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"Tèras": i Naglfar tornano a farsi sentire "Tèras": i Naglfar tornano a farsi sentire Hot

"Tèras": i Naglfar tornano a farsi sentire

recensioni

gruppo
titolo
Tèras
etichetta
Century Media
Anno

Formazione:

Andreas Nilsson - chitarra

Marcus Norman - basso e tastiere

Dirk Verbeuren - batteria

Kristoffer Olivius - voce

 

Track list:

01. Téras
02. Pale Horse
03. III: Death Dimension Phantasma
04. The Monolith
05. An Extension Of His Arm And Will
06. Bring Out Your Dead
07. Come Perdition
08. Invoc(H)ate
09. The Dying Flame Of Existence

opinioni autore

 
"Tèras": i Naglfar tornano a farsi sentire 2012-08-08 10:18:24 Marco Tripodi
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Marco Tripodi    08 Agosto, 2012
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Dopo cinque anni di silenzio tornano a farsi sentire i blackster svedesi Naglfar, stavolta con un lavoro che si presenta con un artwork che porta la firma nientemeno che di Niklas Sundin, storico chitarrista dei Dark Tranquillity che veste qui i panni di grafico (il chè per lui non è una novità, in quanto fondatore della Cabin Fever Media): parliamo di "Tèras", un'ultima fatica del vascello infernale che ci dà non poco da parlare.

Infatti, a pochi gruppi capita di dar vita ad un capolavoro con il proprio album d'esordio, eppure i Naglfar ci sono riusciti con "Vittra" (1995), album che con melodie e atmosfere uniche e coinvolgenti emerse dal panorama già ricco e competitivo della scena black, guadagnandosi l'apprezzamento di legioni di fedeli al culto della nera fiamma. Da anni però i Naglfar si trovano a doversi confrontare col peso che "Vittra" ha avuto nella loro carriera: da allora la band ha messo da parte quelle suggestive melodie che hanno fatto il successo dell'album e del gruppo per dedicarsi ad uno stile più diretto e serrato, più vicino se vogliamo alla tradizione death della loro terra e, in un certo senso, più conforme a quello già "canonico" per il genere; dopo l'evocativa apertura della title-track, suggestiva e a tratti malinconica nei suoi toni cupi e oscuri, ritmiche serrate e incessanti la fanno da padrone anche in questo "Tèras", che scorre lineare e senza intoppi, come incarnando un solo concetto ben espresso nella totalità del disco. Tanto lineare da esagerare: ogni traccia giunge all'orecchio come ben suonata e ben concepita, accordata pienamente al nuovo stile dei Naglfar, ma senza stupire e senza coinvolgere l'ascoltatore, peccando anzi talvolta di una certa scontatezza, che impedisce di distinguere veramente questo lavoro da tanti altri dischi della scena black: una buona tecnica, ma poca fantasia, a volta anche poco sentimento.

Se i tempi di "Vittra" sono lontani, si percepisce la distanza anche da "Sheol" (album della svolta stilistica del gruppo), in cui se già si sente la mancanza delle sonorità tipiche dei primi Naglfar, quantomeno si denota una certa varietà; varietà che in questo "Tèras" invece traspare da poche canzoni che emorgono dal complesso, come la più cadenzata e suggestiva "The Monolith" o "Come, Perdition", che suona con fascino e atmosfera pur senza compromettere la violenza animatrice. Anche il singolo "Pale Horse" dice la sua, ma ancor più accattivante è "Invoc(H)ate", forse l'unica canzone il cui ritornello resta un po' di più nell'orecchio di chi ascolta l'album per intero, ad onta di altre tracce che non fanno che confermare quanto già detto sui nuovi canoni stilistici dei Naglfar, ma che non dicono nulla di più.

Soltanto nella conclusiva "The Dying Flame Of Existence", più varia e complessa dal punto di vista compositivo e strutturale, si può intravedere ancora qualcosa dei bei tempi andati in cui i Naglfar ci hanno regalato autentiche perle come "Enslave The Astral Fortress" o "Through The Midnight Spheres", tanto che riesce a risollevare un po' l'andamento di un disco altrimenti piatto e spesso prevedibile nelle sue sfuriate che guardano ad illustri colleghi come i Setherial (ma anche a nomi più "classici" come Satyricon, Gorgoroth o Carpathian Forest), ma che purtroppo suonano più come semplice imitazione piuttosto che come ispirazione.

Sicuramente un album di livello superiore a precedenti uscite della band come il mediocre "Pariah", e che anzi sarebbe considerato decisamente meglio, se sulla band non gravasse l'ombra di un disco tanto bello e importante dai cui fasti i Naglfar sembrano oggi così lontani.


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