01. In Nomine Patris
02. Obscurity
03. Germanenblut
04. Strandhogg
05. Ensamvarg
06. Blutmondzeit
07. Joermungandr
08. Weltenbrand
09. Fimbulwinter
10. Kein Rueckzug
11. So Endet Mein Zeit
01. In Nomine Patris
02. Obscurity
03. Germanenblut
04. Strandhogg
05. Ensamvarg
06. Blutmondzeit
07. Joermungandr
08. Weltenbrand
09. Fimbulwinter
10. Kein Rueckzug
11. So Endet Mein Zeit
Per chi non conoscesse il gruppo tedesco, diciamo in breve che gli Obscurity non sono certo musicisti di primo pelo. Ormai musicalmente in giro da una quindicina di anni, nonostante vari cambi di line-up e stop dovuti, la band non ha mai smesso di portare per il mondo metallico il proprio viking-metal fortemente ispirato agli Amon Amarth. Questo self-titled album è il sesto della loro carriera, il più catchy ed anche il più personale, nonostante i riferimenti agli svedesi Amon siano sempre presente. Se la decisione di optare per una via musicale più diretta crea dei buoni presupposti per imprigionare letteralmente l’ascoltatore alle proprie note, probabilmente aumentando in questo senso anche il numero dei fans, dall’altra il disco perde un po’ in tridimensionalità strutturale. Dopotutto la scelta è di essere basic, senza creare tanti fronzoli, se non il passaggio dall’elettrico all’acustico da bardi della potente “Joermungandr”. I primi due episodi del disco sono emblematici ma non esaustivi per descriverlo, “In Nomine Patris” è una dichiarazione d’intenti, riff melodici, strofe serrate che esplodono in un grandioso coro epico; il secondo brano si rifugia in un accattivante ritornello in clean vocals stile Ensiferum, con quel suo approccio folk. A questo punto rimangono solo gli screaming ed i growling per quel che riguarda la voce, mentre le chitarre e la parte ritmica gironzolano sempre tra riff melodic death, heavy e viking, cavalcate metalliche e freddi passaggi in blast beat. C’è una gran manciata di inni di battaglia che non può non farvi agitare la vostra ascia da guerra preferita, bastano pezzi come “Fimbulwinter” o i ritmi a mo di mitraglia della distruttiva “Kein Reckung” per rendere l’idea. Unici due episodi che deviano un po’ dal percorso dell’intero album sono l’epica “Ensamvarg”, da ascoltare più volte per amarla davvero, nonché l’ottima “So Endet Mein Zeit”, dove gli Obscurity rallentano il passo doomizzandolo a dovere, proponendo malinconiche melodie che crescono man mano che si va avanti, grazie ad un bell’arrangiamento delle tastiere che creano l’orchestrazione sinfonica giusta che va a chiudere un disco ben fatto.