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Un mezzo passo falso per gli Heidevolk? Un mezzo passo falso per gli Heidevolk? Hot

Un mezzo passo falso per gli Heidevolk?

recensioni

gruppo
titolo
Velua
etichetta
Napalm Records
Anno

Tracklist:

01. Winter woede
02. Herboren in vlammen
03. Urth
04. De hallen van mijn vaderen
05. De vervloekte jacht
06. Het dwalende licht
07. Drankgelag
08. Velua
09. Een met de storm
10. Richting de wievenbelter
11. In het diepst der nacht
12. Vinland

Line-up:

Joost Vellenknotscher: batteria
Lars NachtBraecher: voce
Kevin Olinga: chitarra solista
Rowan Roodbaert: basso
Mark Splintervuyscht: voce
Reamon Bomenbreker: chitarra ritmica

opinioni autore

 
Un mezzo passo falso per gli Heidevolk? 2015-04-25 17:35:05 Dario Onofrio
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Dario Onofrio    25 Aprile, 2015
Ultimo aggiornamento: 26 Aprile, 2015
Top 50 Opinionisti  -   Guarda tutte le mie opinioni

È di qualche giorno fa la triste notizia che Reamon Bomenbreker (chitarra) e Mark Splintervuyscht (voce) hanno dovuto abbandonare gli Heidevolk per problemi legati al lavoro. Una band che arriva al quinto album con questo Velua, dedicato dopo il concept di Batavi, alla foresta a cavallo tra Olanda e Germania.
Non so chi saranno i prossimi membri della band a prendere il posto dei fondatori, ma Velua rimane una testimonianza del loro modo di comporre e suonare la musica degli Heidevolk.
L'album si apre su Winter Woede, classicissima canzone tipica degli olandesi, composta da cori, tappetoni di basso e parti di viking growlate egregiamente da Lars NachtBraecher, nuovo acquisto canoro della band. Ottimo come al solito anche il lavoro di Kevin Vruchtbaert alla solista, che inserisce abilmente fraseggi sotto a una sezione ritmica indiavolata. Stesso discorso si può fare per pezzi come Herboren in vlammen, Urth, De vervloekte jacht, Een met de storm o la penultima In het diepst der nacht.
Se il filone iniziato con Valhalla Watch permane in questi pezzi non possono mancare anche alcuni momenti più bevaioli come Drankegalg, con un coro che sembra fatto apposta per vogare, o altri più riflessivi come De hallen van mijn vaderen.
Il mix degli Heidevolk è sempre lo stesso, ma stavolta pare un po' sottotono rispetto al bellissimo Batavi: purtroppo sembra che le idee spesso scarseggino nonostante ottimi spunti folkeggianti ricavati all'interno delle canzoni sopra elencate. Fa eccezione Vinland, l'ultimo pezzo cantato in inglese dedicato al tour americano della band o anche Het dwalende licht.
Mi sembra che la band abbia un po' esagerato con la questione dei cori, rendendo spesso la parte ritmica fondamentale rispetto a quella melodica, nonostante questa cosa venga salvata dal violino della bravissima Irma Vos. Certo, gli Heidevolk senza l'effetto della doppia voce non sarebbero loro, però Velua dà come l'impressione che i nostri si siano un attimo riposati dopo l'exploit di Batavi.
In ogni caso non mi perderò per nessun motivo il loro show al Fosch Fest, visto che dal vivo anche i pezzi di un album non proprio riuscitissimo come Velua riescono a coinvolgere (specialmente Dankegalg).

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