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Unire le generazioni nell'odio con i Warbringer Unire le generazioni nell'odio con i Warbringer Hot

Unire le generazioni nell'odio con i Warbringer

recensioni

titolo
Woe to the Vanquished
etichetta
Napalm Records
Anno

Tracklist:
1. Silhouettes
2. Woe to the vanquished
3. Remain violent
4. Shellfire
5. Descending blade
6. Spectral Asylum
7. Divinity of Flesh
8. When the Guns Fell Silent

Line-up:
Adam Carrol: chitarra
John Kevill: voce
Carlos Cruz: batteria
Jessie Sanchez: basso
Chase Becker: batteria

opinioni autore

 
Unire le generazioni nell'odio con i Warbringer 2017-03-27 16:46:04 Dario Onofrio
voto 
 
4.0
Opinione inserita da Dario Onofrio    27 Marzo, 2017
Ultimo aggiornamento: 27 Marzo, 2017
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Se pensate che dietro alla tastiera chi scrive ritiene che il thrash di matrice slayeriana sia morto da decenni, salvo rarissimi exploit di band tipo Artillery, potete capire subito dal voto quanto mi sia piaciuto Woe to the Vanquished, la nuova fatica in studio degli statunitensi Warbringer, "giovane" formazione arrivata alla quinta prova in studio dopo quattro anni di silenzio. La firma con Napalm Records sembra aver giovato molto ai ragazzi californiani, così come un cambio di line-up che ha portato in formazione il bravissimo bassista Jessie Sanchez, già noto per aver suonato nei Bonded by Blood, mentre alle pelli troviamo Chase Becker, ex Desecrate. Chissà se stavolta il trittico storico composto da Adam Carrol alla chitarra, John Kevill alla voce e Carlos Cruz alla batteria riuscità a tenersi tutta la line-up...

Ma torniamo a noi: Woe to the Vanquished è tutto ciò che il fan medio del thrash ha bisogno di ascoltare, che sia un adulto incazzato nel tragitto da lavoro a casa o un ragazzino al ritorno da scuola con zaino in spalla e odio verso i propri compagni zarri. La formula si rifà ovviamente ai classiconi del thrash made in USA, rimanendo però sempre attaccato alla matrice slayeriana che è ormai marchio di fabbrica del quintetto di Ventura. Basterebbero solo la title-track e Remain Violent per farvi capire che qua non si scende a compromessi, anche se la licenza poetica sulle tastiere che chiudono le atmosfere apocalittiche di Divinity of Flesh non causa il classico fastidio che un ascoltatore di thrash. L'altra cosa che salta all'orecchio e che i nostri mutuano molto dalla musica di matrice europea è comunque la tendenza all'abbellimento e alla variazione di ritmo in alcune tracce, come le due sopracitate o Descending Blade, per non parlare del basso martellante del Sanchez che fa venire voglia di svitarsi la testa a suon di headbanging, o degli arpeggi "a la Artillery" che si odono nella violentissima Shellfire. La "suite" finale dal titolo When the Guns Fell Silent, ispirata al poema "The Gun" di Gilbert Frankau, è un altro elemento di sorpresa che non ti aspetteresti da un gruppo thrash canonico, ma che invece qui in mezzo risulta la naturale chiusura di un disco davvero ben riuscito.

Insomma, adulto che vai al lavoro e torni incazzato e ragazzino che devi subirti le perculate dei tuoi compagni di scuola perché porti le magliette coi teschi, corri al negozio di dischi a comprare Woe to the Vanquished e sfoga la tua voglia di estinzione spaccandoti la cervicale a furia di headbanging. Suona come un disco degli anni 80'? Assolutamente no. Suona come un disco thrash moderno alla Overkill? Mi viene da dire nemmeno: suona come qualcosa di bello e suonato da gente coi controcazzi, riuscendo a farmi pensare che, dopo tutto, il thrash ha ancora qualcosa da dire.

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