Line-up:
- Napalm- guitar and vocal
- Grinder- bass guitar
- Docdeath- guitar
- Hayzmann- drum
Tracklist:
- Black River
- Consumers Of Souls
- Infamous
- Possessed
- The Clock Of Evil
- Hate Christians
- Brain Buried
- Prisoner Of Christ
- Purgatory
Line-up:
Tracklist:
Il Death metal nasce verso la fine degli anni '80, come estremizzazione del Thrash metal, per lo più nelle tanto amate regioni scandinave, da band che sono sempre state avanti in quel campo, e quasi parallelamente, si viene a creare uno stile analogo, ma profondamente molto differente, negli Stati Uniti. Forse, anche per questo motivo, il Death Metal trae spesso linfa vitale dai martellanti giri Thrash e spesso le due cose si fondono, finendo per diventare una cosa sola. E' questo il caso degli “Hastur”, band molto interessante che è rimbalzata all' attenzione di chi ha l' occhio lungo per l'underground, con l' album “The Black River”. Un concentrato di rabbia e violenza controllatissima e tremendamente efficace già dal primo brano “Black River”, ma, a sorprendermi, è stato l'interessantissimo guitar working della seconda traccia “Consumer the Soul”, mai banale, mai scontato e sempre in primissimo piano al centro dell' attenzione. Una sei corde che da il meglio di se saltellando sul tappeto di martellate dietro le pelle, che non disdegnano momenti tiratissimi in doppia cassa e altri più ragionati. “Infamous” parte subito a trecento all' ora e non c'è un attimo di tregua. E' il pezzo giusto al giusto posto della tracklist, che trovo come corretta e naturale proseguimento di “Consumer the Soul”. Fanno il loro ingresso le tastiere, che nella seconda parte del brano, contribuiscono a smorzare la furia iniziare e creare l' atmosfera marcia e macabra che si andava perdendo per far posto alla raffica di violenza. Lo splendido riffing di “Possessed”, cattura totalmente la mia attenzione, grande è il coinvolgimento emotivo che crea innanzitutto la sezione ritmica, contornata da una prima chitarra sempre attiva ed carismatica, che sfocia in un assolo crescente a metà tra l' hard rock più raffinato di Steve Vai e la rudezza di Pat O'Brien, e... la cosa si ripete ! Un brano favoloso, che non smetterei mai di ascoltare, con una carica ed una profondità pazzesca. Superbo. Se è possibile, si va ancora oltre con “The Clock of Evil” e la sua intro parlata, per non contare l'arpeggio di basso che apre la strada ad uno dei migliori esempi di Death Metal made in Italy, che abbia sentito negli ultimi anni. La nostra penisola infatti, si conferma sempre ad altissimi livelli per quanto riguarda il metallo della morte, basti citare gruppi come “Fleshgod Apocalypse” e “Hour of Penance” su tutti, senza voler scendere nei bassifondi dei fiumi di porpora, nominando Vulvectomy e band ultra-extreme che bazzicano il Death-Grind. Ma proseguendo, la meraviglia continua con “Hate Christians”, ed anche qui, la perfetta continuazione di un album che mi sta prendendo totalmente, non riesco a notare un passo falso o un giro banale, è tutto, incredibilmente perfetto e di più. A voler partire dalla sezione ritmica, ai giri solisti e persino la voce, che nonostante non scenda mai a livelli di growl veramente cavernosi e gutturali, è l' esatto timbro che dona ai brani ciò di cui hanno bisogno per essere vivi e, completandosi, nei magistrali assoli che sono sempre la chiusura del cerchio, per ogni pezzo che derivi dalla controcultura rock del secolo scorso. E questo ragionamento va a trovare conferma con “Brain Buried” ed il suo momento solista e il tempo che raddoppia e dimezza improvvisamente, creando vortici da cuore in gola, un delirio controllato, come sotto LSD. “Prisoner of Christ” è leggermente più legata ad una tradizione Grindcore, rispetto alle altre, ma anche qui è il Death-Thrash che regna, in un modo sublime e palesemente ispirato, con una blasfermia dirompente ed un' arte, che distrugge in secondo piano e prende forma sulle note di un pentagramma che sembra una pista di formula uno, quando le dita di un chitarrista maestro, sfrecciano sulla tastiera dello strumento. La fine purtroppo, arriva troppo prematuramente, con il brano numero nove, l' ultimo di questo “The Black River”, firmato “Hastur”, cioè “Purgatory” e a questo punto immagino abbiate tutti, voi cari lettori, immaginato la grandezza di questo album, un disco che si colloca di diritto tra le migliori uscite in ambito metal estremo degli ultimi anni, italiano e non, Concludo con la speranza che la band prosegua su questa strada e che possa presto sfornare altri lavori del genere, confermandosi uno delle migliori sorprese delle nuove leve, una band assolutamente da tenere d'occhio per le prossime releases. Tornando a questo particolare lavoro, lo consiglio altamente, non si tratta di un lavoro fatto bene, di quelli ce ne sono a centinaia ormai, si tratta di un album superlativo !
Anthony
Finalmente, dopo svariate recensioni, ho potuto mettere mano,o per meglio dire orecchie, ad un album death metal vecchia scuola di una band tutta italiana: sto parlando di "The Black River" degli Hastur. Il gruppo, che nasce nel 1993, dopo svariati cambi di line-up, EP e progetti non rilasciati, finalmente è riuscito a partorire un signor album di pura cattiveria e brutalità.
Possiamo farci immediatamente un'idea di cosa ci aspetta già a partire dalla prima traccia, "Black River": innanzi tutto i miei complimenti per l'intro che mischia insieme ruomori di acqua che scorre e urla strazianti in lontananza; ma la vera chicca arriva non appena il pezzo parte, perchè ci sbatte in faccia bestialità pura in forma di riff martellante, potente, tagliente e brutale. Il tutto condito da un sapiente uso del growl che dona all'insieme l'ulteriore vena macabra necessaria a creare l'atmosfera. Perfettamente percepibile è l'influenza di gruppi come Immolation, Deicide e Obituary sopratutto per quanto riguarda l'oscurità dei pezzi, i riff che quasi rasentano il black e, talvolta, la pesantezza voluta di alcuni brani come "Purgatory" ed "Infamous".
Ragazzi, c'è davvero poco da dire se non che i nostri compaesani sono riusciti a comporre un signor album degno dei migliori anni del death metal, per cui mi limiterò a rinnovare i complimenti a questi ragazzi e alla loro capacità di tenere duro in tutti questi anni prima di portare alla luce un prodotto più che valido. Ascoltate "The Black River" e immergetevi nell'oscurità.