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Ad Infinitum, niente di accattivante in "Abyss" Ad Infinitum, niente di accattivante in "Abyss" Hot

Ad Infinitum, niente di accattivante in "Abyss"

recensioni

titolo
Abyss
etichetta
Napalm Records
Anno

TRACKLIST:

01. My Halo = Official Video = 

02. Follow me Down = Official Video = 

03. Outer Space

04. Aftermath

05. Euphoria

06. Surrender

07. Anthem for the Broken

08. The one you'll hold on to

09. Parasite

10. Dead End

11. My Halo (Orchestral Version)*

*Earbook only

 

Line-up:

Melissa Bonny – Voce

Adrian Thessenvitz – Chitarre

Korbinian Benedict – Basso

Niklas Müller – Batteria

opinioni autore

 
Ad Infinitum, niente di accattivante in "Abyss" 2024-11-06 16:00:25 Valeria Campagnale
voto 
 
2.5
Opinione inserita da Valeria Campagnale    06 Novembre, 2024
Ultimo aggiornamento: 06 Novembre, 2024
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Band leader del modern metal svizzero/tedesco, gli Ad Infinitum hanno pubblicato l'album “Abyss” per Napalm Records, un lavoro che intreccia chitarre djent arrivando sul filo del pop e con dei growl piazzati a dovere.
Ho ascoltato più volte “Abyss” e devo ammettere che non vedo un eccitante lavoro, ma che sia orecchiabile è indiscutibile e molto probabilmente aumenterà la schiera di fans della band, favorendone l’ascesa.
Personalmente mi sarei aspettata qualcosa di più accattivante, meno easy listening e più potenza, considerando che i singoli promettevano molto bene, di fatti sia “Follow Me Down” che con l’ipnotico “My Halo” sono la pura rappresentazione del modern melodic metal. In effetti, se vogliamo andare per il sottile, in questi due pezzi si possono riscontrare delle chitarre taglienti e selvagge con la giusta dose di melodie e più che ottimi ritornelli. Altro brano che risulta ottimo è “The One You'll Hold On To”, che riesce ad incarnare lo stile melodico, forse più groove e con un buon up-tempo.
Notevolmente bella anche la versione orchestrale di “My Halo” e il brano “Euphoria” in cui brillano sia la voce sempre molto seducente di Melissa Bonny e le tastiere che donano a questo pezzo un’atmosfera trascendentale. Anche qui Adrian mostra i suoi virtuosismi alla chitarra e la linea ritmica è perfetta.
Sembrerebbe anche quasi che basso e batteria, rispettivamente dei bravi Korbinian Benedict e Niklas Müller, siano più minimali rispetto agli album precedenti, tranne che in “Outer Space” e “Parasite”.
“Aftermath” è un brano robusto ma manca di mordente, il che è un peccato perché con una sferzata sarebbe risultato veramente un pezzo incisivo.
Troppo accattivante “Surrender” che il pop non lo rasenta, lo oltrepassa definitivamente; la ballad “Anthem for the Broken” non è viscerale e non riesce a mio avviso a trasmettere la giusta emozione e “Dead End”, in chiusura, è sostanzialmente condotta dal synth, il che fa perdere fascino a quelle che sono le cose positive del brano, come la sezione strumentale ed i vocalizzi alternati tra puliti e aspri.
Personalmente avrei lasciato le linee ritmiche più tecniche come nei lavori precedenti, sentire basso e batteria come fossero secondarie strumentazioni è piuttosto anomalo e porta l’album ad un calo di spessore.
Trovo questo lavoro alquanto piatto e un po’ scialbo; ripeto, è un peccato perché con un’impronta differente e più marcata, “Abyss” sarebbe potuta essere un’ottima uscita...

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