Trackslist:
1 - Ignis fatuus
2 - Vanishing
3 - Tempest (Absence of youth)
4 - The Lowering Splendour
5 - Spiral of Eternal Life
6 - Lluvia
Trackslist:
1 - Ignis fatuus
2 - Vanishing
3 - Tempest (Absence of youth)
4 - The Lowering Splendour
5 - Spiral of Eternal Life
6 - Lluvia
Il caratteristico dark folk minimalista di Fields of Mildew si manifesta nuovamente in "IV", un album che sonda gli abissi delle emozioni umane, offrendo uno sguardo puro sulla perdita, la forza interiore e l'austera bellezza di terre desolate.
Fields of Mildew è un progetto musicale nato nel 2015 sotto la guida dell'enigmatico R, si è subito affermato come un tributo alla capacità di resistenza dell'essere umano di fronte alle difficoltà. Inizialmente ispirato dalle storie di chi viveva nelle ostili terre del Teufelsmoor, il suo focus si è esteso nel tempo, pur mantenendo al centro un'esplorazione onesta e senza filtri della vulnerabilità umana.
Con "IV", Fields of Mildew celebra dieci anni, consolidando composizioni essenziali, quasi monocromatiche.
L'album, o forse sarebbe meglio dire EP, si apre con la spettrale traccia di “Ignis fatuus”, un lamento vibrante che trascina l'ascoltatore nell'oscurità paludosa. Poi, un silenzio inquietante fa spazio a “Vanishing”, dove la voce di R, ridotta a un sussurro, fluttua tra la rassegnazione e un'intangibile quiete. Ogni suono della sua voce è un addio, ogni pausa un abisso che si spalanca sotto i passi stanchi.
“Tempest (Absence of Youth)” è intrisa del rimpianto del tempo sprecato, le sue armonie gentili e il suo arpeggio contenuto narrano il dolore di un'innocenza affogata sotto le onde implacabili degli anni. “The Lowering Splendor” è un crepuscolo che declina, un istante di fragile magnificenza che si dissolve nell'ombra, dove la bellezza si tinge di desolazione.
L'ascolto di “Spiral of Eternal Life” è simile all'essere intrappolati in un incantesimo che si compie lentamente, con un dolore che non accenna a diminuire, anzi, si intensifica progressivamente ad ogni sussurro del ritornello, trascinando l'anima in una spirale di crescente sofferenza.
Già dall'inizio di “Lluvia”, si avverte un senso di definitivo, come un sigillo posto al termine di una profonda immersione nel sé. Si rivela allora l'orizzonte sconfinato della brughiera, una terra che sembra custodire le storie silenziose di coloro che l'hanno preceduta, un pesante lascito di ricordi appartenenti a generazioni ormai trascorse.
Fields of Mildew popola la zona d'ombra dove il confine tra passato e presente, tra i vivi e coloro che non ci sono più, si fa labile. Non allevia e non placa l'animo, invece ossessiona. Ogni nota suonata è un frammento di un'antica storia di spettri, e ogni pausa un'eco che persiste da un tempo lontano. Alla fine dell'ascolto, ci si ritrova ai margini della brughiera, a fissare l'abisso mentre l'ultima luce del giorno scompare all'orizzonte. Solo il ricordo rimane.
Questo "IV" è un lavoro che si distingue per la sua peculiare complessità e per la sua profonda intimità espressiva, mantenendo una coerenza stilistica che lo connette in modo suggestivo a una dimensione spirituale e al riverbero delle memorie condivise tra il mondo dei vivi e quello dei defunti. Un'esperienza sonora di rara e intensa bellezza.