TRACKLIST:
1. Singularity (feat. Oli Herbert, Bumblefoot & Ethan Brosh)
2. Premeditated destruction (feat. Brock Richards, Richard Shaw, Jimi Bell & Matt LaPierre)
3. This life moves too fast (feat. David Ellefson, Jeff Loomis & Jimi Bell)
4. I felt a funeral in my brain (feat. David Ellefson & Joey Concepcion)
5. Cotard delusion (feat. Oli Herbert & Satchel)
6. Catnip high (feat. Conrad Simon & Matt LaPierre)
7. In a world (feat. Oli Herbert, Matt LaPierre & Conrad Simon)
8. Requiem (feat. Marty Friedman, Oli Herbert, Matt LaPierre & Conrad Simon)
9. Lacrimosa (feat. Oli Herbert & Angel Vivaldi)
Un album interamente strumentale per i Lost Symphony Hot
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I Lost Symphony arrivano da Boston negli Stati Uniti (da non confondere con gli omonimi ungheresi scioltisi 10 anni fa) e sono la creatura del producer e polistrumentista Benny Goodman che, assieme al fratello Brian (composizioni ed arrangementi), Cory Paza (basso e chitarra), Kelly Kereliuk (chitarra), Paul Lourenco (batteria) e Siobhán Cronin (violini e viola), hanno realizzato questo album symphonic metal interamente strumentale, intitolato “Chapter I” (si saranno ispirati ai Kaledon? Chissà!?), che dovrebbe essere poi seguito nel corso dell’anno da un secondo capitolo intitolato appunto “Chapter II” e da un EP conclusivo intitolato “The five stages of death and dying”. Per realizzare questo lavoro, Benny Goodman si è avvalso di una nutrita schiera di ospiti, fra cui spiccano nomi come Marty Friedman e David Ellefson, che ritengo non abbiano bisogno di presentazioni. Trattandosi di metal sinfonico interamente strumentale, è facile accostare il tutto ad una sorta di sinfonia classica suonata con strumenti elettrici. Bisogna quindi mettersi comodi e con la giusta predisposizione di spirito per poter ascoltare 9 tracce per poco più di ¾ d’ora, altrimenti si farebbe fatica a comprendere questa musica così particolare. Se siete fans dei virtuosismi tecnici, qui ne avrete in quantità industriale perchè obiettivamente ci troviamo davanti a gente dal bagaglio tecnico non indifferente. Il rovescio della medaglia, potrebbe essere il rischio di annoiarsi, perché spesso pare di essere davanti ad un mero esercizio stilistico e di tecnica, senza che si stia ascoltando un vero e proprio componimento unico. Ecco, forse il songwriting andrebbe migliorato, al fine di avere brani con una struttura vera e propria e non composizioni realizzate per un’esibizione di tecnica (sia pur mostruosa) fine a sé stessa. Diventa difficile dare un giudizio ad un lavoro del genere. Se prendessimo il solo lato tecnico, ci sarebbe da assegnare un voto molto alto; di contro, considerando solo il lato emozionale derivante dagli ascolti, scenderemmo sotto la sufficienza (perdonatemi, ma non sono riuscito a farmi coinvolgere mai nei ripetuti ascolti); ho preferito una sorta di “sufficienza politica” perchè sicuramente “Chapter I” (dotato di artwork invero bruttino) dei Lost Symphony è ineccepibile come album sinfonico strumentale, ma c’è bisogno di uno step in più per poter anche emozionare.