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Secondo album del polistrumentista e compositore Vincenzo Marretta Secondo album del polistrumentista e compositore Vincenzo Marretta Hot

Secondo album del polistrumentista e compositore Vincenzo Marretta

recensioni

titolo
Il seme della follia
etichetta
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Anno

Tracklist:

1. The End

2. Countdown

3. Chains

4. Home

5. Winners

6. Metamorfosi

7. Un giorno

8. La triste storia di un'anima in pena

9. Il seme della follia

 

Line-up:

Vincenzo Marretta - voce, batteria, chitarre, basso, piano, tastiere

 

Bruno Cullaro - voce, percussioni

Fabio Bastillo - voce

Carmelo Di Lio - chitarra 

Francesco Less - chitarra, basso, voce

Federico Maniscalco - basso

Libero Reina - chitarra acustica, voce

Claudio Marullo - chitarra

Lorenzo Baiamonte - pianoforte, tastiere, voce narrante

opinioni autore

 
Secondo album del polistrumentista e compositore Vincenzo Marretta 2019-06-12 17:48:31 Virgilio
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Virgilio    12 Giugno, 2019
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Vincenzo Marretta è un giovane polistrumentista e compositore che, dopo aver militato in vari gruppi, ha cominciato a dedicarsi ad un progetto solista, che ha portato nel 2015 alla pubblicazione dell'album di debutto, intitolato "Here I am at the end". Nel 2018 esce il follower, "Il seme della follia", scritto, prodotto e interpretato sempre dallo stesso Marretta, stavolta però con la collaborazione di diversi musicisti che suonano con lui nei vari brani. Le tracce contenute nell'album sono nove, quasi interamente cantate in italiano e che l'autore definisce di genere "psicologico". Di certo, nei testi c'è una tendenza ad affrontare tematiche introspettive, accompagnate da musiche che cercano di ricreare effettivamente un determinato contesto psicologico, raccontato dal protagonista della canzone. Lo stile tende dunque ad essere vario e difficilmente etichettabile, perchè mira appunto principalmente a dare sfogo ad una certa varietà espressiva, prescindendo da generi o schemi precostituiti. Ritroviamo dunque nelle tracce che compongono "Il seme della follia" fondamentalmente riff e attitudine tipicamente metal, ma anche intermezzi atmosferici, assoli carichi di feeling e un cantato appassionato, quasi teatrale, a prescindere dagli interpreti, che sono diversi, benchè poi la maggior parte di essi (ovvero cinque brani) sia cantata da Bruno Cullaro: tra questi, anche "Metamorfosi", una delle tracce più rappresentative del disco, per la quale è stata realizzato anche un bel videoclip. Diciamo che si tratta di un lavoro dunque certamente non convenzionale, dove tutto è stato curato nei dettagli e con risultati di buona qualità. Probabilmente non è un disco molto diretto e richiede più ascolti per poter essere meglio apprezzato, ma merita sicuramente di avere la sua chance.

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