenza di melodia in sottofondo ed un ulteriore senso di smarrimento e follia allo stesso tempo. Infine la voce dell'artista che fa estremo uso del riverbero, quasi a voler simulare l'urlo di un disperato incatenato in chissà quale buio meandro. Effetto che si sposa a meraviglia con l'aura velenosa e mortifera di tutto il disco. Diciamo quindi che siamo di fronte ad un capitolo estremamente interessante ma che, contemporaneamente, troverà estimatori quasi esclusivamente tra coloro che amano questo modo di intendere il Black. Di contro si potrebbe ravvisare un approccio troppo basic o scolastico con conseguente calo dell'attenzione. Un disco, quindi, che risulta difficile in questo senso ma che certamente lascia trapelare una certa maestria.