Mezza delusione sul fronte sinfonico con il ritorno dei Damnation Angels
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Il tanto atteso ritorno dei Damnation Angels arriva con "The valiant fire". Due anni dopo lo splendido "Bringer Of Light" (per il sottoscritto uno dei dischi migliori di quell'annata), la symphonic power metal band inglese si ripresenta con un disco ambizioso composto da 9 brani complessi per oltre un ora di musica, dove la componente orchestrale prende ancora più un ruolo da protagonista nel sound della band.
Ancora una volta registrato ai Grindstone Studio e presentato dall'artwork ad opera di JungShan Ink and Illustration, il disco è stato scritto tra il 2012 ed il 2014 dal leader Will Graney, creando 9 brani orchestrali ed epici su una base di power metal sinfonico. La classe della band è presente e ben riconoscibile in song come "Closure" e "This is who we are" che colpiscono grazie ad ottime melodie senza risultare troppo pesanti e barocche. In altri pezzi invece a mio parere questa esuberanza sinfonica viene a pesare oltremodo e tende a penalizzare brani come "Finding requiem" e "Icarus syndrome", tanto per citarne un paio. La lunga e articolata "The frontiersman" nonostante alcuni buoni spunti non riesce a centrare del tutto l'obiettivo. L'album per fortuna torna sulla direzione giusta con il graditissimo mid tempo "Everlasting" ma nel finale la strumentale "The fire inside" e la piuttosto noiosetta "Under An Ancient Sun", che parte dopo una lunga intro strumentale e poi viaggia su ritmi progressivi/sinfonici, fanno tornare quella sensazione di amaro in bocca derivata dalle tante attese che precedevano questo comeback e che non sono state ripagate al meglio.
Canzoni complesse e molto orchestrali che perdono un pò in sostanza ed incisività. Il nuovo lavoro dei Damnation Angels si può descrivere in questa frase. Un disco impeccabile visto dal di fuori, ma addentrandosi all'interno mostra qualche piccola crepa che speravamo di non incontrare. Arrivati alla fine dell'ascolto permane questa sensazione di incompiutezza; insomma parliamo di un buon disco di power metal sinfonico ma dai DA era lecito attendersi molto di più viste le premesse del grande debut album.