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Asterise, troppa carne al fuoco Asterise, troppa carne al fuoco Hot

Asterise, troppa carne al fuoco

recensioni

gruppo
titolo
“Tales of a wandering soul”
etichetta
Inverse Records
Anno

TRACKLIST:

01. Intro

02. Twisted ferryman = LYRIC VIDEO = 

03. Into fantasy = LYRIC VIDEO = 

04. Raven

05. Wicked dream

06. Drifting into darkness

07. Tale of a wandering soul

08. Golden land = LYRIC VIDEO = 

09. Call of whispers

10. Awaken

11. Farewell

 

 

Formazione sull’album:

Chitarra e basso: Bartlomiej Mezynski

Tastiere ed orchestrazioni: Dionysis Maniatakos

Batteria: Slawomir Siwak

Chitarra acustica: Lukasz Wyspiarski

Chitarra solista ospite: Andi Kravljaca

Basso solista ospite: Lubomyr Kosakovsky

Voce: Sozos Michael, Noah Edward Simmons, Arnaud Menard, Katharina Stahl, Tristan Harders, Garrett Campbell

Cori: Aleksandra Mezynska, Katarzyna Lewucha, Kacper Stawski

opinioni autore

 
Asterise, troppa carne al fuoco 2024-12-08 17:29:57 Ninni Cangiano
voto 
 
3.0
Opinione inserita da Ninni Cangiano    08 Dicembre, 2024
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Gli Asterise sono un gruppo greco/polacco, nato dall’incontro tra il polistrumentista Bartlomiej Mezynski ed il giovane tastiere Dionysis Maniatakos, entrambi ispirati da gruppi come Avantasia, Stratovarius e Gamma Ray. Dopo aver realizzato l’interessante debut album “Two worlds” nel 2022, con il fido batterista polacco Slawomir Siwak ed una lunga serie di ospiti (fra cui artisti da Gloryhammer e Terra Atlantica), hanno rilasciato in questi giorni di inizio dicembre 2024 su Inverse Records il secondo full-length, intitolato “Tales of a wandering soul”. Il disco, dotato di piacevole artwork realizzato dalla Dream Visual Productions, è composto da 11 tracce (compresa la solita inutilissima intro ed un’altra traccia strumentale) per una durata totale di 54 minuti circa, con diversi brani che superano abbondantemente i 5 minuti di durata. Il songwriting, infatti, non è così scorrevole e facilmente fruibile, sia per un minutaggio a volte eccessivo, ma anche per una certa variabilità dei pezzi che non sono sempre ancorati totalmente al power metal a cui la band si ispira. Se le prime due canzoni sono classicamente power, con la chitarra che si erge a protagonista con assoli di ispirazione neo-classica, già la ballad “Raven” si presenta alquanto oscura (oltre ad essere un po’ troppo prolissa, specie nella parte centrale strumentale) e con passaggi sinfonici che fanno pensare a gente come Epica e Nightwish. La successiva “Wicked dream” ha le tastiere ottime protagoniste, per un brano che non sfigurerebbe nella discografia degli Stratovarius; alquanto neo-classica si presenta invece “Drifting into darkness”, altro pezzo che sarebbe stato più efficace con un paio di minuti in meno, pur presentando un’ottima parte solista del basso (ritengo dell’ospite Lubomyr Kosakovsky). Arriva il turno della title-track una ballad acustica, dalle tonalità agrodolci, quasi malinconiche; dopo di che gli Asterise ci spiazzano con “Golden land”, con quelle tastierine quasi dance in apertura del brano che poi, per fortuna, si trasforma in un pezzo molto easy e leggero, con uno dei cantanti che si avventura su tonalità altissime, rischiando di risultare quasi ridicolo e comunque poco convincente. Dopo l’altra breve strumentale “Call of whispers”, ci troviamo nella parte conclusiva con “Awaken”, altro brano eccessivamente lungo, quasi prog-oriented in alcuni momenti, dal ritmo moderato e che ho faticato ad apprezzare, se non fosse stato per parti vocali ricche di espressività e per gli ultimi due minuti in cui finalmente il pezzo decolla. L’ultima traccia è “Farewell”, l’ennesima ballad del disco, forse la meno melodrammatica (nonostante le classiche parti parlate in chiusura), anche questa ricca di parti soliste di chitarra forse finanche eccesive. Se il debut album ci aveva mostrato una band molto promettente, in questo nuovo “Tales of a wandering soul” gli Asterise hanno fatto un passo indietro, mettendo troppa carne al fuoco, con un songwriting troppo complesso ed ondivago, oltre che eccessivamente lungo, con il risultato di un disco poco compatto e non del tutto convincente. Per il futuro, forse sarebbe meglio badare più al sodo ed evitare di esagerare, concentrandosi sull’efficacia dei singoli componimenti e non sulla loro magniloquenza.

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