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Living Things, tornano i Linkin park Living Things, tornano i Linkin park Hot

Living Things, tornano i Linkin park

recensioni

titolo
"Living Thinks"
etichetta
Machine Shop Recordings
Anno

LineUp:

 

Chester Bennington: voce

Brad Delson: chitarra, solista

Mike Shinoda: voce, tastiera, chitarra

Rob Bourdon: batteria, percussioni

Phoenix: basso

Joe Hahn: sintetizzatore

 

Tracklist:

 

1) Lost in the eco

2) In my remains

3) Burn it down

4) Lies greed misery

5) I'll be gone

6) Castle of glass

7) Victimized

8) Roads untraveled

9) Skin to Bone

10) Until it breaks

11) Tinfoil

12) Powerless

opinioni autore

 
Living Things, tornano i Linkin park 2013-03-21 15:19:48 Giada
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Giada    21 Marzo, 2013
Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 2013
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“Lost in the Eco”, brano d'apertura dell'album, riporta alla mente i Linkin Park del 2001 con “In the End” e chi ha vissuto quel periodo non può non pensarci.
I sintetizzatori uniti alla batteria premettono un particolare sound che affiancato alle chitarre propone un crescendo di energia e ritmo contornato da un ritornello difficile da dimenticare. “In my remains”, si rivela con molta più dolcezza rispetto al precedente brano ma non pecca d'energia. Molto particolare la batteria che in alcuni punti ricorda una marcia per poi esplodere nel fragoroso e potente accompagnamento alla voce nel ritornello.
In “Burn it down” ritroviamo ancora una volta i sintetizzatori e l'antico spirito della band; un inizio dai toni pacati che scivola nella serpe del ritmo intenso accostato al rap di Shinoda fondendosi perfettamente con la voce . Un brano che piacevolmente mette allegria.
“Lies greed memory” è una traccia che sembra aver poco a che fare con il resto dell'album, qui gli strumenti elettronici non si risparmiano ma appare forse come un pezzo troppo “giovanile”rischiando di cadere nello ''young-style'' adatto forse a dei quattordicenni.
“I'll be gone” riporta “Living thik” in alto. E' un brano dai tratti intensi e dai suoni miscelati con cura, traspare l'incantevole melodia di un violino dando così un tocco di raffinatezza.
“Castle of glass”, chiudendo gli occhi sembra quasi di camminare nell'ombra. Un senso d'inquietudine; un'introduzione quasi sussurrata come se il testo venisse scandito a bassa voce nell'orecchio dell'ascoltatore. Durante il ritornello la voce muta leggermente e il pezzo prende velocità e brio. Nella parte finale si ha l'impressione di uscire dal buio e ritrovare luce, pace e sicurezza. Un brano decisamente coinvolgente, probabilmente punto di forza dell'intero album.
“Victimezed” sconvolge senza dubbio l'ascoltatore. Poco più di un minuto di canzone introdotto da una batteria molto decisa accostata ad alcuni tamburi. Una cantilena conduce in inganno portando a pensare si tratti di un brano abbastanza calmo ma si viene poi travolti dall' “effetto screem”.
“Roads untraveled” riporta la calma e la dolcezza nell'album. Un leggero tintinnio ricorda il suono degli antichi carillon, il pianoforte ricalca sicuramente un ruolo importante nel brano e la voce sembra stia intonando una nenia dai tratti leggeri.
“Skin to bone” piomba nuovamente nell'elettronica ma risulta forse un po' noiosa e troppo lineare; senza significato, appare quasi come un brano la cui sola utilità è di “riempire l'album”; così come “Until it break” traccia successiva.
“Tinfoil” ha la caratteristica d'essere un brano esclusivamente strumentale, anch'esso della durata di un minuto scarso, prepara l'ascoltatore all'ultimo brano dell'album: “Powerless” che chiude in perfetto stile Linkin Park.
Un album forse un po' “confuso”, che contiene stili troppo diversi e mischiati senza alcun senso, finendo per rischiare di rovinare il tutto. Quaranta minuti di musica che vanno a creare emozioni contrastanti e che in alcuni punti portano alla voglia di fermare il cd e smetterne immediatamente l'ascolto ma viene effettivamente salvato in extremis da alcuni brani.

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