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Quando Enslaved e Wardruna si incontrano... Quando Enslaved e Wardruna si incontrano... Hot

Quando Enslaved e Wardruna si incontrano...

recensioni

gruppo
titolo
A Piece For Mind And Mirror
etichetta
Season Of Mist
Anno

Tracklist:
1. Intro: Ull Kjem
2. Skuggsjá
3. Makta Og Vanæra, For All Tid
4. Tore Hund
5. Rop Fra Røynda - Mælt Fra Minne
6. Skuggeslåtten (instrumental)
7. Kvervandi
8. Vitkispá
9. Bøn Om Ending, Bøn Om Byrjing
10. Outro: Ull Gjekk

Line-up:
Ivar Bjørnson: voce, chitarra, basso, tastiera
Einar Selvik: voce, taglharpa, Kravik-lyre, corno, lur (corno norvegese), flauto, batteria, campionamenti

opinioni autore

 
Quando Enslaved e Wardruna si incontrano... 2016-04-29 13:19:20 Dario Onofrio
voto 
 
3.5
Opinione inserita da Dario Onofrio    29 Aprile, 2016
Ultimo aggiornamento: 29 Aprile, 2016
Top 50 Opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

Cosa succede quando un gigante della scena metal estrema e uno della scena folk atmosferica si incontrano?
Nei vari anni sono state numerose le collaborazioni tra musicisti di diversi generi, a partire dal progetto Storm di Satyr & co. fino ad arrivare a questi Skuggjsá di Ivar Bjørnson (Enslaved) e Einar Selvik (Wardruna).

Adorando gli Enslaved e apprezzando discretamente i Wardruna, potete immaginare come io mi sia sentito quando è stato annunciato questo progetto, lanciato per i 200 anni di creazione della Costituzione Norvegese: l'idea di sentire la musica delle due band fondersi in un connubio psichedelico/folkeggiante è parsa subito come un fulmine a ciel sereno.

I 60 minuti che ci accompagnano nel mondo creato dagli Skuggsjá sono un torrente nero di musica: se un'intro come Ull Kjem, cantata solo dalla dolce voce di Lindy-Fay Hella, lascia spazio al pesante incedere folkloristico della title-track, Makta og Vanaera (I All Tid) rimette subito le cose in chiaro facendoci capire che il mondo dipinto dalla band è un affresco ostile, quasi malefico e senza speranza: una gigantesca foresta nera che ci inghiotte e ci fa ammirare l'immensità del buio. Senza particolari artifici, solamente utilizzando strumenti tradizionali campionati, i due musicisti riescono a dare vita a un vero sogno ad occhi aperti: potrei citare il coro epico che si ripete ossessivamente per tutta Vitkispa o i riff di Skuggeslatten, che si mescolano abilmente ai violini campionati di Bjørnson. La finale Bon Om Byrjing, con le sue melodie cullanti, quasi shoegaze, ci prende per mano mentre attraversiamo le cupe foreste norvegesi e ci porta fuori da questo freddo mondo.

Detto questo, posso dire che Skuggjsá è un esperimento, se non pienamente riuscito, fatto con il cuore in mano, cosa che nella moda del folk metal di oggi è quasi un unicum. Poche volte, infatti, capita di sentire artisti cantare della propria terra con questo vivo fervore, mentre per molti è più facile cantare di alcool e casino.

L'unica pecca dell'album, a mio avviso, è la longevità che alla lunga può stufare; per il resto, se siete fan delle band o semplicemente apprezzate il folklore norvegese, non potete lasciarvi assolutamente sfuggire questo disco.

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