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Dopo otto anni tornano i Vildhjarta con un album claustrofobico e colossale Dopo otto anni tornano i Vildhjarta con un album claustrofobico e colossale Hot

Dopo otto anni tornano i Vildhjarta con un album claustrofobico e colossale

recensioni

titolo
måsstaden under vatten
etichetta
Century Media Records
Anno

PROVENIENZA: Svezia

GENERE: Thall (Extreme Progressive Metal)

TRACKLIST:
Pt.1
1. lavender haze
2. när de du älskar kommer tillbaka från de döda =OFFICIAL VIDEO=
3. kaos2 =ASCOLTA=
4. toxin
5. brännmärkt
6. den helige anden (under vatten)
7. passage noir
8. måsstadens nationalsång (under vatten)
9. heartsmear
Pt.2
10. vagabond
11. mitt trötta hjarta
12. detta drömmars sköte en slöja till ormars näste
13. phantom assassin
14. sunset sunrise
15. sunset sunrise sunset sunrise
16. penny royal poison
17. paaradiso

LINE-UP:
Calle Thomer - Guitars
Daniel Bergström - Guitars
Buster Odeholm - Drums
Vilhelm Bladin -Bass/Vocals

opinioni autore

 
Dopo otto anni tornano i Vildhjarta con un album claustrofobico e colossale 2021-10-18 16:11:45 Luigi Macera Mascitelli
voto 
 
4.5
Opinione inserita da Luigi Macera Mascitelli    18 Ottobre, 2021
Ultimo aggiornamento: 18 Ottobre, 2021
Top 10 opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Thall. Avevamo già incontrato questo termine quando parlammo della musica degli Humanity's Last Breath, ossia un mix micidiale tra Deathcore dissonante, Ambient e Djent. Tradotto: un trip nel quale la mente dell'ascoltatore viene presa, annientata e ricostruita in un nuovo piano esistenziale. Ecco, oggi siamo sempre in Svezia per parlare dei padri fondatori del genere, i micidiali Vildhjarta con il loro secondo attesissimo - e monumentale - "måsstaden under vatten": disco che giunge dopo otto anni dal debutto, che a suo tempo ridefinì un nuovo modo di intendere il Djent e le sue varie sfaccettature. Un album, il qui presente, che eleva ulteriormente la capacità tecnico-compositiva dell'act svedese, portandola a dei livelli talmente caustici e claustrofobici che difficilmente si uscirà illesi a fine ascolto, considerando anche l'imponenza dell'opera che consta di ben 17 lunghissime ed agonizzanti tracce. Queste a loro volta suddivise in due parti che narrano dell'esistenza di una misteriosa città nascosta - molto simile a R'lyeh, la città descritta ne "Il richiamo di Chtulhu" di Lovecraft, non trovate? -.
Comunque sia, ciò che la band ha messo sul piatto è qualcosa di totalmente indescrivibile ed elusivo, frutto di un songwriting massiccio, senza punti di appoggio, con ritmiche improponibili, tempi alternati e riffoni pesanti come macigni. Sì, esatto, molto simile ai Meshuggah direte voi, considerando anche che entrambe le band sono di Umeå. Tuttavia quella imbastita dai Vildhjarta è un'opera che per quanto sia innegabile raccolga il retaggio di Jens Kidman e soci, dall'altra parte se ne discosta per per l'approccio. I Meshuggah puntano maggiormente sui tempi e le sonorità "liquide" - almeno negli ultimi anni -, i Vildhjarta invece puntano di più sulle atmosfere lugubri e claustrofobiche, tant'è che fanno un uso massiccio - ormai una firma - di sonorità dissonanti e tetre. Perciò ridurre la loro musica ad una parentesi o comunque ad un copia/incolla dei Meshuggah è quanto di più superficiale ed intellettualmente disonesto si possa fare, un po' come gli Inferi con i The Black Dahlia Murder. In più c'è da considerare il colossale lavoro concettuale e compositivo che sono la vera linfa vitale di questo "måsstaden under vatten". Traccia dopo traccia si va delineando una vera e propria agonia mentale, soprattutto quando si passa ad ascoltare "vagabond", la traccia che apre la seconda parte del disco. Da qui in poi si scende ancora di più nel baratro e nel frattempo si diventa sempre più consapevoli del pregevole lavoro svolto dalla band. Lavoro che non si ferma ad una mera manifestazione di muscoli fine a se stessa. Qui c'è molto ma molto di più: qualcosa che va oltre il songwriting. Una vera e propria sensazione di angoscia asfissiante dalla quale si vuole uscire ma che per qualche strano motivo attrae. E forse è questa la particolarità dei Vildhjarta che li rende più unici che rari: l'ipnotizzare l'ascoltatore mentre il suo cervello viene letteralmente liquefatto ed annichilito. Insomma, un'esperienza sensoriale a 360 gradi che coinvolge mente e corpo. Dal nostro punto di vista l'act svedese ha imbastito un'opera a dir poco mastodontica ed inimitabile. certo, come tutte le cose "strane" e non convenzionali sta a voi giudicare. Di una cosa siamo assolutamente certi però: è un ascolto da fare in determinate condizioni, quando si ha il tempo di degustare con attenzione tutta l'opera e non di certo qualcosa da mettere in sottofondo distrattamente. Ma attenzione, potreste non uscirne vivi.

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